(Teatro della Cometa – Roma, 8/20 gennaio 2019)
Una rivisitazione gogoliana in salsa romanesca. Un monologo multi voci che sarebbe piaciuto a Luigi Magni, omogeneo all’atmosfera dei Papa.
Ci stupisce Francesco Acquaroli che il grande pubblico ha conosciuto per le grandi caratterizzate parti di cattivo in Suburra e in Rocco Schiavone. Non è Samurai e non è Samuele a teatro dove riacquista i panni del protagonista assoluto in una prova d’attore lunga sessanta minuti, con ampio uso del romanesco ottocentesco. Mutuando Gogol e la perdita di un naso che sembra equivalere a una penosa perdita dell’identità per il protagonista che una mattina si risveglia senza naso e vaga per la città alla ricerca di questo fondamentale sporgente attributo che è anche un modo per farsi riconoscere ed accettare in società. E’ un innesco kafkiano che permette all’attore di mutuare tante voci, persino quelle femminili, Il tema affronta il pregiudizio sociale sulla presunta anormalità. L’uomo senza naso si dibatte in una Roma popolaresca, dominata dalla curia e dalla voglia di sopravvivenza, una jungla dove la sua ricerca si fa quasi disperata. Perché il naso trovato inizialmente non calza e dunque il volto non è più quello di prima. E un uomo senza naso che uomo è? Grande è il suo sollievo quando dopo la discesa agli inferi riacquista questo pezzo fondamentale che è vita, olfatto, riconoscimento sociale. L’alter ego del Kovalev gogoliano ci fa scoprire la Roma sparita, il porto di Ripetta, Trastevere d’antan e si avvale del prezioso sottofondo sonoro e creativo delle musiche originali di Pino Cangialosi, suonate dagli altri componenti della famiglia, cioè Flavio Cangialosi e Livia Cangialosi mentre Alessia Sambrini ha molte parti in commedia occupandosi di scene, costumi, disegno, luci e aiuto regia. Uno spettacolo gradevole nei limiti spettacolari del piano A di partenza. Un monologo dai colori cangianti in cui Acquaroli non straripa ma spazia su vari registri tutti molto coerenti e omogenei.
data di pubblicazione:12/01/2019
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