da Rossano Giuppa | Ott 30, 2023
(ALICE NELLA CITTA’- 18/29 Ottobre 2023)
Club Zero, il film diretto da Jessica Hausner, in concorso a Cannes, e presentato fuori concorso ad Alice nella città lo scorso 27 ottobre, affronta il tema della nutrizione e dei disturbi alimentari tra gli adolescenti. Ambientato in un liceo privato internazionale è incentrato sulla figura di Miss Novak, una enigmatica donna che entra nel corpo docente su segnalazione dei genitori dei ragazzi per un corso di alimentazione consapevole basato sulla restrizione, secondo il quale bisogna ridurre al minimo l’assunzione di cibo per avere una vita più salutare. L’insegnante esercita liberamente la sua influenza sul gruppo e finisce per allontanare i suoi studenti dalle famiglie, con conseguenze devastanti tra gli allievi.
L’attrice Mia Wasikowska è Miss Novak, una professoressa che insegna in una scuola d’élite internazionale. Lì gli studenti sono chiamati a primeggiare, e lei li aiuta con un corso di alimentazione consapevole. Questo concetto estremo fa particolarmente presa su cinque alunni con cui l’insegnante stringe presto un legame esclusivo e manipolatorio. Lei è disponibile, sollecita, loro intravedono nelle sue lezioni una risposta possibile a una diffusa sensibilità sui temi dell’ambiente.
I ragazzi decidono di creare il Club Zero, un circolo molto chiuso basato sulla dottrina di Novak. I docenti dell’istituto e i genitori degli allievi non si accorgono subito di quello che sta succedendo, ma poi preoccupati per i comportamenti anomali dei ragazzi, riescono a far sospendere l’insegnamento.
I cinque adolescenti sono oramai troppo dipendenti ed indottrinati ed anzi i loro rapporti con il cibo e con il mondo esterno peggiorano, precipitando progressivamente in un baratro che annichilisce identità e volontà.
Quella di Club Zero è una grande metafora che rimanda alla mania tutta contemporanea del controllo.
La regista si muove su coordinate estetiche precise e rigide con un film rigoroso e geometrico, algido ed esteticamente impeccabile, costruito su primi piani ed inquadrature fisse.
È su questo sfondo che Jessica Hausner continua a interrogarsi su alcuni cortocircuiti della società contemporanea, quali le nuove filosofie di nutrizione, la vacuità delle istituzioni scolastiche d’eccellenza, l’incomunicabilità generazionale, fino al vuoto culturale e umano dei nuovi ricchi. Il film mette allo scoperto i meccanismi di manipolazione delle masse, non cercando di consolare, ma piuttosto di scuotere con vigore una generazione che vuole assumersi responsabilità ed avere il potere di gestire la propria vita ma che è incapace di farsi ascoltare anche quando avrebbe ragione.
data di pubblicazione:30/10/2023
da Rossano Giuppa | Ott 28, 2023
(ALICE NELLA CITTA’- 18/29 Ottobre 2023)
È il bosco l’unico luogo sicuro per Maia, protagonista del film Clorofilla, opera prima di Ivana Gloria, presentato in Concorso nel Panorama Italia della Selezione ufficiale di Alice nella città lo scorso 26 ottobre. Maia è una giovane donna, i suoi capelli e il suo sangue sono naturalmente verdi e nutre un’attrazione inspiegabile verso la terra, le radici, gli alberi, i fiori. Ma questo è anche l’universo di Teo, timido e introverso, che vive da solo nel suo casale immerso in un aranceto, l’unico a calarsi appieno nella sua dinamica evolutiva ed in grado di accompagnare Maia nella transizione a diventare essa stessa Natura. Un racconto di un’intesa fatta di amicizia, comprensione, di attrazione tra due solitudini.
Il film di Ivana Gloria, interamente ambientato in Sardegna, mostra la metamorfosi della protagonista; i suoi capelli sono verde naturale, tra le ciocche iniziano a sbocciare fiori e nelle sue vene scorre clorofilla.
