VENEZIA 74 – CERIMONIA DI PREMIAZIONE

VENEZIA 74 – CERIMONIA DI PREMIAZIONE

Cala il sipario sulla 74. edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Il programma è stato denso, eterogeneo e, soprattutto, ha raggiunto in più di un’occasione il proverbiale accordo tra critica e pubblico.

Il Leone d’oro si pone ad autorevole suggello di questa tendenza, finendo tra le mani di Guillermo del Toro per The Shape of Water: l’intensa e coinvolgente fiaba ambientata ai tempi della guerra fredda, che ha presentato un’inedita versione dell’amore tra la Bella e la Bestia, vince Venezia 74 e una volta tanto, sarà anche un film (è facile immaginarlo) capace di ottenere risultati lusinghieri al botteghino.

La Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile, in un’edizione della Mostra che ha anche celebrato le vecchie glorie del cinema, va a Charlotte Rampling per Hannah di Andrea Pallaoro. L’attrice si dice commossa di ricevere un premio così prestigioso proprio in Italia, che costituisce la sua principale fonte di ispirazione: è proprio grazie a degli italiani, da Luchino Visconti ad Adriano Celentano, che ha potuto intraprendere la sua carriera.

La Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile è invece conquistata da Kamel El Basha per il sorprendente The Insult di Ziad Doueiri: l’attore viene dal teatro e con il suo primo film da “professionista” si è assunto il compito, indubbiamente non semplice, di portare al cinema la complessa situazione politica del Libano.

Autentico exploit per Jusq’à la garde di uno Xavier Legrand in lacrime, proiettato nell’ultimo giorno della Mostra, che con la sua complessa storia originata da un matrimonio finito si aggiudica sia il premio De Laurentiis come miglior opera prima sia il Leone d’argento per la Miglior regia.

Il Leone d’argento Gran Premio della Giuria è stato invece assegnato a Foxtrot di Samuel Maoz, tragedia che si snoda attorno al tema dell’ineluttabilità del Fato.

Nico, 1988 di Susanna Nicchiarelli è stato incoronato miglior film nella sezione Orizzonti, sul declino della ex cantante dei Velvet Underground, ex modella ed ex musa di Andy Warhol che a un certo punto della sua vita diventa “soltanto” Christa Päffgen.

Il premio Mastroianni al miglior attor emergente è andato al giovane Charlie Plummer per Lean on Pete di Andrew Haigh, film di formazione che ha al centro (anche) la preziosa amicizia tra un ragazzo e un cavallo alla ricerca della propria libertà.

Al termine di un’edizione che certamente non ha tradito le aspettative della vigilia, per citare Guillermo del Toro che stringe commosso il primo Leone d’oro vinto da un regista messicano, si può solo continuare a credere nella vita, nell’amore e nel cinema.

Arrivederci al 29 agosto 2018!

Riportiamo qui di seguito l’elenco completo dei premi assegnati:

Premi assegnati dalla Giuria internazionale di Venezia 74 presieduta da Annette Bening:

  • Leone d’Oro per il Miglior Film: The Shape of Water di Guillermo del Toro
  • Leone d’Argento Gran Premio della Giuria: Foxtrot di Samuel Maoz
  • Leone d’Argento per la Migliore Regia: Xavier Legrand per Jusqu’a la garde
  • Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione Maschile: Kamel El Basha per The Insult di Ziad Doueiri
  • Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione Femminile: Charlotte Rampling per Hannah di Andrea Pallaoro
  • Miglior Sceneggiatura: Three Billboards Outside a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh

Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente: Charlie Plummer per Lean on Pete di Andrew Haigh

  • Premio Speciale della Giuria: Sweet Country di Warwick Thornton

Premi assegnati dalla Giuria internazionale della sezione Orizzonti presieduta da Gianni Amelio assegna:

  • Premio Orizzonti per il Miglior Film: Nico, 1988 di Susanna Nicchiarelli
  • Premio Orizzonti per la Miglior Regia: Vahid Jalilvand per Bedoone Tarikh, Bedoone Emza
  • Premio Orizzonti per la Miglior Sceneggiatura: Los versos del olvido di Alireza Khatami
  • Premio Speciale della Giuria di Orizzonti: Caniba di Verena Paravel e Lucien Castaing-Taylor
  • Premio Orizzonti per il Miglior Cortometraggio: Gros Chagrin di Céline Devaux
  • Premio Orizzonti per la Miglior Interpretazione Maschile: Navid Mohammadzadeh per Bedoone Tarikh, Bedoone Emza di Vahid Jalilvand
  • Premio Orizzonti per la Miglior Interpretazione Femminile: Lyna Khoudri per Les Bienheureux di Sofia Djama

Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis”:

  • Jusqu’à la garde di Xavier Legrand

Premi del Venice Virtual Reality assegnati dalla Giuria presieduta da John Landis:

  • Miglior Film VR: Arden’s Wake Expanded di Eugene Yk Chung
  • Migliore Esperienza VR (per contenuto interattivo): La Camera Insabbiata di Laurie Anderson e Hsin-Chien Huang
  • Migliore Storia VR (per contenuto lineare): Bloodless di Gina Kim

Premi assegnati dalla Giuria della sezione Venezia Classici presieduta da Giuseppe Piccioni:

  • Premio Venezia Classici per il Miglior Film Restaurato: Idi i smotri di Elen Klimov
  • Premio Venezia Classici per il Miglior Documentario Sul Cinema: The Prince and the Dybbuk di Elwira Niewiera e Piotr Rosolowski

data di pubblicazione: 09/09/2017

DUNKIRK di Cristopher Nolan, 2017

DUNKIRK di Cristopher Nolan, 2017

Non un film, ma un quadro. Un’opera d’arte che alterna luci e ombre nei suoi fotogrammi, rafforzati nella loro bellezza dal potere evocativo delle musiche di Hans Zimmer.

Si tratta di Dunkirk, l’ultima impresa del regista Cristopher Nolan, presentato in anteprima lo scorso 28 agosto alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. La pellicola racconta il miracolo di Dunkerque, l’operazione che consentì il salvataggio delle truppe inglesi e francesi durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo essere stati circondati dai tedeschi, gli Alleati riuscirono a lasciare via mare le spiagge della cittadina, grazie ad unità navali di ogni sorta giunte in loro soccorso.

Inizialmente l’idea di Nolan era stata quella di girare senza l’utilizzo di una sceneggiatura. Pur avendo abbandonato questa possibilità, il film è caratterizzato da pochi scambi di battute nella sua realizzazione finale. È un racconto corale, suddiviso in tre momenti principali, Il molo, Il mare e Il cielo. Solo alcuni i personaggi che sceglie di far diventare protagonisti delle rispettive sequenze, di cui lo spettatore impara a conoscere volto e sguardo, insieme a scarse informazioni personali. Ed è proprio questo il punto di forza del suo racconto: l’esigenza di mostrare e far parlare le immagini da sé, annettendovi un numero limitato di elementi aggiuntivi. Ai volti espressivi degli attori, ai colori scelti man mano e alle poche parole urlate o sussurrate, è unicamente la musica a dare un valore in più. Con l’impetuosità di cui è capace, sottolinea e accentua i momenti più difficili da riprodurre. Perché la realtà supera la fantasia, è vero, ma a volte l’arte è in grado di ricostruirla con una complessità tale da diventare essa stessa un documento autentico. E con il suo Dunkirk Nolan non poteva fare lavoro migliore.

data di pubblicazione:08/09/2017


Scopri con un click il nostro voto:

GATTA CENERENTOLA di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone

GATTA CENERENTOLA di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone

(74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

I sogni di un armatore, una bimba soprannominata Gatta Cenerentola e il desiderio di ristabilire una legalità per troppo tempo violata: un film di animazione che incanta e sorprende.

Gatta Cenerentola è il secondo film di animazione dei creatori de L’Arte della felicità. La favola nell’originale napoletano del XVII secolo si intitolava “La gatta cenerentola”; dapprima orale (racconto popolare tramandato sin dall’antichità in centinaia di versioni provenienti da molte parti del mondo e tutti se la contendono, è inserita anche nelle celebri raccolte di Charles Perrault e dei Fratelli Grimm. Approderà anche a teatro nell’opera di De Simone), trascritta da Giambattista Basile, è stata riletta in chiave post-moderna-digitale-3D con uno stile noir.

