UNA GIORNATA FATALE del danzatore Gregorio Samsa

UNA GIORNATA FATALE del danzatore Gregorio Samsa

regia e drammaturgia Eugenio Barba, Lorenzo Gleijeses e Julia Varley con Lorenzo Gleijeses

(Teatro India – Roma, 8/19 maggio 2024)

In scena al teatro India Una giornata fatale del danzatore Gregorio Samsa regia e drammaturgia firmata da Eugenio Barba, accanto a Julia Varley e Lorenzo Gleijeses che ne è anche interprete. La scena racconta la vicenda di un danzatore prima del debutto che viene mandato a casa dal coreografo e vive una giornata in cui ripete i movimenti della partitura per perfezionarli, secondo una logica ossessiva e quasi maniacale (foto Rebecca Lena).

Nato dalla collaborazione tra il grande maestro di teatro Eugenio Barba e l’attore Lorenzo Gleijeses, Una giornata particolare del danzatore Gregorio Samsa è uno spettacolo in cui si intersecano tre diversi nuclei narrativi: alcuni elementi biografici di Franz Kafka, la vicenda del personaggio centrale de La metamorfosi, Gregorio Samsa, e quella di un immaginario danzatore omonimo. Samsa è convinto che, attraverso una ripetizione ossessiva delle sue partiture, sia possibile arrivare ad un altro livello di precisione tecnica e di qualità interpretativa ma, di contro, il suo perfezionismo lo proietta in un mondo in cui i confini tra reale e immaginario, teatro e quotidiano sono labili e interconnessi. Si scontrano, allora, le esigenze del mondo esterno e le sue profonde necessità personali.

Lo spettacolo mantiene tutti i principi teorici e artistici elaborati da Barba, ma anche una componente autobiografica e creativa del danzatore-attore napoletano. Lo spettacolo ha avuto una gestazione di circa dieci anni con varie sessioni di prove ed incontri con il pubblico. Da allora le repliche non si sono mai interrotte, lo spettacolo continua a crescere e a evolversi pur rimanendo fedele alla sua struttura originaria.

È stato Barba ad associare il lavoro coreografico alla figura del giovane che si trasforma in insetto, secondo una scrittura scenica che non parte dal testo, ma dall’esperienza e dall’intuizione. Un lavoro straordinario ed, inquietante, quello che Lorenzo Gleijeses fa su se stesso, all’interno di una cornice astratta, fatta di un angosciante quotidiano popolato di robot aspirapolvere e messaggi vocali disturbanti, di luci abbaglianti e oscurità, di corse verso soli e lune lontani.

data di pubblicazione:12/05/2024


Il nostro voto:

77° FESTIVAL di CANNES  –  14/25 Maggio 2024

77° FESTIVAL di CANNES – 14/25 Maggio 2024

Nei momenti bui della Pandemia si scriveva che il Cinema era morto e che le sale cinematografiche erano ormai finite. Il futuro sarebbe stato solo delle Piattaforme Streaming. Il recupero della libertà di aggregazione ha invece segnato l’inizio della ripresa. Il 2023 poi, con il fenomeno BarbienHeimer e con l’ennesimo Mission Impossible, ha confermato la definitiva inversione di rotta. Il ritorno delle Grandi Produzioni, dei Blockbuster e dei film di qualità ha riportato il grande pubblico nelle sale cinematografiche. Si è tornati ovunque alla “normalità” dei livelli pre covid.

Grande è quindi l’attesa per il prossimo Festival di Cannes. Sulla Croisette si apre la stagione dei Festival Internazionali, quelli sulle cui passerelle passano i film di grandi ambizioni e di elevata qualità. La Kermesse ci darà una sicura indicazione di come sarà la stagione cinematografica.

Una recente ricerca indica che è in atto un significativo cambio generazionale tra gli spettatori e che il cinema di qualità attrae molto anche i giovani. Un dato che fa ben sperare! Cannes punta ad incontrare proprio questo rinnovamento e ad esserne precursore e cassa di risonanza. Da qui la decisione di nominare Presidente della Giuria, Greta Gerwig la giovane regista che con il suo Barbie ha superato tutte le barriere fra i generi cinematografici e li ha innovati radicalmente. Da qui anche la presenza in Concorso di numerosi giovani Registi emergenti.

Quest’anno però tornano, attesissimi, anche i Grandi del Cinema che porteranno i propri film autoriali addirittura in Concorso: F.F. Coppola il futuristico Megalopolis; D.Cronenberg The Shrouds; J.Audiard Emilia Perez; P. Schrader Oh Canada;  M. Hazanavicius La plus précieuse des marchandises; G.Lellouche L’amour ouf; e infine Y. Lanthimos Kind of kindness.

