da Antonio Iraci | Ott 16, 2015
La multinazionale AMX ha creato una città dove vivono e lavorano i propri dipendenti, in una apparente oasi di serenità e benessere.
All’avanguardia nei sistemi di vendita e di organizzazione aziendale, la società ha persino organizzato un servizio di monitoraggio dei dipendenti, una sala di ascolto dove ognuno può recarsi per esprimere in anonimato le proprie opinioni o le proprie frustrazioni, ma con l’intento occulto di controllare e spiare attentamente anche la vita intima dei dipendenti. Paolo, che lavora come coordinatore ed ascoltatore, si trova coinvolto dapprima in una confidenza di una dipendente, e poi finisce con l’innamorarsi di una collega sposata, infrangendo così le rigide disposizioni che regolano il suo lavoro di ascoltatore asettico e senza sentimenti.
Il film di Alessio Lauria, già vincitore nel 2011 del Premio Solinas “Experimenta”, si presenta ben strutturato e con un significato profondo che ci sottopone a molteplici domande: quante regole, imposteci dalla società in cui si è costretti a vivere, siamo disposti ad infrangere per amore? Siamo tutti talmente e brutalmente interessati a far carriera, da non curarci di calpestare la sensibilità di chi ci sta accanto? E siamo davvero tutti uguali in questa società dove i valori sembrano essere oramai cancellati da un bieco arrivismo?
Il film sembra suggerirci una visione diversa: esiste qualcuno pronto a mettere in crisi le proprie aspirazioni per dar spazio alla verità ed al sentimento. E quando un episodio fortuito farà ottenere allo sfortunato protagonista Paolo una vincita strepitosa, solo allora egli si renderà conto che bisognerà iniziare un nuovo capitolo della propria vita, imparando anche a sorridere ed a presentarsi al mondo per quello che si è, cercando di farlo coincidere il più possibile con come ci vedono gli altri.
data di pubblicazione 16/10/2015
da Antonio Iraci | Ott 16, 2015
Rashid, italianissimo di Firenze a dispetto del cognome iracheno, giovane regista con già una discreta carriera cinematografica (Tangled up in Blue, All Roads lead to Music, Sta per piovere) e con ampi riconoscimenti da parte della critica e del pubblico, si presenta alla Festa del Cinema con un interessante film documentario che racconta la storia dei rapper italiani.
Quattro i giovani protagonisti coinvolti in questo tour: Clementino, Gué Pequeno, Tormento e Danno, fondatori della scena rapper di casa nostra e profondamente impegnati a portare questo genere popolare alla conoscenza del pubblico italiano.
Ben fatte le riprese sia dei brani presi dai concerti dal vivo tenuti in varie città italiane, con una presenza di pubblico entusiasta e molto coinvolta dal messaggio anticonvenzionale lanciato, di decisa rottura verso ogni forma di politica preconfezionata, sia delle interviste.Tra gli intervistati anche l’attore Elio Germano, già conosciuto tra i giovani della hip-hop underground romana per la sua partecipazione al gruppo Bestierare, ben apprezzato per il suo impegno sociale e contro le discriminazioni di ogni genere.
data di pubblicazione 16/10/2015
da Rossano Giuppa | Ott 16, 2015
Era l’estate del 1985. Una calda estate siciliana, una famiglia che si appresta ad organizzare una festa di compleanno per la figlia adolescente. Ma una minaccia intercettata dai Carabinieri dell’Ucciardone costringe quella famiglia, la famiglia Borsellino insieme a Giovanni Falcone ed alla sua compagna, ad una fuga improvvisa di notte e ad una reclusione forzata, sull’isola dell’Asinara, all’epoca sede del carcere di massima sicurezza. Una reclusione a cielo aperto, a poca distanza da detenuti effettivi, una condivisione forzata di spazi ed emozioni, angosce e speranze per due famiglie, un presagio velato a tre mesi dall’inizio del maxi-processo di Palermo.
