RASSEGNA BIMBI BELLI – SE DIO VUOLE di Edoardo Falcone

RASSEGNA BIMBI BELLI – SE DIO VUOLE di Edoardo Falcone

(Roma, Arena Nuovo Sacher – 6/23 luglio 2015)

Volevo evitare l’eccesso di caratterizzazione. Abbiamo lavorato per sottrazione.” Questo il racconto diEdoardo Falcone sulla lavorazione di Se Dio vuole, sua commedia d’esordio alla regia, che però si è avvalsa delle interpretazioni di nomi quali Marco Giallini, Alessandro Gassman e Laura Morante. E certamente un po’ di sottrazione avrebbe giovato alla musica, assordante nel suo voler dimostrare, fin dalla prima inquadratura, l’intento comico di un film comunque divertente e ben ritmato. Giusta l’idea di invertire i ruoli tra Gassman e Giallini, facendo rivestire al secondo i panni del cardiochirurgo borghese un po’ carogna, mentre Gassman è il prete popolare, come dichiaratamente lo è il film negli intenti e sul macrotema (parole del regista), la spiritualità, la vocazione, ma anche l’Ego. Falcone dichiara la commedia all’italiana quale suo punto di riferimento e spiega di aver voluto raccontare anche gli stereotipi laici sulla Chiesa cattolica. Il film diverte, grazie alle riuscite interpretazioni di tutto il cast, anche se qualche stereotipo, nonostante le dichiarazioni d’intenti, sembra inevitabile, anche nella delineazione dei personaggi. Il pubblico, divertito, ringrazia il regista per l’ilarità rinfrescante della serata, penultima della rassegna Bimbi belli.  Stasera l’ultima proiezione con la proclamazione dei vincitori decisi da una giuria di 40 persone, come annunciato da Moretti. A domani con l’ultimo articolo!

data di pubblicazione 23/07/2015

RASSEGNA BIMBI BELLI – PERFIDIA di Bonifacio Angius

RASSEGNA BIMBI BELLI – PERFIDIA di Bonifacio Angius

(Roma, Arena Nuovo Sacher – 6/23 luglio 2015)

L’inverno esiste anche in Sardegna”. Bonifacio Angius rende ragione in tal  modo della sua scelta di raccontare una vicenda ambientata a Sassari con una luce che sa più di Nord-Europa, come viene fatto notare da diversi spettatori che evocano i nomi di Kaurismaki, e addirittura Bergman, nel dibattito post-film. Angius cita, sollecitato da Moretti, i film che rappresentano suoi punti di riferimento in generale, Le notti di Cabiria di Fellini, Una moglie di Cassavetes, Toro scatenato ma soprattutto, per la fugura del protagonista di Perfidia, Taxi Driver di Scorsese. Il luogo, Sassari, non è volutamente riconoscibile, perché il regista sceglie di far aggirare Angelino, il protagonista, in un luogo anonimo, privo di bellezza. Un luogo, un ambiente, un mondo che non ti guarda in faccia, ed è questa la perfidia del titolo del film, oltre al brano cantato da Nat King Cole che Angius ascoltava ossessivamente durante la stesura della sceneggiatura e le riprese. Un tempo sospeso, grazie alla già citata scelta della fotografia di Pau Castejòn Ubèda e alla scrittura. Un luogo sospeso, a sua volta, nel tempo, in cui la radio è accesa su una stazione che rimanda preghiere perché quel parlare aiuta a non pensare, un luogo in cui non si vedono telefonini e i televisori sono ancora col tubo catodico, un ambiente in cui i sogni sono piccoli, inquadrati attraverso le porte di un appartamento, ma anche quelli sembrano irrealizzabili. Una tragedia smussata dall’ironia, come fa notare lo stesso Moretti, e soprattutto un film che lascia margine interpretativo al pubblico, il quale infatti chiede, argomenta, interpreta,  trovando dall’altra parte alcuni non so di un regista che non vuole o non può dare risposte univoche. Perfidia era l’unico film italiano in concorso alla 67esima edizione del Festival di Locarno. Una menzione speciale del pubblico di Bimbi Belli va certamente assegnata alla splendida interpretazione di Mario Olivieri, nel film il padre di Angelino, “preside per hobby nella vita, ma anche attore di teatro” e qui alla sua prima interpretazione cinematografica.

