PER IL MIO BENE di Mimmo Verdesca, 2024

PER IL MIO BENE di Mimmo Verdesca, 2024

Giovanna dirige un’importante azienda per la lavorazione del marmo. É una persona indipendente che da sola riesce a tenere a bada, oltre agli affari di famiglia, le ambizioni di una figlia adolescente. La vita di Giovanna verrà messa improvvisamente in seria discussione quando le viene diagnosticato un tumore al fegato. Unica possibilità di salvezza sarà effettuare un trapianto da un donatore adulto, all’interno del nucleo familiare. Rivolgendosi a sua madre otterrà un rifiuto, più che giustificato, che destabilizzerà la sua intera esistenza…

Dopo una serie di documentari di successo, Mimmo Verdesca dirige un film pensato, voluto e costruito all’interno di un universo tutto al femminile. La storia si concentra sulla vita di quattro donne, diverse per età, che per varie circostanze accidentali si trovano a fronteggiarsi su vari livelli. L’essenza che il regista ha voluto centrare è quella relativa alla figura materna e di come la stessa possa manifestarsi in varie sfumature. Giovanna (Barbora Bolulova), imprenditrice di successo, è una madre single con la responsabilità di crescere la figlia Alida (Sara Ciocca) che già impone la propria personalità. Poi abbiamo Lilia (Stefania Sandrelli) madre adottiva che, di fronte alla disperata richiesta di aiuto per un trapianto epatico, dovrà rivelare a Giovanna la verità. Infine abbiamo la madre biologica Anna (Marie-Christine Barrault) donna quanto mai tormentata che rifiuta di riconoscere la figlia. In Per il mio bene il regista fa di ogni personaggio uno studio introspettivo. Ognuna è impegnata di fatto a riscoprire una propria identità, nello specifico cancellarne una per ritrovarne un’altra. In questa spasmodica ricerca ci saranno inevitabili scontri basati sul rigetto e sul disperato bisogno di riconoscimento, anche se tardivo. Una sceneggiatura tutto sommato credibile, piena di sorprese, e supportata da un cast di prim’ordine. Unico ruolo maschile viene affidato a un bravissimo Leo Gullotta che interpreta un essere meschino, il cui interesse si estrinseca solo verso il denaro. Dopo una prima parte piuttosto lenta, il film va poi avanti seguendo un ritmo più sostenuto e coinvolgente. Una storia certo drammatica con un finale che lascia molto riflettere sul valore della vita e degli affetti, perduti, ritrovati e talvolta difficili da accettare. Il dramma di una donna che improvvisamente scopre di essere stata adottata e che farà di tutto per scoprire le sue vere origini.

data di pubblicazione:13/12/2024


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QUALCUNO SALVI IL NATALE di Clay Kaytis – Netflix 2024

QUALCUNO SALVI IL NATALE di Clay Kaytis – Netflix 2024

La famiglia Pierce ogni anno celebra il Natale con addobbi festosi e filmati ricordo, perché nulla vada perduto. La perdita improvvisa del padre tanto amato, però, porterà apatia e malumore, e una triste rassegnazione. Mamma lavora in ospedale con turni impietosi, il figlio maggiore frequenta cattive compagnie e non crede più nel Natale. Ma la piccola Kate, proprio la sera della vigilia…

Potrebbe essere un film di Natale come tanti, da guardare una sera in famiglia. Protagonista è Santa Claus con la sua slitta trainata da renne volanti e il suo inconfondibile costume rosso fuoco. Prima della sua apparizione, quasi ad annunciare il suo arrivo, una bambina davanti a una videocamera accesa riprende se stessa mentre affida a lui speranze e desideri.
È la storia nella storia, o meglio il sogno nel sogno. Ed ha inizio tra le pareti di quella casa che la morte prematura del papà ha reso desolata e spoglia. Pareti troppo anguste per i due giovani “eroi”, il fratello maggiore “Teddy bear” e la sorellina Kate (Judah Lewis e Darby Camp). Insufficienti a contenere tanto la voglia di evasione dell’uno quanto le fantasticherie dell’altra.
Babbo Natale è la via di fuga che si materializza all’improvviso, come un’uscita d’emergenza indicata da scie luminose. È la magia “in carne ed ossa” – con meno carne di quanto ci si aspetti, in realtà ( “I cartelloni pubblicitari mi ingrassano di quaranta chili almeno!”).

