TROUBLE NO MORE di Jennifer Lebeau, 2017 – Selezione Ufficiale

TROUBLE NO MORE di Jennifer Lebeau, 2017 – Selezione Ufficiale

(12^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 26 ottobre/5 novembre 2017)

Considerato dai fan di Dylan il periodo peggiore della sua lunga e multiforme vita artistica il film ripropone stralci dei concerti immediatamente successivi alla pubblicazione degli album della cosiddetta “conversione al cristianesimo”( Slow Train Coming, Saved, Shot of Love).

Quindi, seppure in quegli anni la parabola musicale del menestrello di Duluth fosse oggettivamente in declino, per gli appassionati duri e puri l’idea di ascoltare un  Dylan diverso (nei concerti ripresi ci sono solo brani relativi agli album cristiani) non era occasione da andare persa. Ecco, allora, che Lebeau va incontro a tale “esigenza” offrendoci filmati relativi a  concerti obiettivamente meno noti intervallati da – più o meno insopportabili sermoni – letti dall’attore Michael Shannon e scritti da Luc Sante. Per onestà, va rilevato che i concerti ripresi non sono indimenticabili ma nel complesso di buona fattura. Come al solito, infatti, Dylan si accompagna  a  musicisti di ottimo spessore (Spooner Oldham alle tastiere, Jim Keltner alle percussioni, Tim Drummond al basso, in  più coristi & coriste appassionati) anche se, ripeto, l’operazione non è destinata a lasciare tracce memorabili così come quei concerti  (molta soul music, spruzzi & sprazzi di gospel, voce roca e profonda, cori di ampio respiro, nessun capolavoro). Il senso del film, escludendo quindi interpretazioni maliziose squisitamente commerciali, trova la sua ragion d’essere nel  ritrarre, dal solo punto di vista musicale, uno spaccato del Neverending Tour del nostro amato premio Nobel, qui nel suo momentaneo passaggio al cristianesimo, parentesi forse prescindibile ma comunque interessante.

data di pubblicazione:04/11/2017







LA SPIAGGIA, testo e regia di Luca De Bei, con Paola Minaccioni

LA SPIAGGIA, testo e regia di Luca De Bei, con Paola Minaccioni

(Teatro della Cometa – Roma 25 ottobre/12 novembre 2017)

Paola Minaccioni in scena al Teatro della Cometa di Roma dal 25 ottobre al 12 novembre con lo spettacolo “La Spiaggia”, scritto e diretto da Luca De Bei. Una donna sola, una sdraio, una borsa di paglia su una spiaggia ed il mare davanti, con il suo profumo e i suoi misteri.

È la storia di Irene, una donna che si interroga sulla sua vita, partendo da un’infanzia segnata dall’abbandono da parte del padre per crearsi una nuova vita e una nuova famiglia. Irene sin da piccola affronta questa situazione con coraggio e ironia ma anche con ostinazione perché non vuole rinunciare all’affetto del padre ed al suo tentativo di farsi voler bene. E la spiaggia è il suo confessionale, dove confrontarsi con la sua solitudine e con le sue debolezze ma anche il luogo dove l’orizzonte spazia e dove nonostante tutto si può guardare avanti.

La spiaggia è il teatro degli incontri col padre perduto e con le sue speranze. È anche il luogo dei suoi giochi da bambina, dei sogni di adolescente e di quelli della maturità, del ciclo di vita che scorre indifferente, regalandole spesso solo sconfitte. Ma la sabbia, l’aviatore nel cielo azzurro, i gabbiani e il mare la aiutano a placare la sua coscienza, portandola ad accettare quello che la realtà inesorabilmente le propone.

Passeggiando sulla sabbia, Irene ripercorre tutte le fasi della sua vita, dall’infanzia con la costante presenza di un padre silenzioso e indecifrabile per una figlia che non riesce a porre domande sul perché di quella separazione consumando gioie e sofferenze, sapendo accettare il tempo che lascia i suoi segni.

