da Daniele Poto | Dic 28, 2023
versione italiana di Gianluca Ramazzotti, con Barbara D’Urso, Rosalia Porcaro, Franco Oppini, Giampaolo Gambi, Barbara Terrinoni, Antonio Rampino, Nico Di Crescenzo, regia di Chiara Noschese
(Teatro Il Parioli – Roma, 26 dicembre 2023/7 gennaio 2024)
Un testo di successo rimodellato per riapparire 15 anni dopo in versione femminile. Prima per l’intervento del creatore Cooney, poi per una versione tutta romana, ambientata a Prati, opera di Gianluca Ramazzotti. De resto le donne non possono guidare il taxi e proporsi come bigame?
L’one man show che fu Dorelli dovrebbe diventare one woman show sotto l’egida di Barbara D’Urso. E l’impegno davvero non manca per rinverdire il successo che fu. La mattatrice è puntellata da chi sa far ridere perché quando apre la bocca la Porcaro la risata è certamente in agguato. Commedia degli equivoci e dei doppi (anche sensi) a cui va concesso ovviamente un alto tasso di arbitrarietà e di glamour soprattutto nella partitura dei due mariti a cui tocca di subire ogni tipo di spiegazione prima dello scioglimento finale che riconcilia tutte le contraddizioni, le ricerche dell’autorità di polizia, gli affannosi inseguimenti. Due case due mariti, un’infinità di verità per la protagonista il cui strumento di lavoro, un taxi giallo, campeggia come pittoresca icona fuori dal teatro. Scelta inevitabile per capodanno e per chi vuol essere lieto senza farsi troppe domande sull’impegno. Autentico divertissement, quasi per famiglie e senza maliziosi ammiccanti erotici. Ci sono passati Panelli, Quattrini e Brochard in quasi quaranta anni di sviluppi dalla prima mondiale. Una funzionale scenografia fa da spettatrice ai metaforici tripli salti mortali di una tassista che ovviamente non vediamo mai lavorare ma che si è divisa i turni per sottoporsi a un’estenuante turn over bi-matrimoniale nella divisione logistica tra due case a specchio L’altra mano esperta dietro le quinte è quella della regista Chiara Noschese che rivedremo volentieri come attrice e performer.
data di pubblicazione:28/12/2023
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Dic 24, 2023
con Maddalena Crippa, Alessandro Averone, Gianluigi Fogacci, Fernando Maraghini, Alessandro Sampaoli, Emilia Scatigno, regia di Peter Stein, traduzione di Alessandra Serra, scene Ferdinand Woegerbauer, luci AndreaViolato
(Teatro dell’Unione di Viterbo, 22 dicembre 2023, poi in tournèe in tutta Italia)
Una efficace ripresa di un Pinter “giovane”, fortemente influenzato a 27 anni da insolite atmosfere kafkiane. La ricetta base di un teatro funzionale: un quieto avvio e poi improvvise deflagrazioni, strappi di un racconto inconsueto e un po’ ipnotico. Quale sarà il terribile segreto del deraciné ospite di due ingenui pensionandi?
Il combinato disposto Crippa/Stein è oltremodo stuzzicante per un Pinter ancora non al meglio della propria produzione. Si snodano due tempi di disomogenea durata per l’aggrovigliata matassa della trama. I due ospiti, che piombano e turbano la quiete di una dimora inglese vicino al mare, quale turbativa verranno a portare? Una festa di compleanno, all’insaputa del festeggiato, si rivela una notte di tregenda dipana misteri oltre che complice di una violenza sessuale. Non si può facilmente sceverare il bene dal male, l’apparente sanità mentale dalla pazzia. Nel mood anglosassone una festa è soprattutto prendersi una solenne ciucca. E nell’alcool vengono fuori insieme verità e peggiori istinti in una sorta di sabba o resa dei conti. Il senso della minaccia, del regolamento dei conti con un oscuro e mai rivelato passato è immanente. Domina l’oscurità, il sottotesto non detto. Il perdente deve fare i conti con una giustizia ioneschiana. Perché nulla è chiarito, tutto sfuma nell’indistinto. Al gioco deve partecipare lo spettatore con le sue risposte, sfruttando i sottintesi e gli ammiccamenti del testo in un versione molto rigorosa. La Crippa è double face, passando una stazzonata casalinga a una charmante lady ancora capace di irretire i soggetti maschili. Sei attori assortiti in un’efficace empatia attoriale di gruppo. L’atmosfera fuori dal tempo ci fa dimenticare che la piece risale al 1958.