E’ il racconto del cammino di crescita e dell’accettazione di sé, alla ricerca della felicità. Il tutto immerso nella campagna sarda in cui il film è ambientato. Maia vive un intenso conflitto interiore, divisa tra due mondi: quello umano, a cui è sempre appartenuta, e quello vegetale, verso cui si sente insistentemente attirata tanto da diventarne poi parte integrante. La protagonista riuscirà ad affrontare questo momento di crescita, complesso e singolare, grazie all’amicizia con un ragazzo:Teo (Michele Ragno), poco più grande di lei, che vive da solo in un casale, prendendosi cura di piante e fiori con cui realizza profumi insoliti.
Altro personaggio della storia è Arturo (Domenico De Meo), fratello di Teo. I due ragazzi, pur essendo estremamente diversi, sono legati da un profondo affetto. Arturo, bello e affabile, in un primo momento è molto affascinato dalla bellezza misteriosa e delicata di Maia, ma non riesce a comprenderla.
Clorofilla è un film di una bellezza indefinibile, uno strano vaso di Pandora che una volta aperto disperde mistero e magia, in parte fiaba, ma anche fantascienza, natura e fluidità, non luoghi, una storia d’amore differente ma piena di vitalità.
Prodotto da Albedo Production di Cinzia Salvioli e DO Consulting & Production di Daniele Orazi, scritto da Marco Borromei, Clorofilla adatta il mito ovidiano di Dafne attraverso la metamorfosi di Maia, una ragazza che rifugge sé stessa, inconsapevole ma forte che dovrà imparare a scavare dentro di sé per accettare la verità da cui si nasconde. Teo riconosce invece immediatamente in Maia qualcosa di diverso rispetto a tutti gli altri e così finalmente Maia sente di poter svelare ed accettare la sua vera natura. Le due solitudini si incontrano, si mescolano e si comprendono. Nascono profumi unici e un sentimento profondo, che aiuterà Maia a compiere la sua necessaria mutazione.
data di pubblicazione:28/10/2023
da Salvatore Cusimano | Ott 27, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Grazie alla vicinanza dei rispettivi terrazzi, due sconosciuti alle prese con la propria attività di giardinaggio incominciano a intessere un dialogo profondo, che li aiuta ad alleviare il dolore per qualcosa di grave, un segreto, che ognuno dei due cerca di nascondere a se stesso e a chi gli sta vicino. In quella sorta di limbo sospeso tra la terra e il cielo, lontano dalla velocità della città, Pietro ed Eleonora si insegnano a vicenda a seguire il proprio cuore, a credere ancora nella “possibilità di essere felici”, prima che le loro strade si separino di nuovo.
Già dal titolo si preannuncia la possibilità di maturare nonostante il freddo, come per l’appunto i limoni d’inverno. Christian De Sica interpreta Pietro Lorenzi, un professore di lettere in pensione amante del giardinaggio, accanto a Teresa Saponangelo, che interpreta Eleonora; tutto intorno altri personaggi: Nicola, interpretato da Francesco Bruni, un giovane cameriere senza istruzione che vede in Pietro una figura paterna, Domenico, suo fratello e Luca, il marito di Eleonora. Lo sguardo delicato, ma con un velo potente di tristezza, è anche sulle ambizioni in tutte le loro sfumature: da andare a New York per Luca (Max Malatesta), fino a Domenico (Luca Lionello), che vuole ricostruire una barca e Nicola, che vuole raggiungere il diploma.
L’attore romano è qui in una veste insolita, malinconica e colta, e non sfigura affatto, in ciò aiutato dalla brava Saponangelo, fra i due si instaura un dialogo profondo, che li aiuta ad alleviare il dolore per qualcosa di grave, separati nei loro affacciati sui tetti di Roma da un vuoto, che però si concede alla possibilità di essere colmato, attraverso l’arte e i ricordi.
