da Maria Letizia Panerai | Mar 20, 2024
Presentato in anteprima a Cannes, esce nelle sale con Lucky Red l’ultimo film di Haynes interpretato dai premi Oscar Natalie Portman e Julianne Moore. Le due attrici tengono la scena per tutta la durata del film che potremmo definire “l’anatomia di uno scandalo americano”, parafrasando il titolo della pellicola di Justine Triet che gli ha strappato l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale.
Gracie Atherton-Yoo (Julianne Moore), moglie e madre, all’età di 36 anni inizia una relazione extraconiugale con il tredicenne di origini coreane Joe Yoo, compagno di classe di suo figlio Georgie. Ben presto nella comunità di Savannah, Georgia, la storia diviene di dominio pubblico e Gracie finisce in prigione. I due tuttavia, nonostante l’inevitabile ostracismo delle famiglie e della società, si sposano. Dal matrimonio nascono tre figli. Passano vent’anni. La coppia vive ancora a Savannah e la pace sembra essere tornata, quando l’attrice di successo Elizabeth Berry (Natalie Portman) decide di interpretare un biopic su Gracie ed inizia a frequentare la casa dei coniugi Yoo per calarsi meglio nella parte.
Todd Haynes, come in Lontano dal paradiso e Carol, torna su un terreno a lui congeniale: indagare il perbenismo americano alla luce di certi avvenimenti privati che hanno fatto scandalo. In May December il titolo stesso rappresenta un gap, una distanza quasi incolmabile come l’età che separa i due coniugi e sarà Elizabeth a far scoprire allo spettatore che tutto non è come sembra. Gracie infatti manifesterà un carattere da manipolatrice, mentre il suo giovane marito una maturità apparente e mai sbocciata, come le crisalidi di cui si prende cura sino a farle diventare farfalle pronte a volare.
Nonostante la sottile complessità della tematica, con una verità sempre in bilico che non sembra mai essere una solamente, il film nel suo complesso non aggiunge nulla a ciò che sin dall’inizio appare palese. Per tutta la durata si percepisce l’esistenza di un filo che tiene i vari personaggi incredibilmente uniti intorno a Gracie. Julianne Moore è magistrale nello svelare a poco a poco la propria personalità distorta con segnali contrastanti tra loro che vanno dall’infantilismo al controllo, dando ad Elizabeth- Portman, abile e cinica, la chiave di lettura del suo personaggio. Al pubblico l’ardua sentenza.
data di pubblicazione:20/03/2024
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da Maria Letizia Panerai | Mar 19, 2024
Il regista messicano Michel Franco ci racconta una bellissima storia d’amore, raffinata e non usuale, con una coppia d’attori in perfetta sintonia tra loro. Jessica Chastain e Peter Sarsgaard (Coppa Volpi a Venezia per questo ruolo) danno vita ad una performance di primissimo livello, sfidando con i loro personaggi un dolore profondo che la memoria ha tentato in tutti i modi di reprimere.
Sylvia e Saul si incontrano ad una festa di ex liceali. Lui si siede accanto a lei per parlarle, ma lei infastidita si alza ed esce dal locale; lui la segue lentamente sin sotto casa e lei, spaventata, si barrica nel suo appartamento. Saul rimarrà sotto l’appartamento di Sylvia per tutta la notte, incurante del temporale e solo l’indomani la donna scoprirà che l’uomo è in uno stato confusionale e non ricorda nulla dell’accaduto. Madre single e assistente in un centro per anziani, Sylvia appare subito agli occhi del fratello di Saul la persona giusta per tenere compagnia all’uomo, affetto da una precoce forma di demenza. Inizia così una strana frequentazione tra i due, fatta di accudimento e di semplici incontri.