data di pubblicazione:24/12/2023
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Dic 21, 2023
con Antonio Rezza, Ivan Bellavista, Manolo Muoio, testo mai scritto da Antonio Rezza, allestimenti di Flavia Mastrella, produzione Rezza-Mastrella, la Fabbrica dell’Attore, assistente alla creazione Massimo Camilli, luci e tecnica Alice Mollica, organizzazione Tamara Viola e Stefania Saltarelli
(Teatro Vascello – Roma, 19/31 dicembre 2023)
Anzitutto il corpo nella ripresentazione di uno spettacolo datato 2003 che, vent’anni dopo, mantiene intatta la carica che è un eufemismo definire provocatoria. Infatti, siamo oltre. Una sfida con il pubblico nell’unicum teatrale di Antonio Rezza che non può non divertirsi nel delirio organizzato che per libertà espressiva può ricordare il primo Benigni. A 57 anni il fisico tiene per la maratona che riusciva agevole vent’anni fa.
Piace o non piace, non ci sono mezzi termini nel giudizio del pubblico su Rezza. Al Vascello infinitamente piace. Tanto che qui è tradizionalmente di casa, ogni anno, meglio se sul finire dell’anno. Tanto che c’è un’empatia a priori perché le risate scattano ancora prima delle battute per un riflesso condizionato di simpatia. E Rezza è medium e interprete degli umori della folla. Tanto da beccare un’improvvida spettatrice di prima fila che non applaude alla fine e si merita una frase icastica dal demiurgo. Che per cento minuti corre, sbraita, divaga. Su temi che sfiorano la blasfemia, in un nudo conclamato ma non osceno perché non erotico. Alla fine in una scena forse troppo lunga fa morire almeno trenta spettatori e, in oltraggio al politicamente corretto, tocca sederi delle donne e attributi degli uomini. Tutti si prestano tranne una recalcitrante signora che invano cerca di riguadagnare il posto in platea. Un happening di fine dicembre che terrà duro fino a tutto il Capodanno e all’insegna di un tutto esaurito per un febbrile passa parola capitolino. Le parole picchiano duro ma trasversalmente e i luoghi comuni vengono perforati: gli Stati Uniti, il ritual delle foto, la crisi abitativa. Nelle macchine teatrali della Mastrella passano ospedali, case, rifugi atomici, le torri gemelle sfruttando gli ampi spazi del teatro romano.
data di pubblicazione:21/12/2023
Il nostro voto:
da Maria Letizia Panerai | Dic 18, 2023
Presentato in occasione dell’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Ferrari di Michael Mann, con Adam Driver e Penélope Cruz, è un affresco della vita familiare del famoso imprenditore modenese in un periodo in cui si rendeva necessario, per evitare il fallimento, un decisivo cambio di rotta dell’azienda che dieci anni prima, lui e la moglie, avevano creato dal nulla.
Michael Mann, sullo sfondo dei preparativi della Mille Miglia, porta sul grande schermo la storia personale ed intima del grande imprenditore e dirigente sportivo modenese, che fondò l’omonima casa automobilistica. Ex pilota, Enzo Ferrari costruì inizialmente con sua moglie Laura un vero e proprio impero, destinato ad entrare nella leggenda. Il film è ambientato nell’estate del 1957 dietro i fasti della Formula 1 e l’organizzazione della lunga e pericolosa corsa che attraversava l’Italia chiamata Mille Miglia. Ma in quel periodo il commendatore attraversava una profonda crisi personale a causa la fine del suo matrimonio iniziata dopo la prematura morte del loro unico figlio Dino avvenuta nel 1956 a soli 24 anni per distrofia, e dopo l’ufficializzazione di averne avuto un altro, Piero, da Lina Lardi (Shailene Woodley).
