BELFAST di Kenneth Branagh, 2022

BELFAST di Kenneth Branagh, 2022

Il giovane Buddy (Jude Hill) ha appena nove anni quando vede attorno a sé, nella fino allora tranquilla Belfast, cambiare all’improvviso il suo piccolo mondo, fatto di innocenti amori scolastici, giochi nelle strade del quartiere, feste e cinema con i genitori e chiacchierate con i nonni. Confuso e spaventato dovrà prendere atto che la violenza esplosa ed il conflitto religioso imporranno delle scelte a lui ed ai suoi Cari…..

 

Esce domani sui nostri schermi cinematografici il buon film di Kenneth Branagh già visto all’ultima Festa del Cinema di Roma ove, per singolare coincidenza, era stato proiettato, quasi in contemporanea ad un altro film con bambini al centro delle vicende: l’altrettanto buono C’mon C’mon che sarà in sala a Marzo … dopo gli Oscar. Con Belfast il talentuoso attore, autore e regista, la cui eclettica genialità gli consente di spaziare magistralmente dai classici Shakespeariani ad… Assassinio sul Nilo, o anche a… Thor, ha inteso esprimere il suo tenero ricordo per la sua famiglia, i nonni e la città di origine.

La storia, fondendo realtà e finzione, si ispira, infatti, alle personali vicende dello stesso Branagh. Il nostro Autore, nato e cresciuto a Belfast, è stato costretto nel 1969, all’età di nove anni, a fuggire dalla sua città verso l’Inghilterra a causa dei violenti conflitti religiosi fra protestanti e cattolici scoppiati proprio quell’anno nell’Irlanda del Nord.

La peculiarità del film è che i cambiamenti e la violenza sono visti con il filtro dello sguardo innocente ed incredulo del giovane Buddy che ha solo una comprensione parziale di ciò che avviene e di quella che fino a poco tempo prima era la vita normale e che ora non lo è più. Il tocco autoriale del regista rende il lavoro molto originale e splendidamente supportato da una fotografia in un bianco e nero molto sofisticato che restituisce tutte le atmosfere dell’Irlanda di quegli anni e del piccolo mondo della working class. Un mondo che stava già lentamente cambiando e che i conflitti sovvertiranno completamente. La minaccia della violenza obbligherà i genitori del piccolo a superare le proprie incertezze, i vincoli affettivi ed i sogni che li trattengono a Belfast e li costringerà a prendere atto che per restare fedeli ai propri valori non resterà loro che tagliare con il passato per cercare di ritrovare la tranquillità altrove pur correndo il rischio di perdere la propria identità.

Teneri ricordi che hanno segnato la vita del regista che però, intelligentemente, è abile nel riproporli solo con un po’ di nostalgia ed un velo di malinconia, evitando ogni sentimentalismo o forzatura, alternando al dramma, grazie all’uso sapiente dello sguardo infantile, momenti di humour per alleggerire le atmosfere narrative. Il ritmo è sostenuto e scorrevole, senza pause se non quelle scientemente ricercate, ed è supportato da un ottimo montaggio e da una sceneggiatura ben costruita. Come sottofondo fa da colonna sonora il leggendario Van Morrison.

Oltre all’eccezionale giovane interprete, tutto il cast è perfetto: dalla intramontabile Judi Dench (la nonna) ai genitori Jamie Dornan (il padre) e la splendida Caitriona Balfe (la madre) che danno tutti il loro apporto emotivo ed “adulto” alla narrazione.

Un buon film, un’ottima regia, una buona ricostruzione. Un film tenerissimo che indubbiamente piacerà molto e che in sapiente equilibrio fra emozione e commozione (con il rischio talora di sembrare troppo freddo e distaccato) avrà sicuramente, oltre che le sue più che meritate nomination, anche buone probabilità di vincere.

data di pubblicazione:23/02/2022


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STRINGIMI FORTE di Mathieu Amalric, 2022

STRINGIMI FORTE di Mathieu Amalric, 2022

Mathieu Amalric, splendido interprete di innumerevoli pellicole (una tra tutte Lo scafandro e la farfalla di Julian Schnabel), passa nuovamente dietro la macchina da presa con Stringimi forte, film profondo, originale, dalla trama ambigua, girato in maniera non convenzionale, che sorprende dal primo fotogramma sino all’ultimo e che conferma la sensibilità anche come autore di questo splendido interprete.