Uno strepitoso Kurt Russel dà vita ad un personaggio scanzonato, ironico e a tratti irresistibilmente vanesio. L’interpretazione del suo “Santa”, determinato a riparare la propria slitta per consegnare in tempo tutti i doni, attinge al repertorio dei ruoli più cari al cinema americano. Driver spericolato sulle strade di Chicago, stuntman sui tetti delle case, gangster per una notte e rockstar d’eccezione dietro le sbarre. Sempre e comunque ostinato nel voler difendere lo “spirito del Natale”, a tutti i costi. Diverte e commuove, questo “San Nick” che chiama per nome chiunque incontri, nel corso di questa sua breve avventura. Buoni o cattivi – che importa – ciascuno ha un nome, un’infanzia, un giocattolo preferito da ricordare, un sogno, realizzato o infranto. E lui li ricorda tutti.

E cosa c’è di più magico di questo? Qualcuno che ti conosca veramente. E che si ricordi di te, di com’eri… Un vero “miracolo” che in fondo ogni essere umano desidera, a tutte le latitudini e su tutte le strade del mondo. Non solo nella trentaquattresima.

data di pubblicazione:12/12/2024


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DIVAGAZIONI E DELIZIE di John Gay

DIVAGAZIONI E DELIZIE di John Gay

traduzione, regia e interpretazione di Daniele Pecci

(Teatro Il Parioli – Roma, 11 dicembre/22 dicembre 2024)

Un congruo e sapido antipasto natalizio attingendo all’humor, nel finale funerario, di Oscar Wilde, la cui brillantezza e ispirazione si spegne nel carcere di Reading, impossibilitato a tornare alla scrittura nell’esilio francese. Aforismi sulfurei e elegante rarefazione estetica in uno spettacolo di charme per palati finissimi.

I limiti spettacolari del reading vengono travalicati ed elisi se c’è in scena un interprete capace di tenere sulla corda il pubblico con una recitazione avvincente e con la forte stampella di testi all’altezza. Pecci si giova anche di un’interlocuzione non sempre retorica con il pubblico. Con cui dialoga e di cui si prende gioco. Affascinante gioco di seduzione teatrale per una prima ricca di colleghi che alla fine si liberano in un applauso sincero e persino condito da qualche gridolino. La scena è nuda. C’è un vecchio grammofono in azione, un fedele servitore (Alfonso) a disposizione per servirlo nella rituale e esagerata richiesta di inebriante arsenico. Il finale è tristanzuolo e senza colpi di scena. Si rinuncia alla frase ad effetto per uscire dalla storia ma non dal mito. Il teatro italiano oggi, anche per ovvi motivi di risparmio, è pieno di attori solisti. Alcuni falliscono, di fronte a un compito superiore alle proprie capacità, altri riescono. E Pecci tra questi per una evidente adesione allo spirito del personaggio. L’amore omosessuale è sdoganato con levità e naturalezza anche se allora destava scandalo in un processo boomerang visto che era stato attivato per primo da Wilde, ritenutosi diffamato. Wilde finisce in bancarotta e il suo sarcasmo alla fine attinge a note malinconiche. La fotografia sull’ultimo anno della sua vita (1899) è stringente e calamitosa, ricca di suggestioni.

data di pubblicazione:12/12/2024


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CINEMA DI PARIGI: La Cinémathèque Française

CINEMA DI PARIGI: La Cinémathèque Française

Parigi è sicuramente la città ideale per gli appassionati di Cinema di ogni genere e generazione. In città sono attive più di 400 sale. Un terzo sono cinema indipendenti con programmazione di qualità e sostegno statale. Il resto fa parte delle catene delle grandi produzioni e distribuzioni: Gaumont, UGC, Pathé, MK2… In quale altro posto si può quindi concludere questa breve escursione cinematografica parigina se non nella Cinémathèque Française? Un tempio del Cinema ed una meraviglia architettonica del geniale Frank Gehry. Il luogo ideale per godersi un film, una retrospettiva, per imparare qualcosa di più sulla storia del Cinema o semplicemente per ammirare l’architettura ultramoderna. Situata nel Parco di Bercy accoglie nel suo complesso diverse sale per le variegate proiezioni, un museo, esposizioni temporanee, una biblioteca ed una libreria, il tutto dedicato al Cinema. Un luogo di assoluta singolarità. Nel museo sono esposti i primi strumenti ottici dei Fratelli Lumière, i primi modelli di cineprese, costumi ed attrezzature che ne fanno un unicum del patrimonio cinematografico mondiale. Per gli amanti e i curiosi del Cinema d’epoca è anche possibile, su domanda, visionare film dei grandi Maestri del passato. Un’esperienza da non perdere!