data di pubblicazione 22/07/2015

RASSEGNA BIMBI BELLI  – BANANA di Andrea Jublin

RASSEGNA BIMBI BELLI – BANANA di Andrea Jublin

 (Roma, Arena Nuovo Sacher – 6/23 luglio 2015)

Io ci provo ad essere felice. Però non si può essere felici di tutto. Basta esserlo di qualcosa. Quel qualcosa illumina il resto. E siamo salvi.” Questa la filosofia di Giovanni, un adolescente che a scuola tutti chiamano  Banana (che è anche il titolo del film) e che invece vorrebbe essere chiamato Il Brasiliano. Un Don Chisciotte under 18 che scorrazza in  periferia su un Ronzinante/bicicletta, inseguendo l’amore per la compagna di classe Dulcinea/Jessica. “Non è troppo bella per te? / Non sono mica deforme! – Non è troppo grande per te?/ È solo stata bocciata un po’.” Questo lo scambio di battute che Banana ha con Emma (la brava Camilla Filippi), sua sorella, archeologa disoccupata, una delle persone speciali della sua vita. Banana è paffuto, simpatico, divertente, romantico, sognatore, una schiappa a calcetto. Banana promette a Jessica: “Non è vero che tutti fanno schifo”, e per mantenere la sua promessa è disposto ad andare fino in fondo… ad un armadio. Banana è uno che ci crede, fino alla fine. “Ed è sempre bello sapere che qualcuno ci crede!”, gli dice Emma. A fare da contraltare alla vitalità e alla purezza di Banana il mondo disilluso e mortifero dei grandi, con i volti e le riuscite interpretazioni di Anna Bonaiuto, Giorgio Colangeli, Gianfelice Imparato e Giselda Vodoli, e un paese che sventola una bandiera sfilacciata, con una scuola che perde lettere, pezzi e scommesse. “Non andare. Tu avevi pensieri belli” dice Banana alla sorella. Ma nonostante le sconfitte e la tristezza della realtà, il film non perde grazia e speranza, regalando al pubblico, divertito, un pallone non bucato, delle rose e un italianissimo e interessante viaggio alla ricerca della felicità.

data di pubblicazione 21/07/2015

BEN HARPER & The Innocent Criminals Tour 2015 – Roma, 20 luglio 2015

BEN HARPER & The Innocent Criminals Tour 2015 – Roma, 20 luglio 2015

Tra le “casse armoniche” di Renzo Piano spiegate come vele nel cielo che lentamente imbrunisce senza un alito di vento si diffondono le note dell’inconfondibile sound di Ben Harper & The Innocent Criminals. Su un palco minimale l’artista internazionale, tra i più grandi chitarristi viventi degli ultimi anni, si presenta al pubblico come un vecchio amico tornato a trovarci ed è subito palpabile la confidenza e l’atmosfera intima quando si intrattiene per raccontarci subito la sua emozione durante la visita mattutina alla Cappella Sistina. Ultimati i saluti, il “nostro” amico sistema sgabellino  e microfono, adagiati su due tappeti dal sapore persiano e vintage, e inizia una lunga “chiacchierata” con quelli che ormai non sono solo classici del suo repertorio, ma della musica mondiale. Da Welcome to the Cruel World, passando per Glory & Consequence, Steal My Kisses, Fight for Your Mind, Diamonds on the inside, fino ai ritmi di With My Own Two Hands che manda tutti gli spettatori in visibilio. Difficile davvero rimanere composti nelle proprie sedute e allora ecco che tutto il pubblico si lancia come in un grande abbraccio verso Ben e gli Innocent Criminals sotto il palco e lungo le gradinate della Cavea ballando e cantando. Non mancano poi le forti emozioni durante l’interpretazione a cappella Amen Omen e la versione acustica di Walk away. Insomma, per quasi due ore il frinio delle cicale del parco confinante di Villa Glori è stato soltanto il tenue sottofondo dei virtuosismi vocali e musicali di Ben e delle simpatiche “canaglie” della sua band che per bravura, espressività e passione rievocano i volti storici dei musicisti di New Orleans e dell’Alabama.

