L’INGANNO di Sofia Coppola, 2017

L’INGANNO di Sofia Coppola, 2017

1864, Virginia, durante la guerra di secessione. Il caporale John McBarney (Colin Farrell), mercenario nordista gravemente ferito in battaglia, trova miracolosamente ricovero presso un istituto per ragazze, sfuggendo alla cattura da parte delle truppe sudiste.

L’istituto è diretto dall’intransigente signora Martha (Nicole Kidman), che provvede all’educazione delle fanciulle insieme al suo braccio destro Edwina Morrow (Kirsten Dunst): sebbene la tensione della guerra si avverta chiaramente anche al di là delle maestose colonne che cingono la facciata dell’edificio, Miss Martha si sforza di “proteggere” le ragazze, insegnando loro l’arte delle buone maniere, l’eleganza nell’eloquio e nella scrittura, la carità cristiana e la preghiera.

L’arrivo del caporale altera inevitabilmente gli equilibri, per la verità già precari, su cui si regge la piccola comunità femminile. Le pulsioni sessuali, il desiderio di piacere e la voglia di fuggire da quella prigione dorata si risvegliano all’improvviso. John diviene l’oggetto del desiderio, una sorta di trofeo che solo la migliore riuscirà a conquistare. La competizione è più evidente tra Edwina, Martha e la spregiudicata Alicia (Elle Fanning), ma anche le più giovani si prodigano nel tentativo di conquistarsi le attenzioni del caporale. Se inizialmente John, nel classico ruolo di “gallo nel pollaio”, non potrà che compiacersi delle attenzioni di cui è circondato, dovrà ben presto rendersi conto di quanto possano risultare pericolosi gli angeli (non a caso sempre vestite di bianco o con tinte pastello) da cui è stato tratto in salvo.

L’inganno è tratto dal romanzo The Beguiled di Thomas Cullinan, già portato sul grande schermo con La notte brava del soldato Johnatan, diretto da Don Siegel e interpretato da un giovane Clint Eastwood. Le atmosfere sembrano essere quelle care a Sofia Coppola: un universo femminile malinconico e a tratti decadente, una galleria di donne con desideri e spregiudicatezza che nulla hanno da invidiare a quelli tipicamente maschili, un erotismo complesso nelle sue eterogenee sfaccettature. Il cast si rivela all’altezza delle aspettative e anche la regia, la fotografia (Philippe Le Sourd) e la scenografia (Anne Ross) sono quelle delle grandi occasioni: non è un caso, del resto, che il film sia stato incoronato a Cannes con il premio per la miglior regia.

È forse la scrittura, affidata alla stessa Sofia Coppola, a costituire il punto più debole del film. Le battute essenziali, le situazioni macchiettistiche che, forse con intento ironicamente provocatorio, restano ingabbiate nella griglia di stereotipi fin troppo prevedibili, non riescono a restituire pienamente la complessità che, invece, la galleria di fanciulle presenti in collegio sarebbe in grado di rappresentare. Anche l’evoluzione del personaggio interpretato da Colin Farrel è scandito da cesure troppo nette per risultare davvero convincente. Lo spettatore resta in perenne attesa dell’autentica svolta all’interno della storia, ma l’unica vera sorpresa sono i titoli di coda.

Ciò non toglie che Sofia Coppola riesca (nuovamente) a centrare l’obiettivo di un film sontuoso ed elegante, incorniciato dall’inquadratura iniziale e da quella finale che, da sole, ne sintetizzano la vibrante potenza estetica.

data di pubblicazione: 1/10/2017


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GAROFANO VERDE – Scenari di Teatro Omosessuale, Rassegna a cura di Rodolfo di Giammarco

GAROFANO VERDE – Scenari di Teatro Omosessuale, Rassegna a cura di Rodolfo di Giammarco

(Teatro India – Roma, 28/30 settembre 2017)

Il secondo incontro con Garofano Verde ha regalato una performance davvero straordinaria: Santa Rita and The Spiders from Mars, ovvero una rilettura di testi di David Bowie e Paolo Poli curata da Marco Cavalcoli, istrionico attore teatrale emiliano che ha intrattenuto il pubblico in maniera da definirsi esilarante.