 

Clarisse decide una mattina di partire all’alba a bordo della macchina del marito, per una meta che non è dato sapere, forse verso il mare come dichiara ad una sua amica. Lascia la lista della spesa fermata con un magnete sulla porta del frigo, butta un occhio a Lucie e Paul, i suoi due figli che dormono ancora, e a suo marito Marc. Al risveglio sarà proprio lui a dover trovare una giustificazione per l’assenza della donna, oltre che per una colazione non buona come quella a cui i figli erano abituati. La donna mentre viaggia in macchina verso la sua misteriosa meta, fantastica sui figli, comincia ad immaginare la loro vita senza di lei: li vede crescere e diventare adolescenti, ed il marito invecchiare. Ma ai progetti sul futuro di figli e marito si mescolano anche i ricordi, che affollano la sua mente senza un apparente ordine cronologico: l’unica cosa che a tratti sembra essere vera che tutto procede senza di lei, che è intenta solo a spiare o ad immaginare la vita dei suoi familiari. Nulla tuttavia è come appare. Ritroviamo Clarisse entrare nuovamente in casa senza essere vista, parlare con la gente del posto, spiare Lucie mentre suona il pianoforte, Marc lavorare e Paul mentre pratica sport: ma non ci è dato sapere se tutto questo è reale o anch’esso frutto della sua immaginazione.

Stringimi forte è un film sorprendente, dalla trama che non ha un andamento regolare come le foto polaroid che Clarisse butta nervosamente sul letto cercando di dare ad esse un ordine cronologico che tuttavia non riesce a ritrovare. È un film in cui la protagonista fugge da qualcosa, forse da un’attesa che le sembra troppo lunga per poter essere sopportata, ma nel contempo cerca anche qualcosa, che forse le manca, nascondendosi a coloro che più ama ma da cui al contempo sembra non volersi distaccare. La trama procede avanti ed indietro nel tempo, le scene sono montate in un modo da non rispettare una andatura convenzionale, eppure la storia ad un certo punto si dipana e tutti quei tasselli appartenenti ad una specie di un puzzle buttato all’aria e ricaduti alla rinfusa in terra, si ricompongono in un finale singolare, ma concreto e reale.

Presentato a Cannes fuori concorso, il film avrebbe al contrario avuto molti motivi per competere: il suo gioco continuo tra realtà e fantasia, tra verità e finzione, avvolge lo spettatore dall’inizio alla fine. Questo piccolo capolavoro è nelle sale italiane già da un po’: se ne consiglia vivamente la visione.

data di pubblicazione:23/02/2022


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LUCE SULL’ARCHEOLOGIA – VIII EDIZIONE – secondo appuntamento

LUCE SULL’ARCHEOLOGIA – VIII EDIZIONE – secondo appuntamento

(Teatro Argentina – Roma, 6 febbraio/8 maggio 2022)

Massimiliano Ghilardi introduce il secondo appuntamento con le lezioni di Archeologia al Teatro Argentina, sempre precedute dal prezioso contributo di Claudio Strinati che questa volta ha intrattenuto il folto pubblico intervenuto parlando di Fidia, maestro assoluto della Grecia classica, ma soprattutto delle sculture frontonali del Partenone e dei fregi del V secolo a.C., per lo più opera della sua scuola, che dal 1816 sono conservati al British Museum. I preziosi reperti erano stati rimossi dall’Acropoli di Atene a partire dal 1801 da lord Thomas Bruce Elgin, allora ambasciatore dell’Impero Britannico presso la Corte Ottomana. Il professore Maurizio Bettini, dell’Università degli Studi di Siena, introduce l’argomento della giornata che riguarda il rapporto che gli antichi avevano con le divinità. In particolare è molto curioso apprendere come i Romani fossero un popolo molto religioso ma nello stesso tempo laico nel senso proprio del termine. Qualsiasi entità, prima di essere venerata, doveva essere approvata direttamente dal Senato, che ne doveva riconoscere e sancire prima le peculiarità, per essere successivamente onorata e rispettata dal popolo. Le divinità erano partecipi della vita quotidiana e accompagnavano il singolo cittadino che ricambiava la loro accondiscendenza con rituali molto impegnativi ma anche ridendo di esse, come se dovessero essere trattate alla pari. L’argomento è approfondito dal Prof. Gianluca De Sanctis, dell’Università degli Studi della Tuscia, che ha parlato dei vari dei e della topografia sacra nella memoria culturale dei Romani. E’ singolare come al momento di conquistare una città, o di una regione da sottomettere all’impero, i Romani si affidassero alla divinità straniera, quasi sempre senza sapere esattamente quale fosse, ma con l’intento di indurla al tradimento del popolo che originariamente l’aveva eletta come nume protettore. In sintesi si rivolgevano ad essa e le promettevano un tempio molto più grande e lussuoso se li avesse assistiti nella battaglia portandoli alla vittoria finale. Il Prof. Massimiliano Papini, dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza, ci ha parlato delle passeggiate oziose nell’antica Roma principalmente attraverso ombrose porticus, il più famoso dei quali era il Portico di Ottavia, edificato in epoca augustea, e che era costituito da un recinto porticato che conteneva al suo interno i templi di Giunone Regina e di Giove Statore. I romani amavano oziare passeggiando in zone ombrose, a volte appartate, per consentire loro di esercitare anche attività illecite, se non addirittura per dedicarsi al turpe mercimonio. Chiude la giornata Alessandra Cattoi, direttrice e responsabile del RAM film festival, con sede a Rovereto, per illustrare come la rassegna cinematografica, nata nel 1990, abbia come scopo di divulgare l’interesse e lo studio dell’Archeologia attraverso il cinema. Prossimo appuntamento per domenica 27 febbraio dove si parlerà di realtà e utopia della nuova Roma di Nerone.