Delicato e profondo il testo di Luca De Bei, commuovente e leggero nel suo susseguirsi di episodi, che concentra trent’anni di vita in un unico luogo, in un’atmosfera sempre varia nella sua apparente staticità. Un non luogo, che nella sua essenza custodisce l’amore profondo, seppur così difficile da manifestare.

Bravissima Paola Minaccioni, una grandissima interpretazione in grado di regalare le emozioni delle tante Irene, da bambina curiosa a madre disillusa,  in un continuo oscillare tra la sua dolce ironia e la dolorosa ostinazione di chi vuol conoscere la verità, ma non vuol rinunciare a vivere.

data di pubblicazione: 4/11/2017


Il nostro voto:

TROUBLE NO MORE di Jennifer Lebeau, 2017 – Selezione Ufficiale

WHO WE ARE NOW di Matthew Newton, 2017 – Selezione Ufficiale

(12^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 26 ottobre/5 novembre 2017)

Beth (Julianne Nicholson) è uscita anticipatamente di prigione per buona condotta, dopo aver scontato una pena di 10 anni per omicidio colposo causato durante una rapina. Il suo unico pensiero è cercare di riavere o, almeno, poter vedere liberamente il suo bambino che, dato in custodia alla sorella ed al cognato subito dopo la nascita, oramai la crede sua zia perché gli è sempre stata nascosta la verità. La sorella si oppone però con assoluta fermezza e freddezza anche ad una custodia parziale o a qualsiasi altra concessione a favore delle richieste della vera mamma.

Beth non può accettare di rinunciare al suo unico sogno e, quindi, con ogni mezzo cerca di trovare un lavoro stabile per riuscire a reintegrarsi nella Società. Affronta con coraggio e determinazione gli ostacoli, i pregiudizi e le umilianti prevaricazioni di chi non ha scrupoli ad approfittarsi del suo stato di bisogno. L’incontro con una giovane e determinata avvocatessa, idealisticamente impegnata in uno studio legale che assiste gratuitamente le persone prive di mezzi economici, ridà vita alle sue speranze e la determinazione ad usare ogni mezzo per ottenere, per vie legali, la possibilità di vedere il figlio. Contemporaneamente, la solitudine di Beth ed il muro dietro cui  difende sé ed i propri sentimenti, sembrano cautamente aprirsi, dopo un primo incontro occasionale, ad un rapporto sentimentale vero.

Who we are now, già presentato al Festival di Toronto, come film indipendente, è il quinto film del giovane autore e regista australiano Matthew Newton. Con quest’opera il regista intendeva evidenziare l’impegno e la possibilità degli individui qualsiasi, delle persone normali, di ritrovare la fiducia in se stessi e nella società, e di riuscire a recuperare gli errori commessi cominciando a credere in un nuovo possibile futuro. Intenzioni e risultati non riescono però a coincidere del tutto. Nel film si incrociano infatti troppe storie appena accennate o non adeguatamente sviluppate ed integrate fra loro, facendo così perdere in parte valenza e spessore comunicativo alle intenzioni del regista.

Il risultato finale è comunque un film di genere che si lascia certamente vedere, anche se a tratti il ritmo diviene discontinuo e scontato.

La protagonista, la graziosa Julianne Nicholson,(presente al Festival anche fra le interpreti di I, Tonya), qui alla seconda collaborazione con il regista, è indubbiamente attrice con ampia e positiva esperienza maturata in Laws & Orders ed in altre serie televisive di successo. Ha una bella maschera espressiva che fa ben intendere tutto il suo disagio e dolore interiore, ed è coadiuvata da un bel gruppo di altri professionisti, fra cui emerge Emma Roberts nel ruolo della giovane avvocatessa. Le loro buone prestazioni compensano le giovanili incertezze dello script e del regista.

data di pubblicazione:03/10/2017







TROUBLE NO MORE di Jennifer Lebeau, 2017 – Selezione Ufficiale

LOGAN LUCKY di Steven Soderbergh, 2017 – Selezione Ufficiale

(12^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 26 ottobre/5 novembre 2017)