L’abilità di Cavalcoli è stata quella di saper effettuare una specie di cut-up tra i lavori dei due grandi talenti, da poco tempo scomparsi, per poi ricucirne i pezzi con una abilità interpretativa da lasciare lo spettatore  magicamente sorpreso e coinvolto nello stesso tempo. Di primo acchito ci si potrebbe chiedere come mai siano state accostate due personalità tanto diverse tra di loro, soprattutto per estrazione culturale e formativa. Invece poco a poco ci si accorge che  personaggi in questione avevano molto in comune, soprattutto nell’abilità di sapersi trasformare in maniera camaleontica nei panni femminili, portando avanti un messaggio di rottura per cui furono accusati non solo di trasgressione, ma addirittura di blasfemia.

In tempi non tanto lontani in cui la diversità sessuale era da considerarsi una forma di perversione da condannare, i due seppero imporsi con la loro intelligenza e la loro bravura in campo musicale e teatrale tanto che il pubblico finì per accettare quasi con sollievo la loro diversità, a scapito di pregiudizi e prevenzioni ritenuti oggi del tutto anacronistici.

Lo spettacolo si lascia seguire e diverte molto grazie alla vivacità dei testi ma principalmente per l’interpretazione di Marco Cavalcoli. Veramente Bravo!

 data di pubblicazione: 30/9/2017


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ROMA EUROPA FESTIVAL FRACTUS V – Regia e coreografia di Sidi Larbi Cherkaoui

ROMA EUROPA FESTIVAL FRACTUS V – Regia e coreografia di Sidi Larbi Cherkaoui

(Auditorium della Conciliazione – Roma, 26 e 27 settembre 2017)

Dopo Sasha Waltz Roma Europa Festival segna anche il ritorno del grande coreografo e danzatore Sidi Larbi Cherkaoui, impegnato a presentare in prima nazionale, il 26 e 27 settembre 2017 all’Auditorium Conciliazione di Roma, lo spettacolo Fractus V.

Una riflessione straordinaria e sensibile sul tema del conflitto tra informazione e manipolazione, tra pensiero e differenze culturali e integrazioni multiculturali, frutto di riflessioni e scambi con il filosofo e linguista Noam Chomsky. A incarnarle sulla scena, oltre lo stesso Cherkaoui, quattro danzatori dalla provenienza geografica e dal background diversissimo e un gruppo altrettanto nutrito di musicisti, che esplorano e fondono percussioni giapponesi, sonorità coreane, voci congolesi e sarod indiano. Cherkaoui continua a essere un incessante esploratore di geografie, discipline e culture, esteta di una ricerca permeata dal desiderio di commistione culturale.

Fractus V è anche una nuova esplorazione nelle modalità di comunicazione della società contemporanea e, al contempo, un altro tentativo di reinventare la propria identità.

E tutti gli interpreti, pur mantenendo i loro linguaggi di origine, finiscono per mettere corpi e movimenti in dialogo fra loro creando una nuova comunità.

In scena vengono recitati i testi di Chomsky. L’opera di Chomsky afferma qualcosa di molto importante: tutti i sistemi di assetto di una società ‒ sia essa monarchia, democrazia o qualunque altro sistema ‒ produrranno sempre delle vittime, in coloro che vivranno ai margini o che saranno esclusi dal sistema.

Le immagini in video dello spettacolo ricordano il racconto della cronaca dei nostri giorni: rifugiati che sbarcano sulle spiagge e, in parallelo, immagini di personalità politiche che affermano che tutto va bene, che non c’è da preoccuparsi di niente…

Molti artisti superano le frontiere geografiche e politiche perché è ciò che l’arte fa da sempre.