Memory è un film dalla trama delicata e profonda, che ha a che fare con la memoria “cancellata” dai traumi del proprio passato, anche se la cancellazione per Saul è involontaria, mentre per Sylvia è fermamente voluta. Un passato ingombrante e grave ha segnato profondamente la vita della donna, incapace di tornare ad amare qualcuno, almeno sino all’incontro con quell’uomo gentile ed indifeso che sembra riesca ad abbattere quel muro che lei stessa ha innalzato per proteggersi. Quell’incontro le darà la forza di rimettere in discussione la memoria del suo passato, un passato che tempo addietro aveva sommerso con l’alcool e che per autodifesa, anche dopo la disintossicazione, caparbiamente non vuole far riemergere.
Michel Franco riesce a raccontare un dramma crudo, di quelli che fanno male, tanto male. Lo fa tornare a galla con dolore da chi a forza lo aveva rimosso per anni, sottraendosi alla vita, e in maniera quasi terapeutica lo trasforma in altro dando ai due protagonisti, sopravvissuti nonostante tutto alle loro vicende personali, una nuova chance di vita, lasciandoci in bocca il gusto di qualcosa di buono.
data di pubblicazione:19/03/2024
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da Antonio Iraci | Mar 17, 2024
Carla Nowak insegna da pochi mesi in una scuola media tedesca. Riesce presto a instaurare un ottimo rapporto con i propri studenti. Al contrario il corpo insegnante la guarda con sospetto e una punta di invidia per il suo carattere risoluto e fuori dagli schemi tradizionali. Durante la sua permanenza nella scuola si verificano piccoli furti. Tutto il corpo insegnante si mette sulle tracce del colpevole cercandoo anche tra gli stessi ragazzi. La scoperta della presunta verità da parte di Carla, darà adito a una serie di reazioni a catena con conseguenze imprevedibili…
Çatak è un giovane promettente regista tedesco, di origini turche, che si è distinto in campo internazionale con questo suo ultimo lungometraggio presentato con successo nella Sezione Panorama della Berlinale del 2023. Il film, girato interamente all’interno di una scuola, non vuole soltanto far capire gli ingranaggi che ne regolano l’attività formativa, ma evidenziare soprattutto gli sforzi di partecipazione emotiva tra il corpo insegnante e quello studentesco vero e proprio. Un pretesto che il regista coglie per raccontare la realtà, parlando anche di sé come uomo che porta ancora il peso dell’integrazione di una famiglia di immigrati turchi in Germania. Ecco che la scuola è lo specchio della società di oggi, dove troviamo la tanto ostentata tolleranza zero tra false verità e insulti alla dignità umana. Carla (Leonie Benesch) è l’insegnante di origini polacche protagonista di una storia molto articolata, dove il senso di giustizia viene messo in crisi dagli eventi che porteranno a sconvolgere completamente gli equilibri all’interno della scuola stessa. Carla è una persona integerrima che però a sua volta commette degli errori. Gli altri colleghi del corpo docente possiedono ciascuno una propria precisa identità a volte in contrasto tra loro. Così come tra i giovani studenti c’è rivalità, pregiudizi razziali ma anche tanta dose di solidarietà. Tutto questo è lo specchio riflesso di una società odierna in cui si fa fatica a raccontare la verità e a farsi rispettare per ciò che si è. Ecco che la scuola diventa un rebus, un cubo di Rubik che ammette un’unica soluzione, difficile da trovare ma che sta lì pronta a essere dimostrata. Ottime le riprese e l’intera ambientazione con un finale sconvolgente, elementi questi che hanno contribuito a far rientrare il film nella cinquina per l’Oscar come miglior film straniero.
data di pubblicazione:17/03/2024
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da Rossano Giuppa | Mar 16, 2024
Il collettivo Dimensione Brama si è esibito all’Alcazar Live di Roma il 14 marzo 2024 in uno show site-specific, appositamente pensato per il club romano, che spazia dalla musica alla piece teatrale ed alla performance di arte contemporanea (foto di Lorenzo Balestrieri).
Difficile collocare i Dimensione Brama in un ambito artistico specifico, visto che possono essere considerati allo stesso tempo musicisti ma anche performer legati al teatro, alla filosofia, alla video arte, alla danza.