data di pubblicazione:12/12/2024

CINEMA DI PARIGI: Le Cinéma du Pantheon

CINEMA DI PARIGI: Le Cinéma du Pantheon

Parigi rigurgita letteralmente di sale cinematografiche di tutti i tipi, di tutte le dimensioni e per tutti i gusti. Tra i più autentici e vecchi c’è Le Cinéma du Pantheon. Un luogo destinato agli appassionati ed innamorati del Cinema, che è sempre rimasto aperto al pubblico in tutte le circostanze storiche di Parigi. Inaugurato nel 1907, a pochi passi dal Pantheon, è stato tra i primi ad essere dedicato fin dagli Anni Trenta alle proiezioni di film in lingua originale. Rinnovato una prima volta all’inizio degli Anni ’70, nel 2000 ha installato i supporti tecnologici audiovisivi più moderni. Caratterizza questa “antica/moderna” sala la trasformazione della terza galleria in uno spazio aperto giorno e notte, destinato a bar, ristorante e terrazza riscaldata, fruibile anche d’inverno. La sala è stata tutta accuratamente restaurata da Catherine Deneuve, riproponendo gli ambienti originali di inizio 1900. Fa parte del cinema anche un ampio locale destinato a libreria, destinato esclusivamente al mondo del Cinema. Qui si possono trovare libri, riviste, biografie, poster e manifesti dipinti a mano dei mitici anni ’40 e ’50. Tutta la storia del Cinema in uno spazio assolutamente d’eccezione.

data di pubblicazione:10/12/2024 

AMORE COINTESTATO di e con Enoch Marrella e Giulia Salvarani

AMORE COINTESTATO di e con Enoch Marrella e Giulia Salvarani

visual Andrea Romoli, artwork Aleksandar Stamenov, sound design Gabriele Silvestri

(Teatro Biblioteca Quarticciolo – Roma, 5 dicembre 2024)

Inserito nella kermesse finale dei Premi Tuttoteatro.com, anche produzione insieme alla Regione Lazio – Spettacolo dal vivo e Armunia, è andato in scena al Teatro Biblioteca Quarticciolo l’ultimo lavoro di Enoch Marrella. Amore cointestato, che recita nel sottotitolo La corazza emotiva – primo movimento, è la storia di una coppia di opposta estrazione sociale, collocata in un futuro prossimo svuotato di emozioni e governato dalla tecnologia.  (foto di Valerio De Rose)

Nella metropoli futuristica e digitale immaginata da Enoch Marrella governa una netta divisione sociale. Chi vive in estrema periferia è meno agiato rispetto a chi in prima periferia. Su questo contrasto prende forma la macchina drammaturgica. Un uomo abborda per strada una donna che vive nella parte più povera della città. La ragazza si chiama Ariadna ed è, per fragilità e innocente purezza con cui lo affronta Giulia Salvarani, un personaggio quasi pasoliniano. L’unico a possedere un nome proprio e quindi un brandello di umana identità.

La realtà virtuale ha colonizzato anche le relazioni tra gli uomini e i loro pensieri. Serve addirittura il caffè e disturba, con suoni elettronici sintetizzati dal dj Gabriele Silvestri, con le languide note di un violino o di un pianoforte. Il personaggio maschile del racconto interagisce con un maestro virtuale, il puppet creato da Andrea Romoli con l’intelligenza artificiale, a cui chiede consiglio. L’abitudine al mezzo lo ha reso un uomo distaccato e lontano da quello che gli accade intorno. Per il suo personaggio Enoch Marrella sceglie una recitazione meccanica, priva di emozione, che imita il sentimento invece di provarlo. Osserva la vita dal terrazzo di casa, dove tuttavia svetta, retaggio di un passato in analogico, una grande antenna televisiva, istallazione dell’artista bulgaro Aleksandar Stamenov. L’opera è un complicato intreccio metallico di fessure e lesioni che sta a simboleggiare quanto intricate ma profondamente umane fossero una volta le relazioni tra le persone. La mancanza di trasporto si verificherà anche quando sposerà Ariadna. Il matrimonio è un freddo contratto stipulato davanti allo sportello della posta, dove si cointestano le utenze e la cui durata è garantita da un patto stabilito in precedenza.