data di pubblicazione:21/02/2022

LEONORA ADDIO di Paolo Taviani, 2022

LEONORA ADDIO di Paolo Taviani, 2022

Il 10 dicembre del 1936 muore a Roma Luigi Pirandello, grande drammaturgo, scrittore e poeta siciliano già insignito del Premio Nobel per la letteratura. Nel testamento dispone che il suo corpo sia cremato e che le ceneri vengano “murate in qualche rozza pietra” nella campagna di Agrigento dove lui era nato. Ci vorranno quindici anni prima che siano eseguite le sue ultime volontà dal momento che l’urna dovrà affrontare un viaggio, a dir poco rocambolesco, prima di raggiungere la tormentata sepoltura.

 

Con Leonora Addio, primo film girato da Paolo Taviani dopo la scomparsa del fratello Vittorio e a lui dedicato, il regista cerca di interpretare lo spirito libero e disincantato del genio pirandelliano, utilizzando un linguaggio malinconico ma anche a volte comico, per raccontarci con ironia il mistero della vita. Nella prima scena viene inquadrato Pirandello sul letto di morte, in un ambiente rarefatto, dove entrano con circospezione i suoi tre figli, prima bambini, poi adolescenti e infine già adulti proprio per indicare come il tempo di tutta una vita possa passare via e esaurirsi in un battito d’ali, leggero e silenzioso ma anche doloroso e sofferto. Ecco allora che durante il travagliato viaggio delle ceneri si incontreranno una serie di personaggi, per lo più povera gente, che pochi registi come Taviani riescono a far parlare con un semplice gesto, con un solo sguardo che trapela da quei volti scavati dal tempo e dalla fame.

Il film parla di teatro, come luogo dove realtà e finzione si mescolano, iniziando e terminando in esso; la prima parte, quella che riguarda le vicissitudini delle ceneri di Pirandello, è girata in bianco e nero proprio per più agevolmente inserire immagini di repertorio reali e immagini tratte da film proprie del neorealismo del dopoguerra. Nella seconda parte, in dissolvenza sull’immagine del mare, prende forma il colore per mettere in scena Il chiodo, ultimo racconto scritto dal grande drammaturgo che si era ispirato a un fatto di cronaca registrato all’inizio del novecento a Brooklyn, quando un adolescente, immigrato di origini siciliane, senza un apparente motivo aveva ucciso con un lungo chiodo una ragazzina mentre questa si accapigliava con una coetanea. Le due parti della pellicola si integrano reciprocamente per dimostrare come l’uomo viva una continua lotta contro le apparenze. Il giovane protagonista porta la maschera che la società gli impone e che lo rende estraneo a sé stesso oltre che agli altri, conducendolo verso quell’azione insensata perché non riesce a sanare lo strappo affettivo che si porta nel cuore.