Fuori Concorso verranno anche presentati Furiosa: a Mad Max Saga di G.Miller, prequel della Saga omonima, ed il western Horizon – An American Saga diretto da K.Costner. Tra le Proiezioni Speciali, avremo poi anche Oliver Stone con Lula e Daniel Auteuil con Le fil.

A George Lucas verrà consegnata la Palma d’Oro per la Carriera.

Un totale complessivo, forse eccessivo, (l’accusa di “gigantismo” pare giustificata) di ben 115 film in 12 giorni, ripartiti fra la Selezione Ufficiale, Un Certain Régard, le altre Sezioni, i Fuori Concorso e le Séances Spéciales. Una kermesse culturale e commerciale straripante che, insieme alla Quinzaine des Cinéastes e alla Settimana Internazionale della Critica, metterà in mostra tutto il meglio del Cinema disponibile al momento.

Il Cinema Italiano sarà presente con Pierfrancesco Favino in Giuria e con solo due film in Competizione. Paolo Sorrentino concorre infatti con Parthenope e Roberto Minervini, nella sezione Un Certain Régard, con I Dannati. Un po’ italiano perché realizzato in coproduzione con la RAI è infine Marcello mio di Christophe Honoré, nella Selezione Ufficiale.

Vedremo se la qualità dei nostri Autori e l’arte diplomatica persuasiva di Favino riusciranno ad incontrarsi ed a portare finalmente all’Italia un riconoscimento. Speriamo!

data di pubblicazione:10/05/2024

IL CANTO DEI GIGANTI

IL CANTO DEI GIGANTI

tratto da I Giganti della Montagna di Luigi Pirandello di e con Fabio Cocifoglia e Manuela Mandracchia

(Teatro India – Roma, 2/12 maggio 2024)

È scena al Teatro India Il canto dei giganti, spettacolo liberamente tratto da I giganti della montagna di Luigi Pirandello, suo ultimo testo rimasto incompiuto, in cui viene narrata la crisi personale di un teatrante (foto Pino Miraglia).

Uno spettacolo magico, sofisticato e sorprendente, che intreccia scrittura e poesia, tradizione ed elettronica, sogno e realtà. C’è uno scrittore in piena crisi che vorrebbe dimettersi da tutto e un’attrice ossessionata dall’idea che la poesia possa salvare il mondo. Lo scrittore è disteso sul letto, non riesce a staccarsi da pensieri e ricordi che lo ossessionano. Romanze e stridii assordanti, bauli, vestiti e specchi, luci e lanterne, tutto è intorno a sé, presente e ingombrante.

L’attrice appare con le sue ossessioni, il testo, la poesia, il neonato. E’ la metafora del dramma teatrale incompiuto che è anche la crisi dell’uomo e dell’artista.

Dramma che narra la vicenda di un gruppo di disadattati che trovano rifugio in una villa chiamata La Scalogna e incontrano una compagnia di attori in procinto di mettere in piedi la rappresentazione di un pezzo teatrale, La favola del figlio cambiato.

Lo spettacolo intreccia sapientemente la scrittura di Pirandello e nello specifico le novelle (il già citato Il figlio cambiato e Colloqui con i personaggi), il testo teatrale I giganti della montagna, con la musica del gruppo degli Agricantus.

Un meraviglioso racconto onirico che si sviluppa anche attraverso le fotografie di Letizia Battaglia e Shobha e i contributi video di Pippo Zimmardi, elaborati da un laboratorio teatrale svoltosi nella Real Casa dei Matti di Palermo.

Lo spettacolo magistralmente scritto, diretto e interpretato da Manuela Mandracchia e Fabio Cocifoglia è un vero e proprio arsenale di realtà e illusioni, in piena coerenza con l’immaginario creativo dell’autore e con la sua grave crisi di uomo e teatrante, specchio di fragilità e debolezze del genere umano.

data di pubblicazione:9/05/2024


Il nostro voto:

 

IL GUSTO DELLE COSE di Tran Anh Hung, 2024

IL GUSTO DELLE COSE di Tran Anh Hung, 2024

Dodin (B. Magimel) è un gastronomo rinomato nella Francia del 1885. Vive nella tranquillità della sua casa di campagna. La sua cuoca Eugénie (J. Binoche) è il suo braccio destro. La loro intesa lavorativa è divenuta in 20 anni anche una relazione affettiva creando una routine gastronomica e sentimentale perfetta. Dodin vorrebbe sposarla ma Eugénie non ha alcun interesse. Perché cambiare una ricetta quando funziona? Dodin allora …

 