Ironia, una buona dose di umorismo e tanta leggerezza sono alla base di questo nuovo film di Soderbergh che, a giudicare dal finale aperto, fa già presupporre un sequel. Sulla scia delle tre pellicole che hanno narrato le gesta della banda capitanata da Danny Ocean, in Logan Lucky il regista assolda Channing Tatum – con lui in Magic Mike del 2002 – nella parte di Jimmy Logan, offeso ad una gamba e fratello di Clyde (Adam Driver), che invece ha perso un braccio in Iraq. Non curanti della loro proverbiale sfortuna, che li perseguita peggio di una maledizione, i fratelli Logan si apprestano ad organizzare il colpo del secolo alle spese della Charlotte Motor Speedway.

 

Il colpo avverrà durante la leggendaria gara di auto Coca-Cola 600 e ad affiancare i due fratelli ci sarà Joe Bang (un irriconoscibile quanto spassoso Daniel Craig), esperto in esplosioni che, seppur in galera, riuscirà ugualmente a partecipare al colpo: “l’ingrediente” principale per costruire la sua bomba saranno due confezioni di caramelle gommose a forma di orsetti, di quelle che si acquistano al luna park! E così: tra una serie di goffi incidenti, una ex moglie intenta solo ad iscrivere la figlia a stupide gare da reginetta di bellezza, improbabili soci che partecipano alla rapina andando contro i dettami della loro “morale”, stupidi piloti vanesi che in qualche modo intralciano i Logan nella loro “folle corsa” ed un integerrimo agente dell’FBI che vuole vederci più chiaro (interpretato dalla irriconoscibile Hilary Swank, rigida come se avesse ingoiato una scopa), il colpo sembra andare incredibilmente a buon fine…

È un’America profonda e sempliciona al tempo stesso quella che emerge da questa pellicola, grazie ad un impacciato gruppo di ladri ingenui, certamente non glamour come la banda della trilogia Ocean’s, ma piuttosto con caratteristiche più accostabili a certi personaggi visti nei film dei Coen.

Divertente, leggero, autoironico (il regista si cita nel film), ben interpretato, con brani musicali ben scelti ed un finale non banale che ci fa sognare un po’ senza che tutti i tasselli tornino al proprio posto, Logan Lucky è intrattenimento di qualità. Distribuisce Lucky Red.

data di pubblicazione:02/11/2017








TROUBLE NO MORE di Jennifer Lebeau, 2017 – Selezione Ufficiale

THE ONLY LIVING BOY IN NEW YORK di Marc Webb, 2017 – Selezione Ufficiale

(12^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 26 ottobre/5 novembre 2017)

 The only living boy in New York di Marc Webb, talentuoso regista degli ultimi due Spiderman, prende il titolo da una canzone di Simon e Garfunkel che, con altre di Bob Dylan, fanno da splendida colonna sonora alla storia del giovane Thomas, interpretato dal promettente Calum Turner. Thomas, di ottima famiglia della Upper Class di New York, ha appena terminato gli studi e non sa ancora cosa fare della sua vita affettiva e professionale. La sua rettitudine lo fa però considerare dalla ragazza, con la quale pur avendo passato una splendida notte d’amore, solo come un ottimo amico con cui condividere soltanto platonicamente ogni tipo di comuni interessi.

 

Frastornato ed in crisi di prospettive, il giovanotto incontra casualmente un tipo misterioso, fascinoso e semialcolizzato. E’ il suo nuovo vicino di casa (Jeff Bridges) nel Lower Side di New York dove ha deciso di vivere lontano dai benestanti genitori. Lo sconosciuto, grazie al suo carisma ed al suo fare diretto, diviene ben presto il maestro di vita di Thomas e lo aiuta e consiglia soprattutto quando costui scopre casualmente che il padre (Pierce Brosnan), editore di successo, ha una relazione con la giovane ed affascinante Johanna  (la splendida Kate Beckinsale). Il mondo di Thomas crolla e, preoccupato per le reazioni che la madre, già emozionalmente fragile, potrebbe avere, decide di cercare di interrompere la storia entrando in contatto con la giovane donna. Coinvolto dalle circostanze o, forse, desideroso anche di rivalersi sul padre da cui non si è mai sentito amato ed apprezzato, anche lui finisce fra le braccia della bella ed intelligente Johanna.