Cast eccezionale a cominciare da Fabrizio Ferracane, e a seguire Matteo Pittiruti, Dania Marino, Dora Becker e Claudio Bigagli; ad accompagnare il film la musica composta dal premio Oscar Nicola Piovani. La pellicola è stata appena presentata alla Berlinale dove, pur non avendo ottenuto alcun riconoscimento ufficiale (era il 2012 quando i fratelli Paolo e Vittorio Taviani vinsero l’Orso d’Oro per Cesare deve morire), ha comunque ricevuto il premio della critica Fipresci, assegnato dalla giuria della Fédération Internationale de la Presse Cinématographique.

data di pubblicazione:18/02/2022


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COMINCIUM, di Villa, Besentini, Ferrari, De Santis, con Ale e Franz e la voce di Alice Grasso,  regia di Alberto Ferrari

COMINCIUM, di Villa, Besentini, Ferrari, De Santis, con Ale e Franz e la voce di Alice Grasso, regia di Alberto Ferrari

(Teatro Parioli – Roma, 16/27 febbraio 2022)

Un vivace ritorno in scena con un augurio che è già insito nel titolo. Ale e Franz osano lo sketch lungo e la prima è un gran successo (tutto esaurito) in una sala a loro cara per gli antichi ricordi del Costanzo show.

Non più solo comici, non più solo attori caratteristi al cinema ma interpreti in senso globale. Entertainer capaci di tenere la scena con disinvoltura per più di due ore. Con un gradito omaggio musicale a Enzo Jannacci (ma anche a Gaber) trapiantando un angolo di Milano a Roma che gradisce anche se in un’occasione si giova di una quasi traduzione simultanea dal meneghino. Non c’è da dubitare della sinergia e dell’affiatamento di una copia presa nel momento di massimo maturità (il tema dei cinquantenni ricorre spesso nello spettacolo) che annunciano una rinnovata voglia di leggerezza, giocando con le idiosincrasie del nostro tempo (l’uso sistematico dello smartphone, la gelosia patologica di un padre). Danno vita a una perfetta oleata macchia scenica assistiti da un contesto rock che è una sorta di ponte levatoio tra una situazione e l’altra. I pezzi unici sono degli assolo prolungati con un’estenuata ricerca del colpo di scena ulteriore. Il cabaret “zelighiano” di una volta si è arricchito di spaziature e coloriture che ci fanno rivedere il duo in una luce nuova, più incisiva e corrosiva. E c’è un finale che non ha fine per la voglia di rimanere sul ritrovato palcoscenico. Per lasciare tutti ancorati al felice passato lo sketch del dialogo tra i due vecchietti è il più agile e spassoso anche se tra le battute si insinua una dilagante malinconia. La durata della permanenza a Roma è foriera di un’efficace passaparola di un pubblico abbondantemente soddisfatto.

data di pubblicazione:17/02/2022


Il nostro voto:

SERVO DI SCENA di Ronald Harwood, con Geppy Gleijeses, Maurizio Micheli e Lucia Poli, traduzione di Masolino D’Amico, regia di Guglielmo Ferro

SERVO DI SCENA di Ronald Harwood, con Geppy Gleijeses, Maurizio Micheli e Lucia Poli, traduzione di Masolino D’Amico, regia di Guglielmo Ferro

(Teatro Quirino – Roma, 8/20 febbraio 2022)

Un omaggio a Turi Ferro e al mestiere del teatrante. Il ritorno sulla scena di Geppy Gleijeses dopo il blocco dovuto alla pandemia. Servo di scena di Ronald Harwood per la regia di Guglielmo Ferro è una festa per chi ama il teatro e del teatro ha fatto la sua ragione di vita.

  

È prima di tutto una celebrazione dell’amicizia per chi il teatro lo fa di mestiere il Servo di scena che vede protagonisti Maurizio Micheli, Lucia Poli e Geppy Gleijeses, che torna a recitare nel teatro da lui diretto, ora che finalmente i decreti per le riaperture lo permettono. Lo spettacolo era pronto da diverso tempo, ne sono testimonianza le foto di Tommaso Le Pera pubblicate nel bellissimo volume edito da Manfredi che raccoglie le testimonianze visive dei lavori teatrali di Geppy Gleijeses. Sarebbe dovuto andare in scena già un anno fa, in occasione del centenario della nascita di Turi Ferro che, diretto proprio dal figlio Guglielmo, diede vita alla sua versione di sir Ronald, il protagonista della storia, nel 1993. Ma l’occasione rende omaggio anche a chi, nonostante le circostanze di un mondo a pezzi per una guerra o per una pandemia, non può fare a meno di esprimersi nell’arte della recitazione e di incontrare il pubblico dal vivo in quella relazione che è possibile solo a teatro.

