da Alessandro Pesce | Set 12, 2000
E’ un Altman di buona annata questo film che parla di un ginecologo attorniato da una serie di donne impossibili della Dallas-bene, uno sguardo allo stesso tempo sarcastico ma affettuoso sull’umanità. Intelligente, acuto, zeppo di segnali. Il finale , poi, (che non vi svelo) è uno dei più sorprendenti e felici degli ultimi anni.
Richard Gere è nel ruolo, ma penalizzato nell’edizione italiana dal solito doppiaggio impostato di Mario Cordova. Tra le numerose attrici, festeggio un ritorno alla grande di Farrah Fawcett, bravissima nella caratterizzazione della moglie in stato di regressione mentale per…mancanza di problemi.
da Alessandro Pesce | Set 12, 2000
Vi ricordate il “dentone” Alberto Sordi che si presentava a un provino tv in un episodio de I complessi? Lui non aveva complessi, invece il dentone Rubini ne è afflitto tanto da credere di possedere una bocca speciale, forse maledetta, col risultato che come persona, non riesce a maturare e ciò provoca, tra gli altri problemi, una incredibile morbosa gelosia.
Proprio a causa di questa, la sua ragazza gli rompe i famosi denti e allora comincia il calvario da uno studio dentistico all’altro, tra allucinazioni e dolorosi ricordi, contrappuntato da riflessioni esistenziali sul dolore, la felicità e il rapporto tra corpo e anima. Grazie alla capacità majeutica del più odiato tra i dentisti, che gli fa venir fuori una miracolosa terza dentizione, egli rinasce a nuova vita, probabilmente più sereno e maturo. Bisogna riconoscere che Salvatores è uno dei pochissimi registi italiani che cerca e sperimenta nuove strade, stavolta con risultati buoni.
Aldilà delle scene crude e della magnifica colonna sonora, il racconto del percorso doloroso del protagonista può provocare nello spettatore (specialmente quello della generazione di Salvatores- e del sottoscritto) emozioni profonde, anche laceranti. Qualcuno ha citato Cronemberg: forse, ma ripassato in salsa mediterranea. Fra i difetti, alcuni personaggi inutili come lo zio che colleziona il pelo delle sue conquiste, e la prova insoddisfacente di un Sergio Rubini troppo esteriore, ma in compenso è girato con una cura e una perizia encomiabili.
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da Alessandro Pesce | Set 12, 2000
(Palma d’oro al 53^ Festival di Cannes)
In questo film del 2000 del Lars von Trier torna a rivisitare il “melò”, come già nell’estenuante Le onde del destino. Ma il suo approccio al genere è diverso da quello di un Fassbinder, che lo amava e chiedeva consigli al re Douglas Sirk, e anche da quello di Almodovar, che si limita a stra-citarlo nei suoi “pastiches”. L’operazione di Von Trier è piuttosto di de-strutturazione del genere, tenendo tutti gli elementi ma scomposti, come se da una tavola accuratamente apparecchiata togliessimo di colpo il manto e rimanessero tutte le vettovaglie rovesciate.
In questo panorama, il musical non è elemento straniante, ma anzi definisce i momenti drammatici, come nell’Opera italiana di un Verdi o un Donizetti. E così le scene musicali sono le uniche senza macchina a mano, molto movimentate e montate. Tutto questo non ha valenza negativa, nel mio giudizio si tratta infatti di un’opera eccezionale, sin dal suo potente avvio, con lo schermo scuro per 4 minuti, a preannunciare la cecità della protagonista (la brava Bjorg) e forse, del Cinema. La vicenda tragica, poi, ha momenti davvero toccanti (mai furbi) anche se qualcuno è stato infastidito da un presunto cattolicesimo integralista dell’autore che presenta questa Santa Selma martire.
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