da Daniele Poto | Dic 19, 2020
(Teatro Belli in streaming – Roma, 16/19 dicembre 2020)
Affresco di vita dolce e crudele, spaccato dell’Inghilterra povera e rurale, pennellate alla Steinbeck per un Furore britannico disegnando la scena nuda con fantasia attoriale.
Che fatica per gli attori, entrare in pochi secondi nella pelle di personaggi diversi, rimanendo fedeli al plot che per accumulazione inventa una scena in realtà nuda, prova a colorarla. L’esasperazione domina nel recitato con un mono tono che non è monotono ma febbrile e orgasmico. Bravi i due interpreti sinergicamente coesi nel disegnare, con povere armi a disposizioni, una storia che cambierà per sempre la vita nella comunità agricola che fa capo alla sonnolenta cittadina di Costwold. Non sono i destini individuali in ballo ma quelli di tutta una comunità che fa i conti alla fine degli anni novanta con l’afta epizootica che stermina le mandrie di mucche e mette a repentaglio il teorico benessere della popolazione. Tutti i dialoghi in forma di dialogo a due virano verso la ricostruzione di questo andamento con un richiesto ampio impegno del pubblico. Perché il recitato è impegnato, strillato, anzi urlato, tanto è drammatico il quadro che si tende a ricostruire. Quindi, attorno ai due protagonisti principali Bobby e Amy si sviluppa un florilegio di personaggi-spalla assolutamente non minori, una sorta di afflitta Spoon River localistica anche se qui si parla di viventi in difficoltà, tutt’altro che proni ad accettare la situazione di disagio e carestia. Si parla di una minaccia che viene da lontano e che potrebbe essere metafisica, richiamo a una difficoltà esterna più grande: insuperabile. Si parla di amicizia e forse di amore per i due protagonisti principali a cui è richiesto un grande impegno in una macchina oleata a dovere. Immaginiamo il grande lavoro a monte della traduttrice Di Giammarco.
data di pubblicazione:19/12/2020
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Dic 19, 2020
Quante sorprese presenta la letteratura, quante sacche insondabili di fiction può riservare un libro. Leggi pagine trecento e oltre di un massiccio volume virato sull’epopea di un’attrice dal gloriosi trascorsi e dalla mesta decadenza ed immagini che sia vicenda autobiografica che ha toccato l’autrice. Invece niente di tutto questo. E il disvelamento avviene nei ringraziamenti quando vengono citati intrecci di storie simili e racconti collaborativi di protagonisti del palcoscenico, Ed allora tanto più lode va girata al mestiere di Anne Enright che ci tocca e ci commuove con una story all’interno di complicati grovigli familiari. Vissuta dall’interno, emotivamente riflessa sul lettore. Con picchi di coinvolgimento e prolisse diversioni. Perché più che il plot è interessante l’atmosfera. Come viene descritta un’interprete di fama che si perde nei meandri della vita e finisce addirittura in carcere per aver sparato a un uomo con cui intrattiene rapporti equivoci. L’autrice tiene mano salda nel dipanarsi di flash back e di racconti di vita in un arco cronologico piuttosto vasta. L’eco della promiscuità del mondo dello spettacolo, della sua vacuità, dell’effimero successo sono richiami a un orizzonte esistenziale più ampio. La memoria della diva che poi è anche la madre della protagonista narrante si dipana in un flusso di coscienza amaro e pieno di rimpianti. Nel progressivo distaccarsi dalla realtà e nell’avvicinarsi alla follia, a un mondo succedaneo che metta al riparo la donna ormai anziana dalla disillusione e dalla crudezza della realtà. La figlia è la mente lucida ma non distaccata che osserva lo sfacelo che poi è l’invecchiamento, la malattia psichica, la decadenza. Una parabola quasi fisiologica per ogni cosa o persona in divenire. Una narrazione laica, a tratti dura, a tratti delicata. Per una lettura gradevolmente non inutile, ammesso che la letteratura debba per forza considerarsi utile. Con il libro si entra in un enclave femminile fatta di umori, di ricerca della fama e di una consacrazione, di amore e anche di sesso.
data di pubblicazione:19/12/2020
da Paolo Talone | Dic 17, 2020
(Teatro Belli in streaming – Roma, 14/15 dicembre 2020)
Scaricata dal marito per una ragazza più giovane, Angela tenta di rifarsi una vita. Il peso dell’età e la mancanza di un lavoro rendono però la cosa difficile. L’ironia sarà lo strumento che la porterà a ottenere una piacevole rivincita.
