FINCHÈ NOTTE NON CI SEPARI di Riccardo Antonaroli, 2024

Presentato in anteprima durante l’ultima edizione del Taormina Film Fest, il secondo lungometraggio di Riccardo Antonaroli ha come protagonisti Pilar Fogliati e Filippo Scicchitano nei ruoli di Eleonora e Valerio, coppia di novelli sposi alle prese con una prima notte di nozze un po’ anomala ed alquanto scoppiettante…

Finita la festa, gli sposi si incamminano verso la loro “Love Suite” sita all’ultimo piano di un lussuoso albergo di Roma. La suite è stata offerta da Ester e Michele, gli invadenti e protettivi genitori di Valerio, scettici da sempre su questa unione già così carica di presagi negativi. Nei corridoi gli sposi si imbattono in un singolare cameriere le cui fattezze ricordano più quelle di un fantasma che di un personaggio reale. Senza essere interpellato, l’uomo (che “apparirà” più di una volta durante questa lunga notte appena iniziata) ricorderà a chiunque lo incontri i nomi dei personaggi illustri che hanno soggiornato nella “suite dell’amore”. Ma l’idea della sposa di aprire “prima” qualche regalo, darà a questa notte una valenza completamente diversa da quella che, canonicamente, avrebbe dovuto avere. Inizierà subito un battibecco tra i due sposi che diventerà lite quando Eleonora in una busta-regalo destinata allo sposo troverà un assegno bancario e un anello con su inciso ”monamour”… E così quella che doveva essere una romantica notte d’amore si trasformerà in una angosciante odissea metropolitana, fatta di incontri sbagliati, dubbi, paure, fughe e sogni infranti.

Il film è un remake di Honeymood, una commedia israeliana del 2020 presentata solo tre anni fa proprio al Taormina Film Fest. Nonostante il film pecchi decisamente di originalità vista la così stretta vicinanza in termini temporali con “l’originale”, può fortunatamente fare affidamento su di un cast d’attori che non delude, ad iniziare dalla affiatata coppia Fogliati-Scicchitano. Lei aspirante osteopata con il sogno infranto di diventare stilista. Lui, figlio di un rabbino, appassionato di libri gialli con il sogno nel cassetto di potere un giorno scriverne uno, preferisce fare l’agente immobiliare invece di lavorare nel negozio di famiglia. Ci sono poi un singolare tassista, molto minaccioso, molto romano ma molto poco romanista, interpretato da Francesco Pannofino e Armando de Razza, il cameriere-fantasma che con le sue improvvise incursioni sulla scena riesce a strappare più di un sorriso. Ma la coppia d’assi è rappresentata da Lucia Ocone e Giorgio Tirabassi, che incarnano Ester e Michele, i genitori invadenti e soffocanti di Valerio, entrambi molto nella parte, con una vena comica da navigati attori.

Premesso che di temi come la fuga o i pentimenti prima, durante e dopo le nozze, è piena la cinematografia mondiale e che il film non è di quelli che lasciano il segno, qualche battuta carina c’è (“…non basta essere ebrei per fare battute, bisogna essere Woody Allen…”) e luscita nelle sale il 28 di agosto agevolerà sicuramente la pellicola che verrà vista come una continuazione, in termini di spensieratezza, delle vacanze prima della ripresa autunnale. Al pubblico l’ardua sentenza.

data di pubblicazione:27/08/2024


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1 commento

  1. La Fogliati surclassa Scicchitano. cartoline di Roma ma dialoghi banalotti. E il film, pur breve (86 minuti) nel secondo tempo si perde in ghirigori non funzionali alla sceneggiatura anche se nel finale un colpo d’ala cerca di risollevare le sorti estetiche. Regista consapevole di inserimenti attoriali decisivi (Tirabassi, De Razza, Belillo). Certo, replicare un film israeliano tre anni dopo quando è ancora vivo il ricordo dell’originale denota scarsa ispirazione creativa.

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