L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

Lascialo andare.Saper lasciar andare una persona, un ricordo, accettare una perdita: questo è il doloroso traguardo che lentamente e faticosamente Anna (l’intensa Juliette Binoche) riconosce a sè stessa al termine dei tre giorni trascorsi insieme alla giovane Jeanne (Lou de Laâge). Alla vigilia della Pasqua del 2004 due estranee, Anna Remigi e Jeanne, due francesi diversamente unite dall’amore per lo stesso uomo, si incontrano per la prima volta nelle terre siciliane del Ragusano: Jeanne è venuta da Parigi per trascorrere qualche giorno con il suo fidanzato Giuseppe, il figlio di Anna. Non appena giunta nell’elegante e decadente casa della famiglia Remigi, la giovane Jeanne percepisce un generale disagio, di non esser giunta al momento giusto e che qualcosa, ma non si comprende esattamente cosa, turba profondamente la madre del suo ragazzo e di coloro che le sono accanto. Ha così inizio L’Attesa di Anna e di Jeanne. Ma cosa attendono? Un evento, una consapevolezza, una persona, una novella. Piero Messina porta in concorso alla 72^ Mostra del Cinema di Venezia una storia, realmente accaduta nel 2006, raccontatagli da un amico qualche anno fa; una storia che, per la delicatezza e la sensibilità, ha toccato intimamente il regista al punto che un giorno ricordandola ha deciso di raccontarla con il suo primo lungometraggio. La non accettazione della morte e la difficile elaborazione di un lutto sono in simbiosi con le nebbie, il vento, l’invadente sole di una Sicilia barocca che talvolta appare, come ricorda nella conferenza stampa Giorgio Colangeli – interprete del personaggio Pietro, il factotum del casale Remigi il quale si rivelerà deus ex machina del racconto -, come una grande tomba. Il film, costruito su un simbolismo costante (l’acqua e l’abisso del lago, il bianco della calce sugli alberi di ulivo, il vestito rosso di Jeanne, le mani giunte della statua della Madonna, il bagno turco, le specchiere barocche oscurate da drappi neri), segue il sopito, lento ritmo della protagonista, Anna, la quale deve risvegliarsi dal suo torpore inerme scegliendo come continuare a vivere: aderire alla realtà, accettandola, oppure rifuggirla, negandola. L’ascensione di Anna, verso la resurrezione della sua anima, e di Jeanne, verso la comprensione della verità, coinciderà con il momento apicale della processione della notte del sabato di Pasqua. Un generale senso di mistero e indecifrabilità, proprio di ogni attesa importante, permea il realismo emotivo del film che, però, in alcune inquadrature, nei primi piani dei personaggi (e delle comparse), nel tappeto mobile di un aeroporto che fa da sfondo ai titoli iniziali e nei toni alti con cui alcuni brani della colonna sonora intervengono da protagonisti nella narrazione, risente dell’ormai inconfondibile stile di Paolo Sorrentino, di cui l’esordiente regista è stato aiuto in ben due film (This must be the place e La Grande Bellezza). Non manca qualche lieve svista registica come il frinire delle cicale nei giorni che precedono la domenica di Pasqua.

data di pubblicazione 06/09/2015







L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

THE DANISH GIRL di Tom Hooper (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72).

Il premio Oscar Eddie Redmayne sbarca al Lido di Venezia prestando i lineamenti muliebri e l’istrionico talento di attore al personaggio di Lili Elbe, che sottoponendosi nel 1930 a un intervento chirurgico per ricongiungere il corpo maschile all’anima femminile, diviene la prima riconosciuta transessuale della storia.