I fuochi d’artificio sono il segno della festa. È così ogni 5 novembre in Inghilterra in occasione della notte di Guy Faweks. Ma è anche la data in cui Angela festeggia la sua inaspettata e a tratti inquietante libertà. Il marito Max, da lei soprannominato Palla-da-biliardo per l’evidente calvizie, l’ha lasciata per un amore più giovane. Francesca Bianco torna sul palcoscenico virtuale di questa edizione di Trend – dopo aver recitato al fianco di Antonio Salines in Heisemberg – sempre diretta da Carlo Emilio Lerici. Un one-woman show in cui una donna è colta nel disperato tentativo di sfidare le convenzioni di una società ancora impreparata ad accogliere chi tenta di rifarsi una vita in età matura. La mancanza di un lavoro e la sua condizione di single non per scelta stanno alla base del dramma al quale Angela reagisce con consapevole ironia e divertente autocommiserazione. Complice e testimone del suo sfogo un pubblico insolitamente presente in sala – la registrazione è stata fatta prima della pandemia – che aiuta la performance dell’attrice. Dà al suo personaggio un’aria di tenera insicurezza che lo rende amabile sotto tutti gli aspetti. Cerca di riempire il vuoto creato dalla sua condizione ricorrendo a espedienti di fortuna. Le prova tutte per risollevarsi: da un toy-boy a un sex-toy passando per una rubrica di cuori solitari. Nemmeno l’assistenza richiesta al telefono amico o l’aiuto chiesto alla cinica madre riusciranno a darle quel sostegno di cui necessita. Ci vorrà un nuovo amore per rimetterla al mondo e farla brillare come un fuoco pirotecnico esploso in un giorno di gioia.
data di pubblicazione:17/12/2020
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Dic 16, 2020
Il titolo è una parola che va di moda. Due libri usciti negli stessi giorni, un sito che si sta facendo strada. Una gran voglia di esercitare il pensiero critico circola nel mondo. Brullo ha dispensato un sottotitolo che non lascia dubbio sulle sue intenzioni: il peggio della letteratura italiana (o quasi). Un pamphlet che tira dei grandi fendenti all’accademia, al recensore in pantofole, alla classifica dei libri più venduti e ai protagonisti più ammirati in televisione. Si salva forse chi non c’è più. Ma tutti i più famosi rientrano in questo paniere di stroncature anche coraggiose visto il rischio di azioni giudiziarie e di diffide. Brullo ha dovuto fare i conti con la querela di D’Avenia, esibita quasi come un titolo di merito. Un elenco dei reprobi? Presto fatto: Stefania Auci, Alessandro Baricco, Aldo Busi, Gianrico Carofiglio, Paolo Cognetti, Maurizio De Giovanni, Paolo De Paolo, Elena Ferrante, Michela Murgia, Francesco Piccolo, Antonio Scurati. C’è il Gotha della letteratura italiana attuale. Ma Brullo non spara a salve ma documenta con estrapolazioni la labilità di certa prosa e si stupisce del successo dei protagonisti, valori riconosciuti e stabili anche in virtù di potenti staff editoriali alle spalle. Ma non ci sono solo romanzieri tra le vittime di queste verosimili invettive. Nella seconda parte i bersagli sono altrettanto importanti se citiamo i nomi di Corrado Augias, Massimo Recalcati, Michele Serra e, udite udite, Roberto Saviano. La sua è un critica letteraria militante di pronto utilizzo che ricorda il celebre volumetto con cui Goffredo Fofi smitizzava valori consacrati del cinema italiano. Saggismo tutt’altro che embedded, puntuale reazione all’intorpidimento dei critici dei quotidiani, spesso proni all’ossequio, quindi non rendendo un buon servizio al pubblico utente che dovrebbe avere un riscontro più oculato rispetto ai propri consumi culturali. Qui la voglia di osare non manca e con un certo sprezzo del pericolo perché Brullo racconta senza falsi pudori il progressivo allontanamento da testate che hanno preso a considerarlo come un collaboratore fastidioso, perché troppo pungente e/o intemperante.
data di pubblicazione:16/12/2020
da Daniele Poto | Dic 12, 2020
(Teatro Belli in streaming – Roma,10/13 dicembre 2020)
Black comedy della nuova scena inglese. Groviglio a due con l’avvio dei tipici meccanismi di attrazione/repulsione di un sequestro. La presunta oggettività di una percezione è in realtà la deriva della mente malata del protagonista.
