Cento domeniche è stato definito da Antonio Albanese “un film necessario” per trattare il mondo delle sue origini e puntare il dito su una politica distratta, che preferisce frequentare i talk show invece di tutelare le persone semplici, perbene, oneste, che impiegano una vita per mettersi da parte pochi risparmi, sovente frutto di un lavoro usurante, utili a realizzare un domani un sogno custodito nel cuore e nella mente, ma che un bel giorno può andare in fumo assieme il denaro che sarebbe servito ad esaudirlo, nell’indifferenza generale.
Antonio ha 59 anni, è in prepensionamento (“finiremo tutti in fondo ad un Fondo”), ma continua ugualmente a frequentare il cantiere nautico per insegnare, a titolo gratuito, il mestiere a qualche giovane operaio in prova. La sua vita è tranquilla: gioca a bocce con gli amici, ha una madre novantenne di cui si prende cura, mantiene un rapporto civile con la ex moglie ed ha anche una compagna “clandestina” che vede di tanto in tanto. Quando Emilia, sua figlia, gli comunica di volersi sposare, Antonio pensa che finalmente può coronare il sogno di accompagnarla all’altare, immagine che custodisce gelosamente nel suo cuore sin da quando Emilia era bambina, facendosi carico di regalarle il ricevimento di nozze che da sempre aveva immaginato per lei. Si confronta con gli amici, ne parla alla madre con entusiasmo e non vuole sentire ragioni con i futuri consuoceri, vistosamente benestanti: sarà lui ad occuparsene senza l’aiuto di nessuno. Finché un giorno un suo amico, che aveva impiegato “cento domeniche” per costruirsi mattone dopo mattone la casa dove vivere con la propria famiglia, potendoci lavorare l’unico giorno di riposo dopo un’intera settimana in cantiere, viene ricoverato in ospedale in seguito ad un malore, causato dalla notizia di aver perso i risparmi di una vita per un crack che aveva interessato alcuni Istituiti bancari, compresa la Banca dove Antonio ha investito i propri soldi.
Albanese, con grande maestria, rappresenta la vita del suo personaggio come una sorta di parabola drammaticamente discendente, vittima di qualcosa che non riesce a spiegarsi: egli proverà vergogna per essersi fidato e sensi di colpa invece che rabbia, e la condivisione che da sempre aveva contraddistinto la sua vita cede il passo all’isolamento, facendolo scivolare in un baratro dal quale non potrà rialzarsi. L’andamento lineare e sobrio della pellicola e il tema centrale della classe operaia, ha fatto apparire plausibile il paragone di questa storia con la filmografia di Ken Loach, regista, sceneggiatore ed attivista britannico che da sempre parla nelle sue pellicole di temi legati alle classi meno abbienti; così come si potrebbe accostare l’animo puro di Antonio Riva alla poetica delicata e struggente di cui sono intrisi certi personaggi che abitano le pellicole di Uberto Pasolini.
Tuttavia, “nobili” paragoni a parte, Cento domeniche ha il merito di parlare di un’Italia perbene, fatta di persone comuni che concepiscono ancora la solidarietà, l’aiuto reciproco, rappresentando un mondo fatto di strette di mano che pare essere sparito del tutto ma che un tempo esisteva, per lasciare il posto all’indifferenza in cui, nei tempi attuali, la nostra società sembra inevitabilmente precipitata. Se ne consiglia la visione.
data di pubblicazione:1/12/2023
Scopri con un click il nostro voto:
0 commenti