Da questo punto in poi si mette in moto una concatenazione di eventi che cambieranno e sconvolgeranno, non necessariamente in negativo, la vita stessa di Thomas ed anche delle persone da lui amate e non. Il film si presenta quindi come un insolito triangolo amoroso inserito in una commedia garbata di gusto romantico, patinata, ben confezionata e ben recitata da interpreti di sicuro spessore. Di sfondo, un’accattivante, rarefatta e splendida New York, mai così affascinante dai tempi di W. Allen.

La pellicola di Marc Webb è poi anche un triangolo fra ideali romantici, intellettualismo “newyorkese” e realtà; ma è soprattutto un film sugli errori, le indecisioni che l’amore vissuto o non completamente, rifiutato o condiviso, idealizzato o nostalgico, può causare a noi stessi ed agli altri.

Purtroppo il gusto tutto americano di non voler lasciare i finali aperti, ma volere, al contrario, sistemare al giusto posto tutti i personaggi della commedia e riannodarne correttamente i fili delle loro vite, impone al film un Happy End non necessario e troppo sdolcinato, rappresenta una caduta di tono che allontana i personaggi da un loro spessore reale ed indebolisce la qualità del film.

Gli americani però sanno perfettamente che il grande pubblico ed il “botteghino” amano le belle storie in cui tutti “vissero felici e contenti”.

data di pubblicazione:01/11/2017







TROUBLE NO MORE di Jennifer Lebeau, 2017 – Selezione Ufficiale

INSYRIATED di Philippe Van Leeuw, 2017 – Sezione Tutti Ne Parlano

(12^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 26 ottobre/5 novembre 2017)

Oum Yazan cerca di tenere al sicuro quel che resta della propria famiglia visto che gli uomini sono andati via per combattere o cercare una possibile via di fuga. Siamo in Siria ed il conflitto invade ogni luogo portando morte e distruzione. Miracolosamente l’appartamento in cui si trova barricata la famiglia non è stato ancora bombardato e l’energica donna riesce tenacemente a mantenere alto il morale e far sì che la vita possa proseguire all’interno di quelle mura. Intanto fuori imperversa l’inferno tra le granate e i cecchini, appostati sugli edifici oramai abbandonati, sono pronti ad uccidere chiunque si azzardi ad uscire per le strade.

 

L’azione si svolge all’interno di un appartamento borghese di Damasco dove Oum cerca a tutti i costi di mantenere la vita di tutti giorni tra i membri della famiglia, impartendo ordini secchi alla fedele domestica o agli stessi figli, quasi a voler coprire il rumore delle granate che minacciano costantemente la loro stessa esistenza. In quella casa viene ospitata anche una giovane coppia con un neonato, che cerca di organizzare una fuga verso il Libano e sottrarsi così alla devastazione di una guerra che travolge violentemente uomini e cose.

Il belga Van Leeuw, direttore della fotografia ma già conosciuto come regista del film Le jour où Dieu est parti en voyage del 2009, risulta ancora una volta impeccabile nella descrizione degli orrori umani di fronte ad un conflitto che non sembra accennare a finire e dove a chi resta non rimane altro che l’illusione della sopravvivenza.

Nonostante gli sforzi dei protagonisti, la brutalità entrerà comunque nella loro casa e tutti ne rimarranno sconvolti. Insyriatedè la testimonianza diretta del conflitto che sta dilaniando il popolo siriano e del quale si fa fatica a intravedere una possibile soluzione.

Degna di assoluto rilievo la figura di Oum, interpretata dall’attrice palestinese Hiam Abbass, già nota come interprete in molti film a sfondo sociale e soprattutto protagonista nel film Il giardino di Limoni di Eran Riklis, che le ha portato grande notorietà.