Ma il velo di mestizia rende lo scorrere del film a tratti lento, risvegliandosi comunque in un finale non banale.
data di pubblicazione:27/10/2023
da Antonio Iraci | Ott 26, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Arturo viene abbandonato tra le rocce mentre sua madre muore. Con i suoi strilli disperati attira l’attenzione di una pecora che lo salverà. Passano gli anni e lui rimane però bambino, cresciuto da tre donne, prostitute come la madre più per necessità che per vocazione, che lo accudiscono in tutto perché di fatto lui non è mai cresciuto veramente. Tra carezze e rimproveri Arturo riconosce istintivamente il richiamo della lana, perché alla pecora deve la sua salvezza…
Con l’asprezza narrativa che la contraddistingue in tutto, Emma Dante porta al cinema un suo precedente lavoro teatrale dove ancora una volta si parla di donne e del loro bieco sfruttamento. La regista non usa i mezzi toni per lanciare un messaggio di disperazione in favore di coloro che, per un verso o per l’altro, sono tuttora vittime di abusi e di sopraffazione. Ambientata in un piccolo borgo in riva al mare, quello siciliano per l’appunto, tra sporcizia e degrado ambientale dove le donne vengono obbligate a soddisfare in tutti i modi le soverchierie di uomini senza scrupoli, nasce così la storia di Arturo. Lui è un essere che vive nel suo mondo, balla sino allo sfinimento e guarda la vita con gli occhi di chi ha già incontrato la morte. Si è colpiti dalla sua nudità che non trova vergogna, dal suo sguardo distaccato e discreto verso quel poco che lo circonda, alla ricerca continua di una fonte di calore che lo possa proteggere dalla cattiveria. Il film è sicuramente un pugno sullo stomaco, una denuncia aperta verso qualsiasi forma di maschilismo che usa la violenza sulle donne per giustificare la propria impotenza e la propria inettitudine. Oggetti alla rinfusa accumulati e raccattati chissà dove, bambini che corrono alla fonte per raccogliere l’acqua e poi le donne, tante donne che si danno per poco per racimolare qualche soldo utile a provvedere alla sussistenza, senza alcuna speranza in un futuro migliore che possa riscattarle. Accanto a Fabrizio Ferracane, sulla scena chiamato Polifemo perché un occhio gli è stato portato via e nessuno crede che sia nato così, abbiamo Simone Zambelli, giovane protagonista che nasce con e per la danza ma che ora, è curioso di esplorare il mondo della recitazione, quasi a voler colmare un vuoto che in passato sembrava ossessionarlo. Nel film come nel teatro, Emma Dante ha voluto lui e si può affermare che la sua scelta è stata decisamente vincente. Lo sguardo di Arturo è limpido come limpida è la sua espressione quando viene allontanato forzatamente dal suo mondo, crudele e protettivo al tempo stesso. Il film sarà nelle sale dal 16 novembre ed è sicuramente da non perdere.
data di pubblicazione:26/10/2023
da Rossano Giuppa | Ott 26, 2023
(ALICE NELLA CITTA’- 18/29 Ottobre 2023)
E’ stato presentato il 24 ottobre scorso ad Alice nella città, nella sezione Panorama Italia Proiezioni Speciali, The Cage – Nella Gabbia, il nuovo film di Massimiliano Zanin, adrenalinico e appassionante, ambientato nel mondo de l’MMA, ovvero le arti marziali miste, sport basato su colpi, prese e combattimento a terra in grande ascesa nazionale e internazionale. Un film sulla competizione al femminile e sulla voglia di riscatto che è anche un racconto intimo e toccante basato sui sentimenti, sull’amicizia e sugli ideali di vita. La protagonista è Giulia (Aurora Giovinazzo), che dopo aver vissuto un evento traumatico, la perdita di un figlio ancora in grembo sul ring ed aver abbandonato i sogni di gloria, decide di uscire dal circolo vizioso in cui è bloccata e di tornare nella gabbia di MMA. Rischia di mettere a repentaglio la sua relazione e la sua stessa vita, ma la passione verso quel mondo e quella disciplina è più grande di qualsiasi altra cosa.
Giulia, un tempo promessa de l’MMA femminile lavora insieme al fidanzato Alessandro (Brando Pacitto) in uno zoo, con un desiderio recondito di tornare sul ring e prendersi la rivincita contro Beauty Killer (Desirèe Popper), l’atleta che l’aveva portata ad abbandonare il mondo degli incontri delle Mixed Martial Arts.