E Fractus è la frattura, non solo intesa come atto fisico ma metaforicamente, come separazione e crisi identitaria che sottolinea come tutte le persone siano tutti una parte di un unicum che lotta tra la frattura e il ricongiungimento, all’infinito.

Sessantacinque minuti di poesia, metafisici e primordiali, estatici e profondi.

data di pubblicazione: 30/9/2017


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ROMA EUROPA FESTIVAL SASHA WALTZ&FRIENDS IN KREATUR – Regia e coreografia di Sasha Waltz

ROMA EUROPA FESTIVAL SASHA WALTZ&FRIENDS IN KREATUR – Regia e coreografia di Sasha Waltz

(Teatro Argentina – Roma, 20/23 settembre 2017)

Sasha Waltz ha inaugurato la 32esima edizione del Romaeuropa Festival con il debutto italiano di Kreatur, la sua nuova opera presentata in anteprima mondiale lo scorso 9 giugno al Radialsystem Berlin e andata in scena in prima nazionale dal 20 al 23 settembre 2017 al Teatro Argentina di Roma.  La coreografa tedesca ha regalato al Festival la sua travolgente carica di linee, forze e corpi rinnovando la sua attenzione al dialogo con altre forme artistiche, per tornare ad esplorare le paure di oggi.

Sul palco 14 danzatori, di cui tre italiani, indagano aspetti dell’esistenza umana e della realtà sociale. Attraverso delicati fraseggi e improvvise esplosioni di violenza segnano il rapporto con lo spazio che li circonda, affrontando gli opposti del nostro quotidiano ovvero la forza e la debolezza, la libertà ed il controllo, il gruppo e l’isolamento, la democrazia e l’oppressione. Tutti senza distinzione di età, sesso, estrazione sociale e orientamento sessuale alla conquista di un proprio ruolo nel mondo. Manca lo spazio vitale ed allora tutti tentano inutilmente di salire una scala appoggiata ad una parete bianca. Si ammucchiano, si spingono, si sovrastano per poi cadere.

Kreatur si basa anche su due importanti collaborazioni: con la fashion designer Iris van Herpen, che nei suoi abiti scultorei combina tecniche artigianali e tecnologie digitali e dall’altro con il light designer Urs Schönebaum, per lungo tempo collaboratore di Robert Wilson.

Ad affiancare questo sofisticato trio, sono le musiche di Soundwalk Collective, band di New York che spazia tra musica, performance, e installazioni e che vanta anch’essa collaborazioni con star come Patti Smith.

Kreatur racconta le ansie del presente, tra minaccia del terrorismo, paura degli immigrati, disoccupazione e crisi economica. Sul palco i ballerini si spostano in bozzoli bianchi eterei, rifugi ma anche prigioni interiori. E i corpi sono in continua trasformazione. È anche questo, tra l’altro, per porsi la domanda Where are we Now? che è un tema portante di questo Festival.
Una combinazione esplosiva ed austera di danza, moda, musica e luce. Uno spettacolo che assorbe e rilascia significative riflessioni sulla nostra identità, su ansie e paure del quotidiano, ma anche sulla forza interiore e sulla capacità di comprendere il presente e di viverlo degnamente.

data di pubblicazione: 30/9/2017


Il nostro voto:

GAROFANO VERDE – Scenari di Teatro Omosessuale, Rassegna a cura di Rodolfo di Giammarco

GAROFANO VERDE – Scenari di Teatro Omosessuale, Rassegna a cura di Rodolfo di Giammarco

(Teatro India – Roma, 28/30 settembre 2017)

Al via la XXIV edizione del Garofano Verde presso lo spazio del Teatro India di Roma con due lavori che hanno molto interessato il folto pubblico in sala.