Il film è molto coinvolgente per quanto concerne i preparativi della gara, in cui le due aziende principali, Ferrari e Maserati, seppur per differenti ragioni, stanno affrontando il fallimento da cui si risolleveranno solo all’inizio degli anni ’60. Il rombo delle auto d’epoca è quello originale come le vetture stesse, e su una di queste un “biondo” Patrick Dempsey, che interpreta Piero Taruffi, taglierà il traguardo della Mille Miglia. Il regista è stato molto bravo anche nel far percepire il rischio che i piloti correvano sin da quei tempi e, chi è un appassionato di motori, potrà sicuramente cogliere quell’emozionante stato di euforia che fa vincere ai piloti il timore che qualcosa possa non andare per il verso giusto, vivendo molto intensamente proprio quel preciso istante perché la vita stessa dipende da esso.
Ma Ferrari, almeno nelle intenzioni del regista, non è un film destinato esclusivamente ad appassionati della materia, seppur la figura del commendatore non possa prescindere da ciò a cui ha dedicato tutta la sua lunga esistenza. Lo stesso Mann, in conferenza stampa a Venezia, lo ha definito un film intimo, sull’uomo, devastato dal dolore e bisognoso di un rifugio familiare che non riesce più a trovare nella sua casa. Il risultato però è una storia a tratti melodrammatica, di una persona provata, indurita, in un momento in cui i conflitti della sua vita personale collidono con quelli della sua vita professionale, che contrariamente alla intenzioni del regista risulta essere la parte più interessante del film. Adam Driver ha una presenza scenica notevole ed incarna il commendatore in maniera convincente. Risulta anche centrata Daniela Piperno, l’unica attrice italiana del cast, nel ruolo della madre di Ferrari, donna cattiva ma anche profondamente ironica, personaggio che riesce senza troppa difficoltà ad offuscare una scontata e deludente Penélope Cruz.
La pellicola, un po’ troppo americana per trattare una vicenda così tanto italiana, è tratta dal romanzo di Brock W. Yates Enzo Ferrari: The man, The Cars, The Races, The Machine.
data di pubblicazione:18/12/2023
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da Antonio Iraci | Dic 13, 2023
Il giovane Willy Wonka deve ancora realizzare il proprio sogno nato quando, ancora bambino, sua madre gli aveva promesso di rivelargli da grande il segreto per realizzare un cioccolato magico. Il ragazzo ha le idee ben chiare su cosa fare per avviare la sua fabbrica e soprattutto dove reperire gli esotici ingredienti. Il suo cammino verso il successo sarà ostacolato da tre loschi cioccolatieri che, attraverso attività illecite e sfruttando la complicità di un pubblico funzionario goloso, detengono di fatto il monopolio del cioccolato…
Con l’avvicinarsi delle prossime feste natalizie il cinema si prepara con qualcosa di straordinario che sorprenderà non solo i bambini, ma anche i genitori che li accompagneranno. Si tratta del prequel di un film del 1971 Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato di Mel Stuart, adattamento di un libro per bambini di Roald Dahl, divenuto negli anni sessanta famoso in tutto il mondo. Nel primo film, seguito da un remake nel 2005, si seguivano le avventure di un bambino povero e di come lui stesso diventò erede dell’enorme e misteriosa fabbrica di cioccolato di Willy Wonka nella quale lavoravano minuscoli operai chiamati Umpa Lumpa. In questo nuovo film del regista e sceneggiatore britannico Paul King, si vedranno invece le premesse di ciò che porterà alla creazione della fabbrica di cioccolato Wonka per opera del giovane e intraprendente Willy, un poco mago, un poco inventore ma soprattutto cioccolatiere per vocazione. Se le intenzioni del regista non erano quelle di creare un musical, di fatto però lo è a tutti gli effetti perché si tratta di una simpatica