La sua nuova allenatrice, Serena (Valeria Solarino), la sostiene e la incoraggia e grazie a lei Giulia riuscirà ad affrontare i suoi timori e a uscire da quella gabbia, dentro la quale rischia di restar chiusa per sempre. C’è la relazione col fidanzato, geloso e insicuro. C’è la comunità religiosa che frequentano, in cui non si sente capita. E c’è il lavoro allo zoo, metafora del suo stato d’animo, quello di un animale in gabbia. Ma c’è sempre la classica goccia che fa traboccare il vaso e rompe i fragili equilibri, facendo trovare a Giulia trova il coraggio di ribellarsi.
Molto interessante la scelta di ambientare la vicenda all’interno de l’MMA al femminile, che trasmette al racconto dell’impresa sportiva l’emozione e la determinazione di una donna che lotta fisicamente ed interiormente a mani nude a rischio della vita. La gabbia è nostra società contemporanea, popolata da individui appaiono sempre più condizionati e limitati, inconsapevoli del valore della libertà del pensiero e dell’agire, rinchiusi nelle tante gabbie delle convenzioni sociali, della morale, delle relazioni sociali.
La protagonista è combattente dalla nascita per necessità e destino: combatte contro principi e pregiudizi della comunità religiosa nella quale è stata accolta, combatte contro l’idea insistita ed opprimente del fidanzato di trasformare il piccolo zoo a conduzione familiare in un grande business; contro quella convivenza che la imprigiona in una storia che non sente più sua. Realizzare se stessa combattendo a mani nude in una gabbia vera e propria è la strada che Giulia troverà per affermare con grande determinazione la propria identità.
Straordinaria l’interpretazione di Aurora Giovinazzo. Nonostante la giovane età e la corporatura minuta, l’attrice ha lavorato fisicamente e mentalmente su fisico e postura, trasformandosi in un’autentica lottatrice, grazie ad un lavoro da grande professionista.
A cadenzare il ritmo racconto filmico ci sono poi le bellissime musiche originali del cantautore Motta. La colonna sonora è inoltre impreziosita dalla voce di L’Aura che ha realizzato la cover della hit Girls Just Want To Have Fun di Cyndi Lauper.
data di pubblicazione:26/10/2023
da Salvatore Cusimano | Ott 25, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Antonio, ex operaio di un cantiere nautico, conduce una vita mite e tranquilla: gioca e partecipa a tornei di bocce con gli amici, si prende cura della madre anziana con la quale convive da quando si è separato dalla moglie con cui tuttavia è in ottimi rapporti, anche per amore della loro unica figlia Emilia, alla quale Antonio è legatissimo. Quando Emilia un giorno gli annuncia che ha deciso di sposarsi, la sua gioia di padre è colma perché può finalmente coronare il sogno di regalarle il ricevimento di nozze, nozze sulle quali, sin da quando era bambina, fantasticavano insieme come fosse un gioco. Ma la banca, di cui è da sempre cliente ed alla quale ha affidato i risparmi di una intera vita di lavoro, sembra però nascondere qualcosa e il suo sogno ben presto si trasformerà in un brutto incubo.
Il titolo Cento domeniche è già fortemente simbolico: sono quelle che, ad un suo amico operaio, sono più o meno servite per costruirsi la casa dove vivere con la propria famiglia, lavorando la domenica appunto, mattone su mattone, centesimo dopo centesimo, dopo una intera settimana di lavoro in cantiere. Il riferimento è a tutti quei lavoratori onesti, che dopo anni di risparmi, hanno perso tutto nei vari crack bancari verificatisi in Italia negli ultimi vent’anni. Antonio Albanese, nel suo quinto film da regista, racconta il tutto con grande maestria, sia registica che interpretativa, memore del suo passato da operaio, come da lui stesso raccontato in conferenza stampa.