Insyriated è stato presentato nell’ultima edizione della Berlinale – Sezione Panorama ottenendo un positivo riscontro sia dal pubblico che dalla stampa internazionale presente.

data di pubblicazione: 31/10/2017








TROUBLE NO MORE di Jennifer Lebeau, 2017 – Selezione Ufficiale

THE MOVIE OF MY LIFE di Selton Mello, 2017- Selezione Ufficiale

(12^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 26 ottobre/5 novembre 2017)

Selton Mello, uno dei più promettenti fra i cineasti brasiliani, complice il romanzo di Antonio Skarmeta, romanziere cileno che ha partecipato anche alla sceneggiatura del film, mette in scena un dramma familiare in salsa buonista, ma non stucchevole, che racconta uno spaccato della vita di Tony Terranova, giovane professore di provincia e dei suoi problemi legati principalmente al primo amore e alla apparentemente immotivata scomparsa del padre. Legato alla sua terra, alla sua amorevole madre, al suo lavoro di insegnante di francese e con grande amore per il cinema, Tony verrà a capo del mistero e troverà le risposte ai suoi conflitti generazionali.

 

Quindi, una storia semplice, quella di The Movie of My Life (Filme da Minha Vida), grande successo in Brasile ma certamente ascrivibile ad ogni latitudine, in quanto fa leva su sentimenti ed emozioni universali. La narrazione, ed è questo il maggior pregio della pellicola, scorre fluida e credibile, gli attori tutti a loro agio nei rispettivi ruoli, con citazioni d’obbligo per la deliziosa Bruna Linzmeyer, per il protagonista Johnny Massaro, sensibile idealista e per Vincent Cassel, il padre scomparso e ritrovato, mai stato così sobrio ed essenziale in un personaggio dalle variegate sfaccettature. Non trascurabili fra i plus del film, il peso della colonna sonora impreziosita da canzoni del repertorio francofono (Aznavour,ma non solo) e la splendida fotografia (ora luminosa ora virata seppia)  in grado di  riflettere  un’ ambientazione che è a sud del Brasile (Rio Grande Sul) ma che potrebbe benissimo rappresentare qualsivoglia realtà rurale persino europea, come ad esempio l’arredamento del bordello della immaginaria Frontera odora di Francia. Mello certamente coglie l’atmosfera retrò della vicenda ma è abile nel renderla fruibile e attuale restando sempre con i piedi per terra senza cercare poesia ad ogni costo. Non marginale è un ultimo messaggio che The Movie Of My Life ci lascia, allorché (come già fu in Nuovo Cinema Paradiso) mostra quanto l’amore per il cinema finisca per rappresentare per il protagonista quasi una redenzione, una passione salvifica riconfermata dalle parole del regista durante la conferenza stampa: il cinema  ad ogni latitudine ancora non vuole tramontare ed è ancora un sogno per tanti!

data di pubblicazione:31/10/2017








GUARDA IN ALTO di Fulvio Risuleo, 2017 – Alice nella città

GUARDA IN ALTO di Fulvio Risuleo, 2017 – Alice nella città

(12^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 26 ottobre/5 novembre 2017)

Presentato nel programma Kino Panorama Italia della XV edizione di Alice nella città Guarda in Alto del regista Fulvio Risuleo è una interessantissima opera prima, un viaggio-percorso sui tetti di Roma, alla scoperta di un contesto urbano abitato da  stravaganti personaggi e strani contesti, una realtà parallela fatta di proprie regole e di proprie logiche.

Il protagonista è Teco, un giovane operaio che lavora in una panetteria ed è impegnato nella produzione di cornetti; durante una pausa di lavoro sui tetti, mentre è intento a fumare e conversare, è testimone dell’intrigante caduta su un terrazzo adiacente di uno strano gabbiano. Decide allora di avvicinarsi per meglio capire, dando così l’inizio a un viaggio urbano che lo porterà in un labirinto di terrazze, cunicoli, canali di areazione, ed all’incontro con personaggi e situazioni sempre più surreali e divertenti. Un viaggio strampalato che è anche però un momento di formazione e di confronto. Un mondo sopraterreno in cui convivono in apparente equilibrio un gruppo di ragazzini con fantasiose maschere-sacchetto, un apicoltore eremita (interpretato da Lou Castel), una affascinante ragazza francese (Aurelia Poirier) che si paracaduta da una mongolfiera inseguita dal fidanzato (Ivan Franek), due gemelli che praticano lo urban nudism, un convento di suore che pilotano gabbiani meccanici telecomandati, un lounge bar dove si scommette clandestinamente su corse di lumache, un razzo pronto a partire per la luna.

