FALAFEL EXPRESS di Roberto Scarpetti – Regia di Elisabetta Carosio

FALAFEL EXPRESS di Roberto Scarpetti – Regia di Elisabetta Carosio

(Teatro India – Roma, 25 Giugno 2018)

Se l’artista statunitense Roy Lichtenstein, tra i più celebri esponenti della Pop Art, è riuscito a trasformare i suoi fumetti – ora presenti nei maggiori musei di tutto il mondo – in espressione artistica a tutti gli effetti, con Falafel Express si verifica un analogo processo: il fumetto entra a pieno titolo in teatro. Mahdi e gli altri personaggi della storia interagiscono con l’universo fumettistico disegnato da Chiara Abastanotti, funzionale a rendere visivamente concreta l’azione stessa degli attori. Il protagonista, nato e cresciuto in Italia, di padre egiziano e madre siriana, superata la maturità va a studiare all’Università di Venezia dove per la prima volta viene a contatto con una realtà sociale piena di pregiudizi razziali. Il ragazzo, alla ricerca di una propria identità, si troverà a doversi barcamenare tra due mondi, quello arabo e quello italiano, completamente opposti: per lui non sarà certamente facile operare quelle scelte importanti che determineranno la sua vita futura. Scritto da Roberto Scarpetti, il testo è molto divertente ad al tempo stesso carico di una reale drammaticità, che investe tematiche quali l’identificazione culturale e di inserimento di individui che, seppur nati in Italia, non possono considerasi completamente cittadini italiani. Bravissimi gli attori in scena (Simone Formicola, Gabriele Genovese, Alice Giroldini, Matteo Palazzo) che si sono saputi destreggiare in situazioni tragicomiche conferendo leggerezza allo spettacolo, rendendolo così fruibile da parte del folto pubblico in sala. La pièce si inserisce in una rassegna Roma Città MondoFesta teatrale dell’Intercultura che si prefigge di abbattere ogni barriera di discriminazione tra le diverse realtà presenti nel nostro paese e ha trovato il sostegno di diverse associazioni che si sono interessate al progetto. Certamente bisogna meditare sulle parole di Julian Barnes, piuttosto calzanti con lo spettacolo: “ Sul momento è possibile che la gente non se ne accorga, ma non ha importanza. Il mondo è cambiato lo stesso”.

data di pubblicazione:26/06/2018

CIRCEO – Fabrizio Favale con la Compagnia Le Supplici

CIRCEO – Fabrizio Favale con la Compagnia Le Supplici

(Teatro Argentina – Roma, 23 Giugno 2018)

In prima nazionale dopo il debutto al Theatre Nationale di Chaillot a Parigi, Fabrizio Favale presenta il suo nuovo lavoro Circeo, spettacolo che si inserisce in un percorso denominato Grandi Pianure, rassegna dedicata alla danza contemporanea in ogni sua sfaccettatura e che troverà allocazione anche presso gli spazi messi a disposizione, oltre che dal Teatro Argentina, dai teatri India, Torlonia e Angelo Mai. Prendendo vagamente spunto dal mitico luogo di approdo di Ulisse, durante le sue peregrinazioni verso Itaca, e del suo incontro con Circe, la scena si apre su un vasto campo soffocato da una fitta nebbia dove si intravedono degli esseri che non sono altro che uomini trasformati in bestie festose dai sortilegi e dai filtri maligni della dea-maga. Denudati della propria apparenza esteriore gli uomini-bestie emergono come rinati e si esibiscono in una danza leggera, quasi senza gravità, mostrando il corpo nudo da ogni forma e spessore. I danzatori della Compagnia Le Supplici tolgono il fiato allo spettatore creando con i loro movimenti figure di una tale plasticità che bastano a arricchire di per sé la scena scarna, invasa solo da un contrasto di luci e ombre in uno spazio inserito in una dimensione temporale non bene identificata. La rassegna prosegue nei prossimi giorni al Teatro India con due lavori del coreografo inglese Jonathan Burrows e del compositore Matteo Fargion: il 3 luglio va in scena Both Sitting Duet-Body Not Fit For Purpose composizione per il corpo basata su For John Cage di Morton Feldman, mentre giorno 4 luglio si avrà Speaking Dance che si fonda sulla stretta correlazione tra il mondo della musica e quello della danza. L’iniziativa curata da Michele Di Stefano verrà poi ripresa a settembre e durerà fino a novembre alternando lavori di giovani coreografi che già hanno avuto modo di farsi notare sui palcoscenici di importanti teatri anche all’estero. Lo spettacolo Circeo è stato realizzato con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Emilia-Romagna e Fondo per la Danza d’Autore della Regione Emilia-Romagna. Sfortunatamente portato in scena a Roma solo un giorno, il lavoro è stato sicuramente degno di attenzione da parte del pubblico, ipnotizzato letteralmente dalla bravura dei danzatori durante i sessanta minuti della loro performance.