Se nel film precedente, Contromano, affrontava in modo ironico il tema dell’immigrazione, in Cento domeniche riprende un tema per lui cruciale, il lavoro, argomento che già aveva esplorato nei suoi personaggi a teatro e nei vari film da attore. Il film, volutamente girato a Olginate in provincia di Lecco, è significativo anche nella scelta della suddetta location, zona di origine di Albanese. È un’opera di cui si sente oggi più che mai necessariamente il bisogno, un film di denuncia sociale alla Ken Loach, non propriamente riferito al sistema delle banche, quanto piuttosto alle singole persone che hanno infettato quel sistema, gente malvagia che ha distrutto vite e comunità intere. L’empatia naturale che scatta verso il suo personaggio è totale, riflette lo stato d’animo profondo che molte persone hanno vissuto sulla propria pelle, molte delle quali (da interviste e ricerche effettuate dallo stesso regista) si sentivano in colpa e pieni di vergogna, nonostante fossero vittime di persone senza scrupolo.
La storia è una storia immensa, di una crudeltà incredibile, che racconta un tema molto delicato, trattato con umanità e onestà; racconta anche di come un dramma da collettivo possa diventare individuale ed Albanese ci riesce in modo straordinariamente convincente, descrivendo l’abissale solitudine e disperazione in cui vittime come Antonio si sono venute a trovare dall’oggi al domani.
data di pubblicazione:25/10/2023
da Rossano Giuppa | Ott 25, 2023
(ALICE NELLA CITTA’- 18/29 Ottobre 2023)
Nel quartiere Tiburtino III alla periferia della Capitale, un gruppo di piccoli delinquenti ed emarginati dovranno salvare il mondo da un’invasione aliena. Un piccolo meteorite è caduto dal cielo e poco dopo gli abitanti sono stati infettati da parassiti che agiscono sulla volontà degli individui, comandando a piacimento i loro corpi. Nei giorni seguenti tutti coloro che abitano in quella zona assumono atteggiamenti strani e iniziano ad alzare delle barricate di fatto isolando il quartiere. Nessuno può entrare; l’obiettivo degli alieni è occupare una striscia di terra ed andare alla conquista del mondo. Sono capitanati da Leonardo De Sanctis (Paolo Calabresi), il padre di Pinna, un giovane spacciatore del posto e marito di un’estetista che lavora a domicilio (Paola Minaccioni). È così che Pinna (Antonio Bannò) insieme ai suo gruppo di amici e alla celebre fashion blogger Lavina Conte (Sveva Mariani), che si ritrova bloccata a Tiburtino III, decidono di indagare su cosa stia accadendo. A loro spetta il compito provare a salvare il mondo dall’invasione.
La guerra del Tiburtino III di Luna Gualano, presentato in concorso nella sezione Panorama Italia ad Alice nella Città lo scorso 22 ottobre uscirà nelle sale il prossimo 2 novembre. Proprio nel 2018 la Gualano vinse il concorso Panorama Italia sempre ad Alice nella Città con il film Go Home – A casa loro, progetto indipendente, un film di zombie ambientato in un centro di accoglienza che affrontava in maniera originale il tema dell’odio xenofobo.
Questa volta racconta la periferia romana, una delle più estreme e meno conosciute, in una commedia che intreccia azione, fantascienza, allegria e temi sociali.
Il Tiburtino III è un’area urbana di Roma, nata come borgata e poi inglobata in uno dei municipi della capitale. È uno di quei microcosmi che vivono di vita propria che ha i propri equilibri sociali ed economici. C’è la piccola criminalità di Pinna, che spaccia il fumo per coltivare il sogno modesto di comprarsi una Porsche, che va bene anche usata, c’è la fatica fisica di Chanel (Francesca Stagni), ogni mattina presto pronta dietro al bancone del suo bar, c’è la totale nullafacenza di Panettone (Federico Majorana), perso tra i fumi delle sue canne.
Da quiLa guerra del Tiburtino III, scritto dalla stessa regista assieme ad Emiliano Rubbi che è anche autore della colonna sonora, riflette sulla distanza sociale tra chi decide e governa e chi è costretto ad arrabattarsi con i propri strumenti e le proprie forze. Quando gli abitanti del quartiere cominciano a comportarsi in maniera del tutto anomala, il fatto naviga rapidamente sul web, ma l’interesse rimane del tutto virtuale. Esistono contesti così periferici che anche quando si fanno campo di battaglia, rimangono una questione interna. Al Tiburtino III non arriva nessuno che si preoccupa dei segnali di malessere. Arriva solo Lavinia Conte, influencer da 2 milioni di follower, che ha bisogno di un trend social forte per accaparrarsi un importante contratto con un’azienda di moda.