La malattia mentale si nasconde sotto spoglie di apparente normalità. E ci appare convincente e quasi seduttivo il protagonista quando nel monologo iniziale sciorina un programma che sembra realistico, un godersi la vita in seguito a una grande vincita alla lotteria. Ma in realtà il denaro evidentemente dà alla testa se sequestra una giovane con donna con l’intento pervicace di farla innamorare. Missione impossibile perché la ragazza è sotto sequestro per un numero di settimane definito dai due dopo una lunga trattativa. E la donna non ha nessuna intenzione di farsi assoggettare, anzi mette in gioco tutte le proprie capacità, anche seduttive , per riuscire a procurarsi un’ora d’aria prima e per scappare poi. Ma il suo persecutore si rivela ancora più duro e dopo qualche tentennamento e qualche errore strategico, dopo aver abdicato a un tentativo di amplesso, si fa sempre più crudele trascinandola in un gioco che avrà conseguenze letali. Il bello e il brutto insieme è che si convincerà che quella conclusione se l’è proprio andata a cercare. Delirio corrosivo nel gioco a due del teatro da camera che questa volta offre anche un minimo di scenografia in una scena quasi completamente riempita dai dialoghi e da qualche uscita dei due protagonisti. Il tasso di determinazione e di accanimento sado ma anche un po’ masochistico cresce con il passare dei minuti e così la tensione in un climax che degenera ma che poi viene tranquillamente metabolizzato dal protagonista. Che un minuto dopo si metterà in caccia di ulteriori giovani pulzelle che possano riempire il suo enorme vuoto sentimentale. Teatro forte, all’altezza dei tempi che viviamo.
data di pubblicazione:12/12/2020
Il nostro voto:
da Paolo Talone | Dic 8, 2020
(Teatro Belli in streaming – Roma, 4/5 dicembre 2020)
Un “piccolo ulteriore passo” nella ricerca su Tiresia. Il lavoro sul cieco indovino del Citerone continua con un capitolo che interpreta la seconda parte del volume di poesie della rapper, cantante e spoken word performer britannica Kate Tempest: Hold your own, resta te stessa.
Il cammino di Tiresia è lungo e percorre i secoli, passando per molteplici forme e specchiandosi in molteplici volti. Voci di donne e voci di uomini raccontano storie. Il passato è un ricordo, è una foto appesa al muro appena sbiadita. L’immagine è lì, supera il tempo e, come certe cose, dura molto a lungo. Un fiume ininterrotto di visioni poetiche, sgorgate dall’inarrestabile fantasia della giovane Kate Tempest, si somma a quelle della pellicola in super 8 che scorre in parte bruciata alle spalle degli attori. Visioni di strade polverose, spiagge solitarie, giochi di bambini. Tiresia si sdoppia in voce e corpo con Gabriele Portoghese e Giulia Weber. Ci sono sempre, anche quando a turno spariscono nel controluce: Tiresia vive in alternanza la sua vita di donna e di uomo. Talvolta è una fusione indistinta di personalità e di storie. Tiresia è un giovane adolescente, una ragazza alle prime scoperte e alle prime battaglie. L’ambiente sonoro del Collettivo Angelo Mai – canti in stile rebetico presi dalla tradizione greca di inizio ‘900 – testimonia la fatica della crescita. Tiresia è invecchiato e porta sulle spalle il peso della memoria. Da profeta vede ciò che gli altri non riescono a vedere: il mondo intorno così com’è e non come gli altri vorrebbero che fosse. La coerenza di rimanere sé stessi nonostante tutto e continuare a camminare. Restare fedeli a sé stessi e non lasciarsi confondere dalla vergogna perché, in fondo, tutti ci assomigliamo per come amiamo, per il nostro bisogno di amicizia, perché semplicemente abbiamo un’anima.