Enoch Marrella sa usare bene i vari linguaggi della scena, dalle proiezioni alla musica, dall’arte plastica fino all’intelligenza artificiale. Immagini proiettate e suoni seguono la narrazione dando forma all’ambiente, per uno spettacolo che, con sconcerto, ci si accorge essere molto più attuale della distopia di cui racconta.

data di pubblicazione:10/12/2024


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IL GIARDINO DEI CILIEGI di Anton Cechov traduzione di Fausto Malcovati

IL GIARDINO DEI CILIEGI di Anton Cechov traduzione di Fausto Malcovati

regia Leonardo Lidi, con Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Alfonso De Vreese, Ilaria Falini, Sara Gedeone, Christian La Rosa Angela Malfitano, Francesca Mazza, Orietta Notari, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna, scene e luci Nicolas Bovey, costumi Aurora Damanti, suono Franco Visioli. Produzione: Teatro Stabile dell’Umbria, Teatro Stabile di Torino, Teatro Nazionale, Festival dei due Mondi di Spoleto

(Teatro Vascello – Roma, 3/8 dicembre 2024)

Cechov in salsa pop per la conclusione seminale di un ininterrotto viaggio all’interno di uno dei padre del teatro contemporaneo. Nessun problema di gestione per un numero esuberante di attori. Che recitano sì ma cantano anche, ballano e performano in assolo o in sinergia con gli altri Si chiama libera interpretazione del testo anche se nei momenti più lirici il grande russo si riaffaccia perentoriamente.

Conta la disarmonia nei diversi atteggiamenti rispetto all’ipotesi di liquidazione di un giardino dei ciliegi che sta nel cuore ad alcuni protagonisti ma non a tutti. Le diverse sensibilità si confrontano in un testo che spesso si lancia in assoli metafisici con la metafora della partenza e della chiusura dei conti come addio alla vita. Ma la distopia piace ed è teatralmente efficace in uno spettacolo tutt’altro che piacione e che conclude un percorso coerente di immersione quasi psicanalitica della compagnia nei meandri interstiziali di Cechov. C’è chi lavora, chi è eterno studente, chi fa affari, chi spende la propria sensualità. La scenografia è eclettica ma il quadro che riassume il maggiore splendore è quando si abbassa una piattaforma e tutti gli attori si predispongono in costume da bagno a prendere il sole, immaginando di essere vicina a uno specchio d’acqua. E’ un teatro che rischia e si mette in gioco e alla fine, vista la risposta del pubblico, sembra decisamente vincere la sua personalissima scommessa. La positività è nelle donne, le delusioni vengono dagli uomini. Una risposta attualissima.

data di pubblicazione:8/12/2024


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MANDRAGOLA di Niccolò Machiavelli

MANDRAGOLA di Niccolò Machiavelli

adattamento e regia di Nicasio Anzelmo, con Domenico Pantano, Anna Lisa Amodio, Antonio Bandiera, Chiara Barbagallo, Laura Garofoli, Nicolò Giacalone, Matteo Munari, scene Giovanni Nardi, costumi Susanna Proietti, musiche originali Giovanni Zappalorto. Produzione CTM Centro Teatro Meridionale

(Teatro Arcobaleno – Roma, 29 novembre/15 dicembre 2024)

Echi di Controriforma ma anche di beffe boccaccesche nella speculazione drammaturgica di un Machiavelli che spesso ritroviamo in altri vesti. Feroce critica al mercato della Chiesa. Indulgenze si ma anche favori sessuali venduti e procacciati per miseri denari. Specchio di una società allo sbando.