Anh Hung è un regista e sceneggiatore franco-vietnamita. Il suo film d’esordio Il Profumo della papaya verde vinse il Premio Caméra d’Or a Cannes 1993. Il secondo, Cyclo vinse il Leone d’Oro a Venezia 1995. Questo suo 7° film ha vinto il Premio per la Regia a Cannes 2023. Evidentemente è un Autore che si prende i suoi tempi ma il grande talento estetico resta pur sempre la sua cifra stilistica. Scenografie molto ricercate, inquadrature studiate e curate come fossero quadri, uso sapiente della fotografia e del colore, ritmi lenti e contemplativi. Il Gusto delle Cose è un’opera da cui traspira l’amore per la Francia d’antan e per i suoi piaceri culinari. Un omaggio ai sapori, alle alchimie della buona cucina. In parallelo è anche un’ode alle sfumature dei sentimenti umani.

Il lungo ed ipnotizzante piano sequenza iniziale in cui viene mostrato tutto il processo realizzativo di un piatto elaborato è una professione di fede verso la Cucina e verso l’Amore. I fuochi, i vapori, il sobbollio del brodo, i rumori delle stoviglie e dei coltelli sostituiscono le parole. Un balletto silenzioso della cinepresa fra pentole e mestoli. L’abilità del Regista e del Direttore della Fotografia seguono i gesti metodici e tranquilli dei due protagonisti. Un insieme armonico che anticipa e rende la profondità, la complicità e la completezza della relazione fra il gastronomo e la sua cuoca. Collaborare a realizzare un piatto ed ogni gesto connesso sono un segreto linguaggio comune con cui si esprimono con pudore e delicatezza i sentimenti di un amore maturo. La bellezza delle immagini è coinvolgente e rende tutta la sensualità alchemica della passione culinaria ed affettiva.

Si tratta di un’opera poco comune ed autoriale in cui la parte narrativa è quasi un pretesto ed ha una rilevanza limitata malgrado l’accenno anche a temi come il desiderio di libertà, l’emancipazione femminile, l’amicizia e la perdita. La vera ed unica ambizione del film infatti è raccontare la forza calma delle due passioni.

La Binoche e Magimel sostengono il film. Ex coppia nella vita reale hanno una chimica incredibile e magnetica. La loro complicità è palese e palpabile. Riempiono le inquadrature con il loro carisma e con la misurata intensità delle interpretazioni. Ottimi anche gli attori di secondo piano. L’abilità delle riprese, la messa in scena, la regia ed il montaggio sono straordinari, la fotografia è una gioia per gli occhi. I ritmi sono scientemente lenti come le stagioni che si succedono. Un’opera volutamente “vecchio stile” ma affascinante ed espressiva che cattura pian piano lo spettatore con la magia della sua delicatezza.

Più sensuale de La cena di Babette e di Chocolat, Il Gusto delle Cose entra di diritto tra i classici del cinema culinario. Se però vi aspettate una puntata di Masterchef o un film d’azione evitate di andarlo a vedere!

data di pubblicazione:8/05/2024


Scopri con un click il nostro voto:

ESTERINO di Marco Rinaldi

ESTERINO di Marco Rinaldi

regia di Paolo Vanacore, con Riccardo Bàrbera, Roberto D’Alessandro e Antonello Pascale

(Teatro 7 Off – Roma, 2/12 maggio 2024)

Esterino ha otto anni e parla nei sogni con il nonno defunto. Preoccupati, i genitori lo mandano in analisi dal dottor Bellachioma. Ma il medico è un cialtrone disonesto, preoccupato unicamente di spillare soldi ai propri clienti. Per fortuna Esterino è un bambino sveglio e non ha bisogno delle cure dell’inabile dottore. (foto di Manuela Giusto)

 

Cosa hanno in comune l’Austria e l’Italia? Nulla, se il terreno di confronto è la psicanalisi. I capisaldi della scienza che si prefigge di curare i disturbi della mente nata con Sigmund Freud vengono smontati dalle domande e dalle considerazioni di un bambino di soli otto anni in cura da un medico cialtrone. E la proverbiale sapienza popolare all’italiana, con la sua scanzonata praticità a cavarsela in ogni situazione, vince sopra ogni teoria.

Tenero e divertente racconto che pone al centro l’affetto di un nonno per il nipote preferito, Esterino è il nuovo lavoro del commediografo Marco Rinaldi in scena fino a domenica al Teatro 7 Off dove ha debuttato in prima assoluta lo scorso 2 maggio per la regia di Paolo Vanacore, prodotto da CMR Project Camera Musicale Romana.