Il film di animazione, presentato nella sezione Orizzonti, ha ricevuto molti applausi al Lido e ha vinto il Premio Speciale Francesco Pasinetti 2017. È una favola dove si canta per parlare e si parla per cantare, dove tutti capiscono anche ciò che non si capisce solo a parole.

Gatta Cenerentola è un gioiellino di animazione e di creatività.  La storia, ambientata fra l’interno della nave Megaride e i dintorni del porto di Napoli ove è ancorata, è una storia di fantasmi.

Don Vittorio Basile è un armatore che inventa “un fiore all’occhiello dell’ingegneria navale italiana” per dare lustro alla città di Napoli. Ma l’avidità del faccendiere Salvatore Lo Giusto, detto ‘o Re (Massimiliano Gallo), e della bella Angelica Carannante (Maria Pia Calzone), promessa sposa di Basile, mettono fine alla vita e ai sogni dell’armatore, lasciando la piccola Mia, figlia di primo letto di Vittorio, nelle grinfie della matrigna e dei suoi sei figli – cinque femmine e un “femminiello” – che affibbiano alla bambina il soprannome di Gatta Cenerentola. Primo Gemito (Alessandro Gassmann), ex uomo della scorta di Basile, vuole riportare la legalità nel porto di Napoli e sottrarre Cenerentola alla sua prigionia.

 La Gatta Cenerentola è proprio Napoli, anche se non appare,  i registi hanno voluto raccontare l’autoironia di Napoli tra luce e cenere, tra barbarie e nobiltà.

Parlano di una città in cui le buone intenzioni e la creatività degli onesti diventano leva di potere per la genialità criminale di chi fa dell’arte di arrangiarsi un vanto.

“La droga corre sui tacchi a spillo” è una citazione del film che raccoglie tutta la “napoletanità”, e che caratterizza ogni secondo dell’animazione.

Il film è un omaggio ad una città che spezza il cuore e spegne le illusioni, ma sforna anche bellezza, poesia e musica, sono citati Titanic e La leggenda del pianista sull’Oceano.

Si entra completamente nell’animazione, rimanendone avvolti e catturati grazie anche alla sinuosità dei tratti dei disegni, così come l’acqua avvolge tutta la storia.

data di pubblicazione: 08/09/2017








SWEET COUNTRY di Warwick Thornton, 2017

SWEET COUNTRY di Warwick Thornton, 2017

(74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Sweet country è un film western molto elegante e racconta una storia ambientata in Australia. Gli aborigeni sono gli indiani d’America, privati delle loro terre dei loro diritti e della loro libertà.

 

Nel Far West australiano si trasferisce Harry, un reduce di guerra turbato e rancoroso che romperà l’equilibrio tra i proprietari terrieri bianchi e i loro schiavi mandriani aborigeni come Sam, costringendolo ad una fuga attraverso il paese insieme a sua moglie. Fred (Sam Neill), serafico uomo bianco di chiesa, combatte perché gli uomini siano tutti uguali davanti al Signore, mentre il sergente Fletcher (Bryan Brown), uomo militare bianco, vive un conflitto interiore che lo rende molto irrequieto.

Il viaggio fuga/inseguimento negli sconfinati spazi degli altopiani delle MacDonnels Rangers lascia a bocca aperta; i colori della terra, della sabbia, del sale e della pietra e della luce del cielo, dell’arcobaleno e dei fulmini sono intensi e puri. I suoni e i silenzi sono magistralmente diretti: si vede la pioggia, non se ne sente il rumore ma si avverte la sua potenza.

I numerosi fotogrammi flash a ricordare o ad anticipare quello che vedremo, mostrano un’attenta ricerca del dettaglio anche nei dialoghi puri da parte del regista.