data di pubblicazione:25/06/2018

RESTO QUI di Marzo Balzano – Einaudi, 2018

RESTO QUI di Marzo Balzano – Einaudi, 2018

Resto qui è uno dei candidati allo Strega 2018, il 13 giugno sapremo se sarà riuscito a superare la prima votazione…

La copertina è emblematica e straziante: quel campanile è tutto quello che resta dei paesi di Curon e Resia dopo che vennero abbattute e sommerse le case che erano parte della storia di quella valle, a causa della costruzione del bacino artificiale per la produzione di energia elettrica. Il campanile romanico del XIV secolo non venne abbattuto perché sotto tutela storico-artistica e da più di 50 anni è l’unico baluardo a ricordare che lì, un tempo, vivevano centinaia di persone con le loro storie, i loro ricordi, i loro amori e dolori.

Ma il libro non è solo la storia degli interessi politico economici che distrussero quei paesi, è la storia della violenza della guerra, dell’impotenza della parola, dell’abbandono e del tradimento.

Per me è stata un’opera sorprendente e nello stesso tempo estremamente commovente.

L’io narrante è Trina che, con il suo racconto, ci riporta indietro fino al 1923 nel paese di Curon in Val Venosta, Sudtirolo. È il primo vero momento di sofferenza per questa comunità di montanari: “In quelle valli di confine, la vita era scandita dai ritmi delle stagioni. Sembrava che quassù la storia non arrivasse. Era un’eco che si perdeva. La lingua era il tedesco, la religione quella cristiana, il lavoro quello nei campi e nelle stalle”.

L’avvento del fascismo ha imposto loro come prima lingua quella italiana: “I fascisti intanto occupavano non solo le scuole, ma i municipi, le poste, i tribunali. Gli impiegati tirolesi venivano licenziati in tronco e gli italiani appendevano negli uffici cartelli con scritto Vietato parlare tedesco e Mussolini ha sempre ragione. Imponevano disposizioni di coprifuoco, le adunate il sabato pomeriggio per il passaggio del podestà, le loro feste comandate”. All’improvviso centinaia di persone, intere famiglie, si sono ritrovate senza lavoro, licenziate perché non di lingua italiana e sono stati sostituiti con personale che arrivava dal Veneto, dal Trentino, dalla Sicilia…

Trina prosegue nel suo racconto, la vediamo diventare moglie, sposa Erich Hauser e madre di Michael e Marica, immobili nella loro vita fatta di gesti che si ripetono da centinaia di anni sempre uguali irrompe l’imponderabile: la figlia scompare, di lei resta solo una lettera in cui la bambina spiega di essere andata via volontariamente, con la zia, dirette verso la Germania nazista che si prepara a coprirsi di gloria.

Nella vita di Trina la tristezza si aggiunge alla tristezza, dolore a dolore, Erich viene arruolato nell’esercito e parte per la Seconda Guerra Mondiale, rientrerà dopo mesi di silenzio per una breve convalescenza, alla fine della quale si darà alla fuga sulle sue montagne, disertore da una guerra che non lo riguarda; Trina lo seguirà nella fuga verso la salvezza che si trova al di là del confine svizzero, soffrendo con lui, e con altri sventurati come loro, la fame, la paura e il freddo dello spaventoso inverno sulle Alpi.

Tuttavia non arriveranno mai in Svizzera, la fine della guerra li riporterà al loro maso a Curon, ma non potranno riprendere la loro vita, perché all’orizzonte si profila una nuova battaglia contro un nuovo mostro: il progetto della costruzione di un bacino artificiale che la Montecatini vuole riprendere a costruire e che minaccia tutto il paese. Erich ne farà la sua ragione di vita, combattere per salvare la sua valle, organizzerà comitati, Trina scriverà lettere a suo nome per perorare la loro causa, arriveranno fino al Papa e a De Gasperi, al loro fianco manifesteranno tutti i valligiani ma tutto sarà inutile.

Sarà l’atto finale, l’apoteosi di una vita costellata dalle persecuzioni linguistiche, dalla perdita della figlioletta, dalla crudeltà della guerra, e alla fine dalla perdita della propria terra, delle proprie radici, della propria storia.

data di pubblicazione:25/06/2018

PROCESSI 145 – Roma, aquì y ahora

PROCESSI 145 – Roma, aquì y ahora

(Real Academia de España en Roma, 20 giugno/18 ottobre 2018)

Come ogni anno, in estate, esattamente da 145 anni l’Accademia di Spagna, dalla sua splendida location sul Gianicolo, invita il pubblico ad una grande manifestazione che consente di conoscere opere straordinarie, frutto dello studio di accademici – per lo più spagnoli – durante il loro soggiorno romano. La mostra è un interessante percorso interdisciplinare che si rivolge a tutti coloro che sono amanti dell’arte, della musica e del teatro e si presenta come centro di produzione e innovazione per le avanguardie dell’arte contemporanea, avendo come tema la città di Roma e la sua cultura millenaria come ci appare oggi e come la vedranno le generazioni future. L’allestimento è stato curato da Jesùs Donaire, con il coordinamento generale di Angeles Albert de Leòn, e pone ben 23 accademici in una costellazione di pura creatività come si può evincere dall’istallazione in apertura: un tavolo (mesa) che riassume sinteticamente l’opera di ciascuno di loro e la relazione socio-culturale che li ha tenuti uniti durante quest’anno di permanenza presso l’Accademia. I lavori presentati rappresentano un documento importante che oltre ad evidenziare l’estro di giovani artisti, tende ancora una volta a sottolineare l’importanza dell’Istituzione e il suo ruolo per la diffusione della cultura spagnola in Italia, attraverso la sua lunghissima permanenza nello scenario romano. Quest’anno in particolare, la mostra si è arricchita di nuove discipline come le stampe e al disegno industriale, che si sono ben inserite in una sorta di dialogo e di mutuo interscambio con i settori tradizionali. Un percorso, un vero e prorpio taccuino di viaggio, che ci accompagna attraverso l’opera creativa di artisti che ci inducono a riflessioni profonde sui nuovi orientamenti dell’arte contemporanea. Ogni istanza creativa nasce da una cornice storica capitolina, fonte inesauribile di ispirazione per tutti coloro che desiderano elaborare un proprio linguaggio espressivo e lasciare un segno che, per quanto apparentemente irrisorio, contribuisce sicuramente ad affermare l’incomparabile bellezza di Roma.

data di pubblicazione:24/06/2018

DUE PICCOLI ITALIANI di Paolo Sassanelli, 2018

DUE PICCOLI ITALIANI di Paolo Sassanelli, 2018

Felice (Paolo Sassanelli) e Salvatore (Francesco Colella) vivono in un istituto di recupero per persone affette da patologie mentali situato a Minervino Murge, un paesino dell’entroterra pugliese. Felice a causa di un trauma infantile ha lo sviluppo mentale di un bambino di 7 anni, mentre Salvatore è affetto da impotenza: tra i due nasce una profonda amicizia fatta di complicità e tenerezza. Quando Salvatore in un eccesso d’ira ferirà due assistenti e deciderà di scappare, porterà con sé anche l’amico in un rocambolesco quanto metaforico viaggio dal Sud Italia a Rotterdam volto alla ricerca di sé stessi e del proprio posto nel mondo. 

Paolo Sassanelli, a quarant’anni dall’entrata in vigore della Legge Basaglia – 13 maggio 1978 -, sceglie il tema del disagio mentale per il suo primo lungometraggio.

Basaglia rivoluzionò la logica dei manicomi, luoghi di controllo sociale dei soggetti considerati deviati (malati di mente, prostitute, sovversivi, omosessuali) con la necessità di restituire diritti, cittadinanza e dignità a persone che per la prima volta venivano considerate fragili e bisognose che qualcuno le aiutasse a riprendere il filo perso della propria esistenza. Felice e Salvatore a Rotterdam saranno ospitati da Anke, una ragazza giunonica, allegra e “non giudicante”: un bagno nelle acque calde di un laghetto islandese in prossimità di un vulcano, simbolicamente amniotiche, sugelleranno la nascita di una nuova famiglia formata dai tre protagonisti, in cui amore e tenerezza serviranno a fugare ogni paura e solitudine.

La narrazione, scritta a 6 mani da Paolo Sassanelli, Francesco Apice e Chiara Balestrazzi, procede sciolta e divertente alternando la commedia al dramma e alla favola. Un film spigliato, ingenuo, pieno di buoni sentimenti: amore, amicizia, tenerezza.

Nonostante alcune imprecisioni ed ingenuità, e l’inevitabile accostamento del personaggio di Felice a Dustin Hoffman in Rain man, la bravura straordinaria dei due protagonisti fa decollare il film e Due piccoli italiani possiamo considerarlo un inizio incoraggiante per Paolo Sassanelli, che è innanzitutto un valido attore di teatro e di cinema.

data di pubblicazione:22/06/2018


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LAZZARO FELICE di Alice Rohrwacher, 2018

LAZZARO FELICE di Alice Rohrwacher, 2018

Alice Rohrwacher ci racconta una favola moderna, intrisa di poesia ed estetica, con radici che affondano nel passato e si nutrono della lirica di pellicole come Miracolo a Milano, e di ambientazioni che ci riportano ad Olmi e al suo L’albero degli zoccoli. La giovane regista con Lazzaro felice ci esorta a salvare la bontà in quanto valore universale senza tempo né luogo, e le conferisce una fisicità incarnandola in un giovane contadino di 20 anni dallo sguardo dolce ed indifeso, sempre disponibile con tutti, felice di stare al mondo pur non sapendo di chi è figlio, il cui spirito puro e semplice, che crede in valori come l’amicizia ma in un modo quasi sacro, riesce a trasmetterci quel religioso senso di perfezione che appartiene solo a chi da’ senza mai volere nulla in cambio, a chi ama senza pretendere di essere amato.

 

Nella tenuta agricola dell’Inviolata, la cattiva Marchesa Alfonsina de Luna, madre distante di un figlio viziato ed egoista, per coltivare tabacco sfrutta una cinquantina di persone ignare della realtà esterna alla loro comunità contadina, trattandoli ancora come mezzadri dell’Ottocento (e non siamo nell’Ottocento), che ricevono da lei solo la possibilità di sopravvivere sui suoi terreni, avendo pagliai e stalle come abitazioni, e le notti di luna piena a volte come sola fonte di luce notturna. In questo posto, non ben identificato e dove gli ignari mezzadri parlano un misto di vari dialetti, vive Lazzaro che viene sfruttato dai suoi stessi familiari, fanalino di coda di una catena di sfruttamenti che dalla marchesa si propaga senza soluzione di continuità. Decenni dopo, Lazzaro riapparirà, tornato – per magia o per miracolo come il suo stesso nome ci suggerisce – per cercare quei posti perduti che troverà profondamente cambiati; i suoi compagni sono lì, giustamente invecchiati al contrario di lui per il quale il tempo sembra non essere passato, e ugualmente poveri ma con una indigenza ascrivibile alla nostra contemporaneità. Passato e presente sembrano mescolarsi, ma Lazzaro rimane uguale a sé stesso, incarnazione di un cuore semplice e puro che la riduzione in schiavitù non è riuscito a schiacciare, ma che tuttavia non può sopravvivere all’indifferenza delle moderne metropoli dove non c’è più posto per la purezza d’animo. Solo un lupo, che per antonomasia è un animale cattivo, fiuta la bontà di Lazzaro, la riconosce e corre via libero tra i rumori della città, come avesse raccolto quel testimone per attraversare indenne i mutamenti dell’umanità.