Con Brama live show, prodotto da 369 gradi, sul palco del locale romano, il collettivo ha portato uno show eclettico, in cui si fondono punk e barocco, giocato su sovrapposizioni tra musica e performance. Chitarre elettriche, fiati, tapis roulant, ventilatori tra slogan e melodie.
I Dimensione Brama sono una delle realtà più interessanti della scena romana. A cavallo tra diversi mondi e stili, possono essere considerati un collettivo artistico e fenomeno culturale che affascina, incuriosisce e diverte lo spettatore.
All’attivo da quattro anni, sin dal loro esordio hanno attirato l’attenzione della stampa nazionale e di critici musicali. I Dimensione Brama sono Michele Mazzetti di Pietralata alle tastiere, Nicola Pecora alla voce, Claudio Molinari alla chitarra elettrica, Guglielmo Cappellini alla batteria, Lorenzo Celata al basso, Enrico Cuculo al violino, Jacopo Narici alle percussioni e Marcello Sanzó alla tromba.
In scaletta il loro singolo d’esordio Correre, un pezzo rock, balcanico, religioso, ma anche un monologo, una storia contemporanea che viaggia ad un’altra velocità, ad un’altra dimensione.
data di pubblicazione:16/03/2024
da Daniele Poto | Mar 15, 2024
con Alessandro Calamunci, Ilaria Fantozzi, Caroline Pagani, Mauro Toscanelli, Massimo Zannola, regia di Mauro Toscanelli
(Teatro Lo Spazio – Roma, 14/17 marzo 2024)
Vivien Leigh e il suo doppio. Riscoperta della popolare attrice che trova finalmente pace e si ritrova grazie a una figlia che si dibatte nella difficile rieducazione in un ospedale psichiatrico. Gradevole e fedele ricostruzione di un transfert con attori multi-ruoli. Prova di scrittura e di regia per una prima di successo.
Ricordata per la parte di Rossella ‘O Hara in Via col Vento, la Leigh è colpevolmente dimenticata per una carriera teatrale importante in combinato disposto con Laurence Olivier, forse il più grande talento del passato secolo. Ma qui c’è di mezzo una misteriosa figlia che, per le dottrine degli anni ’70, viene curata con l’elettrochoc. La scena del trattamento è la più intensa e vivida dello spettacolo. L’attrice e il suo doppio, tra realtà e fantasia, tra sogno e incubo, Così l’incontro tra le due è il pretesto per rivivere un’esistenza tra alti e bassi, tra soggiorni in Italia, malattia e diverbi sentimentali. Un’abbondante ora in cui scorre tutta la sua dimenticata vita. Il crudelissimo ma capace direttore del’Ospedale Psichiatrico procede indefessamente nel suo tentativo di recupero psichico della più giovane, nello scetticismo dei suoi più immediati collaboratori. Lo spettacolo è un omaggio ad una donna fragile, vera colta e anti-conformista, qui schermata attraverso le cure psicoanalitiche della supposta figlia. Un omaggio alla storia al teatro, a una vita che non perde ragione d’essere fuori dalle tavole del palcoscenico, ribellandosi all’umana caducità. Un significativo recupero di un’attrice significativa. Valore aggiunto, gli attori che interpretano i due grandi attori sono straordinariamente somiglianti agli originali. Capace uso degli spazi su due pedane e fedele ricostruzione di un’esistenza attraverso cambi di scena e incontri con sagace uso dell’accompagnamento sonoro.
data di pubblicazione:15/03/2024
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da Daniele Poto | Mar 14, 2024
L’unione fa la forza. Anche al cinema Ethan separato dal fratello firma un road movie che potrebbe essere quasi apparentato ai B movie. Una vacanza dal grande cinema. Un road movie in versione lesbo che non appassiona né come trama né come giallo. E il richiamo ripetuto all’omosessualità ha timbri pesanti al di là di ogni possibile moralismo.