commedia musicale dove lo stesso Timothée Chalamet, nella parte del protagonista, si destreggia più che bene nell’interpretare le canzoni scritte da Neil Hannon. Racconto magico, con l’immancabile presenza di buoni, brutti e cattivi per renderlo ancora più incredibilmente frizzante, stuzzicando la fantasia non solo dei bambini. Una coreografia ben studiata accompagnata da effetti speciali dosati al punto giusto, senza eccessive elaborazioni. Accanto a Chalamet, oramai di una bravura ineccepibile, troviamo attori del calibro di Olivia Colman, Hugh Grant, Rowan Atkinson (meglio conosciuto come Mister Bean), Sally Hawkins, Jim Carter e tanti altri ancora. Una favola d’altri tempi, ben riuscita nel racconto, che ci fa riscoprire l’onestà dei sentimenti e sopratutto rivolta ai bambini di oggi affinché possano seguire le parole della madre di Willy: “ tutte le cose belle in questo mondo sono cominciate da un sogno, quindi non mollare mai il tuo”. Sperando che serva da lezione…
data di pubblicazione:13/12/2023
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da Paolo Talone | Dic 10, 2023
regia di Saverio Giuseppe Paoletta, con Valentina Carrino e Saverio Giuseppe Paoletta
(Trend – Teatro Belli – Roma, 7/9 dicembre 2023)
David ha una nuova compagna dopo che sua moglie Jess si è tolta la vita a causa dei debiti accumulati per la sua folle mania di acquistare oggetti di ogni tipo. Un racconto frammentato che mostra la pericolosità delle regole legate al consumismo e sulla disperata ricerca di una felicità irraggiungibile. Un ulteriore sguardo sugli interrogativi che pone la società contemporanea indagati a Trend, la rassegna di drammaturgia inglese curata da Rodolfo di Giammarco al teatro Belli di Trastevere.
Un prologo fuori dal testo annuncia la tragedia che Dennis Kelly, autore di Love and Money, ha diviso in sette atti. Si prega di non applaudire tra un quadro e l’altro, per non perdere la concentrazione su un dramma che chiede sforzo e silenzio per essere seguito. Nella prima scena David (interpretato da Saverio Giuseppe Paoletta, anche regista e cofondatore dell’Associazione Universarte che cura la produzione dello spettacolo) scambia una serie di messaggi di posta elettronica con la sua nuova amante, Sandrine. Si è rifatto una vita dopo che sua moglie Jess (Valentina Carrino) è morta e ha comprato anche una nuova auto. Nelle email Sandrine gli chiede di parlare di come sia morta la donna e David, anche se non vorrebbe, alla fine concede il suo racconto. Si è suicidata e lui non ha fatto nulla per impedirlo. La scena successiva è nel cimitero dove è sepolta Jess. A vegliare sulla tomba ci sono i suoi genitori, catturati e infastiditi dalla sepoltura della donna a fianco che per sfarzo supera quella della figlia. Come se l’amore per una figlia possa essere definito da quello che si riesce a darle.
Un inaspettato salto narrativo trascina lo spettatore nel passato. Gli atti che seguono tenteranno di dare un’idea di come Jess sia arrivata alla morte. Ma la vicenda è ricostruita in modo frastagliato. David cerca di ottenere un lavoro con una paga migliore, mentre Jess è rinchiusa in un ospedale preda delle voci che le ronzano in testa e dell’ossessione per lo shopping che l’ha portata ad accumulare un debito inverosimile. L’ansia continua per i soldi è la protagonista. Divora tutto, anche l’amore, che si riduce a uno sterile atto assistenzialista. Così la vita di chi sta accanto sfugge e non si può fare nulla per riscattarla dal buio in cui viene inghiottita. Dello stesso buio e di vuoto è fatta la scena. La regia di Saverio Giuseppe Paoletta punta a mettere in risalto la parola del testo attraverso una messa in scena sobria, essenziale, che riduce al minimo i movimenti del gruppo di nove attori, insolitamente numeroso per gli spettacoli visti a Trend.
