Evelyn Wang gestisce una piccola lavanderia a gettoni, ha una figlia adolescente che non capisce più, un padre frastornato e un matrimonio alla frutta. Un controllo fiscale di routine diventa inaspettatamente la porta attraverso cui Evelyn viene trascinata in una avvincente e coloratissima avventura nel multiverso più innovativo e divertente mai visto al cinema.
Le 11 nomination all’Oscar hanno riportato dal 2 febbraio in 150 sale selezionare in tutta Italia Everything Everywhere All at Once. Diretto dai “The Daniels” (Daniel Kwan e Daniel Scheinert) e prodotto dai Fratelli Russo torna in sala per I Wonder Pictures. Tra le tante statuette alle quali è nominato ci sono miglior film, migliore regìa e migliore attrice protagonista: la malese e tostissima Michelle Yeoh.
Il film è come i suoi personaggi: dal normale all’inconsueto, dal poco al tutto, inaspettatamente. La dissociazione, il plurimo e il turbolento universo pluridimensionale in cui viaggiano i personaggi crea inevitabilmente il caos, sia per chi lo vive sia per chi lo guarda, in una sorta di ‘trip’ cinematografico, folle, bizzarro, surreale, un vero e proprio percorso psichedelico strambo e delirante, ma di un delirio meravigliosamente continuo. È un salto dietro l’altro tra dimensioni di un multiverso composto di mondi uno più strampalato dell’altro dove diversi sono gli omaggi al cinema, primo di tutti a quello di Hong Kong, per arrivare a quello di animazione di Ratatouille, e all’immancabile Matrix.
È un’opera che tiene insieme azione e comicità, e dove i superpoteri sono il semplice frutto di coreografie articolatissime di cui l’esito è un meraviglioso ‘pasticcio’. Si può inquadrare come film d’azione, di fantascienza, di arti marziali, comedy e dramma familiare, un “mucchio di cose tutte assieme” proprio come suggerisce il titolo.
Ma è anche per la grande prova della protagonista che tutto sta insieme, la quale scopre di essere solo una versione di sé all’interno in una vasta rete di universi paralleli, in cui è lei stessa l’unica che può salvarli dalla distruzione. Tuttavia, è il crescente divario tra quest’ultima e sua figlia Joy a essere cruciale in tutto il dipanarsi della matassa: il cuore sta tutto in questa sorta di incomprensione generazionale, una distanza linguistica e culturale che sembra irrecuperabile e che invece questo film prova a riempire senza mai ingannare la particolarità delle sue protagoniste.
Il risultato è quello di un film ricco, spavaldo e pieno di esuberanze, eppure non dimentica mai di voler essere, prima di tutto, svago purissimo, e ci riesce in maniera brillante.
data di pubblicazione:06/02/2023
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Un film a misura del gusto americano e dei giurati dell’Oscar. Esci dalla sala e non ti lascia retrogusto né memoria. L’emotività che ti garantisce nella prima mezz’ora è molto vicina alle pellicole di genere sul kung fu o di Bruce Lee. Si sorride perché la regia cerca di tamponare gli eccessi con qualche auto-riflessione meditabonda. Bravissima l’interprete e buon sinergia con il cast in cui spicca un’invecchiatissima Jamie Lee Curtis.