Per il piccolo Esterino, nonno Lello è un punto di riferimento. Gli piace sedere accanto al nonno e ascoltare i suoi assurdi racconti di quando era cacciatore di prede in Africa, anche se alle giraffe e agli elefanti preferiva di gran lunga le donne. Quando muore però Esterino non rimane da solo perché il defunto nonno torna a trovarlo nei sogni. Allarmati dal fatto che queste apparizioni siano solo il frutto dell’immaginazione turbata del bambino, i genitori mandano il piccolo in analisi. Ma il dottor Bellachioma, psicanalista imbroglione, è preoccupato più per i soldi che per la salute dei suoi pazienti. Esterino non fatica a tenere testa con la sua semplice logica e con i consigli del nonno che continua a visitarlo nei sogni alle astruse e inconcludenti teorie del seducente dottore. E così, nella battaglia che alterna sogno e realtà, questa favola si chiude con la consapevolezza che nella vita per crescere occorre prendere le cose per come vengono. L’esperienza ci aiuterà a risolvere i problemi, non di certo la psicoanalisi che ne esce ammaccata e sminuita.

Nel dirigere questo spettacolo, Paolo Vanacore sceglie di raccontare la storia in modo coerente e chiaro sdoppiando i piani della recitazione oltre e aldiquà di un velo. Il mondo dei sogni rimane così separato dallo studio del dottor Bellachioma, con le sue immancabili poltrone da terapia (la scena è di Alessandro Chiti). Fanno da collante al susseguirsi delle scene le musiche originali composte da Alessandro Panatteri, che riflettono il fare scanzonato e burlone della commedia. Ottima la prova del trio Bàrbera-D’Alessandro-Pascale, la cui inventiva e esperienza sul palco salva una commedia altrimenti debole dal punto di vista dell’intreccio, che fonda il suo potenziale comico solo nel farsi beffe della psicologia.

data di pubblicazione:7/05/2024


Il nostro voto:

BABY REINDEER – SERIE NETFLIX

BABY REINDEER – SERIE NETFLIX

Aspirante comico scozzese, Donny, si è trasferito a Londra per cercare di avere successo come comico di stand-up. Per mantenersi lavora in un pub, dove conosce una donna, il cui nome di finzione nella serie è Martha. Donny inizialmente è gentile, poi lei comincia a tornare ogni giorno alla stessa ora nel locale, per parlare con lui.

Baby Reindeer racconta la storia vera di Richard Gadd, comico che ha pensato, scritto e anche interpretato la serie, nelle vesti di Donny, il protagonista. In sette episodi c’è tutta la storia di Gadd. È un vero e proprio fenomeno di pubblico e di critica questa miniserie ispirata per l’appunto ad una vicenda che gli è realmente accaduta. Persino Stephen King si è sbilanciato in una recensione sul Times, paragonandolo per certi versi al suo Misery.

Si resta subito colpiti dal personaggio di Donny, in apparenza talmente ‘aperto’ da frequentare ragazze transessuali, ma anche dal fatto che non risulta minimamente impensierito dall’aspetto fisico di Martha come dalla sua evidente mitomania. Il terrore crescente alla vista della serie è quello di trovarsi al cospetto non di una normale storia d’amore, ma di fronte ad un’identità perduta perché deformata, totalmente modificata, con cui dover imparare a coesistere.

Ciò che ne viene fuori ipnotizza, infastidisce per certi versi e intenerisce per altri, perché alla fine un domani tutti potremmo trovarci in un bar e scoppiare a piangere davanti a qualcuno, provocandone la benevolenza. Cosa realmente ha portato al successo (22 milioni di visualizzazioni mondiali su Netflix) questa serie resta comunque un mistero visto anche la non eccessiva pubblicizzazione, probabilmente l’identificazione nei confronti di un protagonista verso il quale proviamo fin dall’inizio sentimenti contrastanti: critica, condanna, affetto, collera, sofferenza. In tutto ciò, aggiungiamo la breve durata delle puntate, mezz’ora circa, per farne un formato totalmente godibile.

Il quarto episodio è lo spartiacque, quello dove viene rivelato con estrema durezza quello che ha dovuto patire Donny in un momento della sua vita fatto di grande fragilità. Da quel momento in avanti qualcosa si è rotto, mettendo sempre a rischio un delicatissimo bilanciamento tra ciò che si vuole veramente e ciò che porta alla devastazione, dando vita a un copione drammatico e grottesco allo stesso tempo, che assorbe il pubblico in un turbine dal quale è quasi impossibile separarsi.

data di pubblicazione:7/05/2024

 

MARSHMALLOWS scritto e diretto da Angela Ciaburri

MARSHMALLOWS scritto e diretto da Angela Ciaburri

con Simone Corbisiero, Luca Filippi, Bianca Mastromonaco e Adele Piras

(Spazio Diamante – Roma, 2 maggio 2024)

In corso allo Spazio Diamante fino al 12 maggio il Festival inDivenire per la direzione artistica di Giampiero Cicciò. Il vincitore tra i progetti in gara vedrà la possibilità di produrre per intero lo spettacolo. Tra i lavori in programmazione è andato in scena Marshmallows di Angela Ciaburri, prodotto da Progetto Superficie.