La legge che regola l’universo non è fatta di amore, ma di numeri e formule quantificabili come lo sono gli oggetti e i soldi. Il fine ultimo è la felicità, ma questa non si raggiunge per accumulo di cose. L’esito inevitabile è la disperazione e, come per Jess, il suicidio.
data di pubblicazione:10/12/2023
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Dic 9, 2023
adattamento e regia di Nicasio Anzelmo, con Franco Sciacca, Giovanni Cordi, Antonio Mirabella, Paolo Ricchi e la partecipazione speciale di Fanny Cadeo
(Teatro Arcobaleno – Roma, 1/17 dicembre 2023)
Una garbata e vivace rivisitazione plautina. Il classico depurato di passaggi troppo faticosi con una spruzzata di dialetto romano e/o napoletano e qualche siparietto comico imprevedibile. Serviva una presenza femminile e alla bisogna Fanny Cadeo sperimenta nuovi panni teatrali, cantando anche.
Versione giocosa di un pezzo forte del commediografo di Sarsina a tener viva una tradizione e un repertorio di qui il teatro romano va fiero ed orgoglioso vantando una sorta di primogenitura capitolina di repertorio. Il servo protagonista si deve ingegnare per riscattare da un lenone la giovane prostituta in fieri di cui è innamorato il suo padrone. La contrapposizione uomini liberi/schiavi è quasi uno scontro di classe in cui i più furbi sono inevitabilmente i secondi. Tutti gli ostacoli vengono superati in vista del traguardo finale. I soldi sono l’ostaggio in ballo. Il conflitto predominante è quello tra Pseudolo e Ballione. Spunti da commedia dell’arte con citazione particolare per l’attore che interpreta Ballione che forzando lo stesso testo disegna un cattivo spietato, interessato al traffico di carne umana senza alcun rispetto per la dignità della donna. Ovviamente considerando i secoli che ci separano dalla stesura del testo ogni rispetto per il politicamente corretto sarebbe puerile. L’ambientazione greca propone un must che bypassa secoli, stagioni e nuovi riti. La compagnia cerca di rendere effervescente la satira con frequenti ammiccamenti al pubblico e recitati fuori scena nella sala che obbligano lo spettatore a girare frequentemente il collo per godersi simpatici siparietti. Struttura drammaturgica solida per la mano felice e ispirata del regista siciliano Nicasio Anzelmo. Prima nazionale che meriterebbe un lungo viaggio nella penisola con tappa puntuale in Magna Grecia.
data di pubblicazione:09/12/2023
Il nostro voto:
da Paolo Talone | Dic 9, 2023
regia di Piero Maccarinelli, con Massimo De Francovich, Francesco Bonomo e Pietro Giannini
(Trend – Teatro Belli – Roma, 2/3 dicembre 2023)
Tre omosessuali di tre epoche diverse. Due relazioni che si formano nell’arco di quindici anni. La storia di Beau, Rufus e Harry si inserisce nello spazio che la rassegna Trend. Nuove frontiere della scena britannica, in scena al teatro Belli e diretta da Rodolfo di Giammarco, dedica agli orientamenti arcobaleno.
Gently down the stream è un testo con un potenziale narrativo e teatrale affascinante, soprattutto se presentato da bravi e preparati attori come quelli voluti in scena dal regista Piero Maccarinelli. Si percepisce chiaramente il valore artistico che appartiene al lavoro del 2017 del drammaturgo e scrittore Martin Sherman (autore di Bent, la storia che racconta la persecuzione nazista contro gli omosessuali), realistico e attuale nonostante Maccarinelli abbia scelto di fare per la messa in scena una lettura agita, con gli attori che tengono tra le mani il copione. Una debolezza tuttavia compensata nell’impianto scenico, dove l’arredamento composto di sedie, tavoli, lampade e un divano crea l’ambientazione e fornisce dinamicità e movimento all’azione.