Tratto dall’omonimo romanzo firmato da David Ebershoff, The Danish Girl di Tom Hooper (Il discorso del Re, I miserabili) assume la consistenza di un affresco tanto dirompente quanto delicato di quella che, dall’inizio alla fine, resta un’intensa storia d’amore. Einar Wegener (Eddie Redmayne) e sua moglie Gerda (Alicia Vikander), entrambi pittori: lui ama dipingere paesaggi, esibendo un talento già ampiamente riconosciuto; lei preferisce dedicarsi ai ritratti, senza però trovare la sua reale ispirazione. Il gioco quasi puerile di posare per Gerda in abiti femminili diviene la scintilla in grado di far deflagrare una bomba già innescata da tempo nel cuore e nella mente del giovane artista. Einar adora truccarsi e atteggiarsi “come una donna” perché Einar “è una donna”. In un momento storico in cui la sua condizione si trova etichettata come anomalia biologica dalle mille diagnosi, destinata alla “cura” con trattamenti terapeutici invasivi o al confino nelle tenebre ghettizzanti del manicomio, la presa di consapevolezza di Einar-Lili non è né scontata né agevole. La proiezione socio-culturale della storia cede tuttavia il posto alla dimensione di intima transizione vissuta dai due protagonisti, che si prendono coraggiosamente per mano mettendosi in cammino lungo un sentiero forse doloroso ma indubbiamente doveroso. Il tutto incorniciato da una natura sontuosa e scandito da quell’arte pura e salvifica già comparsa al Festival in Francofonia e Marguerite.

Il tessuto narrativo si caratterizza per l’apprezzabile rievocazione di un’infanzia priva, per una volta, di traumi pronti a giustificare la “particolarità sessuale”, anche se, tralasciando il cliché dell’inversione dei ruoli all’interno della coppia (è Genda il vero “maschio” tra i due), il passaggio da una fase all’altra della complessa metamoforsi-rinascita del protagonista appare a tratti segnato da transizioni troppo bruscamente repentine per risultare del tutto credibili.

L’interpretazione di Redmayne, semplicemente perfetta nella sua sorprendente capacità di lasciar trasparire la vibrante emozione della progressiva presa di coscienza, è senza dubbio una prova da premio. Ciò che importa, precisa l’attore in conferenza stampa, è tenere distinto il “genere” dalla “sessualità”, secondo logiche e meccanismi che ha potuto imparare a comprendere attraverso il proficuo e generoso confronto con molti transgender, il cui aiuto si è rivelato prezioso per la preparazione del ruolo. Alicia Vikander si inserisce nel film con convinzione e indispensabile complementarietà. Nel cast anche Matthias Schoenaerts (tra gli altri Un sapore di ruggine e ossa) e Amber Heard, arrivata al Festival insieme al marito Johnny Depp.

Ancora una “storia vera” a fare sfondo al programma di Venezia 72. Ancora un film in concorso di cui (anche) il “grande pubblico” sentirà parlare nella prossima stagione cinematografica.

data di pubblicazione 06/09/2015








L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

FRANCOFONIA di Alexander Sokurov – Francia/Germania/Paesi Bassi (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Concorso )

Tremano i polsi a scrivere di Francofonia, il film di Alexander Sokurov in concorso alla Mostra di Venezia 2015. Un timore reverenziale dovuto alle vertiginose altezze raggiunte dal film e da tutta la produzione artistica del regista russo, e di cui, da spettatori estasiati, sentiamo di cogliere un frammento di luce, di godere della riflessione ma anche della pura visione, con la consapevolezza di non essere in grado, forse, di prendere a piene mani tutte le citazioni e sollecitazioni che l’opera vorrebbe suggerire. Ma il regista ci viene incontro, e in una conferenza stampa gremita spiega che il suo film mira ad aiutare tutti noi spettatori a sentire, capire, reagire, mira a creare un subbuglio nella testa, un subbuglio del cuore e nel cuore. Perché – continua Sokurov – la forza del cinema è quella di rivolgersi ai cuori, ma soprattutto alle vostre anime.  La ricerca del regista, per sua stessa affermazione, si è spostata dalla forma al significato, nel tentativo di trovare risposte ai quesiti con cui il nostro mondo si scontra. Le risposte semplici sono finite, le domande sono complesse e non hanno trovato risposta nei politici che non sono, o forse non sono mai stati in grado di fornire tali risposte. Non sono cambiati gli atteggiamenti, neanche da parte degli artisti, dei registi. Forse la scelta di mettere il proprio volto, la propria voce di narratore, da parte di Sokurov, all’interno del film, e non solo di far parlare l’opera artistica, è un segno di questa incessante volontà di impegno e ricerca in prima persona, con nuovi linguaggi, nuovi personaggi, come, in Francofonia, il Louvre. Sokurov, e i russi con lui, amano l’individualità delle culture diverse, dell’Italia, della Francia. Francofonia è una dichiarazione d’amore per la Francia, la sua individualità, i suoi valori…ma qui Alexander esita ed aggiunge: ma forse non esistono più.  L’arte quale strumento di conoscenza – la pittura ci permette di capire noi europei – l’arte che va salvata dal naufragio cui assistiamo nei primi momenti del film, anche se la scelta tra la vita dell’individuo e l’arte stessa rimane una scelta soggettiva ad una domanda cui sembra impossibile dare risposta. Non resta che immergersi nelle immagini di repertorio, nelle splendide circumnavigazioni dei piani sequenza intorno alle opere del Louvre, nei costumi impregnati di ironia del Napoleone di turno o nella immaginazione di cosa accadde al  Louvre mentre Parigi era città aperta, per regalarci un subbuglio del cuore. Astenersi spettatori in cerca di trama.

