da Rossano Giuppa | Ott 23, 2022
(ALICE NELLA CITTA’ – Roma, 13/23 ottobre 2022)
A cosa sono imputabili alcuni episodi di cronaca nera di ingiustificata e improvvisa violenza ? Il film Piove, diretto da Paolo Strippoli e basato su un soggetto originale di Jacopo Del Giudicevincitore del Premio Solinas alla Sceneggiatura, presentato nel Panorama Italia di Alice nella Città il 21 ottobre scorso, offre una libera interpretazione a tale tematica attraverso metafore di genere in una chiave innovativa e intelligente.
La vicenda si concentra infatti sulla una famiglia composta dal padre Thomas (Fabrizio Rongione), dal figlio Enrico (Francesco Ghenghi), dalla piccola Barbara (Aurora Manenti), in quanto la moglie e madre Cristina (Cristiana Dell’Anna) è rimasta uccisa in un incidente causato dallo stesso Enrico. Da quando tale triste evento si è abbattuto su di loro, i rapporti tra i rimanenti membri della famiglia non sono più stati gli stessi.
C’è risentimento e incomprensione tra padre e figlio, mentre fuori piove incessantemente e dai tombini esala un vapore proveniente da una misteriosa melma grigiastra, la quale sembra condurre alla follia chiunque vi entri in contatto. Sembra essere proprio questa sostanza a condurre alla follia i responsabili degli atroci atti di cui i telegiornali parlano ossessivamente in quei giorni.
Dalla morte di Cristina tra il marito Thomas e il figlio Enrico esiste solo una convivenza forzata, mentre la piccola di casa, Barbara, vorrebbe solo rivederli uniti come un tempo. L’incidente si poteva evitare, questo lo sa bene Thomas e anche Enrico. Due anime cariche di rabbia, imprigionate in una Roma che assomiglia a loro: cupa, nervosa, sul punto di esplodere.
Il padre costretto a fare diversi lavori molto umili non riesce veramente a sopportare la vista della figlia in sedie a rotelle, e forse si sente in colpa per questo, ma inconsciamente crede che l’unico colpevole di tutte le sue disgrazie sia il figlio. Enrico è un ragazzo perso nel suo senso di colpa e passa le giornate a combinare guai in giro per la città. Ha continui rapporti con una prostituta di mezz’età con la quale ha stabilito un rapporto madre/figlio ed entra in conflitto con qualunque tipo di figura autoritaria, dal padre alla guardia giurata. La melma misteriosa sarà il pretesto per sfogare rancori e delusioni in un’esplosione totale di violenza gratuita e estesa a tutta la città, con una quiete finale che scaccerà la tempesta di orrore.
Piove è un film assolutamente piacevole, destinato a diventare certamente un piccolo cult non solo fra gli appassionati del genere horror. Ha il pregio assoluto di non cadere mai nel didascalico e lascia spazio all’interpretazione dello spettatore, frutto anche dell’entusiasmo coinvolgente di questo giovanissimo regista che ha esteso a tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione del film ed anche al pubblico in sala, entusiasta a fine proiezione.
Tra melma ed fiumi di sangue nero sparsi un po’ dovunque, Piove crea la giusta atmosfera a partire dalla fotografia funerea pop, con una colonna sonora inquietante e moderna ed una tensione drammatica ed estetica al tempo stesso. La ripartizione in capitoli del film porta dunque a confrontarsi con stadi diversi del conflitto interno ed esterno. Allo stesso tempo, il film offre infatti uno sguardo sulla famiglia e le sue dinamiche tra di loro, raccontando anche quanto avviene intorno, in maniera funzionale e convincente alla metafora alla base del film.
data di pubblicazione:23/10/2022
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da Rossano Giuppa | Ott 22, 2022
(ALICE NELLA CITTA’ – Roma, 13/23 ottobre 2022)
The Fabelmans, di Steven Spielberg, già vincitore del Premio del pubblico all’ultimo Toronto Film Festival, è stato presentato in anteprima italiana il 19 ottobre nel programma della Festa del Cinema di Roma e di Alice nella Città. Il lavoro ripercorre in modo intenso e personale l’infanzia e l’adolescenza dello stesso Spielberg, dalla scoperta di uno sconvolgente segreto di famiglia al sogno, poi realizzato, di diventare regista. Il film si può considerare un racconto di formazione ed esplora il potere del Cinema come osservatorio fuori e dentro il mondo ma soprattutto fuori e dentro se stessi.