Massimo De Francovich è Beau, un anziano omosessuale americano con un passato da pianista di successo che ora vive a Londra. Siamo all’inizio del nuovo millennio e internet sta lentamente entrando nella vita delle persone. Incontra Rufus (Francesco Bonomo) su Gaydar, un sito di incontri per persone omosessuali antenato delle più moderne app per smartphone. Rufus è un avvocato che trova sexy e interessante tutto quello che viene dal passato. Sarà per questo che si innamora di Beau, di molti anni più vecchio di lui. Ma se per gli americani tutto deve avere un senso, non è così in Inghilterra. Rufus infatti trova interessanti gli uomini maturi perché hanno un passato da raccontare e Beau ha tante storie e molta esperienza da condividere. Intanto è stato il pianista di Mabel Mercer, le cui canzoni fanno da colonna sonora alla narrazione e che definisce un miscuglio di Harlem e Buckingham Palace per essere figlia di un musicista nero americano e una cantante inglese di music hall. Poi ha avuto tante storie e con queste tante ferite che lo hanno reso l’uomo disilluso, pragmatico ma ancora curioso che è oggi. Uno dei suoi vecchi compagni è morto di AIDS negli anni ’80; un altro è rimasto vittima dell’attacco incendiario al locale gay Upstairs Lounge di New Orleans nel 1973. Accetta allora di avere una relazione con Rufus, facendosi carico anche dei problemi del ragazzo. Rufus è bipolare e ha bisogno di cure e attenzione.
Il passare del tempo però trasforma i papà in nonni e allora qualcosa comincia a cambiare. Rufus si innamora a sua volta di un ragazzo più giovane di lui e lascia Beau per Harry (Pietro Giannini). L’abisso che separa il nuovo arrivato dal vecchio Beau è enorme. Per Harry, iperattivo e ansioso fino alla patologia, è normale pensare di unirsi civilmente e desiderare dei figli. Nel 2015 le cose sono cambiate, soprattutto in materia di diritti. Per Beau invece tutto questo suona quasi come uno scandalo, che De Francovich esprime con sincera incredulità. Il suo personaggio appartiene alla vecchia scuola.
La storia prosegue senza eccezionali colpi di scena. Rufus e Harry hanno una figlia. Beau approfondisce la conoscenza delle chat di incontro e parte per incontrare altri uomini a Sitges, meta spagnola molto popolare tra i gay. Prendendo spunto dal titolo della pièce, tutti e tre i personaggi alimentano ognuno a suo modo questo dolce e a volte accidentato ruscello che è la vita. Gently down the stream è una piacevole e divertente passeggiata che consigliamo di fare. Attenzione solo a non confondere nel giudizio le patologie dei personaggi con il loro orientamento sessuale.