Sotto un testo impegnativo un sottotesto ridanciano e a tratti spregiudicato. La figura del cornuto contento e un servo più furbo di tutti che riemerge dalla tragedia greca, In effetti Ligurio, di plautina memoria, riesce a tessere la trama in funzione di Callimaco. Sarà facile ingannare il marito tradito quando la coalizione dei tentatori è ottima e abbondante, forte di un prete e della madre della disinvolta sposa, desiderosa dell’approccio sessuale. Teatro sviluppato per allusioni e anche di manifeste verità. La struttura della trama è morbida e avvolgente. Come suadente la conclusione. Che sarà happy end per chi trama. Segno che il peccato e il male possono indubitabilmente trionfare. Verrebbe da dire se il diavolo (e le circostanze) ci mettono la coda e la loro parte. Un bell’impegno per gli attori perché la scansione del plot richiede ritmo e perderlo in un attimo equivarrebbe ad affossare quanto costruito con paziente tela dall’autore e dal riduttore. Quando suona l’allarme in teatro si fa presto a capire che non fa parte dello spettacolo. E bravi sono gli attori, dopo un breve attimo di perplessità, a riprendere il filo della commedia. Galeotta fu la Mandragola? Più che altro gli usi e i disinvolti costumi del tempo messi alla berlina da quello che oggi sarebbe definito un politologo ma che era anche un intransigente moralista.

data di pubblicazione:8/12/2024


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CINEMA DI PARIGI: Il Grande Rex, 2024

CINEMA DI PARIGI: Il Grande Rex, 2024

Che siate cinefili inveterati o saltuari spettatori cinematografici, una volta a Parigi non potrete non regalarvi un’esperienza unica. La visita al Rex, in boulevard Poissonnière. Il “Grande Rex”, il Re dei Cinema, la più grande sala d’Europa. Basta dare uno sguardo al suo interno e capirete perché qui viene chiamato Le Grand Rex. Un edificio con sette sale e una Sala Grande capace di accogliere ben 2700 spettatori su tre livelli. Un palazzo Art Deco all’esterno con tratti orientaleggianti, un soffitto che è una volta stellata all’interno. Una decorazione barocca, ridondante ed una dimensione impressionante. Una realtà unica creata nel 1932 e così rimasta, intatta nei decenni. Il Rex era ed è sempre un’icona ed un unicum sia in Europa sia nella realtà parigina. Un ambiente sui generis, atipico, con atmosfere eclettiche ed esotiche, giustamente classificato Monumento Storico. Un cinema ed un monumento vivo e pulsante. Luogo tutt’oggi privilegiato per le grandi anteprime, per i blockbuster e per eventi teatrali e concerti. Vedere un film sul grande schermo della Sala Grande è un’esperienza unica, inimmaginabile e non altrimenti realizzabile che qui!

data di pubblicazione:8/12/2024

LAPPONIA di Marc Angelet e Cristina Clemente

LAPPONIA di Marc Angelet e Cristina Clemente

con Sergio Muniz, Miriam Mesturino, Cristina Chinaglia e Sebastiano Gavasso, versione italiana di Pino Tierno, regia di Fernando Ceriani. Produzione Centro Teatrale Artigiano e Torino Spettacoli

(Teatro Manzoni – Roma, 28 novembre/15 dicembre 2024)

Spettacolo collocato a Natale con ovvio riferimento alla saga di Sant Klaus. Ma il djbbio “esiste, non esiste” viene scavallato negli accadimenti di un quartetto di protagonisti. Match Italia-Finlandia con divagazioni lapponi che. E nel derby in famiglia vince l’Italia, il Paese della bugia contro il cliché della serietà nordica.

Il clima di festa è presto rovinato da due diversi concetti educativi. Contrapposizione frontale. I bambini (che non si vedono mai) devono essere educati con il culto della verità o della mistificazione? La contrapposizione di coppia sembra manichea ma poi i toni si sfumano e nessuno ha ragione o completamente torto. Così sberleffi e tensioni si accavallano in una scena vivace, a tratti dirompente. Ci rimarrà fino in fondo un dubbio irrisolto. Il finlandese sfoggiato dall’attore più giovane sarà autentico sarà perfettamente imitato? Non ci sono dubbi invece sull’italiano spagnoleggiante di Ruiz. Quartetto d’attori in empatica sinergia con la Mesturino che svela il mestiere di lungo corso.  Scenografia funzionale e pseudo natalizia che quasi ci fa sentire il profumo della neve, l’odore della legna e quasi ci fa scorgere, per assimilazione, l’aurora boreale con cui si chiudono cento minuti di funzionalissimo spettacolo. In fin dei conti il Natale è la cartina di tornasole per un’ispezione sui sentimenti e sul concetto di verità e la scena non banale di Lapponia ben rappresenta questo possibile deflagrante motivo di crisi. L’happy end è dietro l’angolo e si scioglie nell’abbraccio collettivo del quartetto, alla vigilia di un corale professionale trasferimento in Italia.

data di pubblicazione:6/12/2024


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