Appagati nel cuore e nello spirito, e nuovamente sopraffatti dalle instancabili cicale romane, dobbiamo solo attendere che l’amico Ben torni presto a trovarci nel “salotto” sotto le stelle della città eterna per presentarci il nuovo album in fase di stesura!

data di pubblicazione 21/07/2015

RASSEGNA BIMBI BELLI – LAST SUMMER di Leonardo Guerra Seràgnoli

RASSEGNA BIMBI BELLI – LAST SUMMER di Leonardo Guerra Seràgnoli

(Roma, Arena Nuovo Sacher – 6/23 luglio 2015)

Last summer è il titolo del film, anch’esso pensato e scritto in inglese, di Leonardo Guerra Seràgnoli, protagonista dell’ottava serata di Bimbi belli. Presentato nella sezione Prospettive italiane dell’edizione 2014 del Festival di Roma, il film racconta la storia dell’addio di una madre che ha perso la custodia del figlio e a cui vengono concessi quattro giorni per il commiato. Ma non si tratta di un caso di povertà, di emarginazione, di un contesto normalmente definito “socialmente a rischio”. Il mondo, il luogo e anche l’ambientazione di tutto il film è quello di una bellissima e lussuosissima imbarcazione, progettata dal noto architetto francese  Odile Decq (“Suo il progetto del Macro a Roma”, precisa Nanni, nell’apprezzabile tentativo di non dare mai per scontato che tutti debbano necessariamente conoscere i personaggi che vengono citati). La barca è un mondo claustrofobico, il viaggio raccontato è alienante e l’imbarcazione assume, sia praticamente che metaforicamente, il ruolo di prigione di lusso. Una prigione in cui, oltre al rapporto tra madre e figlio che si costruisce nel tempo, fino all’addio, c’è un discorso sul potere: quello dei proprietari della barca, un nonno e un padre che non compaiono mai, se non nell’evocazione di qualche telefonata o commento, e quello dei membri dell’equipaggio, portatori “sani” di un potere riportato, padroni ad interim, in assenza dei veri proprietari, del lussuoso quanto angusto e freddo mondo della barca. “Un film di sentimento ma non sentimentale”, tiene a precisare il regista, che esplicita la scelta di pudore nelle scene potenzialmente toccanti, nel tentativo riuscito di non indugiarvi troppo ma di rompere la linea dell’emozione solo alla fine.  Una scelta rafforzata da uno studio accurato dei suoni e dall’assenza, se non in due occasioni, di musica, rinuncia contrastata inizialmente da Rai Cinema (uno dei produttori) con conseguente battuta di Moretti: “Quindi, su tutta la produzione, l’unica cosa che ti ha detto la Rai è: metti la musica?”. Modello di riferimento del regista Il silenzio di Bergam, come affermato in risposta ad una delle tante e interessanti domande del pubblico, nella serata di uno dei più bei dibattiti a cui abbiamo assistito finora. E ancora l’approccio volontario di teatralità, l’uso della lingua giapponese che diventa punto di svolta nel rapporto madre/figlio, quasi a dirci che la madre deve prima ritrovare le proprie radici per potersi dire veramente madre. Un film tanto asciutto nel racconto, quanto ricco di collaborazioni prestigiose, tra cui spiccano Milena Canonero, in veste non solo di costumista ma anche di produttrice, e la collaborazione in sceneggiatura della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto. Un film che lascia, come suggestione finale suggerita da una spettatrice, una ricetta per sopravvivere al potere e al suo esercizio: ribellione e autonomia di linguaggio. Sullo sfondo il mare di Otranto e della felice gestione della Puglia Film commission.

data di pubblicazione 20/07/2015

RASSEGNA BIMBI BELLI – LA TERRA DEI SANTI di Fernando Muraca

RASSEGNA BIMBI BELLI – LA TERRA DEI SANTI di Fernando Muraca

(Roma, Arena Nuovo Sacher – 6/23 luglio 2015)

All’ombra di un pipistrello che disegna su un cielo torrido ma stellato la sua imprevedibile traiettoria di volo, scende nell’Arena del Nuovo Sacher La terra dei santi, “bimbo bello” di Fernando Muraca.