Il primo è stato Artemy di Simone Carella con Angelo Di Genio, Francesco Martino e Emanuela Villagrossi. I due protagonisti Anton e Artemy si ritrovano dopo venticinque anni casualmente sullo stesso treno diretti entrambi verso la città russa di Samara. Questo incontro sarà il pretesto per far affiorare ricordi di un passato non proprio felice visto che i due, allora studenti, si erano amati ma che per i pregiudizi generali incontrati erano stati costretti loro malgrado a vivere di nascosto la loro storia d’amore. Il testo risulta ben costruito tanto da fargli aggiudicare il Primo Premio nella sezione Testo Teatrale del Festival Colline di Torino, la cui Giuria era presieduta da Valter Malosti.  Discreta la recitazione degli attori anche se un volume leggermente più alto avrebbe sicuramente favorito la comprensione dei dialoghi, serrati e ben cadenzati, ma che talvolta arrivavano al pubblico sfumati.

Del tutto diverso il secondo lavoro in programma: Biglietti agli amici di Pier Vittorio Tondelli a cura di Massimiliano Civica, che ne ha curato la presentazione in una forma, tra l’ironico e il tragico, che ha subito conquistato l’attenzione del pubblico. I 24 biglietti scritti agli amici, uno per ogni ora del giorno e della notte, con la supervisione di un angelo per ciascun giorno della settimana, costituiscono una summa del pensiero dello scrittore emiliano, scomparso tragicamente nel 1991 all’età di 36 anni. I biglietti sono stati letti da Carmelo Alù, che ha saputo ricreare con un timbro di voce freddo e distaccato una sorta di mantra elegiaco, quasi a sottolineare l’idea cosmica dell’abbandono, unico vero ineluttabile destino che segue l’uomo e l’universo intero. Un omaggio sentito e non patetico a uno scrittore che con il suo libro Altri libertini, riuscì a diventare un personaggio cult tra giovani negli anni Ottanta.

data di pubblicazione: 29/9/2017


Il nostro voto:

THANKS FOR HURTING ME KAFKA. UN TRIBUTO POSTUMO – Regia, coreografia, scene e costumi di Enzo Cosimi

THANKS FOR HURTING ME KAFKA. UN TRIBUTO POSTUMO – Regia, coreografia, scene e costumi di Enzo Cosimi

(Teatro India – Roma, 26 e 27 settembre 2017)

A chiusura della terza edizione della rassegna Il Teatro che danza-Vetrina sulla coreografia contemporanea, il Teatro India di Roma ha ospitato la Compagnia Enzo Cosimi con la prima nazionale di Thanks for hurting me Kafka. un tributo postumo con regia e coreografia  dello stesso Enzo Cosimi, che ha curato anche le musiche insieme a Stefano Galanti.

Autore e artista tra i più noti e autorevoli della coreografia italiana contemporanea, capace di suscitare forti emozioni con le sue creazioni, Cosimi dopo Fear party, sulla paura collettiva, e Estasi che affronta il tema del desiderio e il rapporto tra questo e gli aspetti più profondi generati oggi nella società contemporanea, chiude la trilogia Sulle passioni dell’anima proponendo a Roma, in anteprima nazionale, una performance complessa, un tributo postumo al grande Franz Kafka,  dedicata all’esperienza emozionale del dolore.

Attraverso percezioni e sensazioni, percorsi del ricordo e visioni oniriche, Thanks for hurting me racconta la catarsi del dolore, visto non più come condizione da evitare e rifiutare, bensì percorso di crescita e purificazione, attraverso l’ascolto dell’io più intimo che aiuta ad accettare e superare, rendendo l’uomo più permeabile e forte e più in sintonia con i misteri della vita e del mondo.

Come lo stesso Cosimi sottolinea “ Il dolore – processo di purificazione che permette di santificare l’uomo, di allontanarlo dalla vita – permette di aprirsi ai segreti del mondo. L’avvento del nichilismo ha annullato ogni valore metafisico in un sistema votato al dominio planetario della tecnologia e della scienza. Quindi il dolore viene estirpato dalla vita perché non abita più persone ma strumenti. Dal mutato rapporto col dolore sorge una nuova koinè del pensiero che celebra il mondo virtuale, la velocità e la narcosi, in una sola parola, la fuga”.