data di pubblicazione:08/12/2020
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Dic 8, 2020
La nuova edizione di #TdrOnline del Teatro di Roma accompagnerà il pubblico di utenti-spettatori con un palinsesto settimanale sui canali social (Facebook, YouTube, Instagram e sito web), a partire da lunedì 7 dicembre con la prima puntata del ciclo delle Letture kafkiane, realizzate sul palco dell’Argentina dalla compagnia della Metamorfosi, diretta da Giorgio Barberio Corsetti, che in attesa del debutto fa risuonare in video le parole e le atmosfere dello scrittore boemo. Il cast di interpreti (Roberto Rustioni, Sara Putignano, Anna Chiara Colombo, Giovanni Prosperi, Giulia Trippetta, Dario Caccuri) prosegue il suo ideale dialogo con Kafka, selezionando alcuni testi dai suoi racconti ed entrando nelle vesti degli altri personaggi che ne compongono l’universo narrativo. Le Letture prepareranno il palco per Metamorfosi Cabaret (trasmesso prossimamente in streaming), un ritratto plurale del nostro presente tra cabaret e storie dalla città, che coinvolgerà artisti/e, comici/che, autori e autrici, musicisti/e, rappresentanti delle associazioni e delle realtà culturali e sociali per parlare di crisi, nuova povertà, ma anche di solidarietà, slancio creativo e futuro. In questo percorso si riallaccia il dialogo con le periferie e le generazioni romane, ripartendo dall’esperienza estiva del Cantiere Amleto, condotto da Corsetti e Massimo Sigillò Massara, con la messa online di una clip (13 dicembre) in cui si ripercorre in musica e per immagini la prima tappa dal vivo di questo lungo viaggio iniziato a luglio al Parco Tor Tre Teste.
Per riprendere le fila della programmazione al momento sospesa, si inaugurano da martedì 8 dicembre le giornate dedicate ai talk attraverso le conversazioni video di Corsetti con Alessandro Serra, con cui dialoga sull’immaginario shakespeariano (8 dicembre), e con gli studiosi Emanuele Coccia (15 dicembre) e Francesco Fiorentino (22 dicembre) con i quali rifletterà sui rimandi al presente della Metamorfosi indagando la relazione con l’altro/a, l’alienazione del lavoro, il rapporto tra essere umano e natura; in onda poi l’incontro sulla scrittura di De Sade con il giovane regista dello spettacolo La filosofia del boudoir Fabio Condemi che, in compagnia della scrittrice Veronica Raimo e del critico Attilio Scarpellini, si interroga su come considerare le opere di quegli autori che fanno dello scandalo la propria poetica (29 dicembre).
Al Teatro Torlonia si incontra il collettivo artistico di Sgombro per registrare Sgombro – il podcast, un varietà in tre podcast radiofonici (11, 18 e 26 dicembre), per un discorso tragicomico sul presente di chiusure e isolamento. In ogni episodio Ivan Talarico ci accompagna tra le performance di scrittori, poeti, cantautori, attori, performer, dal linguaggio ironico, intenso e disperato, tra cui Claudio Morici, Davide Grillo, Luisa Merloni, Daniele Parisi, Paola Michelini, Marco Ceccotti del Nano Egidio, Gioia Salvatori, Lucio Leoni, Giovan Bartolo Botta, Andrea Cosentino.
A dicembre (12, 13, 19 e 20) prende vita il primo affaccio della programmazione per le nuove generazioni, a cura di Fabrizio Pallara, che trasforma il palco di Torlonia in un’officina dell’arte abitata da artiste e artisti e dal pubblico che seguirà da casa Fatti a mano, un laboratorio di scultura in cui verrà sperimentata in streaming la costruzione di oggetti a distanza, valorizzando la manualità per animare la relazione con lo schermo attraverso un risultato tangibile, e che avrà per tema l’oggetto artistico come dono. L’attenzione ai piccoli e alle famiglie continua all’Argentina con il consueto appuntamento natalizio del Laboratorio Teatrale Integrato Piero Gabrielli, che augura buone feste con le Letture sotto l’albero interpretate dagli attori della Piccola Compagnia alla scoperta di fiabe e filastrocche di Gianni Rodari (24 dicembre).