Dopo il successo di Anime Nere, torna sugli schermi la ‘ndrangheta. Un fenomeno criminale complesso e ancora in larga parte sconosciuto: il numero pressoché irrisorio di pentiti, dovuto non solo, come spiega il regista, al vincolo particolarmente stretto creato dal rito di affiliazione, ma soprattutto alla struttura familiare (in senso stretto) delle ‘ndrine, ha tenuto per molto lontana la mafia calabrese tanto dalle inchieste giudiziarie quanto dal cinema italiano.

La penna di Fernando Muraca e di Monica Zepelli (presente nell’Arena, di cui raccoglie il caloroso applauso quando Muraca ricorda il lavoro della stessa per I cento passi di Marco Tullio Giordana) tratteggia la ‘ndrangheta privilegiando una visione al femminile. “Le donne non sono una fauna speciale e non capisco per quale ragione esse debbano costituire, specialmente sui giornali, un argomento a parte: come lo sport, la politica e il bollettino meteorologico”: le parole di Oriana Fallaci sintetizzano icasticamente i rischi ai quali si espone un’opzione narrativa di questo tipo, specie se cede alla tentazione di lasciarsi fagocitare dal comodo ricettacolo dello stereotipo cinematografico. Rischio ravvisabile, per quanto solo in minima parte, anche nella pellicola di Muraca.

La storia racconta le “vite parallele” del magistrato antimafia Vittoria (Valeria Solarino) e della donna di mafia Assunta (Daniela Marra, presente in Arena). Quest’ultima si sente costretta tra le sbarre della prigione dorata che la obbliga a sposare il fratello del marito ucciso e a partorire figli che andranno a rinforzare l’esercito della ‘ndrangheta. La linea dura di Vittoria, che, rievocando reali fatti di cronaca giudiziaria, arriva a chiedere la revoca della potestà genitoriale per donne che non possono definirsi “madri”, la costringeranno a fare i conti con scelte per troppo tempo rimandate. Il triangolo femminile è chiuso da Caterina (Lorenza Indovina), la donna del boss, disposta a gestire con il compagno latitante la regia dell’organizzazione. Modelli femminili diversi che si incontrano e si scontrano: da una parte la scelta della solitudine nella vita privata di Vittoria, che, senza marito e senza figli, in terra di Calabria è considerata al più una “mezza donna”; dall’altra il voto alla “famiglia” e alla “maternità” di Assunta e Caterina.

All’interno del triangolo si colloca felicemente l’agente di polizia interpretato da Ninni Bruschetta (presente in Arena), angelo custode tanto per Valeria Solarino quanto per Fernando Muraca, visto il prezioso supporto che il regista riferisce di aver ricevuto dall’attore nel corso delle riprese.

Muraca racconta di aver pensato subito a Lorenza Indovina per il personaggio di Caterina, viste le indubbie doti attoriali della stessa che hanno consentito al regista di lavorare su cambi di recitazione e di espressione tanto repentini quanto efficaci. La scelta di Daniela Marra ha invece richiesto oltre cento provini, per giungere infine a un’attrice giovane, non ancora famosa, dalla recitazione istintiva. Operazione riuscita. Non è un caso che nel dibattito successivo alla proiezione si parli pressoché esclusivamente di loro, mentre resta sullo sfondo il personaggio di Valeria Solarino, il più debole quanto a caratterizzazione e nel quale sembra ravvisarsi la tentazione allo stereotipo cui si faceva riferimento. Il regista conosce bene l’universo di sguardi e di omertà del quale si nutre la ‘ndrangheta e che ha sperimentato sulla sua stessa pelle quando la mafia ha distrutto l’azienda del padre. Tutto questo traspare chiaramente. Forse gli sceneggiatori conoscevano un po’ meno il mondo della magistratura e dell’antimafia, al quale si può “rendere giustizia” senza la necessità di dare corpo a eroine moraleggianti, guidate dalla sola missione di sconfiggere il Male. Nulla di particolarmente grave, se si considera che questo è un difetto di scrittura di molti dei film italiani che decidano di raccontare non solo l’assenza dello Stato (come avviene per esempio in Anime Nere), ma anche la sua difficoltosa presenza. Quello Stato che non è neppure in grado di fornire ai suoi funzionari delle penne cariche di inchiostro, come osserva Assunta in una delle battute meglio riuscite del film.