La drammaturgia del lavoro si sposa perfettamente con l’universo Kafkiano attraverso visioni e costruzioni della mente; il dolore insegna ad ascoltare e a trasmettere l’unicità dell’essere umano.

Narrazioni sovrapposte in cui storie vere e biografie inventate si mescolano fra loro, in cui si mette in crisi l’idea della storia unica e oggettiva, creando una drammaturgia a più livelli, multidimensionale, senza confini tra le discipline artistiche, mettendo il corpo al centro del processo creativo.

Opera a tutto tondo di Enzo Cosimi che firma regia, coreografia, scene e costumi mentre l’interpretazione e la collaborazione alla coreografia sono di Paola Lattanzi, Elisabetta Di Terlizzi, Alice Raffaelli.

Brave le tre interpreti a condurci nel percorso di sofferenza ed espiazione, attraverso il gesto ripetuto ed esasperato, il sentiero accidentato da percorrere, le pause e le convulsioni. Una contrizione che alla fine sublima il dolore e lo rende umano.

Uno spettacolo ipnotico e non esasperato, ritmico ma privo di sussulti emotivi, poco accattivante  ed asciutto.

data di pubblicazione:28/09/2017


Il nostro voto:

DUE MOGLI. 2 AGOSTO 1980 di Maria Pia Ammirati – Mondadori, 2017

DUE MOGLI. 2 AGOSTO 1980 di Maria Pia Ammirati – Mondadori, 2017

Un romanzo molto coinvolgente, perlomeno lo è stato per me che spesso transito, per ragioni di lavoro, dalla stazione di Bologna passando sotto all’orologio per sempre fermo alle 10,25 andando a prendere il taxi davanti a quella che un tempo era la sala d’attesa di II classe, dove esplose l’ordigno che causò la morte di ottantacinque innocenti e il ferimento di duecento persone.

Il romanzo di svolge nell’arco di una unica giornata, appunto quella del 2 agosto 1980, e inizia alle 8 del mattino in una periferia romana dove Matilde e Marta, due amiche e vicine di casa, stanno salutandosi prima della partenza per le agognate vacanze estive.

Matilde sta finendo gli ultimi preparativi prima di partire per il mare con il marito e i suoi due figli adolescenti; ha già preparato tutte le provviste che verranno stipate ordinatamente nella macchina così come verranno caricate, con ordine millimetrico, le valige sul portabagagli sopra al tettuccio dal suo pignolo e grigio marito.

In quel momento si sofferma a pensare a Marta e a l’invidia che prova per la vita della sua amica, per la sua famiglia numerosa, le cinque figlie che creano confusione e allegria nella loro casa senza sapere che, nello stesso tempo, Marta le sta invidiando  proprio la tranquilla routine senza scossoni nella quale vive, priva di tutte le preoccupazioni in cui lei si deve barcamenare proprio a causa delle sue figlie, soprattutto per Gianna che ha scelto di andare a studiare all’università di Bologna.

Alle dieci di mattina Matilde e la sua famiglia partono per il mare, in quel momento Gianna, a Bologna, è in una delle aule dell’Università per assistere all’ultima lezione prima della pausa estiva: dopo poco il suono acuto delle sirene squarcia la pesante afa estiva, il professore interrompe la lezione preoccupato, e poco dopo entra in aula il preside di facoltà, stravolto; i due si parlano e gli studenti apprendono che è successo qualche cosa di veramente grave per la città: “C’è stato un incidente alla stazione centrale, pare sia scoppiata una caldaia o una bombola di gas. L’università sta organizzando un gruppo di volontari per portare aiuto, se qualcuno se la sente ci vediamo tra cinque minuti nella sala professori. Il preside si è proposto per coordinarci. La lezione, come capirete, è sospesa”. Gianna, in un secondo, si rende conto che la presenza a quella sua ultima lezione ha cambiato per sempre la sua vita.