data di pubblicazione 05/09/2015








L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

BLACK MASS di Scott Cooper – USA (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Fuori concorso)

L’ultimo Gangster di Boston non poteva che essere interpretato dal trasformista per eccellenza, Johnny Depp. Attesissimo al Lido come la vera guest star di questa edizione del Festival meneghino, ci regala un’interpretazione di alto livello all’interno di una pellicola che rispecchia tutti i clichè per ottenere un ottimo risultato al botteghino e, per questo, anche intrisa di una serie di luoghi comuni che la rendono assolutamente prevedibile. Black Mass, basato sulla biografia del gangster James “Whitey” Bulger (attualmente 86enne che sta scontando due ergastoli), è il classico lungometraggio sul malavitoso dal cuore tenero, tutto crimine e famiglia, con un amico di infanzia agente speciale nell’FBI che lo fa agire indisturbato per aver condiviso con lui la strada e l’orgoglio da immigrato irlandese, tutto in cambio di informazioni sulle famiglie mafiose italo-americane che si spartiscono il territorio, ed un fratello maggiore senatore del Massachusetts.

Depp, che ci aveva già abituati a ruoli simili nei panni di Dillinger in Nemico Pubblico del 2009, questa volta fonde insieme trasformismo e recitazione conferendo al suo personaggio un certo spessore, all’interno di un film che non brilla certo di originalità, e durante la conferenza stampa dichiara di aver sempre ammirato la capacità di trasformarsi in attori del passato come Marlon Brando, volendo anche lui divenire un caratterista allo scopo di sorprendere il pubblico senza annoiarlo, sfida pericolosa per un attore ma importante.

data di pubblicazione 05/09/2015







L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

WINTER ON FIRE di Evgeny Afineevsky – Ucraina (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Fuori Concorso)

L’inverno del titolo è quello tra il 2013 e il 2014, il fuoco quello delle gomme e dei mobili bruciati per proteggere le barricate create dal milione di cittadini scesi in piazza, a Kiev, allo scopo di garantire un futuro alla nazione e alle giovani generazioni, ponendo fine ad un regime fintamente democratico, corrotto. Una protesta iniziata degli studenti per chiedere maggiore integrazione europea e poi sfociata in una rivolta contro la corruzione e lo stato delle cose in Ucraina. Una rivolta ormai nota come “della Dignità”, che ebbe piazza Maidan come luogo di svolgimento e simbolo. Il documentario non ci risparmia nulla, morti, feriti, persone scomparse, le storie di gente comune che decide di scendere in piazza perché sa che se non lo fa in quel momento non potrà farlo mai più. Le cariche della polizia e infine la fuga del presidente Yanukovic, la lotta sanguinosa, ancora una volta, per ottenere diritti fondamentali, tutto raccontato dalle immagini ma anche dalle voci dei veri protagonisti, che se ne fanno dunque anche narratori. Un documentario che colpisce al cuore portando alla nostra attenzione fatti così vicini e recenti che però forse abbiamo solo distrattamente seguito nelle notizie da 30 secondi. Molto efficaci le scelte musicali, che ci raccontano un paese attraverso la sua musica tradizionale, ed emozionante la voce unica di un milione di persone che canta l’inno nazionale a Piazza Maidan. Commossa tutta la delegazione del film davanti all’applauso, commosso e sentito del pubblico della Sala Grande. Da vedere munendosi di fazzoletti e voglia di saperne di più della nostra storia, del presente intorno a noi.