 data di pubblicazione 17/07/2015

RASSEGNA BIMBI BELLI  – SARÁ UN PAESE di Nicola Campiotti

RASSEGNA BIMBI BELLI – SARÁ UN PAESE di Nicola Campiotti

(Roma, Arena Nuovo Sacher – 6/23 luglio 2015)

Non ero entusiasta, ero determinato. Anche troppo. Un carro armato”. Questa la bella e sincera risposta di Nanni Moretti alla solita signora inopportuna che ad ogni dibattito cerca di spostare l’attenzione su di lui, che invece è lì per intervistare il regista esordiente di turno. Seduto al suo fianco c’era Nicola Campiotti, e proprio prendendo spunto dall’entusiasmo con cui rendeva conto del suo film Sarà un paese, nasceva la fatidica domanda.  Un titolo senza punto interrogativo e senza punto esclamativo, quasi a lasciare aperta ogni possibilità, specialmente quella della speranza e non una pura constatazione di ciò che non funziona. Ma soprattutto una speranza che passa per la scelta degli occhi attraverso cui guardare il nostro paese, quelli del bambino protagonista, Elia. Una recita, scritta dallo stesso regista, sul mito di Europa e sul viaggio che suo fratello Cadmo farà alla ricerca di lei, regalandoci, come frutto di questo viaggio, l’alfabeto.  Prendendo spunto da questa recita e dal dono dell’alfabeto, Elia e Nicola, suo fratello nella finzione cinematografica, impersonato dal regista stesso, iniziano un viaggio anche loro, alla scoperta di alcune lettere: M, Matilde, per la vicenda di un bambino ucciso da ciò che ha respirato, raccontata dalla sorellina, L, lavoro, quello che non c’è e costringe a partire, appena conseguita la laurea, per un paese straniero. E poi l’amore per la terra, il paesaggio e l’ambiente, l’apertura alla conoscenza e all’incontro di culture e credenze diverse, gli articoli della Costituzione della Repubblica confrontati da Elia al racconto della realtà che è andato raccogliendo nel viaggio alfabetico, il Buon Governo e un discorso sulla decrescita fatto al bambino dal celebre economista e filosofo francese Serge Latouche, mostrando e prendendo a titolo di esempio delle simpatiche lumache. Intenti e temi encomiabili che però scontano, per la maggior parte del film, una realizzazione che a nostro parere è eccessivamente didascalica e retorica, pur con momenti particolarmente interessanti, quali il confronto tra prima e seconda generazione di immigrati, realizzato attraverso il colloquio tra madre e figlio di una famiglia egiziana a Roma; con sorprendente diversità di vedute sul sentirsi italiani. Un episodio sicuramente significativo per un film dal titolo Sarà un paese.  Per dovere di cronaca, riportiamo anche il momento di brivido che ha preceduto la proiezione: un forte tonfo ha costretto il pubblico dell’arena col naso in su. Un piccolo angolo di cornicione, forse provato dal caldo asfissiante di questi giorni, ha deciso di venire giù a sorpresa. Che volesse partecipare al dibattito e dire qualcosa, o essere esemplificativo, nel suo crollare a terra, sullo stato di questo Paese?

data di pubblicazione 16/07/2015

RASSEGNA BIMBI BELLI – CLORO di Lamberto Sanfelice

RASSEGNA BIMBI BELLI – CLORO di Lamberto Sanfelice

(Roma, Arena Nuovo Sacher – 6/23 luglio 2015)

