(Teatro Quirino – Roma, 11/23 aprile 2023)
Parabola pirandelliana sulla relatività della verità. Lo strano comportamento del Signor Ponza, che tiene segregate la moglie e la suocera, la Signora Flora, in due appartamenti separati, desta la ridicola e invadente curiosità di un gruppo di borghesi di provincia.
Se un pittore ha bisogno di una tela bianca per cominciare la sua opera, per un uomo di teatro basta un palcoscenico spoglio di scene e luci per dar vita a uno spettacolo.
Così dalla fantasia del regista Geppy Gleijeses – voce fuori campo alter ego dell’autore siciliano – fa la sua apparizione un gruppo di figurine minuscole, fiammelle guizzanti nel buio pesto della scena, in forma di ologramma (finzione nella finzione) nella creazione video dell’artista Michelangelo Bastiani, prima che i veri attori facciano il loro ingresso sul palco. Sono presi a disquisire sui fatti che riguardano il nuovo impiegato della Prefettura, il Signor Ponza. Li anima il pettegolezzo e il malsano desiderio di sapere perché l’uomo tiene separate – secondo loro ingiustamente – la moglie e la suocera in due diverse abitazioni senza permettere alle donne di incontrarsi.
Soperchierie accusa Laudisi, unica coscienza a distaccarsi dalla tracotanza e dalla sopraffazione che tutti hanno nei confronti dei nuovi arrivati in paese. Soperchierie inutili e dannose perché già sa che la verità non si può catturare, non si può definire. Non può far altro che ridere di cuore e consapevolmente, nella azzeccata interpretazione di Pino Micol (divertito burlatore), del manipolo di curiosi. Loro sì, inconsapevoli di essere fonte di riso – un po’ come lo siamo noi che assistiamo al dramma, vogliosi di vedere come va a finire. Gleijeses esaspera fino alla caricatura la ridicola, indiscreta, pettegola e maligna curiosità del popolino travolto dalle conferme e dalle smentite dei poveri inquisiti tanto da creare un netto e interessante contrasto – soprattutto recitativo – con i personaggi seri del dramma: la Signora Flora (Milena Vukotic) e il Signor Ponza (Gianluca Ferrato). È in questo contrasto (visibile ancora negli splendidi costumi primo Novecento di Chiara Donato) che spicca per maturità artistica e profondità umana la commovente Signora Flora di Milena Vukotic, già diretta qualche anno fa dal regista in Le sorelle Materassi. Tanto fragile in apparenza e voce quanto potente, intensa e emozionante nella parte. I monologhi della Vukotic e di Ferrato sono inoltre sospesi sul vertiginoso tappeto musicale creato da Teho Teardo che ne sottolinea la criticità, come se le parole camminassero tenendosi faticosamente in equilibrio tra una visione e l’altra della verità.
Quando si accendono le luci il buio della prima scena, che sottendeva a un’attesa creativa, lascia il posto a un altro tipo di buio, all’incubo. L’atmosfera è livida, crepuscolare, soffocante, riempita da Roberto Crea di superfici riflettenti che giocano la doppia funzione di specchi e insieme di vetri da dietro i quali appaiono o vengono inghiottite figure. Una metafora della verità che ha la capacità di moltiplicarsi in tanti punti di vista secondo quante sono le persone che la interpretano. Ma anche impalpabile, come una figura che appare dietro la trasparenza di un vetro. Si può vedere, ma non si può catturare. Ci si può avvicinare, ma non se ne carpirà mai fino in fondo il vero significato. “Io sono colei che mi si crede” dirà la signora Ponza quando finalmente apparirà in scena, anche lei moltiplicata nelle innumerevoli visioni di una verità inafferrabile.
data di pubblicazione:16/04/2023
Il nostro voto:
Ottima recensione che rende omaggio ad uno spettacolo assolutamente da vedere a quanto pare . Grazie!