La critica statunitense già considera The Fabelmans uno dei titoli di punta nella corsa agli Oscar: è il nuovo film di Spielberg che racconta in parte l’infanzia e soprattutto l’adolescenza di Sammy Fabelman (Gabriel LaBelle), e il suo sogno di fare del cinema la sua vita. Il suo amore per il cinema prende forma e assume più forza ogni giorno sperimentando e assemblando idee e mezzi più creativi per raccontare le storie, inventando piccoli effetti speciali artigianali che già denunciano il suo talento nel rendere il sogno realtà. Un sognatore romantico già pieno di talento che deve confrontarsi, crescendo, con il trasferirsi continuamente seguendo i vari incarichi del padre (Paul Dano) un geniale e ingenuo ingegnere; l’impatto con l’antisemitismo che gli rovesciano addosso a scuola e la crisi matrimoniale dei sui genitori, causata dal legame della incantevole madre Mitzi (Michelle Williams) sempre dalla sua parte con lo ‘zio’ Bennie (Seth Rogen). Il film è stato scritto da Spielberg insieme al drammaturgo, Premio Pulitzer, Tony Kushner, storico collaboratore del regista.
Sammy cresce con la macchina da presa come fedele compagna che lo protegge anche nei momenti difficili. Quando i suoi divorziano, lui si immagina di riprendere la scena come se fosse qualcosa che non sta accadendo realmente e, attraverso i suoi film, scopre verità non visibili all’occhio nudo, che cambiano la sua vita per sempre. The Fabelmans si sviluppa attorno alle emozioni di chi sta per raggiungere la maggiore età a tratti delicato e divertente, a tratti spietato e drammatico.
Sam sviluppa la giusta sensibilità verso quello che accade intorno a lui, riesce a comprendere la mamma e gli amici attraverso l’obiettivo, etrova alla fine la sua strada.
Girato in maniera impeccabile con una sceneggiatura che aderisce in maniera straordinaria ad ogni fotogramma, il film ha forse la pecca di risultare perfetto ma con un’anima predefinita. Ci teniamo stretto il nostro Nuovo Cinema Paradiso che con la sua tenerezza emotiva ha reso magico il mondo del cinema.
data di pubblicazione:22/10/2022
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da Rossano Giuppa | Ott 21, 2022
(ALICE NELLA CITTA’ – Roma 13/23 ottobre 2022)
Il giovane autore belga Lukas Dhont torna a raccontare il mondo dell’adolescenza in Close, storia di amicizia dolce e dolorosa, un romanzo di formazione che segue la vita dei suoi protagonisti per un anno intero. Un racconto inizialmente semplice, delicato, ma che nel proseguo regala emozioni profonde fatte di amore, rimpianti, desiderio e dolore devastante. Un film bellissimo che arriva dritto al cuore, vincitore del Gran Prix Speciale della Giuria allo scorso Festival di Cannes, un gioiello sapientemente selezionato da Alice nella città, che conferma il suo autore come una delle promesse del cinema contemporaneo.
Léo (Eden Dambrine) e Rémi (Gustave De Waele) sono amici inseparabili, quasi fratelli come si definiscono loro, cresciuti insieme tra giochi nei boschi e con la presenza costante di due famiglie amorevoli. Passano moltissimo tempo insieme e sembra che nulla possa rovinare il loro rapporto esclusivo. Poi cominciano a frequentare le scuole superiori e l’equilibrio si rompe. Qualche compagna di classe gli chiede se stanno insieme e Léo inizia a staccarsi. Si iscrive ad hockey, non aspetta l’amico per andare in classe insieme e ci litiga sempre più spesso. Poi un giorno, al ritorno da una gita scolastica, cambia tutto.