Un film assolutamente corale, visto che tutte le comparse sono abitanti del quartiere, divertente, ironico e sociale al tempio stesso perché parla di intolleranza, razzismo e degrado, con una straordinaria colonna sonora, la descrizione pop di uno spaccato che solo in parte distorce il reale. Attori fantastici, intuizioni felici e battute intelligenti, forse si vola troppo in superficie, ma va benissimo così.
data di pubblicazione:25/10/2023
da Antonio Iraci | Ott 24, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Dopo anni di monarchia assoluta il re del Bhutan, piccolo stato nella catena dell’Himalaya, decide di abdicare e di indire, per la prima volta nella storia del Paese, elezioni sul modello delle democrazie occidentali. Il popolo, di natura prevalentemente rurale, non solo non è preparato a questo cambiamento epocale ma non ne intravede neanche il motivo, visto che tutti sono felici e contenti del proprio sovrano. Intanto il monaco Tashi è incaricato dal suo capo spirituale buddista di procurargli delle armi…
Arriva a sorpresa in questa edizione della Festa del Cinema di Roma un film già presentato al Toronto Film Festival, scritto e diretto da un regista bhutanese, occasione più che rara visto che il Paese continua a mantenere una rigida politica isolazionistica per proteggere il proprio patrimonio culturale e la propria indipendenza. Il film è quindi un’opportunità per entrare nel modus vivendi di un popolo che vive felice di quello che ha e che guarda con riluttanza ogni cambiamento che possa di fatto interferire negativamente sul proprio stato sociale. La storia narrata è divertente ma non superficiale perché segue le vicende rocambolesche di Ron, che dagli Stati Uniti si ritrova sull’Himalaya per seguire le tracce e recuperare un fucile, da tempo nelle mani improbabili di un vecchio. Il giovane americano deve comprare a tutti i costi quel prezioso cimelio, mentre la popolazione locale non sa neanche mettere a fuoco il concetto di arma e dell’uso che se ne può fare. Ecco che il regista, con un messaggio veramente sottile, ci fa comprendere come noi occidentali abbiamo oggi un’idea distorta della democrazia e di come le armi siano diventate un mezzo di aggressione anche per risolvere problemi di ridicola entità. Il film intreccia varie vicende e ricorre spesso ai principi religiosi del buddismo dove un punto cardine sembra essere il concetto di compassione, inteso come partecipazione empatica alla vita del prossimo. La narrazione quindi è allegra e profonda nello stesso tempo, macchiettistica ma con risvolti di sentita religiosità in quanto riesce bene a miscelare la vita dei monaci con quella degli abitanti dei villaggi, e trasmette quella felicità che trova fondamento nella semplicità. Dal piccolo stato himalayano ci arriva quindi una boccata di ossigeno, un insegnamento universale sul denaro e sul suo degenerato utilizzo a scopi essenzialmente edonistici. Forse aveva proprio ragione Platone quando era scettico sul concetto di democrazia, senza peraltro aver la più lontana idea di come oggi viene applicata…
data di pubblicazione:24/10/2023
da Antonio Iraci | Ott 23, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Sandra, nota scrittrice tedesca, vive in uno chalet vicino Grenoble insieme al marito Samuel e al loro figlio ipovedente Daniel. La coppia, che prima risiedeva a Londra dove lui era professore universitario, aveva deciso di trasferirsi in montagna essenzialmente dopo un incidente stradale subito dal bambino che gli aveva causato la perdita parziale della vista. Un giorno Daniel, dopo una passeggiata per i boschi con il suo fedele cane, trova il padre morto davanti casa: si è suicidato o è stato ucciso?