Tra dicembre e gennaio #TdRonline prosegue al Teatro Valle, che diventa un palcoscenico di lavoro come tutti gli altri, trasformandosi in uno studio di registrazione in cui settanta artisti registreranno dieci radiodrammi tra scienza e fantascienza (di prossima programmazione): testi classici e letteratura contemporanea italiana e internazionale proposti, fra gli altri, da Silvia Gallerano e Paola Rota, Manuela Cherubini, lacasadargilla/Lisa Ferlazzo Natoli, Roberto Rustioni, Michelangelo Dalisi e Francesco Villano, Flavio Francucci, e accompagnati da contenuti scientifici introdotti da esperti, giornalisti e scienziati.
Anche gli spazi del Teatro India, già impegnati dalle residenze degli artisti, riprendono a intessere le trame di ascolto di Radio India, ora in una fase di studio e di indagine, e on air dal 28 dicembre al 3 gennaio 2021. Questo momento iniziale di ricerca prevede alcuni appuntamenti pubblici, il primo sarà il 5 dicembre, giorno in cui Radio India parteciperà alla giornata di lavoro di Rete Critica 2020 come invitata e vincitrice del premio dell’edizione di quest’anno; sempre il 5 dicembre (ore 18) Radio India ospiterà un palinsesto curato insieme al festival Atlas of Transitions – WE THE PEOPLE organizzato da ERT – Emilia Romagna Teatro e curato da Piersandra Di Matteo: una serie di assemblaggi di suoni, tessiture vocali, pillole narrative rubate alle performance, scambi di patrimoni sonori e frammenti fonetici che si concluderà con una conversazione tra la curatrice Piersandra Di Matteo e la redazione di Radio India.
data di pubblicazione:08/12/2020
da Daniele Poto | Dic 4, 2020
Un simpatico divertissement da gustare profilo per profilo. Un anti-Bignami della filosofia moderna in sala romanesca con vere fissazioni sul tifo Roma&lazio e sull’attrazione per le donne. Linguaggio da suburra ma con un retrogusto alto, filtrato nitrato di cultura assorbita. Così in questo Gotha di personalità intinte nel mainstream contemporaneo sfilano tra gli altri Karl Marx, Hegel, Schopenhauer, Leibniz, riveduti e correttivi corrosivamente con lo spirito irriverente e a volte pesante in una rilettura caustica e. Poco più di cento pagine da delibare senza eccessi per evitare di rincorrere una certa monotonia nella sfilata del Pantheon. Il rispetto si limita a una frase che riassume il filosofo in questione, il resto è pura indulgenza al più sfrenato trash. Un agile volumetto che è un po’ figlio dello spirito del tempo, ricorrere agli eccessi per significare. Qualcuno si scandalizzerà per l’uso disinvolto della parolaccia e di espressioni che un tempo sarebbero state etichettate come “oscene” ma che ormai fanno parte del lessico contemporaneo. Nonostante la grevità è un testo che ha richiesto cura e preparazione con un substrato non indifferente di know how per cimentarsi nel profilo di pensatori piuttosto lontani dall’attualità o scarsamente rivalutati (basti pensare a Plotino). Uno spiritaccio romano che può anche essere apprezzato fuori dai contorni del Raccordo Anulare perché la comprensibilità del gergo è volutamente alla portata di tutti. E quando meno te lo aspetti l’autore piazza la battuta che ti stende. Chi vuole approfondire potrà ricorrere a face book dove Armeni gestisce un pagina dal titolo analogo, condendo insieme la passione per la filosofia e l’appeal come influencer romanesco. Così si spiega come un libro (e il suo plot) possa anche essere frutto per partogenesi di una diffusa popolarità.
data di pubblicazione:04/12/2020
da Paolo Talone | Dic 3, 2020
(Teatro Belli in streaming – Roma, 1/3 dicembre 2020)
Un taxi parcheggiato in città in piena notte. Un uomo e i suoi due figli colti nello sforzo di recuperare un rapporto troppo a lungo trascurato. La tempesta di una famiglia tipicamente irlandese attraverso la penna di Padraic Walsh.