Diretto da Fiorella Infascelli, autrice anche della sceneggiatura insieme a Antonio Leotti, Era d’estate, presentato il 15 ottobre 2015 in pre-apertura della Festa di Roma, ricostruisce quell’esperienza, facendo emergere lati inediti dei due protagonisti. Al centro della scena Massimo Popolizio nel ruolo di Giovanni Falcone, Beppe Fiorello in quello di Paolo Borsellino accanto a Valeria Solarino e Claudia Potenza, compagna e moglie rispettivamente di Falcone e Borsellino.
Un film semplice e lineare, malinconico e silenzioso, che prova a raccontare una frazione della vita dei due giudici, negli aspetti più intimi e personali, più pacato e ottimista Borsellino, più ironico e irruento Falcone, inquieti nell’attesa dei faldoni da analizzare, diversi ma alla fine uniti nella meticolosa preparazione del grande processo, di fronte ad un mare bellissimo ed un paesaggio essenziale. Un mare forte e protettivo in un tempo dilatato che permette ai due uomini di conoscersi meglio e di assemblare al meglio gli elementi del processo che li vedrà impegnati, preparandoli al destino inesorabile che li aspetta.
da Accreditati | Ott 16, 2015
Per chi, come me, è un accanito fan delle serie Romanzo Criminale e Gomorra, il film di Sollima non rappresenta una delusione ma neanche ripaga completamente le aspettative.
Le note dolenti arrivano proprio dalla regia che non riesce a dare il giusto ritmo, troppo poco serrato e poco avvincente, con pause che spezzano di frequente la narrazione, con scene che ho trovato poco attinenti al contesto (ma perché aleggia per tutta la durata del film la decisione incombente di papa Ratzinger di dimettersi?) e dialoghi che assumono risvolti comici involontari (uno su tutti la ragazza di numero 8 che da sotto le coperte stile Sandra e Raimondo esorta il fidanzato a farsi giustizia).
Le note liete riguardano i personaggi davvero ben costruiti e magistralmente interpretati che vanno a mio parere tutti citati: in particolare i cattivi (anche perché di buoni non ce ne sono) da Manfredi (Dionisi Adamo, vera rivelazione), numero 8 (Alessandro Borghi), Samurai (Claudio Amendola) e il politico Malgradi (Pierfrancesco Favino) ma anche la prostituta Sabrina (Giulia Goretti) e Viola la compagna di numero 8 (Greta Scarano). Menzione a parte per Elio Germano (il PR delle feste mondane) relegato da Sollima ad un ruolo poco convincente e di scarso spessore a cui neanche il grande talento del giovane ma veterano attore riesce a donare un’anima.
In conclusione Suburra è un film sicuramente da vedere, se non altro per la corrispondenza quasi profetica tra finzione e fatti di cronaca, ma a cui manca lo sprint giusto per essere apprezzato totalmente.
data di pubblicazione 16/10/2015
Scopri con un click il nostro voto:
da Alessandro Pesce | Ott 14, 2015
(Teatro Quirino – Roma, 13 ottobre/1 novembre 2015)
Il bugiardo è una commedia scritta da Carlo Goldoni nel 1750, ispirata alla Verdad sospechosa dello spagnolo Juan Ruiz de Alarcón e vede al centro la figura di Lelio, giovane che non concepisce vivere senza quel quid di “ fantasia” rappresentata dalla miriade di bugie con cui arricchisce la propria esistenza e che non arretra neppure quando il gioco delle menzogne, o meglio, come le chiama lui, delle “spiritose invenzioni” si fa estremamente intricato e diventa un laccio troppo stretto. Ma mentre la morale goldoniana gli suggerisce saggezza illuministica, lui finisce ribellandosi a tale destino proclamando che non rinuncerà mai alla fantasia e quindi a crescere.
La lettura del grande regista franco-argentino Alfredo Arias nasce da una semplice constatazione riferita alle radici del personaggio Lelio: nato a Venezia, dove sta per tornare, ma vissuto e educato a Napoli. Ecco, Napoli e Venezia, cioè le due città che sono tradizionalmente l’”anima” del Teatro e quindi è naturale assimilare la finzione del personaggio alla finzione scenica, tout court, e così la metafora teatrale si rivela e gli attori diventano una famiglia di comici di oggi che recita Il bugiardo di Goldoni, idea che apre la porta a felici soluzioni registiche soprattutto appannaggio dei protagonisti e delle maschere, ma che suscita qualche perplessità nel momento del finto “intervallo” quando gli attori si lasciano andare a qualche riferimento di attualità che si poteva evitare.