Un paese che vuole andare in avanti e in alto, ha necessariamente e naturalmente bisogno di un cambiamento.

data di pubblicazione:06/09/2017








SWEET COUNTRY di Warwick Thornton, 2017

AMMORE E MALAVITA di Manetti Bros., 2017

(74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Non è Napoli, non poteva non essere Napoli, la città folle protagonista di questo musical cinematografico, dove i Manetti Bros. dipingono la loro storia: tra musica e azione spuntano gli splendidi scenari dei vicoli e del mare del Golfo, tra amore e pallottole appaiono le architetture fatiscenti, dismesse e fascinose di Napoli. Nobody si salva con la “Scampia Disco Dance”, neanche chi è costretto agli arresti domiciliari!

I personaggi si presentano e parlano, cantando e ballando dall’inizio con la canzone “Al mio funerale” e alla fine con il geniale duello “O’ vient’ e libertà” passando attraverso “L’amore ritrovato”, rifacimento di “What a feeling”.

Napoli è una città piena di colori e luci che stimola l’immaginazione ad andare oltre. La tavolozza di colori si ispira a grandi interpreti, grandi autori musicali e ad una “pazzia” che rende leggera la vita con dei movimenti in sincrono.

Un musical “d’ammore”, perché di un ritrovato primo amore adolescenziale si parla. Si canta e si balla sullo schermo in perfetto stile Manetti grazie anche a Luca Tommassini, che ne ha curato le coreografie belle e divertenti.

Non si può uccidere l’amore è il messaggio di questo entusiasmante film. Chi ti vuole più bene di me?

I dialoghi tra Don Vincenzo (Carlo Buccirosso ) e Donna Maria (Claudia Gerini) sono esilaranti, così come le loro nuove identità da latitanti: Vincenzo Ranieri e Grazia Chelli in onore della famiglia reale del principato di Monaco.

La grande storia d’amore è tra Fatima (una ‪Serena Rossi magnetica) e Ciro (Giampaolo Morelli): ma purtroppo Fatima si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato e Ciro dovrà eliminarla.

Le due tigri, Ciro e Rosario (Raiz) sono state addestrate a dovere su ispirazione dei film di 007, e sono al servizio di Don Vincenzo e di sua moglie. Tutte le battute sono esilaranti e geniali.

La scelta del musical ha permesso di affrontare temi profondi ed importanti, si canta mentre ci si bacia, durante una sparatoria, si canta mentre si è scippati a Scampia. Questa vena di follia si respira durante tutto il film grazie anche agli interpreti, tutti molto bravi.

‪I Manetti Bros. riescono a fare divertire anche  gli stessi interpreti durante le loro riprese, ed il risultato finale divertente e di qualità ne è la prova.

data di pubblicazione:06/09/2017








MARVIN di Annie Fontaine, 2017

MARVIN di Annie Fontaine, 2017

(74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Martin Clement, nato Marvin Bijou (gioiellino in italiano) è un ragazzino magrolino dai capelli rossi che cresce nel villaggio di Vosgi nella soffocante provincia francese. Marvin scappa dall’intolleranza e dal bullismo che lo perseguitano per essere un bambino diverso: durante questa fuga trova degli alleati che lo introducono al teatro e lo incoraggiano a raccontare la sua storia su un palco. Il bambino dai capelli rossi decide di strapparsi il cuore e cominciare con un nuovo “io”.

“Chi ha ucciso Marvin Bijou” è il monologo scritto e interpretato dal giovane attore insieme ad Isabelle Huppert (nel ruolo di se stessa). Questo progetto racconta la condizione che ha subìto nell’ambito di una famiglia menefreghista chiusa nella sua apatica arretratezza. Martin Clèment uomo percorre timidamente il suo tunnel e ne esce risolto, deciso a dimostrare alla sua famiglia quanto valga come persona e come artista: raccontando la sua verità, Marvin/Martin risolve se stesso.