data di pubblicazione:09/12/2023
Il nostro voto:
da Antonio Iraci | Dic 9, 2023
Fanny lavora presso un’importante casa d’aste di Parigi dove vengono peraltro trattati quadri della scuola di Caravaggio e gioielli appartenuti a Maria Antonietta. È sposata con Jean, un uomo estremamente ricco, con il quale frequenta annoiata l’alta borghesia parigina e dove viene esibita dal marito come un trofeo. Un giorno casualmente incontra per strada Alain, suo ex compagno di liceo ed ora scrittore bohemien, e da questo momento la vita per lei avrà un nuovo orizzonte…
L’inarrestabile Woody Allen ha presentato fuori concorso questa sua cinquantesima pellicola all’80° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Dopo qualche perdonabile defiance, il regista ultra ottantenne sembra tornare ai temi ai lui molto cari: il rapporto di coppia e le relative problematiche, i tradimenti, la gelosia, la ricerca della via d’uscita mediante un ben pianificato crimine. Tutti ingredienti che troviamo concentrati in questo suo ultimo piacevolissimo film, appena uscito nelle sale. La bella Fanny (Lou de Laâge) è circondata dal lusso: borse di Hermès, Cartier al polso, una casa in un quartiere super elegante, un lavoro in una rinomata galleria di Avenue Montaigne, una delle strade più chic di Parigi. Il marito (Melvil Poupaud) come professione rende “i ricchi ancora più ricchi”, ha alle spalle un passato poco chiaro, con un socio improvvisamente sparito nel nulla che ancora suscita pettegolezzi e allusioni sulla sua persona. Poi arriva per caso Alain (Niels Schneider) scrittore un poco squattrinato che fa perdere letteralmente la testa all’affascinante Fanny e metterà in discussione la sua vita, prospettandole un rapporto più genuino, anche se meno mondano. Il tutto si svolge in una Parigi dalle sfumature calde autunnali che la fotografia di Vittorio Storaro riesce a mettere in evidenza, rendendo la città ancora più bella di quello che già è di suo. La cura dei dettagli, una trama intrigante con tracce di thriller, anche se con qualche ingenuità nella sceneggiatura, ma tutto secondo copione, tipico della scrittura di Woody Allen, rendono questa commedia avvincente e attraente nello stesso tempo. Un piccolo gioiello che ci riporta all’inconfondibile firma del regista, impronta indelebile nella storia della cinematografia contemporanea. Il film, con un humour a tinte cupe che lo caratterizza, sembra farci capire come la ricchezza e gli agi sfrenati a lungo andare possano diventare noiosi e insignificanti e di quanto sia più romantico mangiare un sandwich al prosciutto, seduti su una panchina di un parco parigino, rispetto alle tavole imbandite con champagne, aragoste e paté de foie gras in abbondanza.
data di pubblicazione:09/12/2023
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da Daniele Poto | Dic 8, 2023
regia di Andrée Ruth Shammah e Giorgo Melazzi con Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Susanna Marcomeni, Marco Balbi, Andrea Soffiantini, Christian Pradella, Luca Cesa-Bianchi
(Teatro Ambra Jovinelli -Roma, 6/17 dicembre 2023)
Scatenato vaudeville condotto a ritmo indiavolato da due attori dai tempi comici perfetti e che mettono in gioco la naturale empatia e sinergia di uno spettacolo collaudato che chiude i battenti dopo tre anni di programmazione. All’insegna del gemellaggio spesso problematico tra le produzioni di Milano e gli spettacoli distribuiti e proposti a Roma.
Una commedia nera con spruzzate di non sense dove la libera interpretazione registica ha ampi spazi di libertà per ammiccamenti al music hall e al pezzo di bravura attoriale. Alla fine la risoluzione del giallo conta poco. Chi sarà stato a uccidere la carbonaia in una notte di tregenda? La borghesia è sorda ma anche sordida, capace di nascondere sotto i tappeti del perbenismo un efferato delitto pur di mantenere la propria apparente rispettabilità. Su queste corde giocano i due protagonisti assistiti da un coro di bravi comprimari. Il ritmo da pochade sviluppa un sottotesto fatto di sottintesi dove la società francese allude a quella italiana. Le apparenze contano molto più dell’essere e al diavolo la verosimiglianza. Gli attori parlano direttamente agli spettatori occupando il ruolo dei raccontatori di storie e di cronisti, vivendo in diretta la propria situazione. Alla prima il pubblico si diverte rumorosamente tributando un omaggio speciale a Dapporto e e Fassari, efficaci dentro la commedia in un gioco delle parti in cui rischiano di attribuirsi la colpa. Non sveliamo il finale ma nei settanta minuti di spettacolo è forse la svolta che meno interessa rispetto ai viluppi essenziali dell’intreccio, prima dello svolgimento. Nota particolare per le scene assemblate dalla Palli che ben restituiscono il chiaroscuro della commedia in gioco.
data di pubblicazione:08/12/2023
Il nostro voto:
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