La fatica necessaria per creare la bellezza. Questo è ciò che volevo raccontare scegliendo il nuoto sincronizzato”. Lamberto Sanfelice, regista di Cloro, risponde così alla domanda che lo interpella sui motivi della scelta di questo sport quale sogno e attività della protagonista del film.  Il regista ha le idee chiare, risponde alle domande con cognizione di causa, sviscerando ogni scelta linguistica e stilistica del film. Un film duro, asciutto come la storia che racconta, la vicenda di Jennifer, un’adolescente catapultata nel mondo delle responsabilità degli adulti, improvvisamente privata dell’acqua del suo nuoto sincronizzato ad Ostia ed immersa nel gelo, ambientale ed umano, di una piccola e semideserta località sciistica delle montagne abruzzesi. Le immagini, sin dall’inizio, riportano alla mente atmosfere e temi di Un gelido inverno (2010, Debra Granik), di cui era protagonista la bravissima Jennifer Lawrence, ed è bello trovare conferma di ciò dal regista, al punto che il nome del personaggio di Cloro, Jennifer, è stato scelto proprio per rendere omaggio alla Lawrence e a quella sua bella interpretazione. Il perno su cui ruota Cloro è proprio l’interpretazione dell’attrice principale, Sara Serraiocco (già vista in Salvo di Grassadonia e Piazza). “A me interessano i film/il cinema come ricerca di personaggi, di umanità, piuttosto che i film che raccontano storie importanti (…) volevo fare un film senza musica, un film che trasmettesse le emozioni attraverso la recitazione e meno attraverso i trucchi e gli strumenti che i registi possono mettere in scena.” Moretti cita i Dardenne come punto di riferimento per un utilizzo della camera così ravvicinato a corpi e volti, tanto  che addirittura non entrano nell’inquadratura, o magari sono ripresi di spalle. Sanfelice aggiunge una nota sull’utilizzo del fuoco lungo per raccontare lo sradicamento, e un uso della soggettiva molto particolare, tramite i filtri di occhiali da sci, di una palla trasparente o delle vetrate, quando a guardare sono gli occhi di Gabriele, il fratellino a cui Jennifer è costretta a fare da madre, vivendo con lui in una baita di montagna. Ed è proprio un’inquadratura della montagna, di quel luogo che ormai rappresenta il cuore e la famiglia, a chiudere il film, lasciando il finale sulla scelta di vita aperto, come il mare che Jennifer stava guardando poco prima.

data di pubblicazione 17/07/2015

RASSEGNA BIMBI BELLI – SHORT SKIN di Duccio Chiarini

RASSEGNA BIMBI BELLI – SHORT SKIN di Duccio Chiarini

(Roma, Arena Nuovo Sacher – 6/23 luglio 2015)

Una ventata d’aria e d’acqua fresca (visto l’ambientazione marina della storia) è arrivata al pubblico della quarta serata di Bimbi Belli attraversola visione di Short Skin, lungometraggio d’esordio del fiorentino Duccio Chiarini. La sessualità al centro dell’attenzione ma solo per sviluppare un tema più ampio, quella della ricerca e della scoperta, in realtà, dell’affettività, come affermato dallo stesso regista durante il dibattito post film condotto, come sempre, da Moretti. Suscitando fresche e sonore risate tra il pubblico, le immagini sullo schermo restituiscono, con ironia e delicatezza ma senza infingimenti, la vicenda di Edo, un adolescente afflitto da un problema in più, rispetto alla marea di problemi/situazioni che i suoi coetanei si trovano a dover fronteggiare: una malformazione al prepuzio. Il già difficile percorso di scoperta della sessualità di un adolescente viene quindi appesantito da un problema fisico, che impedisce al ragazzo di vivere appieno le proprie esperienze, che siano quelle della masturbazione solitaria ai primi rapporti sessuali.  Edo, che appartiene alla categoria dei ragazzi sensibili, “Quelli che piacciono alle ragazze”, come gli dice il suo migliore amico Arturo (un ragazzaccio spassosissimo, dal cuore tenero, in fondo), è timido, impacciato, innamorato da sempre di un’amica d’infanzia, Bianca, che appare e scompare nella sua vita e nella città in cui  lui vive, Pisa, e dove lei trascorre le vacanze estive dalla nonna. I sogni sul futuro, le scelte dell’università, la paura di mettere fuori la testa dal finestrino di un treno, il romanzo Norwegian wood. TokyobBluesdi Murakami ad assumere il ruolo di romanzo di formazione per Edo e le ragazze con cui lo scambia, un cane in calore ed un povero polipo (tutta da scoprire la sua vicenda!) a riempire il paniere di questo delizioso film che ha convinto senza riserve. Ben scritto, ben girato, ben recitato, con un occhio, da parte del regista, per sua stessa ammissione, al film A Swedish Love Story di  Roy Andersson e all’amato Rohmer. Una menzione speciale per tutti i giovani attori, in particolare per il protagonista, l’esordiente Matteo Creatini, appositamente arrivato, ieri sera, da Rosignano, ma soprattutto al riuscitissimo e divertentissimo personaggio di Olivia, la sorellina di Edo, con gli occhi, la voce e l’accento toscano di Bianca Ceravolo.