  

Prende spunto da un piccolo incidente realmente accaduto alla scrittrice e regista Angela Ciaburri questo studio di trenta minuti andato in scena al Festival inDivenire allo Spazio Diamante. Una spina di pesce le rimase incastrata in gola e un’amica, per darle aiuto, le consigliò di ingoiare un marshmallow. La caramella soffice, dalle striature bianche e rosa, diventa sulla scena una soluzione metaforica a una situazione ben più spinosa.

Frank, Daisy, Adele e Jack vivono nello stesso appartamento. Daisy è la padrona di casa e percepisce l’affitto dai suoi coinquilini, ma vorrebbe vivere guadagnando come artista. Jack è un percussionista che si avventura di notte a caccia di uomini. Adele, allarmista e ipocondriaca, fa la scrittrice ed è fidanzata con Frank, l’unico ad aver accantonato il sogno di diventare un rapper per trovarsi un lavoro con il quale può realmente mantenersi. È impiegato infatti in una fabbrica di marshmallows come addetto al controllo qualità.

Appartengono tutti alla generazione Y, quella dei cosiddetti millennials nati tra la fine degli anni ottanta e prima del duemila. La storia – non priva di colpi di scena già nella prima mezz’ora – si snoda attraverso l’interazione di questi quattro individui, nella cui vicenda risuonano i difetti e le promesse non mantenute della società che li ha cresciuti. Vivono una dispercezione, come la chiamano loro, rispetto alla realtà. Una sorta di complesso che li rende schizofrenici, obbligandoli a ingoiare in continuazione bocconi amari. Da una parte proiettati al futuro con tutto il loro bagaglio formativo che gli è stato concesso di ottenere; dall’altra in guerra con sé stessi e con gli altri, impossibilitati a realizzare i propri sogni in una società che non ha saputo mantenere le promesse fatte.

Nel gioco al massacro creato da Angela Ciaburri, che da vera esperta del palcoscenico non lascia solo nessun personaggio, ognuno punta il dito contro l’altro. Anzi una torcia meglio che il dito, come nella coreografia di ombre e luci nella quale i quattro sono immersi dalla regista. Si muovono in uno spazio con pochi oggetti, ma funzionale, delimitato a terra da un quadrato luminoso, perimetro della stanza comune nell’appartamento condiviso.

Ma dentro o fuori dal quadrato magico, qual è la realtà?

data di pubblicazione:6/05/2024


Il nostro voto:

NAPOLI OTTOCENTO – Scuderie del Quirinale fino al 16.06.2024

NAPOLI OTTOCENTO – Scuderie del Quirinale fino al 16.06.2024

Mentre una folla disordinata di turisti chiassosi riempie le strade e i locali intorno alla Fontana di Trevi e dintorni, poco più su, alle Scuderie del Quirinale, una mostra magnifica, colta ma non accademica, espone opere tra le più importanti dell’Ottocento napoletano. Quadri, sculture, stampe, acquerelli, oggetti testimoniano il momento di straordinaria vivacità artistica e culturale della città che Goethe nel suo Viaggio in Italia definì “il luogo più meraviglioso del mondo”. Per oltre un secolo infatti Napoli, meta del Grand Tour, accolse artisti italiani e stranieri. Attratti dal fascino degli scavi appena iniziati di Pompei ed Ercolano, dalle ricorrenti eruzioni del Vesuvio, dalla natura lussureggiante delle isole, dallo splendore e dal degrado della pittoresca vita locale, trasfusero nelle loro opere sensazioni ed emozioni e restituirono le atmosfere di una città unica.

Nello splendido contesto delle Scuderie la mostra ci conduce in un viaggio incredibile tra le visioni che Napoli è riuscita a suscitare in quel lungo periodo e che hanno pervaso l’arte e l’immaginazione come poche altre.

Tanto per citare alcuni autori, nelle sale sono esposte opere di William Turner, John Singer Sargent, Anton van Pitloo, Giuseppe De Nittis, Ercole e Giacinto Gigante, i fratelli Palizzi, Vincenzo Gemito, fino a Burri e a Fontana. E una sala è tutta dedicata a Edgar Degas. Il pittore infatti aveva radici napoletane e aveva passato la giovinezza in un palazzo di famiglia e in una villa sulla collina di Capodimonte, imparando perfino il dialetto.