Sir Ronald fa il suo ingresso in scena aggrappato alla pesante tenda del sipario, in un atteggiamento confuso di timore e insicurezza. La scena appare appena abbozzata e caotica, ma è il disordine che vive dietro le quinte di un palcoscenico, con i suoi strumenti di meraviglia, le macchine per riprodurre furenti tempeste, corde, praticabili e costumi. Il camerino di Sir Ronald è in primo piano. La recita in programma stasera è il Re Lear di Shakespeare, ma la crisi di nervi del primo attore mette in dubbio che si possa andare in scena. Tutto intorno si sentono gli ululati delle sirene che intimano di mettersi al riparo e gli scoppi delle bombe che precipitano in una Londra presa di mira dall’offensiva tedesca. Siamo nel 1942, in piena Seconda guerra mondiale. La compagnia degli attori è decimata tra chi è partito per il fronte e chi è stato arrestato. Meglio rimandare lo spettacolo allora piuttosto che andare in scena con i brandelli di una compagnia rimediata. Lo dice Milady, la compagna ormai avanti con l’età di Sir, un’incantevole e raffinata Lucia Poli, e lo sottolinea ancora più forte Madge, l’algida e volubile direttrice di scena interpretata da Roberta Lucca. La preoccupazione che lo spettacolo si riveli un fiasco è molta. Sir Ronald non è nelle condizioni giuste per affrontare una parte della quale ha perfino dimenticato le battute iniziali. Ma una soluzione esiste e si chiama Norman, colui che di mestiere fa il servo di scena appunto, ruolo affidato a un attore dall’innata vis comica e da eccellenti doti di umiltà e improvvisazione come Maurizio Micheli. Una sorta di angelo custode che conosce ogni movimento, ogni battuta, che sa prendere per il verso giusto il suo padrone capriccioso, poiché vive in simbiosi con lui da molti anni. E sa anche gestire gli umori e il nervosismo della compagnia fino a trovare la soluzione a ogni problema. Il Re Lear va in scena e la recita si conclude con successo tra gli applausi di chi, a dispetto delle bombe, è rimasto a teatro a suo rischio e pericolo.

E arriva il momento dei ringraziamenti. Poco dopo la recita e prima di addormentarsi per sempre sulla poltrona, Sir Ronald mostra a Norman il suo quaderno di appunti che dovrebbe contenere il racconto della sua vita di grande artista. Tra tutti i ruoli e le persone citate, artisti colleghi, maestranti di ogni ordine e grado, manca però un ringraziamento a Norman, che protesta e aggiunge di suo pugno una dedica a sé stesso. Il resto della biografia non è scritto perché forse la memoria delle gesta di un attore le scrive il palcoscenico. Un omaggio anche questo a chi, tra mille peripezie e impedimenti, continua a credere e a professare l’amore per un’arte che tra tutte è la più viva e capace di appassionare nella stessa misura e nello stesso momento chi la pratica e chi la guarda.

data di pubblicazione:15/02/2022


Il nostro voto:

SCOMPARTIMENTO N.6 di Juho Kuosmanen, 2022

SCOMPARTIMENTO N.6 di Juho Kuosmanen, 2022

Laura, finlandese, studia archeologia all’Università di Mosca dove si è facilmente inserita nell’ambiente culturale della città grazie alla sua relazione sentimentale con Irina, affascinante professoressa di letteratura. Insieme hanno progettato di andare a visitare i famosi petroglifi (graffiti rupestri) nei pressi di Murmansk, città russa situata oltre il circolo polare artico. Costretta ad affrontare il lunghissimo viaggio in treno da sola, dal momento che la compagna all’ultimo momento le dichiara forfait, la ragazza dividerà lo scompartimento assegnatole con Ljoha, giovane minatore aggressivo e maschilista.  

 