data di pubblicazione 13/07/2015

RASSEGNA BIMBI BELLI  – L’AMORE NON PERDONA di Stefano Consiglio

RASSEGNA BIMBI BELLI – L’AMORE NON PERDONA di Stefano Consiglio

(Roma, Arena Nuovo Sacher – 6/23 luglio 2015)

L’amore non perdona di Stefano Consiglio è il terzo film visto per la rassegna Bimbi Belli. Una storia d’amore raccontata con i toni del melò, ispirandosi al Fassbinder di  La paura mangia l’anima  ma anche a  Secondo amore di Douglas Sirk, come affermato dallo stesso regista, che non nasconde la scelta citazionistica del film, con sequenze e/o dialoghi riconosciuti anche dagli spettatori più smaliziati e fatti puntualmente notare durante il dibattito (Tempi moderni, una battuta di un film di Godard “Sono stato con lei perché amo te”, noi ci abbiamo visto anche un Kieslowski di Film Blu). Citazioni che sono valse al regista la fulminante battuta di Moretti sulla appartenenza dello stesso Consiglio al gruppo storico della rassegna Ladri di cinema, che nel 1982 allietò l’estate romana a firma Nicolini. Incalzante, sul prolisso racconto del regista, un Moretti in splendida forma, che alla citazione  del nome del direttore della fotografia, Francesco Di Giacomo, esclama: “ Era mio chierichetto ne  La messa è finita!”.  Ma oltre le citazioni, il film, che racconta la storia d’amore tra una donna sessantenne e un uomo trentenne,  si  innesta nel proseguimento  di un discorso  che il regista  aveva già  intrapreso  con il suo precedente documentario  L’amore e basta, un film sulle coppie omosessuali in giro per l’Italia e l’Europa. Proprio le suggestioni ricevute dai dibattiti con gli spettatori in merito alla riflessione su quelli che possono essere   gli   ostacoli   alle   relazioni   di   coppia   hanno   portato   il   regista   ad   elaborare   il   progetto   di   questo lungometraggio che vuole raccontare una storia d’amore contrastata e impossibile. La storia è contrastata e difficile per vari motivi: la differenza d’età soprattutto, ma anche di religione (lei cattolica, lui musulmano), di nazionalità (lei italiana anche se francofona, lui marocchino). E a contrastarla sono i colleghi, i familiari (la figlia di lei, tutta la famiglia di lui), il mondo benpensante. Il volto della sessantenne è della splendida Ariane Ascaride, forse nota al pubblico italiano per averla vista qualche anno fa nel film Le nevi del Kilimangiaro di Guediguian, che è anche suo marito. Le scene che illustrano il cambiamento, lo sconvolgimento che l’innamoramento porta nella vita di chi lo vive passano attraverso il correre e baciarsi per strada, nel ballare a casa accendendo la radio, nell’inseguire l’amata sull’autobus con delle rose in mano. Ma di fronte a queste scene il pubblico dell’arena ha reagito con qualche sonora risata a momenti che volevano essere teneri. Complice un imbarazzo per la differenza d’età, a parti invertite, tra innamorato e innamorata? A prescindere da ciò, il film ha lasciato un sapore di incompiutezza in bocca, quasi una frenata sull’acceleratore dell’introspezione dei personaggi e del loro percorso, un senso di superficialità in alcuni momenti, fino a quello che abbiamo ritenuto essere un gesto incoerente della protagonista, rispetto alla storia e al suo evolversi, nella fase finale del film. Cornice del tutto, la città di Bari e le musiche di Nicola Piovani. A lunedì  con il racconto della prossima proiezione di Bimbi Belli.

data di pubblicazione 10/07/2015