L’Italia apprende la notizia dalla voce dagli speakers radiofonici. Il marito di Matilde si china sulla radio della macchina per alzare il volume e sentire la notizia che ha interrotto la programmazione radiofonica, si rialza e viene abbagliato da un riflesso sull’asfalto, per evitare la luce accecante negli occhi si porta all’estrema sinistra della carreggiata, nel senso opposto sta arrivando una macchina di grossa cilindrata impegnata in un sorpasso…  per un assurdo scherzo del destino alle undici e dieci di quel 2 agosto anche la vita di Matilde cambierà completamente.

Intanto dalla stazione di Bologna si alza una colonna di fumo, nel piazzale antistante gli autobus vengono utilizzati come ambulanze e voci diverse da quelle di una disgrazia cominciano a circolare: “È un disastro, non può essere una caldaia. È un disastro”.

Una valigia con 23 chili di tritolo è stata lasciata su un tavolino portabagagli, a circa 50 centimetri di altezza, proprio sotto il muro portante dell’ala Ovest: la potenza dell’esplosione è stata tale da investire anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario e il parcheggio dei taxi antistante la stazione.

Una terza storia si aggiunge a quella di Matilde e Marta ed è quella di Marina Gamberini, reale il nome e reale la sua esperienza di sopravvissuta alla strage. Marina ha solo vent’anni, è stata appena assunta nell’ufficio di contabilità della Cigar, l’azienda di ristorazione della stazione centrale che aveva gli uffici esattamente sopra la sala d’attesa della seconda classe, è l’unica superstite.

Le sue colleghe, Euridia, Rita, Mirella, Franca, Nilla e Katia, sono perite nel crollo del loro ufficio e i loro nomi rimarranno scolpiti per sempre in una targa affissa, dai colleghi della ristorazione, nell’ala ricostruita della stazione.

La scrittura empatica della Ammirati ci incatena alle sue pagine, non si può interrompere la lettura del suo libro; la costruzione dei personaggi, la descrizione delle loro ansie, delle paure, delle sofferenze è straziante e le loro storie non possono non farci riflettere sull’importanza che ha il “caso” nella vita di ognuno di noi.

data di pubblicazione:25/09/2017

ASPETTANDO LA 15^ EDIZIONE DI ALICE NELLA CITTÀ

ASPETTANDO LA 15^ EDIZIONE DI ALICE NELLA CITTÀ

Manca poco più di un mese alla rassegna cinematografica romana, dedicata alle nuove generazioni. In programma dal 26 ottobre al 5 novembre, ecco svelati i primi appuntamenti.

 

Continua ad arricchirsi di film e incontri il programma della 15esima edizione di Alice nella città, la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma. Indirizzata alle nuove generazioni, quest’anno si svolgerà dal 26 ottobre al 5 novembre tra Casa Alice, l’Auditorium Parco della Musica e altre sale cinematografiche della Capitale. La presentazione ufficiale della rassegna si terrà venerdì 6 ottobre alle 11.00, presso la Sala Deluxe della Casa del Cinema (via Largo Marcello Mastroianni, Roma).

Al momento sono due le pellicole in concorso ad essere state annunciate, Please stand by e My friend Dahmer. Diretta da Ben Lewin, la prima vede Dakota Fanning nei panni di Wendy, una ragazza affetta da autismo che intraprenderà un viaggio unico per partecipare ad un concorso di sceneggiatura ad Hollywood. L’altra, invece, è tratta dall’omonima graphic novel di Derf, nome d’arte di John Backderf. Per la regia di Marc Meyers, il film racconta la vera storia di Jeffrey Dahmer, anche conosciuto come il Mostro di Milwaukee, il noto criminale statunitense condannato all’ergastolo nel ‘92. Così come il fumetto, il riadattamento per il grande schermo si concentrerà sugli anni del liceo dell’uomo, di cui Derf fu realmente compagno di classe.