Parte dell’esposizione è dedicata anche al ruolo importante che la città ebbe nel campo scientifico e culturale, come sede di una delle più antiche università italiane, della prima Scuola di Lingue Orientali d’Europa e del primo Museo di Mineralogia.

Al termine del percorso espositivo, dalle finestre del museo si può come sempre ammirare la vista “da urlo” su Roma e le sue bellezze.

La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10 alle 20 fino al 16 giugno. Ben organizzata e con adeguati e validi supporti informativi è davvero un evento da non perdere!

data di pubblicazione:6/05/2024

DAVID DI DONATELLO – 2024

DAVID DI DONATELLO – 2024

La 69a edizione dei David di Donatello restituisce una fotografia completa di una stagione cinematografia indubbiamente fortunata per il cinema italiano, che torna a proporre storie “da grande schermo” e che scomette, come nella nostra migliore tradizione, su film capaci di veicolare un messaggio culturale, sociale e, lato sensu, politico.

Io capitano di Matteo Garrone, dopo la delusione degli Oscar, trionfa in patria, vincendo nelle categorie del miglior film e della miglior regia.

Anche grandi attese per C’è ancora domani, che aveva raggiunto il record delle diciannove candidature per un film d’esordio, non sono andate deluse. Paola Cortellesi si aggiudica il premio come miglior regista esordiente e come miglior attrice protagonista, mentre Emanuela Fanelli è la migliore tra le attrici non protagoniste. C’è ancora domani, poi, si porta a casa il David per la migliore sceneggiatura non originale, firmata da Furio Andreotti, Giulia Calenda e Paola Cortellesi. “Scontato”, poi, il David dello spettatore a C’è ancora domani, che, con i suoi cinque milioni e mezzo di spettatori, si consacra il “fenomeno” degli ultimi anni.

Palazzina Laf incorona le migliori interpretazioni maschili: Michele Riondino è il miglior attore protagonista, Elio Germano il miglior attore non protagonista. Diodato, poi, si aggiudica il premio per la migliore canzone originale, con La mia terra.

La miglior sceneggiatura adattata è quella di Rapito di Marco Bellocchio.

Il miglior film internazionale è Anatomia di una caduta di Justine Triet.

Degni di nota anche i David alla carriera a Milena Vukotic e Giorgio Moroder, nonché il David speciale a Vincenzo Mollica.

Qui di seguito la lista completa delle candidature per ciascuna categoria e dei rispettivi vincitori.

Miglior film

Io capitano, regia di Matteo Garrone

C’è ancora domani, regia di Paola Cortellesi

Il sol dell’avvenire, regia di Nanni Moretti

La chimera, regia di Alice Rohrwacher

Rapito, regia di Marco Bellocchio

 

Miglior regia

Matteo Garrone – Io capitano

Nanni Moretti – Il sol dell’avvenire

Andrea Di Stefano – L’ultima notte di Amore

Alice Rohrwacher – La chimera

Marco Bellocchio – Rapito

 

Miglior regista esordiente

Paola Cortellesi – C’è ancora domani

Giacomo Abbruzzese – Disco Boy

Micaela Ramazzotti – Felicità

Michele Riondino – Palazzina Laf

Giuseppe Fiorello – Stranizza d’amuri

 

Migliore sceneggiatura originale

Furio Andreotti, Giulia Calenda e Paola Cortellesi – C’è ancora domani

Francesca Marciano, Nanni Moretti, Federica Pontremoli e Valia Santella – Il sol dell’avvenire

Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri – Io capitano

Alice Rohrwacher, Marco Pettenello e Carmela Covino – La chimera

Maurizio Braucci e Michele Riondino – Palazzina Laf

 

Migliore sceneggiatura adattata

Marco Bellocchio, Susanna Nicchiarelli, Edoardo Albinati e Daniela Ceselli – Rapito

Pietro Marcello, Maurizio Braucci e Maud Ameline – Le vele scarlatte

Giorgio Diritti e Fredo Valla – Lubo

Emma Dante, Elena Stancanelli e Giorgio Vasta – Misericordia

Sydney Sibilia e Armando Festa – Mixed by Erry

 

Miglior produttore

Archimede, Rai Cinema, Pathé e Tarantula – Io capitano

Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per Wildside, Vision Distribution in collaborazione con Sky e Netflix – C’è ancora domani

Nicola Giuliano, Francesca Cima, Carlotta Calori, Viola Prestieri per Indigo Film, Pierpaolo Verga, Edoardo De Angelis per O’ Groove, Paolo Del Brocco per Rai Cinema, Attilio De Razza per Tramp Limited, Mariagiovanna De Angelis per Vgroove, Antonio Miyakawa per Wise Pictures – Comandante