Anne Fontaine riesce in un film, delicato, ordinato e adeguato.

data di pubblicazione:05/09/2017








MARVIN di Annie Fontaine, 2017

LA VOCE DI FANTOZZI di Mario Sesti, 2017

(74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Ci sono voci e voci. Alcune sono uniche, altre così cariche di significato da esistere indipendentemente da chi le produce. Quella di Paolo Villaggio in Fantozzi fa parte di quest’ultima categoria: definita “lupata” dagli esperti, è una caratteristica chiave della maschera di cui si fa portavoce. È per questo che il regista e critico Mario Sesti ha deciso di partire da questi suoni per ricostruire il personaggio Fantozzi e l’uomo Villaggio. Si intitola La Voce di Fantozzi, infatti, il docufilm da lui diretto e in gara alla 74esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia. Già in cantiere dal 2015, la pellicola nasce dopo la realizzazione dell’audiolibro Fantozzi a cura di Volume. Prima della sua scomparsa, l’artista ha lavorato in prima persona alla stesura del documentario: nuovi dialoghi sull’universo del famoso ragioniere, confessioni intime e riflessioni profonde consentono allo spettatore di scavare nell’essenza più pura della sua persona.

A rendere il tutto più affascinante ancora, il contributo di intellettuali e personaggi dello spettacolo. Ciascuno con il suo ricordo di Villaggio, ciascuno capace di definirlo con un tratto originale. Oltre a Daniele Liburdi e Massimo Mescia di Volume, La Voce di Fantozzi è stata prodotta dallo stesso Villaggio e da suo figlio Piero. E il fascino che trasmette è un privilegio raro. Di intelligenza e sagacia, lungimiranza e attenzione ai dettagli. Un modo nuovo di pensare al classico documentario, messo in piedi fondendo video arte, racconti surreali e interviste tradizionali. L’impresa di Mario Sesti convince davvero e arriva dritta al cuore, confermandosi un’architettura ben costruita di immagini e suoni.

data di pubblicazione:05/09/2017








MARVIN di Annie Fontaine, 2017

UNA FAMIGLIA di Sebastiano Riso, 2017

(74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Dopo La Tenerezza di Gianni Amelio, l’impeccabile Micaela Ramazzotti è la protagonista del film di Sebastiano Riso Una Famiglia presentato in concorso alla 74. Mostra del Cinema di Venezia. Un altro film italiano duro che ritrae uno spaccato di famiglie italiane dalle sfumature internazionali.

 

Maria (Micaela Ramazzotti) e Vincenzo (Patrick Bruel) sono una coppia complessa profondamente innamorata e complice quanto distante e lacerata destinata a perdersi in quello che è un pericoloso lato oscuro del loro rapporto. Maria e Vincenzo, infatti, non hanno ancora figli ma da diversi anni aiutano, in cambio di ingenti somme di denaro, le coppie che non possono averne e che sono disposte a tutto pur di allargare la propria famiglia. Sennonché Maria, quindici anni più giovane del cinquantenne compagno fuggito dalla sua natia Francia e alle sue radici completamente recise, non trascorre un solo giorno senza interrogarsi sul volto che oggi potrebbero avere i loro figli, frutto del loro amore e della loro sempre ardente passione, concepiti per essere consegnati, subito dopo il taglio del cordone ombelicale, a coppie di aspiranti genitori disperati. Maria, profondamente dilaniata e tormentata non è più disposta a mettere il suo corpo e la sua maternità alla mercé di altre persone ma nonostante ciò, subendo la tirannica volontà imprenditoriale del compagno Vincenzo, rimane nuovamente incinta “su commissione”. Qualcosa, però, questa volta va storto: la coppia committente ci ripensa e Maria, ormai incinta e consapevole che quella potrebbe essere la sua ultima occasione di diventare madre, vuole tenere il suo bambino nonostante la riluttanza del compagno a divenire un padre, il quale, con la complicità del ginecologo dott. Minerva (Fortunato Cerlino), riesce in seconda battuta a trovare una facoltosa coppia di attori gay (Ennio Fantastichini e Sebastian Gimelli Morosini) disposta a comprare il loro ennesimo figlio. Il tema della famiglia, delle difficoltà, burocratiche e non solo, delle coppie italiane che non riescono ad avere figli naturali, la disperazione, le difficoltà economiche e il senso di amoralità che permeano la pellicola sono sicuramente ben interpretati dal cast e rappresentanti anche attraverso una scenografia fatta di ambientazioni fredde e decadenti, permeate costantemente da un’atmosfera grigia e alienante. Tuttavia, ferma restando la bravura del cast, tra cui il cameo di Pippo Delbono e il personaggio marginale di Matilde De Angelis (nel ruolo di Stella), il film non convince. La pellicola trasmette un senso crescente di repulsione per il personaggio di Vincenzo e dei suoi complici nel “mercato” di neonati su commissione. La storia pecca poi di imprecisioni rendendo eccessivamente semplicistico, e dunque irreale, la disumana prassi di concepire da almeno dieci anni figli con la donna amata senza alcun intoppo, ostacolo di natura legale, né tantomeno sentimentale e/o morale da parte del padre Vincenzo. Un racconto che in parte annoia anche a causa dell’ormai frequente, e per questo già visto, legame tra storie drammatiche e le periferie, romana e non solo, a tratti malavitose, vero topos del cinema italiano degli ultimi anni. Un racconto che, specialmente nella parte finale, diviene quasi insopportabile. Solo negli ultimi sessanta secondi, dopo l’ennesima scena atroce davanti ai cassonetti della spazzatura, il film concede un finale lieve, ma non propriamente lieto, per la androgina madre Maria, la quale troverà la sua realizzazione e la sua famiglia nella rottura con l’amato Vincenzo. Forse tra i messaggi del film, oltre a quello della fragilità e delle difficoltà delle coppie, etero o gay, borghesi o povere che siano, ricorre quello secondo cui una famiglia non sempre si fonda su una coppia, su un matrimonio: non è detto che per essere una famiglia debbano necessariamente esserci due genitori, ma probabilmente quel che fa una famiglia sono l’amore, l’unione e la felicità generata e alimentata anche da una sola persona con il proprio bambino.

