Un tributo al cinema come forma d’arte e al suo stretto legame con la moda. Uno spartiacque tra passato e presente, ma anche un atto di celebrazione e continuità attraverso la narrazione di figure femminili. In Diamanti sono esaltati i pensieri e le più grandi passioni di Özpetek che cede alla vanità di interpretare sé stesso.
Ferzan convoca le sue attrici-amiche preferite per girare un film nel film. La storia si svolge a Roma nella sartoria cinematografica Canova. A gestirla sono due sorelle Alberta (Luisa Ranieri) e Gabriella (Jasmine Trinca). La prima severa e terribilmente esigente, l’altra presente ma assente, con uno sguardo triste perso dietro pensieri che la portano lontano. Poi ci sono le lavoranti, ognuna con la propria specialità. Dentro gli spazi della sartoria, tra manichini, costumi e rotoli di stoffa pregiata si intrecciano le storie di tutte queste donne. Un mondo femminile pieno di sfaccettature, resistente, prezioso, che si racconta e si scopre piano piano. Siamo negli anni ’70, tempo di emancipazione e di fermento. Ma è un “non tempo” quello che si respira nella sartoria, dove la fantasia e l’estro non hanno età né ceto sociale e il proprio piccolo mondo resta fuori per lasciare spazio alla creatività. Lo sguardo attento della camera da presa si poggia su ognuna di loro, sul loro talento ma anche sulla loro storia personale, a volte complessa, a volte sorprendente. I dettagli con cui il regista indaga e racconta le storie sono curati con precisione quasi maniacale. Un elemento centrale della narrazione sono i costumi che celebrano l’artigianalità e lo stretto legame della moda con il cinema d’autore di quegli anni. Anni in cui Özpetek in qualità di aiuto regista frequentava la sartoria Tirelli. L’utilizzo di costumi iconici come il corsetto di una famosa stilista britannica o i richiami ai volumi di Capucci, aggiungono un tocco di eleganza e teatralità “il costume non deve solo vestire il personaggio, il costume deve permettere all’attrice di entrare nel personaggio”. Il film ha il merito che ogni ruolo, anche il più piccolo, ha il suo peso specifico ed il cast di attrici è di primissimo ordine. Ma seppur declinato al femminile, Diamanti non si discosta dagli ingredienti classici della filmografia corale del regista, quella più famosa, e ne rappresenta la summa per enfasi e ricchezza. La cura ossessiva dei dettagli sottende un grande lavoro ma sottrae spontaneità e sorpresa. Un plauso va ai costumi di Stefano Ciammitti e all’atmosfera evocativa creata dalle voci di Mina e Giorgia che arricchiscono la narrazione.
Un finale autocelebrativo un po’ tirato e il tributo a Mariangela Melato, Virna Lisi e Monica Vitti svela l’intento di inserire il film in un progetto più ampio di celebrazione delle grandi icone femminili del cinema italiano ma appesantisce inutilmente la pellicola che avrebbe dovuto fermarsi prima.
data di pubblicazione:18/12/2024
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Ma che bella recensione! Non vedo l’ora di vedere il film