La trama replica temi già visti nell’interessante filmografia battezzata dai Coen. I delinquenti maldestri, gli inconsapevoli latori di una fortuna che sfuggono a mille trappole. Dopo un avvio sanguinolento in 84 minuti la sinossi può essere ridotta a un inseguimento con nemmeno troppi imprevisti e con una conclusione frettolosa scarsamente appassionante e persino prevedibile. Non è un caso che il film abbia avuto scarsa eco negli Stati Uniti, soprattutto nei giorni degli Oscar, e un riscontro americano al botteghino davvero modesto per registi di questa portata. Il tesoro in questione è il calco di peni importanti. In ballo c’è anche un candidato alla Presidenza. La strana coppia di donne si rende conto tardi dell’importanza ricattatoria della preda. Tra gli spunti più felici del film l’abbinamento tra la spregiudicata lesbica che seduce piano piano la timida indiana e la porta progressivamente sul suo stesso terreno di spregiudicatezza. Il film insiste molto nella frequentazione di ambienti omosessuali. Non sarà contento il calcio femminile la cui immagine viene resa sessualmente unidimensionale. Il McGuffin caro a Hitchock qui viene sbandierato con lucida ripetitività. Commedia pulp intinta di vivaci cambi di inquadratura e di una tensione latente che movimenta la sceneggiatura. Aspettiamo migliori notizie in futuro: i due Coen torneranno a lavorare insieme e sicuramente sforneranno un’opera più significativa, questa ha in sapore di una vacanza dal grande cinema.
data di pubblicazione:14/03/2024
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da Daniele Poto | Mar 13, 2024
drammaturgia di Gabriele Di Luca, con Sebastiano Bronzato, Alice Giroldini, Sergio Romano, Roberto Serpi, Massimiliano Setti, Ivan Zerbinati, regia di Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi. Produzione Teatro dell’Elfo, Marche Teatro, Teatro Nazionale di Genova Fondazione Teatro di Napoli- Teatro Bellini
(Teatro Vascello – Roma, 5/17 marzo 2024)
Teatro italiano di massima innovazione e sperimentazione. Rappresentazione distopica dal ritmo incessante. Perlustrazione su un futuro atterrente. Gli ospiti di una clinica di riabilitazione di lusso diretti da un coach cercano di ristabilire un rapporto sano con la vita, liberandosi di dipendenze varie. Segni di un disagio esistenziale svolto tra liricità e divertimento.
La provocazione questa volta spara abbastanza salve nell’accumulo di troppi materiali, di un eccessivo uso di parentesi aperte e mai chiuse. Per un finale continuamente rimandato che si allarga addirittura alla fine dell’umanità. L’ambizione dello spettacolo si rifrange su un boomerang scagliato con troppa indeterminatezza per colpire un solo bersaglio. Ammirevole la tenuta degli attori per uno spettacolo che si conclude quasi a mezzanotte e che vede la più intensa partecipazione giovanile,visti gli eccellenti precedenti della compagnia, un soffio nuovo in un mainstream tradizionale. Ma la battuta per la risata fine a se stessa (la tisana al finocchio, la metafora di Adamo ed Eva, il linguaggio buffo del servitore del Bangla Desh, la gara di disegno con a tema la vagina) finisce con l’annacquare la tensione. La scrittura collettiva di tante mani attinge a un numero copioso di temi che proviamo ad enumerare: la dipendenza da cocaina, l’omosessualità con un desiderio di paternità, il business esasperato, il cambiamento climatico. L’umanità disintegrata sembra avere scarse possibilità di riscatto. Dunque l’iperrealismo mette tanta carne al fuoco in cerca di un focus in progress che si fatica a individuare. Più del finale conviene cogliere i singoli momenti che equivalgono a mini-tappe sperimentative. Un fermento che troverà nel futuro più comodo approdo.
data di pubblicazione:13/03/2024
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da Antonella Massaro | Mar 11, 2024
La 96a edizione dei premi Oscar, affidata di nuovo alla conduzione Jimmy Kimmel, conferma in larga parte i pronostici della vigilia.