Dopo La vera storia di Olli Mäki, opera cinematografica di esordio presentata nel 2016 a Cannes dove fu premiata come miglior film nella Sezione Un Certain Regard, il regista finlandese Juho Kuosmanen con Scompartimento n.6 ha ottenuto nel 2021, sempre a Cannes, il Premio Grand Prix Speciale della Giuria nonché la nomination ai Golden Globe 2022. Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Rosa Likstrom, affronta in termini molto asciutti il tema della solitudine che coinvolge direttamente i due giovani protagonisti. Laura (Seidi Haarla) si trova a fronteggiare un lunghissimo viaggio in treno che la porterà nella zona più gelida della Russia per studiare alcune famose incisioni preistoriche. Suo malgrado, sarà costretta a dividere il proprio scompartimento con il giovane e invadente minatore Ljoha (Yuriy Borisov) che da subito inizierà a infastidirla con i suoi discorsi litigiosi e irritanti. Sorprendente come il regista riesca ad inquadrare sin dalle prime scene i caratteri dei due personaggi, così diversi tra di loro, che alla fine riusciranno però a trovare un’intesa che solleverà entrambi dal peso dell’emarginazione. Inquadrature con brevi movimenti di camera e una fotografia sgranata e sporca sono i tratti che da subito infastidiscono lo spettatore. Il regista inoltre riesce a fissare l’obiettivo, anche oltre il finestrino del treno, per inquadrare un paesaggio gelido, quasi spettrale, di una ex Unione Sovietica che non riesce ancora a liberarsi del suo passato ingombrante. Il tema della incomunicabilità è frequente nel contesto cinematografico, in questo film Kuosmanen affronta l’argomento con un occhio distante e disinteressato per presentarci due giovani che, nonostante la propria fragilità interiore, hanno comunque voglia di avventura, desiderio di colmare le proprie aspettative. Si percepisce lo stato d’animo dei due protagonisti, capaci di comunicare nel silenzio il proprio disagio interiore e nello stesso tempo consapevoli delle molte affinità che li legano. Non solo un lungo viaggio in treno, che avanza lento tra i desolati e innevati paesaggi della campagna russa, ma piuttosto un cammino interiore alla scoperta di se stessi e di ciò che di avventuroso e affascinante ci possa essere in un incontro, anche se non destinato ad avere un seguito. Il film, che a molti potrà sembrare estremamente fiacco e claustrofobico, visto che si svolge praticamente all’interno dello scompartimento e lungo il corridoio del treno, è sconsigliato ai cultori di action movie e a coloro che gradiscono trovare una happy end in ogni storia. Qui non c’è…

data di pubblicazione:14/02/2022


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72 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE  – BERLINALE

72 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE  – BERLINALE

(Berlino, 10/20 Febbraio 2022)

La Berlinale, nella Sezione Classics, rende omaggio a Pier Paolo Pasolini aprendo di fatto le celebrazioni che avranno luogo in Italia e all’estero per il centenario delle sua nascita. In anteprima mondiale è stata presentata la versione originale, restaurata in forma digitale, del film Mamma Roma, scritto e diretto da Pasolini e interpretato egregiamente da Anna Magnani. Dopo Accattone, fu il secondo lavoro del regista/scrittore, romano per adozione, interessato a descrivere il mondo proprio del sottoproletariato della scialba periferia romana, tema questo molto caro e ricorrente nelle sue opere e che lo vedrà impegnato tutta la vita in una lotta politica, solo contro tutto l’establishment dell’epoca, che poi lo porterà inesorabilmente al tragico destino che tutti conosciamo. Il restauro della pellicola, presentato per la prima volta al Festival di Venezia nel 1962, è stato realizzato da CSC – Cineteca Nazionale che è riuscita anche a recuperarne frammenti perduti, oltre a eliminare aggiunte arbitrarie, in modo da restituire così al pubblico il film nella sua forma originaria, così come era stato concepito. Non è un caso che proprio alla Berlinale si sia dato inizio agli eventi per il centenario del grande regista: oltre che ad essere un autore molto apprezzato in Germania, anche e forse soprattutto per i suoi scritti, Pasolini era un po’ di casa in questo Festival avendovi ottenuto l’Orso d’Argento per Il Decameron nel 1971 e l’Orso d’Oro per I Racconti di Canterbury l’anno successivo. In questo mondo globalizzato, caratterizzato dall’ideologia classista, potrebbe sembrare anacronistico il tema del sottoproletariato e le sue palesi aspirazioni al riscatto sociale sempre presenti nelle opere pasoliniane, ma di fatto non è così. L’insegnamento che l’uomo di oggi dovrebbe ereditare da una figura così controversa è quello di essere più onesto verso se stesso e verso il mondo intero, così carico di falsi valori borghesi e rivolto essenzialmente al consumo più sfrenato. Come comunicato in conferenza stampa da Marta Donzelli, Presidente della Fondazione CSC: “ Pasolini è una figura centrale per la cultura italiana ed europea, siamo felici che nell’anno del suo centenario gli omaggi che in tutto il mondo gli saranno dedicati prendano le mosse da un Festival come quello di Berlino”.  