Il mondo degli adolescenti, continua a essere il territorio di elezione del talento altrettanto giovane del regista belga Lukas Dhont che ha vinto la Caméra d’Or a Cannes con la sua opera prima, Girl, racconto di una quindicenne in transizione e nata uomo alle prese con il durissimo allenamento marziale per diventare una ballerina étoile.
Léo e Rémi hanno grande spontaneità, fanno la lotta, si abbracciano, il tutto con estrema naturalezza. Il loro rapporto esclusivo inizia a essere messo sotto osservazione da occhi esterni rispetto ai loro e a quelli delle rispettive famiglie. Il legame che unisce i due ragazzi viene messo a dura prova nel momento in cui devono confrontarsi con i coetanei: Léo i è più estroverso, Rémi è invece più sensibile, a disagio se inserito nelle dinamiche tipiche dei bambini di quell’età.
Iniziano a diversificare i comportamenti fra la vita a casa e quella a scuola. Iniziano a diversificarsi con il gruppo, con gli altri, e il meccanismo perfetto e armonico della loro simbiosi inizia a scricchiolare. Fino all’evento estremo che toglie la luce ed il respiro, che dopo lo sbocciare dei fiori porta il freddo e l’inverno, ovvero il dolore e la sofferta elaborazione delle responsabilità, per aspettare poi una nuova primavera.
Un racconto straordinario per immagini, aiutato da scelte registiche perfettamente riuscite e funzionali, come i continui primi piani sui volti dei protagonisti o la camera che li segue costantemente, una fotografia avvolgente, che evoca il calore dell’infanzia e, soprattutto, la bravura dei due giovani interpreti. Lukas Dhont realizza un’opera d’arte, un film toccante ma sempre in equilibrio, emozionantissimo.
data di pubblicazione:21/10/2022
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da Antonio Jacolina | Ott 21, 2022
(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)
Sylvie (Anouk Grinberg) tiene corsi di teatro per i carcerati e si sposa con Michel (Roschdy Zem)un detenuto prossimo al rilascio. Suo figlio Abel(Louis Garrel), giovane vedovo inconsolabile, è preoccupato per il matrimonio nonostante i tentativi dell’amica Clémence(Noémie Merlant)di tranquillizzarlo. Abel cercherà di proteggere la madre in ogni modo, ma gli sviluppi saranno del tutto imprevisti …
I Festival ci regalano anche belle sorprese. Chi avrebbe mai scommesso sul potenziale comico di un attore come Louis Garrel sempre così cerebrale o bel tenebroso dallo sguardo cupo? Ed ecco allora che il poliedrico attore ci svela un suo coté brillante di tutto rispetto.
Garrel, geniale nipote e figlio d’arte, attore, sceneggiatore e regista così talentuoso e di successo da potersi permettere il vezzo (come Truffaut con Antoine Doinet) di avere sempre nei suoi film un alter ego di nome Abel, è arrivato con questo lungometraggio, di cui è anche cosceneggiatore, alla sua quarta regia. E che regia! Il cineasta dimostra di saper abilmente attraversare tutti i generi: dalla cronaca familiare al film di rapina, al polar comico fino alla commedia romantica, con un incontestabile tocco di maestria e di gradevole furbizia regalandoci alla fine un film brillante da gustare con vero piacere. Sulla base di un soggetto insolito ma ben definito, passo dopo passo, demolisce tutti gli stereotipi dei generi e ci restituisce un film con umori, sapori, colori e tocchi un po’ rétro quasi da anni ‘70/’80. Un tutt’uno piacevolmente assortito sotto una falsa aria da poliziesco di provincia di serie B, con citazioni e rimandi che fanno la gioia dei cinefili che ricordano i noir francesi di quegli anni. Il tutto senza però mai prendersi troppo sul serio, ma con un risultato decisamente apprezzabile, incisivo ed anche divertente.