Film da non perdere per comprendere bene dove stiamo andando e, se necessario, operare qualche cambiamento di rotta.

data di pubblicazione:20/06/2018


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FAVOLA di Sebastiano Mauri, 2018

FAVOLA di Sebastiano Mauri, 2018

Mrs. Fairytale vive nella sua casa da sogno circondata dal benessere e dalla inseparabile barboncina (impagliata) con la quale intrattiene lunghi dialoghi e che sembra intendere appieno i suoi mutevoli umori. Siamo negli Stati Uniti, in pieno boom economico anni ’50: tutto deve rientrare nei ruoli sociali prestabiliti all’interno della famiglia che è organizzata per apparire felice e soddisfatta del proprio status; ma, come accade in ogni favola che si rispetti, dietro una apparente armonia si cela una verità che è a volte imprevedibile e non sempre rosea come l’immaginazione comune la vorrebbe.

 

Filippo Timi firma la sceneggiatura, insieme al regista Sebastiano Mauri, di un film che a buon ragione si può definire sui generis in quanto è veramente difficile dargli una definizione perché di per sé indefinibile. La protagonista (Filippo Timi stesso abbigliato elegantemente in una mise en scène del migliore David LaChapelle) si comporta in modo del tutto surreale come altrettanto surreale è l’azione dei pochi attori che lo affiancano e che assumono comportamenti fuori da ogni normale logica, rasentando quasi uno stato puro… di demenza. A tal punto che la barboncina impagliata rappresenta forse l’unico elemento razionale dell’intera storia: essa sa come e quando agire in soccorso della sua padrona, anche se talvolta si comporta in maniera stizzosa nascondendosi nei punti più impensati della casa o del giardino, quasi a volersi burlare del mondo bizzarro che la circonda. Lo scorrere sereno delle cose viene bruscamente a interrompersi allorquando Mrs. Fairytale si accorge di essere diventata un uomo, o forse lo era già ma questo dettaglio non sembra inficiare il senso dello script che sembrerebbe spronare ognuno a viversi la propria sessualità come meglio crede e con chi più l’aggrada, senza crearsi troppe elucubrazioni mentali. A poco servono i moniti di mother (superlativa Piera Degli Esposti) che suggerisce alla figlia di vivere di nascosto la propria storia d’amore con l’amica del cuore Mrs. Emerald (Lucia Mascino), al fine di non turbare gli equilibri all’interno della famiglia. Il film sembra dirci che, per quello che si sa, la vita è una farsa e menomale, altrimenti ci sarebbe da urlare tutto il tempo per la disperazione!

Film demenziale ed estremamente divertente al tempo stesso, dove la trasgressione non si sa da che parte sia e dove, tra le pieghe di tanta assurdità, troviamo anche un messaggio profondo che vuole farsi largo tra le generazioni presenti e future.

Favola arriverà al cinema solo il 25, 26 e 27 giugno come evento speciale distribuito da Nexo Digital in collaborazione con l’Associazione Arcigay e inaugurerà la nuova edizione del Festival MIX Milano di Cinema Gaylesbico e Queer Culture che si terrà dal 21 al 24 giugno.

data di pubblicazione:20/06/2018

 

VISTO SI STAMPI di Gabriele Sabatini – Italosvevo edizioni, 2018

VISTO SI STAMPI di Gabriele Sabatini – Italosvevo edizioni, 2018

Gabriele Sabatini ci regala queste pagine che costituiscono una vera chicca nel panorama editoriale perché, per chi ama i libri e per chi vive con e di libri (l’autore è editor per la Carocci editore), è un reale piacere parlare di come si arriva alla pubblicazione di un testo, di tutto quello che c’è dietro: la lettura delle bozze da parte degli amici, i tagli del testo apportati dall’editore, la scelta del titolo più adatto a rappresentare il volume ma anche a renderlo appetibile per il pubblico.

Sarà sicuramente interessante per tutti leggere questo libro, un po’ come scostare un sipario e guardare gli attori che provano prima di andare in scena, un racconto delle vicende che hanno circondato i libri di autori che sono delle pietre miliari della nostra letteratura, di cosa è accaduto, sia prima che dopo, la loro pubblicazione.