data di pubblicazione:12/02/2022

72 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE  – BERLINALE

72 INTERNATIONALE FILMFESTSPIELE – BERLINALE

(Berlino, 10/20 Febbraio 2022)

Al via la 72esima edizione della Berlinale, finalmente tornata in presenza dopo la parentesi dello scorso anno per i ben noti problemi legati alla pandemia. Al Gala di apertura, davanti a un folto pubblico e ai massimi esponenti della cultura e dello spettacolo, il direttore artistico Carlo Chatrian, affiancato dal direttore esecutivo Mariette Rissenbeek, ha sottolineato come la maggior parte dei 18 film in concorso tratterà temi di attualità, con particolare riferimento alle problematiche in seno al nucleo familiare, e ambientati in centri periferici, fuori dalle grandi metropoli, proprio per evidenziare le diverse tipologie di modus vivendi. Tantissimi i film che verranno presentati anche nelle varie sezioni collaterali, peculiarità propria di questa rassegna cinematografica berlinese che oltre a presentare nomi già conosciuti al pubblico internazionale, mira nel contempo a lanciare giovani talenti, meritevoli di particolare attenzione.

Il film di apertura è Peter von Kant, con Isabelle Adjani e Denis Ménochet, del regista francese François Ozon, liberamente tratto dalla pièce teatrale Le lacrime amare di Petra von Kant di Rainer Werner Fassbinder, da cui lo stesso autore aveva tratto una omonima versione cinematografica nel 1972.

Di seguito gli altri film della selezione ufficiale, quasi tutti in anteprima mondiale:

AEIOU – A Quick Alphabet of Love di Nicolette Krebitz (Germania-Francia)

Alcarràs di Carla Simòn (Spagna-Italia)

Avec amour et acharnement (Both Sides of the Blade) di Claire Denis (Francia)

Rimini di Ulrich Seidl (Austra-Francia-Germania)

Call Jane di Phyllis Nagy (USA)

Drii Winter (A Piece of Sky) di Michael Koch (Germania-Svizzera)

Everything Will Be OK di Rithy Panh (Francia-Cambogia)

La ligne (the Line) di Ursula Meier (Francia-Svizzera-Belgio)

Les passagers de la nuit di Mikhael Hers (Francia)

Nana (Before, Now & Then) di Kamila Andini (Indonesia)

Rabiye Kurnaz gegen George W. Bush di Andreas Dresen (Germania-Francia)

Robe of Germs di Natalia Lòpez Gallardo (Messico-Argentina-USA)

So-seol-ga-ui Yeong-hwa (The Novelist’s Film) di Hong Sangsoo (Sud Korea)

Un año, una noche (One Year, One Night) di Isaki Lacuesta (Spagna-Francia)

Un été comme cą (That Kind of Summer) di Denis Cȏté (Canada)

Yin Ru Chen Yan (Return to Dust) di Li Ruijun (Cina)

Il film italiano in concorso è Leonora Addio di Paolo Taviani, il suo primo lavoro senza il contributo alla regia del fratello Vittorio scomparso nel 2018. Il film, nelle sale dal prossimo 17 febbraio, parla del movimentato viaggio delle ceneri di Pirandello da Roma a Agrigento ed è interpretato da Fabrizio Ferracane, Matteo Pittiruti, Dania Marino, Dora Becker e Claudio Bigagli, mentre le musiche sono di Nicola Piovani.

Molto atteso Occhiali Neri di Dario Argento, storia di un serial killer con Ilenia Pastorelli, Asia Argento, Andrea Gherpelli e Xinyu Zhang. Il film, che sarà presentato nella Sezione Special Gala, è una co-produzione tra Italia e Francia con Gateway Films in collaborazione con Rai Cinema e Cine + e verrà prossimamente distribuito nelle sale da Vision Distribution. A seguire altri 3 film italiani, tutti nella Sezione Panorama, Una femmina di Francesco Costabile, dove la violenza sulle donne è al centro della narrazione, Calcinculo di Chiara Bellosi, storia di una amicizia tra l’adolescente Benedetta e Armando, in arte Armanda, e Nel mio nome di Nicolò Bassetti che parla della conquista della propria identità di genere da parte di alcuni ragazzi.

La sezione Homage quest’anno sarà dedicata a Isabelle Huppert, attrice francese famosa nel mondo per aver recitato in quasi 150 produzioni tra cinematografiche e televisive, alla quale verrà assegnato l’Orso d’Oro alla Carriera in concomitanza con la proiezione del film À propos de Joan diretto da Laurent Larivière.