Il film più premiato è Oppenheimer di Christofer Nolan, che si aggiudica 7 statuette (a fronte di 13 candidature) e che, soprattutto, viene incoronato come miglior film e per la migliore regia.
Anche i migliori attori sono quelli di Oppenheimer: Cillian Murphy miglior attore protagonista e Robert Downey Jr. miglior attore non protagonista.
Sul versante femminile, Emma Stone è stata premiata come miglior attrice protagonista per Povere creature!, mentre Da’VineJoy Randolph riceve la statuetta della migliore attrice non protagonista per The Holdovers.
Matteo Garrone non riesce a portare in Italia il premio per il miglior film straniero, che vola nel Regno Unito sulle ali de La zona d’interesse (confermando, anche in questo caso, i pronostici).
La migliore sceneggiatura originale è quella di Anatomia di una caduta, mentre il premio per la migliore sceneggiatura non originale va ad American Fiction.
Tra gli altri premi si segnalo quello al maestro Hayao Miyazaki, che vince il premio per il miglior film d’animazione con Il ragazzo e l’airone.
Un’edizione senza particolari sussulti, quindi, ma che ha visto in gara, per ciascuna categoria, film che hanno saputo catalizzare il dibattito degli ultimi mesi e molti dei quali (aspetto certamente non trascurabile) hanno (ri)portato in sala un pubblico desideroso di lasciarsi ammaliare dall’incantesimo del grande schermo.
Ecco, qui di seguito, le candidature per ciascuna categoria e i relativi vincitori!
Miglior film
American Fiction
Barbie
The Holdovers
Killers of the Flower Moon
Maestro
Oppenheimer
Past Lives
Povere creature!
La zona d’interesse
Miglior regia
Christopher Nolan — Oppenheimer
Jonathan Glazer — La zona d’interesse
Justine Triet — Anatomia di una caduta
Martin Scorsese — Killers of the Flower Moon
Yorgos Lanthimos — Povere creature!
Miglior attrice
Annette Bening — Nyad
Carey Mulligan — Maestro
Emma Stone — Povere creature!
Lily Gladstone — Killers of the Flower Moon
Sandra Hüller — Anatomia di una caduta
Miglior attore
Bradley Cooper — Maestro
Colman Doming — Rustin
Paul Giamatti — The Holdovers
Cillian Murphy — Oppenheimer
Jeffrey Wright — American Fiction
Miglior attrice non protagonista
Emily Blunt — Oppenheimer
Danielle Brooks — Il colore viola
America Ferrera – Barbie
Jodie Foster — Nyad
Da’VineJoy Randolph — The Holdovers
Miglior attore non protagonista
Mark Ruffalo — Povere creature!
Robert DeNiro – Killers of the Flower Moon
Robert Downey Jr. — Oppenheimer
Ryan Gosling — Barbie
Sterling K. Brown — American Fiction
Miglior film straniero
Io capitano (Italia)
Perfect Days (Giappone)
La società della neve (Spagna)
Das Lehrerzimmer/La sala professori (Germania)
La zona d’interesse (Regno Unito)
Miglior sceneggiatura originale
Anatomia di una caduta
The Holdovers
Maestro
May December
Past Lives
Miglior sceneggiatura non originale
American Fiction — Cord Jefferson
Barbie — Greta Gerwig, Noah Baumbach
Oppenheimer — Christopher Nolan
Povere creature! — Tony McNamara
La zona d’interesse — Jonathan Glazer
Miglior fotografia
El Conde
Killers of the Flower Moon
Maestro
Oppenheimer
Povere creature!
Miglior scenografia
Barbie
Killers of the Flower Moon
Napoleon
Oppenheimer
Povere creature!
Miglior montaggio
Anatomia di una caduta
The Holdovers
Killers of the Flower Moon
Oppenheimer
Povere creature!