Per il resto il ritmo dello spettacolo è efficace e la fantasiosa regia è sostenuta da una compagine attoriale di alto livello, dal protagonista Geppy Gleijeses, un Lelio sfrenato e spiritosissimo al figlio LorenzoGleijeses funambolicamente perfetto nel doppio personaggio di Brighella e Arlecchino e poi Andrea Giordana nella generosità di Balanzone padre, Marianella Bargilli, una Rosaura inedita sofisticata e un po’ “dark” e tutti gli altri bravi attori festeggiatissimi nel finale.
data di pubblicazione 14/10/2015
Il nostro voto:
da Alessandro Rosi | Ott 14, 2015
(Teatro Ghione – Roma, 12 ottobre e 23 novembre 2015)
L’istrionico Maurizio Colombi approda al Teatro Ghione di Roma con l’esilarante spettacolo Caveman: one man show ideato nel 1991 (ma ancora attuale) dall’attore Rob Becker, visto da 8 milioni di persone in 45 Paesi del mondo e tradotto in 30 lingue.
La commedia ripercorre le varie fasi storiche del rapporto tra uomo e donna, indagando le ragioni profonde che sono alla base delle numerose incomprensioni tra i due sessi. Guida di questo percorso è l’attore milanese, che mantiene viva l’attenzione alternando spunti antropologici interessanti a battute salaci e pungenti.
La rappresentazione è intervallata da momenti musicali (Colombi ha una splendida voce argentina) durante i quali anche il pubblico è invitato a cantare e che contribuiscono a rendere l’atmosfera giocosa e leggera.
L’interazione con l’uditorio è costante e permette di godere di uno spettacolo vivace e frizzante.
Dalla sala si esce con il sorriso ma anche più consapevoli delle cause all’origine dei diversi atteggiamenti dell’uomo e della donna.
La prossima rappresentazione di Caveman sarà di nuovo al Teatro Ghione il 23 Novembre: un buon modo per passare una serata divertente!
data di pubblicazione 14/10/2015
Il nostro voto:
da Antonio Iraci | Ott 13, 2015
Dopo il suicidio della madre, Lucy (Liv Tyler) giovane ragazza americana, viene mandata a passare un periodo a casa di amici, in una splendida casa sulle colline senesi.
La dimora ospita diverse persone, eterogenee tra di loro, tra le quali Alex (Jeremy Irons), un drammaturgo inglese gravemente malato di cancro.
Il soggiorno toscano rappresenterà per la ragazza una sorte di viaggio iniziatico che la porterà a diventare una vera donna e nel contempo a scoprire la vera identità di suo padre.
Il film, che procurò a Bertolucci diverse nomination, non si può certo considerare tra i migliori del regista che fu accusato di rappresentare un ambiente artificioso e dove i personaggi, per lo più artisti, vennero eccessivamente legati ai soliti cliché, come appartenenti ad una irraggiungibile élite.
La campagna toscana ci suggerisce questa semplicissima ricetta tipica della zona: Pici all’aglione.
INGREDIENTI: 500 grammi di Pici – una testa d’aglio – una bottiglia di passata di pomodoro – 100 grammi di parmigiano grattugiato o a scelta pecorino – basilico – olio, sale e pepe q.b.
PROCEDIMENTO: Soffriggere per 2 minuti la testa d’aglio schiacciata in abbondante olio d’oliva, quindi aggiungere la passata di pomodoro e lasciare cuocere per circa 10 minuti con sale, pepe e, a scelta, un pizzico di zucchero. Cuocere i Pici al dente e riversarli su un padellone con la salsa e saltare per due minuti, aggiungere quindi il formaggio grattugiato ed abbondante basilico.
da Antonietta DelMastro | Ott 13, 2015
Un nuovo surreale romanzo di Fred Vargas. Finalmente ritroviamo il commissario Adamsberg con la sua strampalata armata di uomini della squadra anticrimine del XIII arrondissement.