La regista e sceneggiatrice francese Justine Triet, che per questo suo film ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes di quest’anno, riesce a creare un perfetto thriller legale facendo seguire le varie fasi investigative senza smorzare mai la tensione e l’interesse da parte dello spettatore. Il tutto parte dalla morte di Samuel, precipitato dalla finestra di uno chalet dove abitava insieme alla moglie e al figlio. Ci sono varie ipotesi, ma quella più plausibile e che sia stato prima colpito e poi spinto fuori in modo da procurarne la morte. Non essendoci moventi o altre persone in giro per casa, l’unica sospettata di omicidio è la moglie (Sandra Hüller). Durante il processo ci saranno diversi colpi di scena, ma ciò che rende particolare l’intero iter procedurale è il rapporto conflittuale che esisteva tra i due coniugi. Mentre Sandra si può definire come una scrittrice affermata per aver scritto diversi libri, Samuel (Samuel Theis) invece si riteneva un fallito, non essendo riuscito neanche a terminarne uno. Particolare il tratto psicologico di quest’ultimo che riversava sulla moglie le proprie frustrazioni soprattutto per delle sue scelte professionali e di vita del tutto sbagliate. Lo stesso si riteneva responsabile dell’incidente che aveva creato seri problemi alla vista del figlio e rimproverava la moglie di accusarlo ripetutamente di tutto ciò. La regista è molto abile nel tracciare gli aspetti peculiari dei singoli personaggi, le loro conquiste e le loro frustrazioni inserendo abilmente anche la figura del figlio, coinvolto poi direttamente in fatti a lui del tutto sconosciuti. Il dramma di un bambino che si sente piombare addosso, con la sua testimonianza, la responsabilità di salvare o meno la madre da un’accusa resa, dalla dinamica dei fatti, assolutamente inoppugnabile. La causa sembra persa sin dall’inizio e lo spettatore si trova lui stesso a giudicare una donna, per lo più anche madre, dai tratti spesso freddi e controllati, le cui passate vicende coniugali sembrano ingarbugliarsi via via che il processo va avanti. Se lo script non si può certo definire originale, risulta invece assolutamente geniale il linguaggio narrativo utilizzato, con immagini e inquadrature di grande livello che dimostrano una grande maestria nel maneggiare la cinepresa.
data di pubblicazione:23/10/2023
da Salvatore Cusimano | Ott 22, 2023
(ROME FILM FEST, 18/29 Ottobre 2023)
Fine anni ’70. Sono giovani, belli e hanno appena 25 anni. Si incontrano per caso e si innamorano perdutamente. Un avvenimento inaspettato però li separa. Per trent’anni inseguono comunque la speranza di ritrovarsi, perché si amano ancora.
L’ultimo film di Ozpetek parte da una storia d’amore nata negli anni 70, molto probabilmente autobiografica, che si sviluppa successivamente in quattro atti che corrispondono a quattro epoche diverse, in cui l’amore diventa impossibile perché contrastato dagli eventi della Storia. All’inizio sembra un’opera piena solamente di auto-citazioni, con poco da raccontare, col freno a mano tirato, dopo la storia si allarga e si stacca dal punto iniziale personale e va verso altre dinamiche e altri temi, soprattutto il tema del ricordo dei tempi che furono e che non torneranno mai indietro, così come il tema della vita, in genere sempre appesa ad una sorta di ‘sliding doors’, con il caso sempre a farla da padrona.
Ancora una volta il mondo dell’omosessualità viene nuovamente smontato e ricostruito da Ozpetek che ha parlato diverse volte di questo tema e l’ha sempre fatto con una sensibilità ben al di sopra della norma. Luisa Ranieri, qui quasi irriconoscibile (con Mina come punto di riferimento sicuro), alla sua terza esperienza con Ozpetek dopo Allacciate le Cinture e Napoli Velata, con il suo splendido personaggio della cassiera del cinema, dà lustro a tutta la storia.
Una storia, però, che alla fine sa di qualcosa visto e rivisto più volte, così come i protagonisti che vedono e rivedono più volte nel corso della vite i film classici con Anna Magnani. Il fatto che il film esca solo in piattaforma (Netflix) e non nei cinema significa forse che il nostro buon Ferzan consideri le classiche sale un grande rischio per il raggiungimento del così detto “break even point” (costi vivi spesi per la produzione del film), affidandosi invece alla quasi ‘sicurezza’ della piattaforma, con diritti economici inferiori. Ai posteri l’ardua sentenza!
data di pubblicazione:22/10/2023
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