Daphne e Josh, colpevoli di fronte alla legge per aver compiuto dei piccoli furti, devono scontare la pena in un carcere minorile. Pur essendo detenuti in sezioni separate, trovano il modo di incrociare i propri sguardi e, nonostante il divieto assoluto di comunicare tra di loro, iniziano una intensa e passionale storia d’amore che al momento, tra le mura e le grate che li separano, si limiterà ad uno scambio furtivo di bigliettini e di brevissimi contatti fatti di semplici e innocenti gesti. E così il loro vissuto, le loro colpe e le frustrazioni causate da un affetto a loro negato, sembrano improvvisamente svanire per lasciare il posto allo sbocciare di “un fiore” che i due adolescenti riescono a custodire e ad alimentare con l’amore che, come sempre, non conosce ostacoli perché capace di andare oltre le sbarre dell’incomprensione e delle sterili convenzioni sociali.
Ben presto imparano, sulla propria pelle, che in carcere la privazione della libertà investe soprattutto la sfera dei sentimenti e che per correre insieme verso un futuro che sta lì ad aspettarli, oltre le mura penitenziali, bisogna necessariamente infrangere quelle barriere.
Dopo il successo di Alì ha gli occhi azzuri, che ha ottenuto nel 2012 il premio speciale della giuria al Festival Internazionale del Film di Roma, ancora una volta il regista romano Claudio Giovannesi ci racconta una storia vera di adolescenti veri.
I protagonisti, interpretati rispettivamente da Daphne Scoccia e Joshua Algeri, alla loro prima esperienza cinematografica rappresentano sé stessi, riuscendo a trasmettere quel giusto pathos emotivo richiesto dall’intenso script e rendendo la narrazione assolutamente perfetta grazie alla loro spontaneità, con imprevisti e colpi di scena che non risultano per niente banali o scontati.
A questi due giovani interpreti si affianca, come padre di Daphne, Valerio Mastandrea che con brevi apparizioni riesce a comunicarci quella giusta dose di sentimento paterno, intenso ma impacciato, grazie a quella collaudata naturalezza che ben conosciamo.
Questa bella pellicola sicuramente riceverà dal pubblico in sala lo stesso calore con cui è stato accolto a Cannes, dove il film è stato presentato nella sezione Quinzaine des Réalisateurs.
data di pubblicazione:24/05/2016
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Complimenti per la recensione!
Mi permetto di riportare qui di seguito le note di regia di FIORE, che testimoniano come il cinema possa rendersi il ponte tra “dentro” e “fuori” per chi si trova ristretto in una struttura penitenziaria.
NOTE DI REGIA:
La documentazione
La realizzazione di Fiore, dalla scrittura alla messa in scena, si è basata sulla documentazione: sull’incontro con la realtà e successivamente sulla sua trasformazione in drammaturgia e racconto per immagini, con l’obiettivo di realizzare un film con il massimo grado di verosimiglianza possibile.
Con questo intento, io e gli sceneggiatori abbiamo trascorso un periodo di quattro mesi (da gennaio a maggio 2014) di insegnamento volontario all’interno dell’Istituto Penale per i Minori di Casal del Marmo: il carcere minorile di Roma.
Abbiamo coinvolto i detenuti, ragazzi e ragazze, in una serie di laboratori sul tema del linguaggio video e cinematografico, per riuscire a scrivere la sceneggiatura all’interno del carcere e basarla sulle loro esperienze e sulle loro reali biografie.
Il tema
I maschi e le femmine in carcere non si possono frequentare e non hanno nessuna attività in comune, ma nonostante la detenzione e il divieto assoluto d’incontro riescono lo stesso a vivere storie d’amore: relazioni fatte di lettere, di sguardi da una cella all’altra e di conversazioni brevi, sottratte all’attenzione della polizia penitenziaria.
Nonostante l’ambientazione carceraria del film, quello che ci emozionava non era un racconto morale sul reato e la condanna, ma erano i sentimenti degli adolescenti costretti nella detenzione: il film è raccontato tutto dal punto di vista della protagonista diciassettenne, che vive contemporaneamente l’esperienza del carcere e quella del primo amore.
E’ possibile vivere l’adolescenza in un contesto carcerario? Preservare la grazia e l’innocenza pur essendo colpevoli davanti alle legge? Questa contraddizione è stata l’origine del lavoro, il paradosso di due adolescenti che vivono la forza del primo amore in un luogo dove l’amore è vietato.
La messa in scena
Il cast dei detenuti adolescenti è composto da attori non professionisti, per la maggior parte ex detenuti o in regime di messa alla prova, qualcuno conosciuto nei laboratori in carcere, quando il Dipartimento di Giustizia Minorile mi ha dato il permesso di coinvolgerlo nel film.
Anche i ruoli degli assistenti di polizia penitenziaria sono interpretati per la maggior parte da veri poliziotti. La ricerca della location è stata molto faticosa: nonostante la collaborazione iniziata con i laboratori abbiamo potuto girare nel carcere minorile di Roma solo poche scene, a causa della difficoltà di far coincidere gli orari notturni e diurni di una troupe con gli orari del regime carcerario. La maggior parte del film è stata girata nel carcere minorile dell’Aquila, un carcere senza detenuti, trasferiti in altri istituti dopo il terremoto, ristrutturato e mai più rimesso in opera.
La scenografia ha invecchiato il carcere, che era intatto e inutilizzato, e noi ci abbiamo portato circa 40 detenuti e qualche poliziotto. Il carcere è anche un luogo multiculturale e multietnico: i detenuti, maschi e femmine, provenivano da diverse parti di Italia e la maggior parte erano di origine maghrebina, slava, rom e sinti.
Avere la presenza di veri poliziotti ci ha aiutato a ricreare nella messa in scena il complicato sistema di regole e divieti che scandiscono il giorno e la notte: la chiusura in cella, l’apertura delle celle e la chiusura nel braccio, l’ora d’aria, l’isolamento.
Nel film Fiore il carcere, per i ragazzi e le ragazze adolescenti, non è solo la privazione temporanea della libertà, ma è la mancanza di amore: la morale non è più quella della legge, ma è quella anarchica dei sentimenti e le regole del carcere e i divieti dei poliziotti sono gli ostacoli da superare per vivere i sentimenti della propria adolescenza.