data di pubblicazione:05/09/2017







VICTORIA & ABDUL di Stephen Frears, 2017

VICTORIA & ABDUL di Stephen Frears, 2017

(74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

Judi Dench entra nuovamente nei panni della regina Vittoria e lo fa sontuosamente con un’interpretazione ad alto tasso d’ironia, oltre che di bravura. Sposata con suo cugino Alberto, la regina ebbe nove figli e regnò per un tempo lunghissimo (1837-1901) da tutti conosciuto come epoca vittoriana. Il film parla del periodo immediatamente successivo al giubileo per i primi 50 anni di regno, in occasione del quale le venne consegnata una moneta commemorativa.

 

Per consegnare alla Regina, che nel 1876 era diventata anche Imperatrice d’India, questo piccolo dono celebrativo, verrà scelto un umile impiegato indiano. Inviato da Agra a Londra al cospetto di Sua Maestà, Abdul Karim viene scelto casualmente solo per la sua altezza fisica. Il giovane, contravvenendo ai rituali di corte guardandola negli occhi e baciandole i piedi, conquisterà la regina a tal punto da diventarne dapprima suo servitore, poi segretario ed infine “munshi”, maestro spirituale. L’amicizia tra i due farà scandalo a corte e sarà molto osteggiata dal rigido protocollo della corte inglese sino alla morte della regina, avvenuta nell’Isola di Wight nel 1901. “Ispirato a fatti realmente accaduti … per lo più” è la frase che dà inizio a questa divertente pellicola di Stephen Frears, la quale narra di questa insolita amicizia, ovviamente malvista, tra la regina Vittoria ed un musulmano di umilissime origini. Il regista spinge molto l’acceleratore sulla stanchezza che la Regina Vittoria, allora ultra ottantenne, provava per i noiosi riti di corte e su come i comportamenti fuori protocollo di quel giovane, proveniente da una terra che seppur facesse parte dell’impero britannico lei non aveva mai visitato, la affascinano a tal punto da esserne attratta.

