Io, Daniel Blake non sono un utente, io non sono un consumatore, io non sono un numero di previdenza sociale, io non sono un punto sullo schermo del computer, io non sono una linea nelle statistiche…
Daniel Blake è arrivato alla soglia dei sessant’anni lavorando da sempre nei cantieri edìli come carpentiere; in seguito ad un attacco cardiaco, il medico lo dichiara inabile a svolgere un lavoro così usurante. L’uomo, messo in malattia senza avere la certezza se potrà mai tornare a lavorare, fa richiesta di un sostegno economico statale; ma l’ufficio preposto respinge la domanda dichiarando che non sussistono i requisiti di inabilità al lavoro dichiarati dal medico. Al fine di ottenere almeno la tessera per la banca del cibo e l’eventuale sussidio di disoccupazione, l’impiegata degli uffici di assistenza consiglia a Daniel di iscriversi al collocamento per dimostrare, paradossalmente, che sta cercando lavoro pur sapendo che non potrà mai accettarlo. Al collocamento Daniel conosce Katie, madre single di due bambini, anche lei rimasta senza sussidio ed appena arrivata da Londra a Newcastle perché le è stata assegnata lì una casa popolare. Tra i due nasce un’empatia immediata che aiuterà entrambi a superare momenti molto difficili.
I film di Ken Loach non si possono raccontare, vanno vissuti. Le sue storie hanno la semplicità delle grandi storie e I, Daniel Blake è un film immenso, di quelli che non si dimenticano per il carico di vita ed emozioni che porta con sé e per come, questo magnifico regista, ce le porge.
É un film sull’identità degli individui, sulla loro unicità, sul loro vissuto, sulla loro dignità, sull’esigenza di venire riconosciuti come esseri umani in una società che di umano ha conservato ben poco.
É un film sull’umiliazione gratuita che subiscono tutti coloro che stanno via via incrementando la lista dei nuovi poveri.
É un film sugli anziani, sui disoccupati, su tutti coloro che il lavoro lo hanno perso e sui loro figli, impauriti da un futuro sempre più incerto.
É un film sull’annullamento della dignità, economica e sociale, che viene alimentata dalla non presenza dello stato, spesso inerme ed ottuso.
É un film sull’invasione esasperante delle nuove tecnologie che, diventando sempre più indispensabili, hanno creato nuove forme di analfabetismo, annullando l’utilità per cui sono nate.
É un film sul senso d’impotenza ma anche sull’inaridimento dei sentimenti.
Però, è anche un film su quella incredibile umanità che esiste ancora nonostante tutto ed esce prepotente quando meno te lo aspetti, che arriva da parte di chi vuole comunque aiutare il suo simile sollevandolo dalla sofferenza, creando unione, regalando solidarietà bella, calda, tonda, disinteressata.
I, Daniel Blake è un capolavoro dei nostri tempi bui, che fa pensare, commuovere, riflettere, amare.
data di pubblicazione:27/10/2016
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Condivido completamente la recensione. Il film è bellissimo e non solo straordinario come racconta la tragicità delle banali difficoltà quotidiane della “povera gente”, ma anche per come fa emergere come assolutamente naturale tra loro la dignità e la solidarietà.
Loach è un regista di rara intelligenza e sensibilità
recensione interessante
Dopo un commento così invitante , è molto difficile non andare a vedere il film!