Questa volta il caso sembra essere ancora più complesso del solito.
Il romanzo inizia con un finto suicidio a Parigi: le prime ricerche porteranno il commissario fin tra i ghiacci islandesi dove si è consumata una tragedia circa un decennio prima e dove, Adamsberg e alcuni suoi fidi, sono attesi dalla legenda dello spirito misterioso dell’“Afturganga”; altri indizi ci riportano a Parigi, in una confraternita di fanatici di Robespierre e degli anni del Terrore, e infine una terza pista ci condurrà nella fattoria della famiglia Masfauré.
I finti suicidi continuano e ognuno di loro porta, come firma, una ghigliottina. Le indagini si aggrovigliano sempre di più, Jean-Baptiste Adamsberg le descriverà come “una palla di alghe fatta di migliaia di frammenti intrecciati”, ma per lui nulla è impossibile, per il suo istinto, per il suo sesto senso ineguagliabile, per la passione che lo guida nel lavoro che ama e ci accompagnerà a scoprire, anche questa volta, il bandolo della matassa.
Come per tutti i libri della Vargas il romanzo è un continuo divenire, la tensione è sempre altra. Adamsberg è sempre più sgangherato “….all’Anticrimine tutti sanno cosa significa quella perturbazione. Vagabondaggio, fumosità. In tre parole: spalamento di nuvole”.
Dalla Vargas non potevamo che aspettarci questo, con la sua prosa sempre chiara, i suoi intrecci formidabili, i personaggi descritti in modo puntuale.
Speriamo che arrivi presto un’altra indagine dello “spalatore di nuvole” e anche un nuovo romanzo dei “Quattro Evangelisti”.
da Antonio Iraci | Ott 10, 2015
Carmine Bonavia (James Belushi), figlio di immigrati italiani, è candidato alla carica di sindaco di New York e per conquistare popolarità e voti inserisce nel proprio programma elettorale la proposta di legge che prevede di liberalizzare la droga, a scapito dei narcotraffici gestiti dalla mafia.
Durante la campagna elettorale si sposa e decide di trascorrere la luna di miele proprio a Palermo, la città natale dei suoi genitori, alloggiando nel famoso Grand Hotel delle Palme.
Ben presto si troverà a fronteggiare diverse situazioni pericolose che lo troveranno coinvolto in vicende giudiziarie messe di proposito in atto da Cosa Nostra per ostacolare l’ascesa al potere del Bonavia.
Sceso a patti con esponenti della mafia locale, su suggerimento di un anziano principe (Vittorio Gassman) che alloggia nello stesso albergo, il protagonista potrà tornare illeso a New York, con la promessa che non presenterà più quella proposta di legge tanto temuta.
Una volta a New York il Bonavia non rispetterà la parola data e pertanto verrà ucciso.
Film girato con molto rigore da Rosi ma che non fu ben accolto dalla critica che lo ritenne artefatto e poco aderente alla realtà siciliana e che lo salvò, solo in parte, per la buona recitazione di Belushi.
Questo film, girato ed ambientato a Palermo, ci suggerisce una ricetta proprio tutta ed esclusivamente palermitana: il braciolone.
INGREDIENTI: 600 grammi di fesa di manzo – 150 grammi di mortadella – 150 grammi di auricchio semipiccante – 150 grammi di parmigiano grattugiato – 50 grammi di pistacchi secchi non salati – 150 grammi di pan grattato – 50 grammi di uvetta secca di corinto – 30 grammi di pinoli – 3 uova – 300 grammi di passata di pomodoro – 1 kg di cipolle bianche – ½ litro di vino bianco – olio – sale e pepe qb.
PROCEDIMENTO: farsi preparare dal macellaio una fetta distesa e ben battuta di fesa di manzo. Preparare con le tre uova ed un poco di parmigiano una frittatina molto sottile, lasciare raffreddare. Assemblare un impasto costituito da pan grattato, parmigiano, sale e pepe, olio, salsa di pomodoro, precedentemente cotta alla maniera tradizionale con un poco di soffritto, uvetta passa, pinoli e pistacchi.