Miglior sonoro
The Creator
Maestro
Mission: Impossible – Dead Reckoning Part One
Oppenheimer
La zona d’interesse
Migliori costumi
Barbie
Killers of the Flower Moon
Napoleon
Oppenheimer
Povere creature!
Miglior makeup
Golda
Maestro
Oppenheimer
Povere creature!
La società della neve
Migliore colonna sonora
American Fiction
Indiana Jones e il quadrante del destino
Killers of the Flower Moon
Oppenheimer
Povere creature!
Miglior canzone
“It Never Went Away”, American Symphony
“I’m Just Ken”, Barbie
“The Fire Inside”, Flamin’ Hot
“Wahzhazhe (A Song for My People)”, Killers of the Flower Moon
“What Was I Made For?”, Barbie
Migliori effetti speciali
The Creator
Godzilla: Minus One
Guardians of the Galaxy Vol. 3
Mission: Impossible – Dead Reckoning Part One
Napoleon
Miglior film d’animazione
Il ragazzo e l’airone
Elemental
Nimona
Robot Dreams
Spider-Man: Across the Spider-Verse
Miglior corto animato
Letter to a Pig
Ninety-Five Senses
Our Uniform
Pachyderme
War is Over! Inspired by the Music of John & Yoko
Miglior cortometraggio live-action
The After
Invincible
Knight of Fortune
Red, White and Blue
The Wonderful Story of Henry Sugar
Miglior cortometraggio documentario
The ABCs of Book Banning
The Barber of Little Rock
Island in Between
The Last Repair Shop
Nai Nai & Wai Po
Miglior documentario
Bobi Wine: The People’s President
The Eternal Memory
Four Daughters
To Kill a Tiger
20 Days in Mariupol
data di pubblicazione: 11/03/2024
da Daniele Poto | Mar 11, 2024
versione italiana di Marco Rampoldi e Gianluca Ramazzotti, regia di Marco Rampoldi, con Max Pisu, Nino Formicola, Giancarlo Ratti, Lucia Marinsalta, Giorgio Verduci, Roberta Petrozzi, scene di Alessandro Chiti, costumi di Adele Bargilli
(Teatro Manzoni – Roma, 29 febbraio/24 marzo 2024)
Un classico della comicità che ricalca le scene italiane con buona assiduità. Un meccanismo di giallo a orologeria che funziona come un cluedo. Tutti gli assassini sono buoni perché altamente plausibili. Nel senso che ogni sera propone un finale diverso a scelta del pubblico con funzionalissimi moventi e indizi nonché salvifici alibi..
Un cast con tre punte comiche: Pisu centravanti di sfondamento nel ruolo del rilasciatissimo gay parrucchiere e proprietario del luogo che è scena del crimine; Giancarlo Ratti dall’affabulazione sorniona, centrocampista di contropiede; infine Nino Formicola regista e direttore dei lavori che si rivelerà l’ispettore a cui toccherà il compito grato di tirare i fili della vicenda con vivaci interpellanze al pubblico. Due ore e mezzo di solido divertimento tirate su a buon ritmo, condite di doppi sensi e qualche ragionevole turpiloquio. Il teatro di Prati ha investito su un evergreen a lunga durata tenendolo in cartellone per quasi un mese, attendendo la risposta a un’esperienza di vivace teatro partecipato. In effetti succede di tutto, gli spettatori si vedono offerta partecipazione e caffè. Il delitto è il pretesto per la perlustrazione di esaurienti tipizzazioni. Comicità che sfiora ma evita la volgarità in un florilegio di battute dal ritmo incalzante. Dalle parti della commedia dell’arte con gli attori che vistosamente si divertono e sforano dal copione. Come quando Pisu e Formicola incappano in un bacio sulla bocca e se ne ritraggono inorriditi ma divertiti. Bravi anche i comprimari che si appoggiano a efficaci caratterizzazioni, sorretti da dialoghi funzionali, riveduti e corretti in chiave nazionale, a tratti capitolina.