Giulia Achilli, Marco Alessi, Lionel Massol, Pauline Seigland e André Logie – Disco Boy

Carlo Cresto-Dina con Rai Cinema – La chimera

 

Miglior attrice protagonista

Paola Cortellesi – C’è ancora domani

Linda Caridi – L’ultima notte di Amore

Isabella Ragonese – Come pecore in mezzo ai lupi

Micaela Ramazzotti – Felicità

Barbara Ronchi – Rapito

 

Miglior attore protagonista

Michele Riondino – Palazzina Laf

Antonio Albanese – Cento domeniche

Valerio Mastandrea – C’è ancora domani

Pierfrancesco Favino – Comandante

Josh O’Connor – La chimera

 

Migliore attrice non protagonista

Emanuela Fanelli – C’è ancora domani

Barbora Bobulova – Il sol dell’avvenire

Alba Rohrwacher – La chimera

Isabella Rossellini – La chimera

Romana Maggiora Vergano – C’è ancora domani

 

Miglior attore non protagonista

Elio Germano – Palazzina Laf

Giorgio Colangeli – C’è ancora domani

Adriano Giannini – Adagio

Vinicio Marchioni – C’è ancora domani

Silvio Orlando – Il sol dell’avvenire

 

Migliore autore della fotografia

Paolo Carnera – Io capitano

Davide Leone – C’è ancora domani

Ferran Paredes Rubio – Comandante

Hélène Louvart – La chimera

Francesco Di Giacomo – Rapito

 

Miglior compositore

Subsonica – Adagio

Lele Marchitelli – C’è ancora domani

Franco Piersanti – Il sol dell’avvenire

Andrea Farri – Io capitano

Santi Pulvirenti – L’ultima notte di Amore

 

Migliore canzone originale

La mia terra (musica, testo e interpretazione di Diodato) – Palazzina Laf

Adagio (musica, testo e interpretazione dei Subsonica) – Adagio

La vita com’è (musica, testo e interpretazione di Brunori Sas) – Il più bel secolo della mia vita

Baby (musica di Andrea Farri, testo e interpretazione di Seydou Sarr) – Io capitano

‘O Dj (Don’t Give Up) (musica, testo e interpretazione di Liberato) – Mixed by Erry

 

Miglior scenografo

Andrea Castorina e Valeria Vecellio – Rapito

Paola Comencini e Fiorella Cicolini – C’è ancora domani

Carmine Guarino e Iole Autero – Comandante

Dimitri Capuani e Roberta Troncarelli – Io capitano

Emita Frigato e Rachele Meliadò – La chimera

 

Miglior costumista

Sergio Ballo e Daria Calvelli – Rapito

Alberto Moretti – C’è ancora domani

Massimo Cantini Parrini – Comandante

Stefano Ciammitti – Io capitano

Loredana Buscemi – La chimera

 

Miglior truccatore

Enrico Iacoponi – Rapito

Antonello Resch, Lorenzo Tamburini, Michele Salgaro Vaccaro e Francesca Galafassi – Adagio

Ermanno Spera – C’è ancora domani

Paola Gattabrusi e Lorenzo Tamburini – Comandante

Dalia Colli e Roberta Martorina – Io capitano

 

Miglior acconciatore

Alberta Giuliani – Rapito

Teresa Di Serio – C’è ancora domani

Massimo Gattabrusi – Comandante

Stefano Ciammitti e Dalia Colli – Io capitano

Daniela Tartari – La chimera

 

Miglior montatore

Marco Spoletini – Io capitano

Valentina Mariani – C’è ancora domani

Giogiò Franchini – L’ultima notte di Amore

Nelly Quettier – La chimera

Francesca Calvelli e Stefano Mariotti – Rapito

 

Miglior suono

Maricetta Lombardo, Daniela Bassani, Mirko Perri e Gianni Pallotto – Io capitano

Filippo Porcari, Alessandro Feletti, Luca Anzellotti e Paolo Segat – C’è ancora domani

Valentino Gianni, Alessandro Feletti, Mirko Perri e Giancarlo Rutigliano – Comandante

Alessandro Zanon, Marta Billingsley, Fabrizio Quadroli e Paolo Segat – Il sol dell’avvenire

Xavier Lavorel, Marta Billingsley e Maxence Ciekawy – La chimera

 

Migliori effetti speciali visivi

Laurent Creusot e Massimo Cipollina – Io capitano

Stefano Leoni e Flaminia Maltese – Adagio

Kevin Tod Haug e Stacey Dodge – Comandante

Fabio Tomassetti e Daniele Tomassetti – Denti da squalo

Rodolfo Migliari e Lena Di Gennaro – Rapito

 