Un mondo colorato e fantastico a cielo aperto, una sorta di Alice nel paese delle meraviglie a spasso sui  tetti di Roma, realizzato con audacia e maestria dal giovanissimo Fulvio Risuleo.

Una fuga volontaria alla ricerca di identità ed emozione, ma anche una visione sopraterrena di quanto ci circonda con la purezza e l’intelligenza di un occhio non stereotipato ed adulto.

Un esperimento coraggioso e riuscitissimo, onirico e a tratti spassoso, un viaggio verso l’ignoto che tutti, a qualunque età, dovremmo fare. Viaggiare leggeri e sospesi aiuta a guardare il mondo dalle giuste angolature.

data di pubblicazione:31/10/2017








TROUBLE NO MORE di Jennifer Lebeau, 2017 – Selezione Ufficiale

Ç’EST LA VIE! di Eric Toledano ed Olivier Nakache, 2017 – Selezione Ufficiale

(12^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – 26 ottobre/5 novembre 2017)

“Se qualcosa può andare male, andrà male”. Si avvererà l’articolo 1 della legge di Murphy? Ç’est la vie! sembra infatti quasi voler rappresentare una scommessa, una sfida a questo assioma. Una sfida che si gioca fra sorprese e colpi di scena durante i vari preparativi del ricevimento e della festa per il matrimonio di Pierre ed Elena.

 

La giovane coppia ha deciso di celebrare in grande stile le proprie nozze in uno splendido castello del XVII sec., sito non molto lontano da Parigi e, per organizzare al meglio tutto quanto necessario per i festeggiamenti, si sono affidati al migliore organizzatore di eventi. Max (J. Pierre Bacrì), con un’esperienza ormai trentennale nel campo, è in assoluto il migliore organizzatore di feste, cerimonie e rinfreschi. E’ lui che coordina il tutto in ogni dettaglio, cura la decorazione floreale, provvede al catering con la sua squadra di cuochi e di camerieri, è lui che ha consigliato il fotografo Guy (J. Paul Rouve) ed è ancora lui che ha scelto l’orchestra ed il cantante ed entertainer James (Gilles Lellouche ). Sono tutti i “migliori professionisti” che si possano trovare nei rispettivi ambiti.

In breve, dunque, gli elementi necessari perché  i festeggiamenti riescano perfetti in ogni loro minimo dettaglio, sono stati già studiati, previsti e predisposti. Andrà tutto bene o scatterà la legge di Murphy?

Con Ç’est la vie!  i due registi Eric Toledano ed Olivier Nakache, dopo il trionfo del loro Quasi Amici ritornano  sugli schermi con un’opera perfetta che li conferma, senza alcun dubbio, ancora una volta, come i Maestri della Commedia. Di quella Commedia à la française con un gradevole misto di dolce ed amaro, dotata di quel tocco di classe e garbo in più che la rende apprezzata da ogni tipo di spettatore.

I registi si soffermano e ci fanno scrutare, ora per ora, tutto ciò che avviene “dietro le quinte” fra tutti gli addetti alla realizzazione dell’evento, durante i vari preparativi preliminari e poi durante la festa. Un “dietro le quinte” osservato con lo sguardo di quelli stessi che vi lavorano e sono impegnati allo stremo a superare tutto ciò che non va come dovrebbe andare. Come nei peggiori sogni, tutto ciò che non dovrebbe mai succedere sembra invece succedere, in una concatenazione di eventi che, ogni volta, sembrano condurre la festa sull’orlo di divenire un incubo. Il peggior incubo di ogni organizzatore di eventi.

Ç’est la vie! è un piccolo gioiello, del tutto privo di tempi morti e false note, un film corale, una galleria di ritratti feroci e teneri dominata dal grande Jean Pierre Bacrì al sommo della sua capacità artistica ed espressiva. E’ lui il fil rouge che lega tutti i personaggi le cui vicende personali e professionali si intrecciano e si sciolgono nel succedersi incalzante degli eventi. Attorno a lui una bella galleria di ritratti con attori  che recitano tutti  con talento. Fra i tanti spiccano Gilles Lelouche  e, in un ruolo un po’ secondario, quell’eccellente attrice che è Suzanne Clement.

I due registi dominano perfettamente ed armoniosamente i tempi ed i ritmi in un crescendo continuo di dialoghi spiritosi e frizzanti e, talora, anche esilaranti. Dialoghi ovviamente cesellati al dettaglio, battute veloci e pungenti, perfettamente inserite in una messa in scena precisa che ben adatta ed integra il susseguirsi delle varie situazioni con un garbo ed un gusto assai ricercati. Non manca, a tratti, un tumulto di pura follia che aiuta però a rendere ancora più dolce e gradevole l’intero spettacolo.

Dunque, un bel film gradevole come una bella boccata d’aria fresca pulita e … gioiosa. … Che ci volete fare?… Ç’est la vie!








QUEL CHE RESTA DEL GIORNO di Kazuo Ishiguro – Einaudi, 2016

QUEL CHE RESTA DEL GIORNO di Kazuo Ishiguro – Einaudi, 2016

Lo ammetto, non avevo mai letto nulla del premio Nobel per la Letteratura 2017 Kazuo Ishiguro, e quindi mi sono precipitata a prendere qualche cosa e il primo libro che ho trovato è stato Quel che resta del giorno: ne sono rimasta folgorata! Un libro raffinato, delicato, struggente.

È la prima settimana di vacanza di Stevens, un inappuntabile maggiordomo inglese, che decide di utilizzarla per recarsi a trovare Miss Kenton, la governante che per tanti anni lo ha affiancato nella cura di  Darlington Hall, dimora di Lord Darlington.

Il romanzo è una sorta di diario della vita di Stevens, creato attraverso i ricordi che affiorano alla sua memoria nel corso del viaggio verso la Cornovaglia; forse proprio l’opportunità di allontanarsi dal fulcro della sua vita permette a Stevens di analizzare più obiettivamente i lunghi anni in cui ha servito Lord Darlington – siamo nel 1956 e lui prese servizio negli anni ’30 – una sorta di elucubrazione della propria vita ripercorrendo gli avvenimenti cruciali che si sono svolti a Darlington Hall, e che finalmente riesce a guardare in modo più oggettivo e critico.

La descrizione dei vari accadimenti, che Ishiguro racconta in modo così essenziale e perfetto, ci presentano uno Stevens ottuso, anaffettivo, il cui unico obiettivo è la maniacale ricerca della perfezione della sua professione nel rispetto dei canoni imposti dalla Hayes Society, che stabilivano i canoni del buon maggiordomo. A volte fa quasi rabbia il suo atteggiamento stolido, mirato solo a servire senza mai avere un pensiero proprio: “vi sono cose che voi ed io (Stevens e Miss Kenton, ndr) non siamo semplicemente in grado di capire… Laddove invece Sua Signoria, vorrei permettermi di dire, è in certo modo in posizione più consona a giudicare.”

Tuttavia, la presa di coscienza di Stevens durante questo viaggio introspettivo in cui, obbligato a riflettere, prende atto di essersi di fatto totalmente annullato come persona e che, forse, è ormai troppo tardi per iniziare una nuova vita, ce lo rende caro, finalmente “umano”, finalmente riscattato dalla freddezza del suo ruolo, anche se è un riscatto effimero perché resta l’amaro di sapere che la sua presa di coscienza gli apre il baratro della consapevolezza della solitudine.

data di pubblicazione:30/10/2017