Ad aggiungersi a questi anche un altro grande titolo. Il 28 ottobre, infatti, sarà presentato in prima mondiale Mazinga Z Infinity, il lungometraggio d’animazione firmato da Junji Shimizu, che porterà di nuovo sulle scene lo storico robot controllato da Koji Kabuto e il suo acerrimo nemico, il Dr. Inferno. Prodotto dalla Toei Animation, l’anime sarà distribuito in Italia da Key Films a partire dal 31 ottobre.

Alla proiezione sarà presente anche il celebre mangaka Gō Nagai, inventore del personaggio di Mazinga Z. Era il 1972 quando diede vita alla sua creatura comandata dall’interno da un essere umano, la prima ad essere trasformata in un cartone animato. Una vera e propria innovazione nell’ambiente, che spianò la strada allo sviluppo dei cosiddetti mecha, automi guidati da almeno un pilota, inserito direttamente nella struttura metallica del veicolo.

“Vola, si tuffa dalle stella giù in picchiata. Se sei il nemico, prega è già finita. La morte batte i denti, c’è Mazinga”, cantava la sigla. E ora, nella sua lotta contro il male, il famoso robot è pronto a raggiungere anche Roma, in un appuntamento che andrà a fondere la settima arte con quella del disegno animato. Perché il cinema è soprattutto questo: l’espressione della creatività alla massima potenza.

data di pubblicazione:18/09/2017

APPUNTAMENTO AL PARCO Joel Hopkins, 2017

APPUNTAMENTO AL PARCO Joel Hopkins, 2017

Donald e Emily sono entrambi soli, uno per scelta l’altra per destino; tutti e due in fuga da qualcosa, anche se non ne sono perfettamente consapevoli. Un giorno, per caso, si incontrano e provano a dialogare, mettendo a confronto i loro mondi così apparentemente diversi.

 

Emily (Diane Keaton), vedova da appena un anno, vive nella bella casa coniugale sita nell’elegante quartiere di Hampstead a nord di Londra: l’appartamento è l’unica cosa che le ha lasciato il defunto marito, assieme ad un mucchio di debiti da onorare. Emily, che non ha mai lavorato, ha sempre passato il suo tempo facendo volontariato e partecipando alle riunioni con le signore del suo stabile per discutere sulle migliorie da apportare al condominio, tutte cose che le hanno sempre riempito la vita. Durante uno di questi incontri apprende che al posto di un vecchio ospedale sito all’interno dello splendido parco di Hampstead, sorgerà un complesso di appartamenti di lusso molto caldeggiato dalle sue amiche benestanti.

Il disinteresse di Emily per questo tipo di argomenti, che un tempo erano il suo pane quotidiano, scatena l’insistenza di suo figlio e delle sue amiche a sanare il prima possibile la sua situazione debitoria, per poter tornare a vivere magari accanto ad un nuovo compagno di vita; ma la sua disattenzione non nasce dal dolore per la recente perdita del coniuge, verso il quale al contrario ha buoni motivi per nutrire un profondo risentimento, quanto dalla amara consapevolezza di aver buttato via la sua esistenza senza aver costruito nulla che le appartenesse veramente e che in qualche modo la rappresentasse.

Un giorno, osservando con un vecchio binocolo la zona del parco dove sorgerà il nuovo complesso di appartamenti, scorge nascosta tra gli alberi una baracca: è abitata da Donald (Brendan Gleeson), un irlandese barbuto, burbero e scostante che, nonostante i ripetuti avvisi di sfratto da parte dell’impresa appaltatrice dei lavori, vuole a tutti i costi tutelare quella solitaria quanto insolita vita tra gli alberi.