Sabatini ci presenta nove vicende editoriali, dalla travagliata pubblicazione di Viva Caporetto! di Curzio Malaparte, alle ultime correzioni apportare a Tempo di uccidere di Ennio Flaiano, che non vengono effettuate perché si sarebbe saltato il turno dal tipografo, all’amara vittoria del premio Strega della Ragazza di Bube di Cassola e uno via l’altro per le vicende che accompagnano la vita dei libri di Pratolini, Chiara, Brancati, Rigoni Stern e Berto.

L’ultimo capitolo è dedicato alla nascita della casa editrice Longanesi, alla storia personale di Leo Longanesi, delle sue scelte editoriali, del suo fiuto: “secondo Montanelli, Longanesi non leggeva i libri, però sapeva annusarli…”, fino alla separazione avvenuta nel 1956.

La scrittura di Sabatini è godibilissima, piacevole, pulita ed è un vero piacere leggerlo.

Assolutamente da leggere, da parte di tutti coloro che amano i libri!!!

Sabato prossimo, 23 giugno alle 21.30 l’autore presenterà il libro nei giardini di Castel Sant’Angelo nell’ambito della manifestazione “Letture d’estate”.

data di pubblicazione:18/06/2018

PRESENTAZIONE SPETTACOLI STAGIONE 2018/2019 DEL TEATRO DI ROMA – TEATRO NAZIONALE

PRESENTAZIONE SPETTACOLI STAGIONE 2018/2019 DEL TEATRO DI ROMA – TEATRO NAZIONALE

Teatro. Le Forme della Verità è il principio su cui si fonda la stagione 2018/2019 del Teatro di Roma – Teatro Nazionale con un programma che si conferma molto ambizioso e che quest’anno allarga i propri confini in Comune (Lido, Quarticciolo, Tor Bella Monaca, Corsini, Globe). Protagonista del progetto artistico è la drammaturgia contemporanea, declinata da generazioni diverse di autori, registi e artisti, in equilibrio tra tradizione e innovazione, che punta sulla valorizzazione dei talenti, in ascolto a quelli che sono i fermenti del territorio e gli stimoli internazionali, con uno sguardo speciale sullo scenario femminile. Tre i teatri cittadini dove si concentrerà l’attività: Argentina, con l’obiettivo di innovare pur rimanendo nella tradizione; India, quale “fabbrica” polidisciplinare di creatività e aggregazione; Torlonia, stazione d’arte tutta al femminile con spazio anche per la musica e la poesia. Su questi palcoscenici passeranno 15 percorsi che compongono, intrecciandosi, una stagione lunga 11 mesi di continua attività, offerta tutti i giorni e con più spettacoli al giorno. Il sipario si alzerà 580 volte su un cartellone di 115 proposte complessive, composto da 25 produzioni – di cui 8 nuove produzioni, 6 nuove coproduzioni e 11 riprese di cui 5 in tournée – con opere di 60 autori viventi di cui 15 stranieri, 60 registi e circa 380 interpreti.

Trasversale l’offerta di titoli all’Argentina: Afghanistan, affresco storico diretto da Bruni/De Capitani; Va’ pensiero di Marco Martinelli e Ermanna Montanari; Questi fantasmi! firmato da Marco Tullio Giordana; Don Giovanni secondo Valerio Binasco; La tragedia del vendicatore prima regia italiana di Donnellan; Turandot diretta da Marco Plini; Enrico IV nella versione di Carlo Cecchi; La Gioia di Pippo Delbono; le riscritture di Giulio Cesare di Fabrizio Sinisi e Tito di Michele Santeramo; Si nota all’imbrunire di Lucia Calamaro, al suo debutto all’Argentina; Toni Servillo incontra le riflessioni di Jouvet sul teatro con Elvira; ritorna il Macbettu di Alessandro Serra; Dieci storie proprio così – terzo atto di Emanuela Giordano e Giulia Minoli.

