CIRCUS DON CHISCIOTTE regia di Ruggero Cappuccio

6 Apr 2018 | Accredito Teatro

(Teatro Eliseo – Roma, 3/22 aprile 2018)

Torna a Roma Ruggero Cappuccio e il suo virtuoso circolo di attori e collaboratori con Circus Don Chisciotte, uno spettacolo che narra le vicende di Michele Cervante (interpretato dallo stesso Ruggero Cappuccio), professore universitario in pensione ed in fuga dalle convenzioni, presunto discendente dell’autore del Don Chisciotte della Mancia, preda di un mistico vagabondaggio che è anche una sua forma di rivolta nei confronti dell’esasperazione tecnologica che disumanizzando il mondo.

Gravita nei pressi di una stazione ferroviaria abbandonata, a stretto ridosso della Napoli di oggi, con il suo fardello di libri e di saggezza da salvare ad ogni costo. In una delle sue peregrinazioni notturne incrocia un sempliciotto, anch’esso di fatto dissociato dal contesto cittadino, che diventerà suo scudiero e a cui darà il Santo Panza (Giovanni Esposito). Tra i due nasce un rapporto di amicizia fatto di curiosità e di disagio reciproco, di lucidità e fantasia, di saggezza e leggerezza, che li unisce nella lotta a quel progresso che sta soffocando la spiritualità dell’uomo.

In realtà la stazione non è completamente abbandonata, è di certo ingiallita dalle luci al sodio (bellissima la scenografia di Nicola Rubertelli ed il disegno luci di Nadia Baldi) come le pagine dei suoi vecchi libri, ma pian piano si popola di stravaganti presenze, traghettate da un vagone fantasma che viene e va. I nuovi arrivati hanno anch’essi un vissuto sospeso tra disagio sociale e costrutti aulici: due ex ristoratori (Ciro Damiano e Gea Martire), un prestigiatore della provincia veneta (Giulio Cancelli) e una principessa siciliana (Marina Sorrenti). Con essi il professor Cervante e Santo Panza condivideranno un progetto di pacifica rivoluzione contro il deterioramento sociale, politico, strutturale, che si baserà su quanto riportato da Philip Roth, Luis Sepulveda, Daniel Pennac, Amos Oz ed in tutti quei vecchi libri che faranno da ponte di passaggio verso la riaffermazione dell’essenza spirituale dell’umanità.

Una metafora molto forte sul ruolo della cultura quale unico paradigma di riferimento, un testo colto e divertente basato su un efficace uso della lingua e dei differenti dialetti, una macchina teatrale che provoca applausi e risate, spensierate ed amare, grazie ad una prova attoriale forte e nitida, per uno spaccato quanto mai attuale, su cui riflettere profondamente.

data di pubblicazione:06/04/2018


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