Alla base c’è, ovviamente, una sceneggiatura originale perfettamente oleata che scorre come un orologio svizzero e dei dialoghi, come è tipico dei film francesi, reali, autentici, intelligenti, ben articolati ed a tratti esilaranti, costruiti su misura dei personaggi. La messa in scena è tecnicamente perfetta e ricca di inventiva. Il ritmo poi è incalzante, senza mai un attimo di stanca.
La gradevolezza del film è dovuta anche ad un casting, forse non conosciutissimo in Italia, ma, di assoluto prim’ordine. I 4 protagonisti mostrano tutto il piacere di recitare e di sapere fare buon cinema. Garrel con nonchalance si permette di operare di conserva lasciando brillare gli altri che con magnetismo, irruenza e bravura rendono bene tutte le sfumature dei loro ruoli.
L’Innocent è, dunque, una tenera commedia ricca di humour, ben scritta, ben diretta e ben recitata. Un piccolo bijou di cinema che fa venire voglia di continuare a seguire con sempre più attenzione le vicende del suo attore/regista e magari gustare presto un suo altro lavoro.
data di pubblicazione:21/10/2022
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da Antonio Jacolina | Ott 19, 2022
(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)
Tom (Edoardo Leo) laureato in lingue romanze, alleva vongole, deve avere il nulla osta della psicologa Lea (Miriam Leone) per riavere la patente … nel frattempo attorno a loro dilaga il Caos, sta per scoppiare la guerra con la Spagna e c’è di mezzo anche la Francia …
Che dire dei ben 130 minuti di questo coraggioso tentativo di fare un Action Movie all’Italiana visto alcuni giorni fa alla Festa? Si possono fare recensioni di pancia, tecniche o miste escludendo ovviamente quelle fatte per mera piaggeria o cortigianeria, quindi, a quale tipo di recensione ricorrere?
Potremmo allungare il brodo ed infilarci che il regista nell’intenzione di rappresentare il caos della nostra Società, aggiunge la guerra, le minacce che incombono, il crescente degrado di convivenza civile, il crollo dei valori, gli istinti peggiori che trovano spazio nei momenti bui, i frustrati e repressi che aspettano di rivalersi …
Ma che dire veramente del film? Essere indulgenti e girarci attorno? Infierire? Forse provare a capire perché “… i set sono pieni, ma le sale restano vuote…”.
L’idea fantapolitica è originale, coraggiosa ed attraente e sembrava promettere bene, guardando poi anche il ricco e qualificato cast gli spunti e sviluppi potevano essere tanti. Peccato! Veramente peccato! Purtroppo una volta partiti occorre poi riuscire a saper essere all’altezza delle tante e belle aspettative generate.
Il film che ne è risultato è un film con diverse imperfezioni, anzi, con più difetti che pregi!
La sceneggiatura in particolar modo è carente: dopo la bella intuizione avuta non riesce infatti a dare contenuti all’evoluzione narrativa che abbiano sostanza, spessore e che reggano alla distanza. Ne consegue che la narrazione filmica si spezzetta, quasi da subito, in un insieme di accenni, in tanti, troppi, temi e spunti messi non sempre a fuoco. Le scene così si accumulano senza essere completate e spesso sono inutili, superflue, disturbanti e poco legate con la stessa vicenda pur nei sui tanti piani di lettura intenzionali o sottintesi che siano. Il film è troppo lungo, gira a vuoto e le troppe ripetizioni lo appesantiscono impedendogli di prendere il volo e trovare la sua connotazione. Anche i bei momenti di cinema, che pur ci sono, vengono così opacizzati.