Miglior documentario

Laggiù qualcuno mi ama, regia di Mario Martone

Enzo Jannacci – Vengo anch’io, regia di Giorgio Verdelli

Io, noi e Gaber, regia di Riccardo Milani

Mur, regia di Kasia Smutniak

Roma, santa e dannata, regia di Roberto D’Agostino, Marco Giusti e Daniele Ciprì

 

Miglior cortometraggio

The Meatseller, regia di Margherita Giusti

Asterión, regia di Francesco Montagner

Foto di gruppo, regia di Tommaso Frangini

In quanto a noi, regia di Simone Massi

We Should All Be Futurists, regia di Angela Norelli

 

Miglior film internazionale

Anatomia di una caduta, regia di Justine Triet

As bestas, regia di Rodrigo Sorogoyen

Foglie al vento, regia di Aki Kaurismäki

Killers of the Flower Moon, regia di Martin Scorsese

Oppenheimer, regia di Christopher Nolan

 

David Giovani

C’è ancora domani, regia di Paola Cortellesi

Comandante, regia di Edoardo De Angelis

Io capitano, regia di Matteo Garrone

L’ultima volta che siamo stati bambini, regia di Claudio Bisio

Stranizza d’amuri, regia di Giuseppe Fiorello

 

David speciale

Milena Vukotic – alla carriera

Giorgio Moroder – alla carriera

Vincenzo Mollica – David speciale

David dello spettatore

C’è ancora domani, regia di Paola Cortellesi

 

data di pubblicazione: 4/5/2024

FINO ALLA FINE DI TUTTO di Federico Malvaldi

FINO ALLA FINE DI TUTTO di Federico Malvaldi

regia di Renato Civello, con Eleonora Bernazza e Gabriele Enrico

(Spazio Diamante – Roma, 30 aprile 2024)

Primo studio di trenta minuti in gara al Festival inDivenire, Fino alla fine di tutto – prodotto da Remuda teatro di Federico Malvaldi e Veronica Rivolta – tratta la tematica ambientale insieme a quella giovanile. Due liceali, soli nelle rispettive battaglie, hackerano il sistema informatico che tiene chiusi i cancelli di un allevamento intensivo di bestiame.

Eleonora Bernazza e Gabriele Enrico sono Sofia e Elia, due ragazzi all’ultimo anno di liceo, protagonisti di Fino alla fine di tutto. Inserito nella programmazione della quinta edizione di inDivenire, il festival teatrale ideato da Alessandro Longobardi e diretto da Giampiero Cicciò, il nuovo lavoro drammaturgico di Federico Malvaldi, presentato come da regolamento in una messinscena di soli trenta minuti, è in gara con altre 18 compagnie che sperano di vedere il loro spettacolo prodotto per intero.

Mezz’ora è sufficiente per intravedere le potenzialità di questo lavoro, strettamente legato alla contemporaneità e ai problemi che affliggono le generazioni più giovani. La generazione Z in particolare, a cui appartengono le persone nate agli inizi degli anni duemila come Elia e Sofia, nonché i rispettivi (giovanissimi) interpreti, allievi promettenti alla Silvio D’Amico. Sono loro a doversi caricare sulle spalle la responsabilità di risolvere i problemi dovuti alla crisi sociale e ambientale che stiamo vivendo.

Da una cittadina di provincia Sofia si spinge nella lotta e nella protesta traboccante di rabbia, trascinando anche Elia inizialmente chiuso nel suo mondo fatto di videogiochi e distanza sociale. Superata la diffidenza e messa alla prova l’amicizia, insieme decidono di liberare il bestiame destinato al macello manomettendo il sistema informatico dell’azienda che tiene chiusi in gabbia gli animali.

Non sono solo i cancelli dell’allevamento ad aprirsi. Cadono anche le barriere di diffidenza e i due imparano a conoscersi e ad accettarsi nelle loro rispettive fragilità. Altri aspetti che caratterizzano questa generazione vengono così a galla. Piccoli particolari svelano le ragioni personali dell’individuo e queste si mescolano a quelle di un’intera generazione sulla quale grava il peso della ricerca di un futuro migliore. La regia di Renato Civello si adatta allo stile sciogliendo la narrazione attraverso il montaggio di piccole ma frequenti situazioni che aiutano a cogliere la trasformazione dei personaggi. Il testo diventa didascalico quando si palesa la missione, ma c’è tempo e spazio per approfondire una scrittura e dei personaggi interessanti come Elia e Sofia la cui forza è rimanere insieme, fino alla fine di tutto.

data di pubblicazione:4/05/2024


Il nostro voto: