CHI HA UCCISO MIO PADRE regia di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini

9 Nov 2021 | Accredito Teatro

(Teatro India – Roma, 2/7 novembre 2021)

Daria Deflorian e Antonio Tagliarini firmano la regia di Chi ha ucciso mio padre, tratto dall’omonimo testo letterario del giovanissimo scrittore Edouard Louis, andato in scena al Teatro India di Roma dal 2 al 7 novembre. Una lettera al padre in cui il figlio, interpretato Francesco Alberici, si mette di fronte a quell’uomo che per anni gli ha negato ogni confronto, eludendo in tal modo il confronto con sé stesso, un confronto scontro fra un figlio omosessuale e un padre ossessionato dal maschile, terrorizzato dalla consapevolezza di essere un perdente.

Il giovane scrittore torna al cospetto del padre che non vede da quando, quindicenne, aveva abbandonato il piccolo paese nel nord della Francia alla volta di Parigi, per fuggire da un’adolescenza di discriminazione e violenza e da piccola provincia omofoba e xenofoba quanto lo stesso padre. Ora i due sono lì, a qualche metro di distanza uno dall’altro in un grande spazio asettico e vuoto. Nel genitore, abbandonato anche dalla moglie, nel suo corpo di operaio invecchiato e vittima di un grave infortunio in fabbrica, si fanno largo stima e interesse per il figlio. Qualcosa è cambiato, perché? Una inattesa vicinanza che per Louis è e diviene anche un momento di riflessione sull’identità politica di un Paese sempre più a destra.

Il tornare da lui genera inizialmente nel ragazzo una rabbia sorda e profonda che cerca sfogo nei violenti calci dati a sacchi di spazzatura neri. Ma quei sacchi picchiati, calpestati e lacerati racchiudono i ricordi, raccontano il passato, l’infanzia, la spensieratezza e l’incomprensione, il baratro di una felicità non ottenuta. Louis si racconta, secondo un dialogo, per voce sola, tra l’esponente di classe operaia ormai condannata al declino ed il figlio omosessuale desideroso di far accettare la propria identità ad un padre ossessionato dal maschile e dalla consapevolezza di essere a sua volta un emarginato, un dominato, un perdente, proprio come le persone che più odia e a cui più teme di rassomigliare, gli arabi, le donne, gli effeminati. Ma è uno sguardo non più rabbioso, ma conciliante ed anche malinconico verso l’incapacità del padre a capire ed ad accettare, ma di certo non ad odiare. Si materializza così il VHS del film Titanic, regalo di compleanno chiesto da Eddy bambino al padre, che seccamente aveva risposto quanto fosse quello un film per femminucce, che non potevano essere dei regali da maschio e che se le cose stavano così, allora non avrebbe ricevuto alcun regalo. Tanta sofferenza ma anche la sorpresa di trovare poi la mattina del compleanno ai piedi del letto un bel cofanetto bianco, con su scritto “Titanic” in lettere dorate.

Il vero dramma non è pertanto la mancanza d’amore ma il dolore di non poter essere capiti da chi si ama per una sorta di buco culturale che non si colmerà mai. Il padre dello scrittore può soffrire per la sofferenza inferta al figlio e può soffrire perché ha fallito come marito, padre e lavoratore, perché non si è arricchito, non ha svoltato, non ha saputo dare un futuro sicuro alla sua famiglia, ma forse non capirà fino in fondo, con precisione, che il dolore di Edouard da grande, da figlio, da scrittore, sta soprattutto in questo dialogo mancante, nel suo sapere più di lui, che pure le ha subite sulla propria pelle, delle ingiustizie della vita.

Per la prima volta Deflorian/Tagliarini portano in scena un testo non scritto da loro, ma da un autore certamente affine alle tematiche trattate dai due registi ed interpreti, quali la relazione tra realtà e finzione o il rapporto tra individuo e società. Una drammaturgia performativa che guarda sempre di più alla letteratura. Tuttavia, è proprio la fedeltà al testo che permette di cogliere al meglio la qualità della drammaturgia scenica, fatta di sostanziali dettagli, di luci e respiri, di liason perfette ed efficaci tra scrittura ed interpretazione che permettono al bravissimo Francesco Alberici di raccontare il disagio familiare e generazionale in uno spazio sospeso e denso in cui riflettere.

data di pubblicazione:09/11/2021


Il nostro voto:

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ricerca per Autore:



Share This