Implausibili e poco definiti sono poi pure i personaggi, troppi i personaggi che si accavallano. Gli effetti di questa carenza di scrittura e di guida ed indirizzo ricade poi sugli attori chiamati ad impersonarli. Peccato per Edoardo Leo, per Miriam Leone, per Giuseppe Battiston che ha veramente un bel ruolo (uno dei migliori) e per Stefano Fresi che invece è sacrificato in un personaggio non sviluppato a dovere.
data di pubblicazione:19/10/2022
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da Antonio Jacolina | Ott 19, 2022
(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)
Raymond (Ewan McGregor) e Ray (Ethan Hawke) sono due fratellastri, dopo essere cresciuti insieme, si sono allontanati, ma si rincontrano per raggiungere la città ove si terranno le esequie del padre violento e dispotico. Lo strambo funerale sarà l’occasione per scavare nel passato fra rabbia e dolore, ironia e follia …
Il bello ed il brutto dei Festival è che nella stessa giornata si può passare, senza soluzione di continuità, da un film più che pregevole come L’Envol ad uno solo discreto come il nuovo film scritto e diretto dal Rodrigo Garcia (figlio di Gabriel Garcia Marquez). Garcia è un attivo sceneggiatore, direttore della fotografia, regista televisivo e cinematografico apprezzato fin da quando a Cannes 2000 fu premiato per la sua Opera Prima: Le Cose che so di Lei.
Raymond & Ray è un viaggio fisico ed emotivo centrato sul passato e sul presente. Un film che resta sospeso fra il Road Movie, il Buddy Movie ed il dramma dolce amaro. Poteva essere peggio! Visto il tema poteva risultare un melodramma moraleggiante con invito al perdono ed alla riconciliazione davanti alla morte del padre anche se costui era stato dispotico, violento ed egocentrico. E’ invece un film sulle umane imperfezioni, paure ed errori cui un abile e sapiente ricorso ad una quota di umorismo e follia consente di scavare nel profondo dei protagonisti senza mai scivolare nel dramma. Semmai, c’è un giusto e sano tocco di realismo che restituisce le atmosfere autentiche del vivere quotidiano che sono fatte proprio di un incerto mix di opposte situazioni ed emozioni.
Il regista è bravo a liberarsi della tentazione e del rischio del mélo ricorrendo ad una direzione con mano leggera, ad un ritmo molto serrato e ad un susseguirsi di situazioni che evolvono velocemente e in modo naturale. Lo sostiene un’ottima sceneggiatura che rende gestibile e coerente l’alternarsi ed incrociarsi di momenti seri e momenti ironici o addirittura ilari che alleggeriscono per l’appunto il tema della pellicola. Al centro del film, anzi, il film è tutto nell’ottima performance e nella sintonia scenica dell’inedita coppia dei due protagonisti. Due grossi calibri del cinema che dialogano, duettano fra loro facendo scintille grazie a dialoghi precisi, veri, arguti e pungenti, finemente cesellati proprio sui personaggi. Una coppia di opposti che funziona benissimo in un alternarsi e succedersi di dolore, follia, assurdità, ironia e catarsi. Quando invece la vicenda si allarga oltre la coppia, il film, pur essendo bravi anche i secondi ruoli, sembra perdere vivacità, mordente e qualità e divenire, quasi ovvio e scontato.
Raymond & Ray di certo non aggiunge nulla di nuovo al Cinema,è solo un film discreto e nulla di più. Un film che si può vedere con piacere, gustarlo ed apprezzare l’interpretazione dei due attori che sanno dare vera profondità e sfumature umane ai loro rispettivi personaggi.
data di pubblicazione:19/10/2022
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da Rossano Giuppa | Ott 19, 2022
(ALICE NELLA CITTA’ – Roma 13/23 ottobre 2022)
Nella Sicilia degli anni sessanta, Lia Crimi ha ventun anni e il sogno di poter vestire i panni della Madonna nella rappresentazione natalizia della chiesa del paese. Ma il prete, come un po’ tutto il paese stesso, fa resistenza a questa ragazza che ama lavorare i campi col padre e ha una simpatia per Lorenzo Musicò, figlio del boss locale. Ma quell’affetto adolescenziale si trasforma presto in un netto distacco quando comprende la volontà del ragazzo di trasformarla in un oggetto di sua proprietà. Rapita e posseduta con violenza, lo denuncia. Inizia così un calvario che la condurrà in tribunale a sfidare leggi e logiche medioevali che tutelano la figura del maschio aggressore e dominatore riducendo la donna a un corpo violabile.