A questa punto distendere sulla fetta di carne prima la frittatina, poi la mortadella a fette quindi l’auricchio tagliato a fettine sottili e l’impasto preparato come sopra indicato.
Avvolgere delicatamente il rotolo di carne e legare con un filo sottile, partendo dagli estremi, dopo essersi assicurati che non vi siano buchi nella carne per evitare la fuoriuscita del ripieno.
Soffriggere il braciolone in una casseruola con olio e le cipolle ed aggiungere un poco di brodo vegetale ed il vino bianco. Lasciare cuocere a fuoco moderato per almeno un’ora finchè il brodo con il vino non verranno assorbiti lasciando un sughetto denso.
Lasciare raffreddare anche in frigo, tagliare a fette il braciolone, disporre il tutto su un piatto da portata largo e servire poi con il sughetto ben caldo.
da T. Pica | Ott 10, 2015
(Teatro Argot Studio – Roma, 6/18 ottobre 2015)
Una Fata-Farfalla, appena uscita dal suo bozzolo dove ha studiato assennata per 20 giorni, si affaccia alla vita in un bosco rigoglioso, carico di colori e di speranza: il mondo. Un manuale è tutto quello che ha per gestire al meglio la sua vita lunga un solo giorno e per imparare a usare le sue splendide ali. La vita della protagonista di Effimera (una bravissima Dacia D’Acunto), il monologo inedito di Stefano Benni presentato al Teatro Argot, è un impeccabile sunto della vita dell’uomo. Soltanto che Dacia D’Acunto è talmente credibile come fata-farfalla, o streghetta del bosco, che nelle ultime battute dell’opera pensi: “ma una farfalla mi sta aprendo gli occhi sulla cecità e l’ottusità degli uomini e su quanto tempo sprechiamo inutilmente?”. Ebbene si.
Il monologo di Benni, dal linguaggio come sempre geniale, carico di ironia – Nessun fiore regalerebbe mai un uomo alla sua ragazza -, cinismo, parole inventate e costruite creando un nuovo vocabolario dell’assurdo, condensa nell’unico giorno di vita della Fata-Farfalla quello che l’uomo pigramente a volte compie solo in parte durante la sua intera esistenza. A rendere simili La vita fugace e quella apparentemente infinita, rispettivamente, della Farfalla del bosco e degli uomini ci sono i desideri: il “desiderio” è il topos del monologo. Ci sono desideri semplici, altri più complessi, desideri neri, ma comunque non vi è essere della Terra che non trascorra la sua vita alimentando, perseguendo, realizzando, distruggendo desideri. Il desiderio come motore delle nostre giornate, fonte di fantasia. Ma il desiderio, per la nostra pigrizia e le nostre paure, si tramuta spesso in una pericolosa “rete” in cui non la ragazza-farfalla, che consapevole della sua brevissima vita non ne sprecherà nemmeno un istante, bensì l’uomo cade facilmente sprecando il suo tempo apparentemente infinito. Quanto tempo sprechiamo a desiderare per poi rimandare a un altro giorno la realizzazione di ciò che vorremmo? Quanto tempo sprechiamo a immaginare cosa vorremmo e potremmo fare, come realizzare un desiderio per rimanere paralizzati nello “stagno” del “poi ci provo” e accorgersi che invece “domani” è troppo tardi? Con la sua leggerezza, con i suoi occhioni incorniciati nei capelli rosso rame Fata-Farfalla scruta il mondo, le sue meraviglie per assaporare ogni istante e meraviglia della vita e nella sua semplicità vitale prova a destarci dal nostro torpore, dalla pigrizia con cui viviamo nell’inganno di una vita infinita. Forse il giusto compromesso potrebbe essere un mondo tra l’effimero e l’infinito, dove non si muore ma si resta incantati. Ma, appunto, è una realtà utopistica, un lusso che non possiamo permetterci e per questo dobbiamo vivere come ci insegna l’Effimera Farfalla ormai donna.
data di pubblicazione 10/10/2015
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