data di pubblicazione 04/09/2015








L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

ITALIAN GANGSTERS di Renato De Maria – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Orizzonti)

Italian Gangsters, a metà strada tra il documentario e il saggio, ripropone sul grande schermo uno spaccato della malavita nostrana di un tempo ormai perduto, in una sorta di tributo, quasi nostalgico, alla figura del criminale gentiluomo che ha segnato una parte della cronaca italiana tra la metà degli anni ’30 e la fine degli anni ‘60. In una realtà cinematografica, e non solo, che negli ultimi anni si è catalizzata sulle storie della criminalità del Meridione, la cinepresa di Renato De Maria ha montato, come in un collage, il copioso materiale video messo a disposizione dall’Istituto Luce per narrare la storia di alcuni giovani ragazzi, e delle loro rispettive bande, dediti al crimine tra Milano, Torino e Bologna. Si parla di banditi settentrionali doc – meno brutali e, per questo, meno noti rispetto a Vallanzasca – che negli anni del dopo guerra hanno mosso i primi passi di banditi in erba, parallelamente alla lenta ascesa dell’industria delle città in cui erano nati e cresciuti, fino al loro inesorabile declino tra la fine degli anni ’60 e gli anni ‘70. I racconti della banda Cavallero, Ezio Barbieri, Paolo Casaroli, Luciano De Maria, il bolognese Luciano Lutring e Horst Fantazzini, narrati in modo alternato per bocca di ciascun bandito attraverso i monologhi resi nella forma del teatro di posa dagli attori, tutti davvero bravi, presi in prestito al Teatro dal Regista, sono stati costruiti sulla base delle interviste che gli stessi malavitosi avevano rilasciato, all’epilogo delle loro “carriere”, a giornalisti come Idro Montanelli ed Enzo Biagi e dei giornali dell’epoca. Il tutto, poi, è movimentato e “colorato”, anche visivamente, dalle rocambolesche sequenze delle pellicole di genere, divenute veri cult, di Bava, Di Leo e Deodato in un continuo avvicendarsi con le immagini di repertorio e gli intensi primi piani dei banditi che ricordano le loro imprese, criminali e amorose. Buono l’accompagnamento musicale. Tuttavia il “docu-saggio” non suscita alcuna forma di reazione o coinvolgimento con le gesta di delinquenti ormai sbiaditi e poco pulp.

data di pubblicazione 03/09/2015







 

L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

LOOKING FOR GRACE di Sue Brooks – Australia (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Concorso)