È stato presentato il 18 ottobre in prima assoluta ad Alice nella città il film Primadonna, diretto da Marta Savina, scrittrice-regista siciliana, diplomata alla scuola di cinema della UCLA di Los Angeles ed al suo primo lungometraggio, che ama raccontare storie ricche di sfumature spesso ispirate a questioni contemporanee.
Il film ambientato in Sicilia è il ritratto dinamico ed intraprendente di una giovane donna (la bravissima Claudia Gusmano). Lia va a lavorare la terra con il padre, anche se in quanto femmina dovrebbe occuparsi delle faccende domestiche come la madre, Lia è bella, caparbia e riservata, indipendente. Il suo sguardo fiero e sfuggente ha da sempre attirato le attenzioni del giovane figlio del boss del paese. E lei lo rifiuta due volte, una prima quando viene presa con forza, come un oggetto di sua proprietà ed una seconda quando ha il coraggio di rifiutare il matrimonio riparatore che avrebbe garantito a lei ed alla sua famiglia un ruolo ed una agiatezza nel piccolo contesto che la circonda, riuscendo persino a far condannare Lorenzo e i suoi complici.
Colpita nel corpo e nella sua libertà, reagisce alla più terribile delle violenze con un atto di ribellione che scardinerà le consuetudini sociali della sua epoca. In un mondo in cui regna la legge del più forte, la mafia è radicata e accettata come parte naturale della vita, i potenti decidono e i più deboli eseguono, il suo coraggio spalancherà la strada alla lotta per i diritti delle donne.
È un film che racconta una storia di coraggio al femminile e di sfida alla mafia, rompendo gli schemi sociali dell’epoca. Bellissime le immagini e l’aura di luce della protagonista, una madonna femminista rivoluzionaria, delicata e decisa a rivendicare quel ruolo per sé, i suoi familiari, per l’amico avvocato anch’esso emarginato per non essersi sposato ma che la difenderà con successo, per la sua amica prostituta, minacciata di morte per essersi esposta in suo favore. Una storia che certamente incontrerà i favori del pubblico.
data di pubblicazione:19/10/2022
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da Antonio Iraci | Ott 18, 2022
(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)
Ramona, oramai trentenne, scodinzola per le strade di Madrid con la speranza di trovare la strada giusta per il suo futuro. Molte idee confuse per la testa: attrice o madre di molti bambini? Nico, il cuoco con il quale ha già una relazione, o Bruno, che si rivela essere il regista di un film per il quale si era presentata? Un colpo al cerchio e uno alla botte per cercare di quadrare ogni cosa al posto giusto. Impresa non facile però visto che lei ancora non sa da che parte stare…
Film d’esordio per la regista spagnola Andrea Bagney che con Ramona porta sul grande schermo una messinscena tutta spagnola e ambientata ai giorni nostri. Sicuramente emerge l’intenzione di ispirarsi a quelle commedie americane di un tempo dove con un certo sarcasmo, tra una battuta e l’altra, si lasciava allo spettatore una piacevole sensazione di appagamento. Tra le righe un omaggio a Woody Allen quando Ramona, durate un provino per la partecipazione al cast di un film, recita con grande bravura ed espressività un monologo da Io e Annie, non meno brava in questo dI Diane Keaton. Ci sono delle aspirazioni nella sua vita, ma spesso contraddittorie per cui non è facile per lei fare la scelta giusta e capire esattamente cosa sia più opportuno fare. E’ innamorata del suo fidanzato ma incomincia ad esserlo anche del regista che, sin dal primo incontro casuale in un bar, palesa senza tanti giri di parole il suo amore. Il film è diviso in capitoli, la