data di pubblicazione:11/03/2024
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da Paolo Talone | Mar 11, 2024
con Veronica Rivolta, regia di Sara Younes e Federico Malvaldi
(Teatro Spazio 18b – Roma, 7/17 marzo 2024)
Nei giorni in cui si ricorda con più attenzione la lotta ai diritti per le donne, è in scena al Teatro Spazio 18B, la sala teatrale nel quartiere di Garbatella gestita dalla Compagnia dei Masnadieri, il nuovo testo del giovane e promettente autore Federico Malvaldi. Camille Claudel, artista allieva e amante di Auguste Rodin, racconta la sua disperata verità nell’interpretazione di Veronica Rivolta, La donna di pietra.
La figura della scultrice francese Camille Claudel – di cui si celebrano quest’anno i 160 anni dalla nascita – è colta nel pieno delle sue persecuzioni e dei ricordi che la abitano. Chiama in causa direttamente il pubblico per confessare la propria verità e rendere giustizia di sé e della sua memoria. Resa dura come la pietra dalla sofferenza, è inasprita dall’isolamento. Ha conosciuto la povertà, sommersa dai debiti, e la difficile condizione di amante rifiutata e scacciata. Ha persino avuto un aborto. Come ricompensa ai sacrifici e alle umiliazioni subiti per la sua arte, ora è rinchiusa nel manicomio di Montdevergues in Vaucluse, per volere dei suoi familiari, dove rimarrà fino alla morte. Aspetta invano qualcuno che venga a prenderla per riportarla nell’amata casa di famiglia a Villeneuve, via da quell’inferno. Una consolazione effimera arriva da una compagna di reclusione, Marie. La compassione del suo sorriso senza denti è l’unica espressione di tenerezza che le è rivolta, quella che le hanno negato il fratello Paul, famoso poeta e cattolico fervente, e Rodin, l’inganno e insieme l’amore più grande della sua vita. La madre, una donna dal carattere severo e intransigente, non andrà mai a farle visita. Solo il ricordo del padre – unico a incoraggiarla negli studi artistici – e quello delle amiche della giovinezza scalderà un poco il gelo delle pareti del ricovero.
In teatro Camille Claudel è apparsa già come personaggio nei due atti di Camille (1995) scritti da Dacia Maraini e in tempi più recenti nei lavori di Anna Cuomo, Vera Gargoni e Chiara Pasetti. Adesso è un uomo a scriverne, Federico Malvaldi. Il suo testo La donna di pietra, prodotto da Remuda Teatro e diretto dallo stesso Malvaldi insieme a Sara Younes, è un’opera di poesia che fonda l’azione nell’uso sapiente della metafora. Le immagini minuziose di cui si serve comunicano la straziante umanità del personaggio. L’indagine restituisce i fatti con fedeltà. È una scrittura colta, documentata, capace di far dialogare il dato storico con un sentimento vivo, pulsante.
Camille è colta nel momento in cui è stata derubata di tutto: della libertà e di una materia da plasmare. Ma soprattutto del movimento. Veronica Rivolta, a cui è affidato il personaggio, recita seduta su uno sgabello. Demanda a pochi ma significativi movimenti compiuti con le mani e con lo sguardo la sua ribellione alla clausura e all’isolamento. Modella l’aria non come se fosse un gesto teatrale, evocativo, ma perché è il vuoto la sola cosa che la circonda. L’azione scenica è affidata completamente alla parola. Non c’è traccia di pazzia nella sua interpretazione, ma solo un’ostinata e sfrenata voglia di vivere.
Camille è una donna di pietra perché non ha ceduto ai dettami di una società maschilista. La sua denuncia diventa così universale e raccoglie il grido di tutte le donne soffocate come lei. Chi rimane in silenzio non fa altro che essere complice di questa violenza.
data di pubblicazione:11/03/2024
Il nostro voto:
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