All’India: quattro spettacoli dell’Accademia Silvio d’Amico firmati da Emma Dante (Studio da Le Baccanti) e Giorgio Barberio Corsetti (Tiranno Edipo!), a cui si affiancano due giovani registi Carmelo Alù (Un anno con tredici lune) e Fabio Condemi (Jakob Von Gunten); Cani, commedia musicale di Armando Pugliese per Officine Pasolini; Lo sguardo oltre il fango di Giovanni Deanna; Il giuoco delle parti, regia di Alessio Bergamo; La scortecata, riscritta da Emma Dante; Petrolio di Ulderico Pesce; Quasi una vita di Roberto Bacci; Amleto take away di Berardi/Casolari; Aminta nella rilettura di Antonio Latella; il trittico di creazioni di Liv Ferracchiati sull’identità di genere (Peter Pan guarda sotto le gonne, Stabat Mater, Un eschimese in Amazzonia); il dittico Nest di San Giovanni a Teduccio (Gli onesti della banda e 12 baci sulla bocca); Gli sposi-Romanian Tragedy di Frosini/Timpano; Racconto d’inverno di Andrea Baracco; Il giardino dei ciliegi di Kepler-452; Immacolata Concezione di Vucciria; il dittico Danio Manfredini (Luciano e Al presente); Gioie e dolori nella vita delle giraffe di Tiago Rodrigues.

A Torlonia: Dux in scatola di Daniele Timpano; La fisarmonica verde di Andrea Satta e Ulderico Pesce; Federico Tiezzi con La signorina Else; Fanny & Alexander con Storia di una amicizia da Elena Ferrante; la trilogia dedicata a Elena Arvigo; Valter Malosti con un trittico su tre donne di fine Ottocento; sulla legalità e memoria Pio La Torre di Leonardo Mancini e Se la rivoluzione d’ottobre fosse stata di maggio di Giovanni Greco; Confirmation di Chris Thorpe diretto da Jacopo Gassmann.

Il programma verrà ulteriormente arricchito da iniziative culturali, alcune in co-produzione con registi e talenti internazionali: una stagione, dunque, veramente interessante per l’altissima qualità degli spettacoli offerti, caratteristica questa che oramai da anni contraddistingue l’attività drammaturgica del Teatro di Roma.

data di pubblicazione:16/06/2018

LUNGO LA VIA LATTEA di Emir Kusturica – Feltrinelli, 2016

LUNGO LA VIA LATTEA di Emir Kusturica – Feltrinelli, 2016

L’epica zingaresca, tout court ex jugoslava, di Emir Kusturica, si riverbera in sei racconti lunari. Conscio di non avere il respiro lungo per il romanzo il popolare regista bosniaco dimostra doti non comuni anche da scrittore con le curiose epifanie dei suoi personaggi picareschi. Non necessariamente confinati dentro le mura di Sarajevo.

L’eco della guerra e della profonda divisione tra i popoli sembra non aver scalfito la sua hibris, il suo sentirsi profondamente jugoslavo e neanche ex. L’orgoglio della nazione che fu trapela con moti d’orgoglio, rispettosa da una parte delle svolte storiche maturate ma dall’altro con una sintonia di fondo, il piccolo miracolo, artefice anche Tito, di aver riunito popoli di etnie e religioni diverse in un’Europa che allora predicava l’unità e oggi tante divise frammentazioni.

Sei racconti per restituire il fascino di un popolo fieramente sopra le righe, descritto come barbaro ma probabilmente imbarbarito dalla storia delle sopraffazioni subìte. Nel resto si respira l’atmosfera delle prime prove cinematografiche quando l’ispirazione pulsava di autobiografismo. L’immaginazione è sostenuta dai ricordi del bambino Emir. Qui c’è tutto di reale e tutto di fantastico in un melting pot in cui non è necessario distinguere i due “forni” narrativi. La Via Lattea forse era il lungo incedere verso il mare – sponda croata di Dubrovnik- o la nostalgia delle montagne olimpiche di Sarajevo per l’organizzazione di un’Olimpiade che oggi appare come un miracolo di buona volontà considerando poi la violenza degli anni a venire. Dunque dalle stelle all’acqua con un completamento che sembra la metafora del puzzle jugoslavo, di un indomabile spirito di fondo non fiaccato dalle guerre e dagli odi intestini.

Ci si tuffa in un mondo affascinante che è lontano dalla narrativa italiana almeno quanto quella sudamericana. E non ci annoia mai. Il profumo d’infanzia si scontra con il mondo già crudele degli adulti e ci fa capire come ad est si maturi prima per le prove che la vita ti porta presto ad affrontare.

data di pubblicazione: 11/6/2018