La dilatazione del tempo e dello spazio sono i due assi cartesiani su cui si sviluppa Looking for Grace, il film australiano presentato in concorso. Se lo spazio dilatato è proprio dell’ambientazione del film, le grandi distese australiane della zona del cerchio del grano,  quella del tempo è certamente una volontà della regista, anche se, per la verità,  ella stessa non ha saputo dar gran conto delle proprie scelte in conferenza stampa. Alla domanda sull’evento finale del film, ha risposto che così è la vita, le cose accadono senza un perché.  E il giornalista l’ha rimbeccata dicendo che si, è così nella vita, ma nella sceneggiatura che lei ha scritto, le cose accadono o non accadono per un perché! Uno a zero per la stampa. Ad un altra domanda sulla famiglia protagonista del film,  molto sopra le righe e con comportamenti assurdi e distanze glaciali nei rapporti, la regista, cadendo dalle nuvole, ha ribadito la propria convinzione che le famiglie siano tutte così. Per fortuna la sappiamo in torto. L’elemento che poteva essere interessate è la scelta di raccontare, in sequenza, antecedenti della storia comune , ad illustrare i singoli protagonisti nel loro percorso fin lì,  fino al punto in cui le strade si incrociano. Ma, dopo aver visto lo splendido uso del flashback, prima sonoro e poi visivo, del film di Prà, Un mostro de mil cabezas, con cambio del punto di vista narrante, espediente che conferiva al film un ritmo strepitoso, il tentativo della Brooks sembra piuttosto ingenuo e non sempre riuscito secondo le intenzioni. Non manca qualche risata da battute degne dell’umorismo nordeuropeo, ma il risultato generale si avvicina più o meno alla sufficienza. Looking for the next.

data di pubblicazione 03/09/2015







L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

SPOTLIGHT di Thomas McCarthy – USA (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Fuori concorso)

Basato su una storia vera il film di Thomas McCarthy, presentato a Venezia nella Sezione fuori concorso, narra di un gruppo di giornalisti investigatori appartenenti alla sezione denominata Spotlight (tutt’oggi esistente) del quotidiano locale The Boston Globe. È l’estate del 2001 quando il neo direttore (Liev Schreiber) decide che la Spotlight deve accantonare le indagini giornalistiche in corso per riaccendere i riflettori su alcuni casi di abusi su minori susseguitisi una trentina di anni prima nella loro comunità ad opera di alcuni prelati, e segretati dall’omertà di alcuni componenti di spicco della società cattolica bostoniana. Coordinati da Walter Robinson “Robby” (Michael Keaton), nel gennaio del 2002 il gruppo Spotlight riuscirà a rendere di pubblico dominio la storia di un sistema di protezione attuato da un gruppo di avvocati nei confronti di alcuni sacerdoti della diocesidi Boston.

Il film di McCarthy è di estrema attualità e punta il dito non solo sull’inefficacia delle rare misure adottate dalla Chiesa nei confronti delle sue mele marce, ma soprattutto sulle violenze, oltre che fisiche anche di fede, arrecate a bambini affidati alle cure di sacerdoti, veri e propri padri spirituali, che in questo modo hanno doppiamente violentato le proprie vittime.

Ben interpretato, incalzante e realistico, non banale né retorico, in Spotlight spicca l’interpretazione di Mark Ruffalo, che in conferenza stampa ha manifestato uno spirito in linea con le sue battaglie da attivista in campagne di rilevanza politico-sociali. Sicuramente da vedere, sia per lanciare il messaggio di un ritorno al giornalismo libero ed investigativo che oramai in America è di appannaggio solo di pochi professionisti finanziati da privati, sia per invitare ovviamente la Chiesa a fare chiarezza.

data di pubblicazione 03/09/2015








L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

BEASTS OF NO NATION di Cary Fukunaga – USA (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

Beasts of No Nation scrive un capitolo di indubbio impatto narrativo nel variegato “racconto della realtà” proposto dalla 72^ edizione del Festival della Laguna. Il piccolo Agu (Abraham Attah) vive con la sua famiglia in un villaggio dell’Africa occidentale. Si diverte a giocare alla “TV dell’immaginazione”, fino a quando l’irrompere della guerra civile lo deruba del suo sorriso, dei suoi sogni, della sua fede. Separato dalla madre e testimone della spietata esecuzione del padre, Agu, si imbatte in un gruppo di guerriglieri. Il carismatico e dispotico Comandante (Idris Elba) si offre di salvargli la vita, condannando in realtà la sua anima a una morte tanto lenta quanto inesorabile, ammantata dalla “divisa” sempre più appariscente di un intrepido bambino soldato. Un racconto duramente esplicito, che esalta il non senso della guerra seguendo la parabola del gruppo guidato dal Comandante e la metamorfosi che lentamente si disegna nello sguardo dello straordinario protagonista. Abraham Attah, in conferenza stampa, precisa di non aver provato paura, ma solo tristezza, durante la realizzazione delle sequenze più violente, la cui lavorazione, assicura il regista, è stata estremamente frammentata rispetto al risultato finale, anche al fine di tutelare gli interpreti più giovani. L’obbedienza che sconfina in un soggiogamento fisico e psichico, rafforzato dall’allucinazione delle droghe e in grado di guidare le non più innocenti mani dei baby guerriglieri nella commissione di atroci violenze e di peccati inconfessabili: anche se un giorno la guerra finirà, Agu non tornerà più il bambino che era.