Joel Hopkins, a distanza di qualche anno, ripropone una commedia tenera basata sulla storia d’amore tra due persone non più giovani, dando agli interpreti il compito di reggere l’intero film sulle proprie spalle. Inutile dire che come fu per la coppia d’assi Dustin Hoffman ed Emma Thompson in Oggi è già domani, anche in Appuntamento al parco la divina Diane Keaton, elegantemente invecchiata, ed il bravissimo Brendan Gleeson (Lettere da Berlino, Suffragette) reggono tutti i 102 minuti della pellicola, che scorre lieve senza impennate né in positivo né in negativo, cullando piacevolmente lo spettatore grazie solo alla loro empatica interpretazione.

Il film purtroppo non tratta alcun altro argomento in maniera approfondita, ma tutto rimane a fare da sbiadito sfondo alla vicenda dei due protagonisti che, seppur accattivante e gradevole, al termine della proiezione non lascia segni tangibili nella memoria dello spettatore.

data di pubblicazione:18/09/2017


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IL COLORE NASCOSTO DELLE COSE di Silvio Soldini, 2017

IL COLORE NASCOSTO DELLE COSE di Silvio Soldini, 2017

Un appuntamento “al buio”, un uomo troppo indeciso per accontentarsi di una sola donna, una donna troppo innamorata per dividere il suo uomo. Una storia come tante, solo che lei è una non vedente.

 

Teo (Adriano Giannini) è un creativo, un pubblicitario, un uomo che vive esaltando e preservando il potere dell’apparenza. La sua fidanzata Greta (Anna Ferzetti) vorrebbe “mettere su famiglia” insieme a lui, ma Teo è restio alla convivenza: preferisce la sua casa, le sue abitudini, le sue amanti occasionali.

Nel corso di un percorso sensoriale durante il quale i non vedenti dialogano con i “normodotati” per guidarli alla scoperta della luminosità del buio, Teo resta affascinato dalla voce di Emma (Valeria Golino). Incontratisi nuovamente alla luce del sole, Teo ed Emma iniziano a frequentarsi. Emma non vede, ma di mestiere non fa la centralinista: è un’osteopata, che svolge con passione e successo il suo lavoro.

Il rapporto tra i due diventerà progressivamente più intenso e li condurrà, in buona sostanza, a fondere e confondere il loro sguardo. Emma inizierà a vedere il mondo con gli occhi di Teo e a fidarsi di lui. Teo apre finalmente gli occhi offuscati da un troppo lungo periodo di torpore, riscoprirà anche nel suo lavoro la potenza dell’immaginazione, proverà a fare i conti con un passato che invano si era sforzato cancellare e cercherà di curare la sua “cecità sentimentale”.

Dopo Il comandante e la cicogna (2012), Silvio Soldini torna al cinema con Il colore nascosto delle cose, presentato fuori concorso a Venezia 74 e consequenziale sviluppo artistico del documentario Per altri occhi, con cui il regista aveva esplorato l’universo dei non vedenti. La forza del film sta nel raccontare una “normale” storia d’amore, evitando, nei limiti del possibile, di indugiare con retorico pietismo sulle condizioni di Emma e trattandola come una qualsiasi donna innamorata. Valeria Golino è impeccabile e anche Adriano Giannini regge la parte in maniera convincente: la coppia torna a lavorare insieme dopo Per amor vostro, che era valso a Valeria Golino la Coppa Volpi a Venezia 72. Degna di nota anche Arianna Scommegna nel ruolo di Patti, amica ipovedente di Emma che regala al film momenti di cinica comicità.

La storia scorre via in maniera gradevole, ma senza sussulti, indugiando eccessivamente in una parte centrale che rende forse ridondanti i 155 minuti complessivi. Il finale, al contrario, è forse un po’ troppo “sbrigativo” e poco credibile, ma nel complesso Il colore nascosto delle cose è un film che vale il prezzo del biglietto, non foss’altro che per la straordinaria prova di Valeria Golino.

data di pubblicazione: 10/09/2017


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