Inutile dire che il film è perfetto, la storia divertente, le ambientazioni sontuose, anche se a tratti stucchevoli, e la maestria di Frears (Le relazioni pericolose, The Queen, Philomena, Florence) nel portare sullo schermo tutto questo è immensa, supportata da un cast di attori tutti bravissimi. Il personaggio della regina, in particolare, viene colto in un periodo in cui è da molti anni in lutto per la morte del marito, è stanca ed annoiata, capricciosa, ma anche immensamente potente da potersi permettere di sfidare l’Impero con i suoi comportamenti. Victoria & Abdul, presentato Fuori Concorso a Venezia, sarà nelle sale a fine ottobre ed avrà sicuramente successo ai botteghini in quanto rientra in quel filone di film in costume che non annoia anche se, a giudizio di chi scrive, i capricci eccentrici della Regina Vittoria non destano particolare interesse se visti all’interno di un Festival che quest’anno sta toccando livelli particolarmente alti.

data di pubblicazione:04/09/2017








VICTORIA & ABDUL di Stephen Frears, 2017

THE LEISURE SEEKER di Paolo Virzì, 2017

(74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia)

 

L’amore di fronte alla sofferenza e alla vecchiaia: Ella e John, in salute e in malattia, nella buona e nella cattiva sorte, a bordo del fedele Leisure Seeker per continuare a scrivere insieme il romanzo della loro vita insieme.

Ella e John (Helen Mirren e Donald Sutherland) spariscono dalla casa di Wellsley (Massachusetts) a bordo del fedele Leisure Seeker (letteralmente “cercatore di svago”), il camper che li ha guidati attraverso le vacanze della gioventù. È un caravan malandato, spossato dall’implacabile scorrere del tempo, ma ancora desideroso di divorare la Route 1 della East Coast. La destinazione, del resto, vale lo sforzo: Key West, casa di Ernest Hemingway, lo scrittore che John, professore di inglese, ama in maniera incondizionata e viscerale.

La mente di John non è più lucida come una volta: dimentica nomi e persone, sprofonda spesso nel passato confondendolo con il presente, “tornando” da sua moglie solo in rari e meravigliosi momenti regalando solo in rari momenti ad Ella il suo sorriso si illumina all’improvviso. Ella è malata di cancro: le invasive e dolorose terapie cui dovrebbe sottoporsi possono solo rallentare il decorso di una malattia giunta a uno stadio troppo avanzato perché possa essere sconfitta.

Ella decide di scegliere. Si è liberi (anche liberi di scegliere) quando non si ha nulla da perdere. Sceglie allora di esaudire il desiderio di John e di guidarlo fino alla residenza di Hemingway, senza permettere a nessuno, neppure ai suoi figli, di impedire che Leisure Seeker si metta in moto per una nuova avventura. Il risultato è un road movie che richiama inevitabilmente alla mente La pazza gioia, ma il primo film americano di Paolo Virzì è ancora più intimo, intenso, commosso e commovente. Il viaggio, come al solito, diviene lo strumento che consente ai due protagonisti di guardare negli occhi la vita trascorsa (insieme), bloccato in quelle diapositive in bianco e nero che Ella proietta la sera per esercitare la memoria di John. Helen Mirren e Donald Sutherland sono semplicemente strepitosi. La prima restituisce pienamente la forza e la fragilità di una donna decisa a non lasciare che la malattia annienti anche la sua dignità, il secondo indossando la maschera dell’alter ego entro cui la demenza imprigiona la mente e il volto di John. Il tutto tenuto insieme da un amore imperfetto eppure inossidabile tra un uomo e una donna che, senza retorica alcuna, sono diventati nel tempo “una cosa sola”. Quando Ella, che pure sembrerebbe il lato “forte” della coppia”, si trova in difficoltà, il suo eroe John accorre a salvarla, come un leone, come quei leoni tanto cari al pescatore de Il vecchio e il mare.

Al talento del regista e a quello dei protagonisti si aggiunge la gradevole perfezione di una sceneggiatura in cui tutto sembra accadere al punto giusto e che accompagna lo spettatore attraverso un crescendo narrativo emotivamente travolgente e che, sul finale, restituisce l’impressione di un’armonica chiusura del cerchio. Il film è tratto dal romanzo dall’omonimo romanzo di Michael Zadoorian e la sceneggiatura è firmata, oltre che da Paolo Virzì, da Francesca Archibugi, Stephen Amidon e Francesca Piccolo.

The Leisure Seeker arriverà a gennaio nelle sale italiane, con il titolo di Ella & John. Non resta che attendere quello che, non si fa fatica a immaginarlo, sarà uno dei film di maggiore successo della prossima stagione.

data di pubblicazione: 04/09/2017