Il film, tratto dall’omonimo romanzo di Uzodinma Iweala, è divenuto un caso mediatico ben prima del suo approdo al Lido. Il regista Cary Fukunaga (Sin nombre, Jane Eyre) ha diretto la prima stagione dell’acclamata serie televisiva True Detective, confermando quanto proficui e trafficati siano di recente i canali di dialogo tra piccolo e grande schermo e restituendo a volte la sensazione di un’autentica inversione nei reciproci rapporti di forza e di autorevolezza. Il binomio cinema-tv è completato da internet, definendo i contorni di una triade che sta gradualmente dispiegando il proprio potenziale dominio sul mercato audiovisivo: Beasts of No Nation è infatti un film targato Netflix, colosso della tv in streaming, che si concede l’inedito lusso dello schermo della sala Darsena prima di confondersi tra i cristalli liquidi di qualche dispositivo portatile. In conferenza stampa il regista chiarisce che l’intervento di Netflix, avvenuto solo in fase di montaggio, non ha influito in maniera significativa sulla lavorazione del film. Riuscirà il cinema a cavalcare la virtuosa onda del web senza restarne travolta? Ai cineasti e al mercato l’ardua sentenza.

 

data di pubblicazione 03/09/2015








 

VOTO: CI HA CONVINTO

L’ATTESA di Piero Messina – IT (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Venezia 72)

UN MONSTRUO DE MIL CABEZAS di Rodrigo Plà – Messico (72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015 – Orizzonti)

Inaugura la Sezione Orizzonti della 72^ Mostra di Venezia il film di Rodrigo Plà. Una donna, con un figlio adolescente e un marito gravemente malato, si trova a dover lottare contro il “mostro dalle mille teste” rappresentato dalla burocrazia e dalla corruzione, sintomi di una società altrettanto malata e basata su regole violente che non possono che scatenare a loro volta violenza. Sonia Bonet, dopo l’ennesima quasi fatale crisi del marito malato di cancro, tenta di mettersi in contatto con il Professore che lo tiene in cura; ma questi non vuole riceverlo prima dell’appuntamento già fissato di lì a un mese. La donna insiste e tenta di avere subito un incontro, ma scopre che il professore si fa negare e quindi decide di affrontarlo. Il medico in realtà non vuole più prescrivere al marito della donna dei farmaci che, seppur in grado di alleviarne le sofferenze, essendo molto costosi non sono coperti dalla loro polizza sanitaria; si scoprirà anche che il grande gruppo assicurativo di cui fa parte il medico ha tra i propri regolamenti interni, assolutamente top secret, il riconoscimento di bonus a quei professionisti che riescono a raggiungere una certa percentuale di pratiche di rifiuto nel prescrivere cure a persone del ceto medio che non possono permettersi di pagare premi assicurativi molto elevati.

Il film, girato in modo molto interessante mostrando ogni scena dal diverso punto di vista dei vari protagonisti con l’accompagnamento di commenti musicali che fanno presagire l’arrivo imminente di una tragedia, è un’immagine spietata della nostra società contemporanea che non ha più nulla di umano, al punto da porci violentemente di fronte alle regole di un sistema cieco che riduce gli esseri umani a belve feroci, anche se per urlare al mondo i propri diritti. Solo l’abbraccio di un’infermiera e la comprensione di un poliziotto ci richiamano ad uno scenario di “normalità”…

data di pubblicazione 03/09/2015