Dunque una Berlinale molto interessante, con film di alto spessore presentati da registi importanti, molti dei quali già veterani in questa importante kermesse cinematografica internazionale.

data di pubblicazione:11/02/2022

NOMINATION OSCAR 2022 – Considerazioni

NOMINATION OSCAR 2022 – Considerazioni

Come sempre nella lista delle candidature agli Oscar 2022 rilasciata appena ieri, ci sono film che erano già considerati ed apprezzati fra i possibili favoriti e film che invece erano quasi snobbati da Critica e Pubblico. Mancano, fra l’altro, va segnalato, i contestati vincitori di due prestigiosi Festival: Titane Palma d’oro a Cannes ’21, e L’évenement Leone d’oro a Venezia ’21.

Come sempre dietro le quinte delle nomination per gli Oscar c’è stata una sorda e dura lotta fra giganti per “sensibilizzare” i circa 10.000 membri dell’Academy aventi diritto ad esprimere le candidature per le varie categorie di premi.  Si delinea ora finalmente lo scenario reale per il vero e proprio rush finale di fine mese! Questa 94ma edizione dei prestigiosi Premi sembra però annunciarsi già come una vittoria delle superproduzioni sul cinema indipendente e, in particolare, come un possibile successo della potentissima Netflix che con ben 27 nomination nelle sezioni più importanti supera di gran lunga le candidature delle altre produzioni concorrenti: le Majors Hollywoodiane, i Big Studios, e gli Indipendenti .

Ci soffermiamo, per necessità di sintesi, solo sulla categoria più importante: le 10 candidature per il Miglior Film ( degli 8 già usciti in Italia, Accreditati ne ha già recensiti 6!).

Gran favorito sia nelle sezioni principali che in quelle più tecniche appare, al momento, essere più che meritatamente Il Potere del Cane il western anomalo e psicologico dell’ottima Jane Campion che accumula ben 12 nomination aggiungendole al viatico, di solito ben augurante, dei larghi consensi ed apprezzamenti già ricevuti a Venezia ed a quelli della Critica e del Pubblico. La Campion con la sua nomination per la Migliore Regia (la seconda, 28 anni dopo quella per Lezioni di Piano) entra di fatto nella storia del Cinema perché finora mai nessuna regista donna aveva accumulato due candidature.

Seguono poi due buoni e singolari remake: il discreto ed apprezzabile science fiction kolossal Dune di Denis Villeneuve con le sue 10 nomination e poi l’immancabile e sempre bravo Steven Spielberg con le sue 7 nomination per la sua altrettanto apprezzabile personalissima “rivisitazione 2.0” del genere della commedia musicale West Side Story che nel lontano 1961 aveva fatto incetta finale con ben 10 Oscar. Un film il suo che avrebbe assolutamente meritato una distribuzione più ampia sui nostri schermi! Entrambi sono due film di genere che si rivolgono quindi ad un pubblico ristretto di appassionati ma che tuttavia per la loro autoriale qualità stilistica e realizzativa sono degni di essere visti.

Come da pronostici e favoriti hanno poi il loro più che giusto e meritato spazio, molto apprezzati sia da Critica che da Pubblico: il tenero ed autorialissimo amarcord in bianco e nero di Kenneth Branagh: Belfast (applaudito alla Festa di Roma) con ben 7 candidature fra cui anche la Miglior Regia, e poi: l’ottimo, profondo e sensibile giapponese Drive my Car di Ryusuke Hamagushi acclamato a Cannes che, fra l’altro, ottiene anche il significativo e duplice apprezzamento di concorrere in 3 categorie di primaria importanza: Miglior Regia e soprattutto contemporaneamente sia al Miglior Film sia anche al Miglior Film Straniero.

Salva l’onore il discusso e controverso e forse imperfetto Nightmare Alley del visionario Guillermo del Toro con delle candidature tecniche ed una sola nella categoria regina del Miglior Film; lo stesso dicasi per il messianico Don’t Look up di Adam McKay e per Coda di Sian Heder un delicato remake americano del fortunatissimo originale francese La famiglia Bélier.

… Poi … poi fra i candidati al Miglior Film Straniero … c’è lui … È stata la mano di Dio.

… tutto può accadere … e … non potremo allora non esserne felici per il Cinema Italiano!

La corsa prosegue ora non necessariamente secondo l’ordine delle candidature e con molte possibili sorprese.

data di pubblicazione:09/02/2022