narrazione è fatta di dialoghi serrati e vivaci dove la protagonista (Lourdes Hernandez) prende sulla scena i colori sgargianti e sopra le righe di un Almodòvar degli esordi, mentre fuori dal set il film si svolge in un elegante bianco e nero, un escamotage della regista per evidenziare il contrasto tra la pura fantasia e la vita reale. Accanto alla divertente interpretazione dell’attrice abbiamo quella molto convincente di Bruno Lastra, nella parte appunto del regista Bruno, attore spagnolo che si è distinto soprattutto a teatro in importanti produzioni a Londra, dove abitualmente risiede. Film leggero e divertente che ci catapulta nel mondo della Spagna di oggi, piena di incertezze e di tanti interrogativi sulla vita di oggi e peggio ancora su quella che ci si aspetta domani. In sottofondo la prorompente musica di Tchaikovsky e il quinto concerto per piano di Beethoven, e se ci si chiede il perché di questo strano accostamento: beh, non è dato sapere…
data di pubblicazione:18/10/2022
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da Antonio Jacolina | Ott 18, 2022
(Festa del Cinema di Roma, 13/23 Ottobre 2022)
1918, Francia rurale del Nord. Segnato dagli orrori della Guerra, Raphael (Raphael Thierry) ritorna al paese, un ambiente gretto ed ostile, trova la moglie morta e la piccola Juliette allevata dalla proprietaria della fattoria (Noémie Lvovsky). Un racconto che dura due decenni accompagnando l’infanzia e l’adolescenza della giovane Juliette (Juliette Jouan) fino a quando …
Pietro Marcello è pittore, scrittore, documentarista e regista. Dopo il successo di Martin Eden (2019) questo suo terzo lungometraggio è stato presentato con successo alla Quinzane des Réalisateurs a Cannes ’22. Un film francese diretto da un regista italiano!! Già questo la dice lunga!
Di nuovo lo spunto è un’ispirazione letteraria: un libero adattamento de Le Vele Scarlatte scritto nel 1923 dallo scrittore russo Aleksandr Grin.
Diciamolo subito! Un film controcorrente per modi, stile, eleganza, charme e modernità di linguaggio. Un film delicato, poetico, dolce e magico, diretto per di più con un tocco eccezionale, con capacità autoriale e scrittura originale. Un film piccolo e compatto che brilla di bellezza e lirismo e dalla narrazione dolce e piacevole. Un ottimo film da non perdere!
Come suo solito il regista con il suo stile narrativo sensibile ai dettagli, ondeggia a tratti fra il documentario e la fiction alternando e fondendo però con maestria le immagini, dandoci così l’illusione di continuità in una realtà idilliaca. Lo supporta una fotografia magnifica che esalta i paesaggi da sogno dando loro toni di luce caldi e morbidi. Marcello sa lavorare in modo singolare ai confini di più Generi, in equilibrio, sospeso fra il racconto, la favola e le suggestioni della Storia.
La Grande Storia vista in quella minuta, intima ed onirica dei suoi piccoli personaggi persi nella Francia profonda.
Tanto il padre Raphael è legato al legno ed alla terra, tanto la figlia Juliette è uno spirito d’aria e vola, vola via con i suoi canti e le sue parole. Canta il suo desiderio di libertà, sogna, come le ha predetto la maga del bosco, le vele scarlatte che un giorno verranno a portarla via nel mondo … Nell’attesa. Il Tempo è quasi fermo, sembra non scorrere in una realtà paesana immobile. Il regista osserva infatti la vita procedere immutata da sempre nel gretto ambiente rurale, un piccola ottusa società da cui non si può fuggire nemmeno andando a studiare in città perché le città ripropongono la stessa grettezza d’animo. Unica fuga restano l’immaginario, la fantasia, la poesia e la musica.