Il frame iniziale che inquadra le poltrone vuote della sala del Belli sembra un chiaro omaggio al teatro come gesto sociale. Un segno efficace di attesa e di speranza, quella di tornare presto a condividere l’esperienza dello spettacolo dal vivo. La chitarra di Daniele Greco suona una melodia bagnata e malinconica e quando si accendono le luci sul palco si vedono altre sedie. Sono i sedili del van di Brian (Marco Cavalcoli), un tassista al turno di notte parcheggiato da qualche parte a Dublino in attesa di prendere l’ultima corsa. La notte sembra essere pensierosa e le luci della città – dei fari teatrali di morbida luce alogena messi a vista sulla scena – scaldano appena la sua preoccupazione. In macchina salgono Rey (Gianmarco Saurino) e Dara (Mauro Lamanna), due dei suoi dieci figli avuti con una donna che lo ha cacciato di casa. Sanno nulla o poco del padre, mentre lui crede di sapere abbastanza di loro. A dirla tutta neanche i due fratelli si conoscono bene e così, spenta l’euforia iniziale di una bevuta di troppo, prende vita uno scontro fra i tre. Una tempesta di improvvise dichiarazioni e scoperte si scatena nell’incontro notturno, un dialogo serrato detto con una leggera inflessione dialettale che rende tutto più naturale e vicino. Il van è il confessionale dove si ammettono colpe e si lanciano accuse, si raccontano e si riannodano pezzi di verità, dove ci si mette a nudo come in uno spogliatoio: il conflitto è generazionale e tutto al maschile. Essere seduti uno dietro l’altro, nello spazio dell’autoveicolo, implica darsi le spalle e non affrontarsi a viso aperto. La verità si racconta stando seduti scomodi, perché la verità stessa è scomoda da raccontare. Eppure, a nessuno viene in mente di uscire dall’auto parcheggiata. Il tentativo ultimo è quello di cercare di ricostruire un’armonia familiare andata in frantumi troppe volte, ma la vita chiama e cerca altrove le sue soluzioni. Così i sedili rimangono di nuovo vuoti, in attesa che qualcuno un giorno torni ad occuparli, magari stavolta seduto uno di fianco all’altro.
data di pubblicazione:03/12/2020
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Nov 30, 2020
(Teatro Belli – Roma in streaming 26/29 novembre 2020)
Il principio di indeterminazione quantistica applicato a teatro e non per la prima volta. Scena spartana con la convenzione degli “scuri” a scandire tempo e situazioni. Antidoto contro la statica la magmatica brillantezza dei dialoghi.
Teatro da camera con la fascinazione di un duetto sentimentale. Prima c’è lei, vivacissimo personaggio e feconda attrice, di fronte a lui, timido introiettato, irrisolto. Lei apre la fortezza di lui che si apre e si svela. Con la sua solitudine, le sua passioni (la musica) il suo fastidio di fronte al mondo. Lei prima si produce in una serie di bugie che lui supera e assorbe. Ma l’eterno femmino, la curiosità per la prima donna incontrata dopo lungo tempo fa breccia e sfonda. Poteva essere il nulla di un primo incontro, diventa una storia in tanti quadri, passando anche per il letto e il tentativo di lei di ritrovare il figlio con cui si è spezzato il legame, a un passo da New York. Lui, non più riottoso, la segue e le consegna il suo avvenire. La conclusione dell’happy end può distrarre ma è il percorso che è importante. Perché suadente, dialettico, convincente. Dunque con un po’ di logica si può risalire al titolo, che è il cognome di un fisico importante, sempre più spesso citato a teatro, il fissatore dell’idea che è possibile misurare con precisione sia la velocità della particella subatomica che la sua posizione. Ma non contemporaneamente. Spettacolo con cinque anni di vita che trova il battesimo italiano e un’inconsueta prima online e non dal vivo nella brillante rassegna di Trend che continua a scodellare interessanti e attualissimi autori britannici, alcuni dei quali autentici rivelazione nel vuoto della stagione teatrale italiana. Un’iniezione e un tentativo di riscossa nel fermo biologico imposto dalla pandemia. Antonio Salines mette a disposizione del testo tutta la propria esperienza con una recitazione da contropiede.
data di pubblicazione:30/11/2020
Il nostro voto:
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