Il film è tutto qui, in questo disegno del reale e della poesia, incrociando l’uno con l’altra in un piccolo universo al cui centro sono la Natura e … le donne, la vera chiave verso il Futuro con la loro positività, sensibilità, forza e concretezza. Diversi i piani di lettura dell’opera: il peso del Tempo, l’ambiente cupo di un villaggio, le persone diffidenti ed ostili ed infine i sogni, rifugio di pace atemporale quasi sul filo del soprannaturale. Il ritmo del film scorre via scientemente senza scosse, aiutato da un ottimo montaggio e tenuto ben saldo dal regista. Il cast è formato dagli attori già citati e caratteristi tutti di gran talento. Raphael Thiéry dal volto rude, quasi una maschera scolpita nel legno è bravissimo e ricorda incredibilmente Michel Simon. Da segnalare poi sul finale anche il sempre fascinoso Louis Garrel.
Dopo aver visto un film come questo sarà difficile tornare alla sguaiatezza di certi nostri film! Non credete ai denigratori che vi diranno che si tratta di mera estetica senza sostanza e di vuota esaltazione romantica.
data di pubblicazione:18/10/2022
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da Rossano Giuppa | Ott 18, 2022
(ALICE NELLA CITTÁ – Roma 13/23 ottobre 2022)
Emma Marrone continua a sperimentare la strada della recitazione con il film Il ritorno in cui il regista Stefano Chiantini le affida la parte della protagonista, una madre, Teresa, che dopo dieci anni di carcere cerca di ridefinire il rapporto con il figlio e il marito. Un viaggio nei silenzi e nella vita lacerata di una donna alla ricerca di una seconda possibilità, che però dovrà trovare altrove.
Teresa vive una vita difficile dovendo provvedere al sostentamento del piccolo figlio in quanto il marito è un uomo poco affidabile che si caccia spesso nei guai, mentre lei fa di tutto per poter garantire la sopravvivenza a tutta la famiglia. La situazione diventa gravissima quando per colpa del marito qualcuno minaccia la vita del bambino e lei per proteggerlo, compie l’azione che cambierà per sempre la sua vita e quella di suo figlio. La logica conseguenza sono dieci anni di carcere e di lontananza dalla famiglia, ma quando Teresa uscirà, sperando di tornare alla sua vita, si accorgerà che ancora non ha finito di pagare il suo debito. Il reinserimento nel quotidiano non è per nulla semplice perché durante quei dieci anni passati in una cella molte cose sono cambiate fuori. Pietro, il marito, ha una sua vita e Antonio accoglie la madre come una sconosciuta che in più lo fa vergognare a causa del suo passato. Teresa lotta per riprendere il suo posto di madre e moglie, ma tutto è oramai irrimediabilmente spezzato.
Il ritorno è un film forte, immediato e pieno di schiaffi che si propone di raccontare uno spaccato di realtà disperata, a seguito di un gesto impulsivo che ha imputato alla protagonista una condanna senza speranza di redenzione.
Emma Marrone si cala con grande impegno nei panni di questa donna sconfitta più volte nella vita, sceglie di imbruttirsi e di irrigidirsi non dando per prima a se stessa una via di espiazione.
Teresa non va compresa, ma nemmeno giudicata, come la stessa protagonista ha voluto sottolineare nel corso dell’anteprima del film tenutasi ad Alice nella città il 17 ottobre scorso.
Una regia essenziale, incentrata totalmente sulla protagonista, sui suoi sguardi, sui respiri e sui silenzi. Emma riesce a reggere bene questa responsabilità e a dare forma e sostanza al dolore della donna; rimangono invece un po’ inespressi i contorni della vicenda e l’interazione con gli altri personaggi cosi come gli spunti di riflessione di tipo sociale e le difficoltà del reinserimento degli ex detenuti, temi sullo sfondo e mai in primo piano.
data di pubblicazione:18/10/2022
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