ADDIO COLUMBUS di Philip Roth – Garzanti editore, prima edizione 1968, ancora disponibile

ADDIO COLUMBUS di Philip Roth – Garzanti editore, prima edizione 1968, ancora disponibile

Emozionante rileggere il primo tentativo letterario di Philip Roth a meno di due anni dalla sua scomparsa e dal torto macroscopico della mancata attribuzione del Premio Nobel per la letteratura, complici altre scelte e l’empasse del prestigioso riconoscimento. Racconto lungo o romanzo breve? Si può rimanere nel guado del dubbio per un volumetto con un’indimenticabile copertina di Fulvio Bianconi, un miracoloso prezzo d’esordio di 350 lire per un testo storico ancora reperibile su E Bay o fruibile nella versione cinematografica con il titolo neutro di La ragazza di Tony svettante Ali Mc Graw che poi si sarebbe affermata con la versione filmica di Love Story. Alla trave portante sono corredati cinque racconti di ambientazione ebraica che potresti benissimo confondere con altrettanti creazioni di Malamud o di Bellow, tanto forte è il calcolo di una tradizione narrativa fortemente caratterizzata per ambiente, consuetudini, gergo yiddish. Quando si produce in questo primo libro Roth ha appena 26 anni ma già si spende in una corrosiva descrizione del vuoto benessere americano, fatto di esteriorità, consumo ma con un assoluto vuoto di valori. Dunque il fidanzamento “pronti e via” di una copia è la cartina di tornasole per ispezionare la famiglia di lei con i suoi stanchi riti, affrontando la piacevole inconcludenza di vite sotto il segno del nulla. Dal nulla al nulla verrebbe voglia di dire per una coppia che non quaglia, che non sopravvive alle formalità e al perbenismo per un’America che sta affrontando la temperie di “Scandali al sole”. Nel sesso anche la scoperta di un diaframma anti-concezionale può sbattere su un muro di pregiudizi e di veti. Rimane la simpatia per il protagonista maschile che è sbalzato in un mondo assolutamente non a sua misura, con cui si sforza di confrontarsi senza grande successo. Roth fa largo uso di dialoghi per graffiare un’American life che già 60 anni rivelava la propria inconsistenza. Ma è solo l’alba di annunciati successivi capolavori con l’apoteosi per Il Lamento di Portnoy, non il migliore ma certamente il più famoso.

data di pubblicazione:20/03/2020

CINEMA DA CASA: UNA INIZIATIVA DI ALICE NELLA CITTÁ

CINEMA DA CASA: UNA INIZIATIVA DI ALICE NELLA CITTÁ

In un periodo nel quale l’emergenza CoVid-19 ci impone di stare a casa, prevedendo la chiusura di tutte le sale di cinema ed i teatri italiani, vi proponiamo una piacevole iniziativa proposta da Fabia Bettini e Gianluca Giannelli di Alice nella città. Proiezioni in diretta Facebook e Instagram dal giovedì alla domenica alle ore 22 sulle facciate della nostra città ed anche in tanti altri luoghi nel mondo di sequenze di film scelti e commentati da attori e personaggi appartenenti al mondo della cultura. Noi li seguiremo e ve li racconteremo, ma invitiamo tutti a collegarsi ai canali social di Alice nella città per essere presenti e partecipare. L’iniziativa è partita il 19 marzo alle 22 con Anna Foglietta, mentre oggi 20 marzo sempre alle 22 ci saranno Paola Minaccioni e Paolo Calabresi.

Cinema da casa è una iniziativa immaginata da Alice nella Città, il Festival Internazionale dedicato ai più giovani,  per unire le persone attraverso il cinema. Le proiezioni nascono dall’idea di usare come schermo gli spazi di vita delle persone, e proiettare le trame e le immagini dei film che ci legano per aver modo di stare insieme anche se lontani. Le sequenze e le immagini dei film che abbiamo amato di più verranno proiettate ogni sera  alle 22:00 dalla nostra finestra di casa, alternando sequenze tratte da feel-good movies, titoli di cinema classico e  film vintage-pop italiani. Una multiprogrammazione corale fatta da tante persone, da tante finestre diverse. In questa prima settimana, solo per citare alcuni titoli, abbiamo proiettato I 400 colpi, L’attimo fuggente, Billy Elliot, Nuovo cinema paradiso, La dolce vita, Il cielo sopra Berlino, Miracolo a Milano, Il Grande Dittatore ma anche titoli dedicati ai bambini come Gli Aristogatti. Chi non ha la possibilità di proiettare, potrà inviarci dei suggerimenti tramite tutti i canali social e saremo noi a programmare le immagini dei loro film del cuore. Chi invece può farlo, è invitato ad aprire le finestre come noi, illuminando la propria strada, il proprio palazzo e la propria città. Sono tante le città che hanno già aderito al progetto, tante le finestre affacciate sul mondo che hanno voglia di sognare insieme a noi. Solo a Roma stanno proiettando i quartieri Montemario, Centocelle e San Lorenzo ma, contemporaneamente, lo stanno facendo anche le città di Torino – con il condominio di Via Santagiulia 55 – Palermo e Bari. All’estero stanno partecipando dalle Filippine, da Metro Manila, dal Brasile e dal Vietnam, e stanno per iniziare anche in Inghilterra, in Francia, in Svizzera e in Bulgaria, luoghi dai quali s le nostre dirette sono seguite tutte le sere, e dove le nostre immagini vengono ricondivise.
Da oggi e per tutte le prossime settimane dal giovedi alla domenica, oltre alle consuete proiezioni, avremo degli amici di finestra – degli ospiti, in diretta Facebook e Instagram che condivideranno con noi questo momento, scegliendo due film significativi per ognuno.  Ecco i primi nomi:

GIOVEDÌ 19 MARZO – ORE 22:00
Anna Foglietta
VENERDÌ 20 MARZO – ORE 22:00
Paola Minaccioni e Paolo Calabresi
SABATO 21 MARZO – ORE 22:00
Silvia D’amico e Pappi Corsicato
DOMENICA 22 MARZO – ORE 22:00
Michela Cescon e Blue Yoshimi

L’idea di proiettare alle 22:00 nasce dalla speranza che si riesca ad andare a dormire con il cuore più leggero dopo queste giornate faticose, grazie alla condivisione di un momento dedicato alla visione di scene tratte dai film che amiamo di più. Per ulteriori informazioni su come aderire al Cinema da Casa, consulta il sito o i canali social.

data di pubblicazione:20/03/2020

SETE di Amelie Nothomb – ed. VOLAND 2020

SETE di Amelie Nothomb – ed. VOLAND 2020

Chi conosce la Nothomb sa che la 54enne scrittrice belga fin dai suoi primi esordi nel 1992 con Igiene dell’assassino e poi con i vari romanzi che si sono via via succeduti al ritmo di uno l’anno, non è certo un’autrice che si possa dire che possieda il dono della giusta misura. Così come la si può adorare e detestare, così lei ama provocare con l’originalità dissacrante del suo stile e dei temi al cui centro c’è autobiograficamente lei stessa o il corpo fisico con i suoi bisogni o limiti. Ecco quindi, fra i tanti: Stupore e tremori nel 1999, Metafisica dei tubi nel 2000 e Biografia della fame nel 2005. La scrittrice riesce sempre nelle sue provocazioni e la sua megalomania aveva bisogno di un protagonista all’altezza della sua stessa megalomania, e quindi, cosa di meglio stavolta che lasciare i campi autobiografici e mettersi nei panni di Gesù Cristo dando parola in prima persona ai suoi pensieri e scrivere così una versione tutta personale di un Vangelo, il “Vangelo secondo Amelie Nothomb”.

L’autrice in SETE da voce infatti al corpo di Gesù qualche ora prima della sua passione e crocefissione, non come figlio di Dio ma soprattutto come essere umano. Quali sono i suoi pensieri? Quelli degli Evangeli o piuttosto quelli di un uomo? Pensieri umani e terreni sul senso di una scelta, sulla paura e sulla sete, il bisogno di acqua di un corpo per sentirsi ancora vivo. Un monologo provocante e provocatorio, dissacrante e dissacratorio, un libro molto controverso che è la rappresentazione del paradosso Nothomb. La scrittrice, come al solito, sa ben scegliere un tema originale e sorprendente, controlla con la sua solita maestria lo stile, scrive bene e la lettura è fluida; che sappia scrivere bene e sappia provocare è innegabile, ma non basta! Affrontare un tema come quello della crocefissione dal punto di vista del corpo è una buona idea, è innegabile, ma non basta! L’intero breve libro manca purtroppo di profondità, le riflessioni sono troppo superficiali, quasi banali e non arrivano di certo a toccare né il cuore né lo spirito. SETE non è né buono né cattivo, non aggiunge nulla di nuovo ai lettori, credenti o non credenti che siano, è intelligentemente provocatorio ma nulla di più, manca proprio la sostanza, la effettiva consistenza dei contenuti. Davanti a tanta ambizione il risultato è assolutamente del tutto trascurabile.

Questa volta il giochino non è riuscito. Forse un libro scritto velocemente, che va letto velocemente e … ancor più velocemente va dimenticato.

data di pubblicazione:18/03/2020

LA ROMA DI MUSSOLINI di Paolo Sidoni – Newton Compton editori, 2020

LA ROMA DI MUSSOLINI di Paolo Sidoni – Newton Compton editori, 2020

“…La viabilità di Roma è male organizzata e mancano i piazzali; i monumenti sono ristretti entro costruzioni di nessun pregio e perdono gran parte della loro bellezza…” così scriveva a Napoleone, ai primi del 1800, Camille de Tourner, Prefetto dell’amministrazione capitolina francese. Roma era la “Seconda città dell’Impero”, ma la discrepanza tra la magnificenza di una città ideale e la mediocrità della città reale era tragicamente percepita dall’amministrazione francese. Già allora emergevano in tutta la loro drammaticità i problemi che decenni più tardi, i Piemontesi prima, Mussolini poi indicheranno come i nodi da sciogliere per la modernizzazione e la grandezza della Capitale. In una città ritornata vitale le esigenze del ruolo, la crescente pressione demografica ed il processo di motorizzazione impongono interventi urbanistici che portano alla contrapposizione fra i paladini del pittoresco sedimentatosi nei secoli e quanti invece in tutto ciò vedevano solo malformazioni e degrado da sanare e modernizzare.

La Roma di Mussolini di Sidoni, acuto saggista ed attento ricercatore e storico, non è un libro destinato ai soli specialisti, tutt’altro, è invece un libro accessibile a tutti perché è uno sguardo, un’analisi acuta di quanto avvenuto fino a ieri l’altro per consentirci anche di meglio comprendere l’oggi. E’ quindi una buona opportunità di avere una visione precisa, semplice e completa degli eventi e degli antefatti che hanno portato alla Città così come la viviamo oggi e di conoscere come sono stati disegnati i suoi assetti urbanistici e pianificata la sua monumentalizzazione e come sarebbe potuta essere e perché non lo è. Un’analisi completa, documentata e ricca di aneddoti, di sorprese, di fatti e retroscena spesso gustosissimi, scritta con stile asciutto e scorrevole, dello sviluppo e delle trasformazioni urbanistiche ed architettoniche che incisero sul volto di Roma nel tentativo di farne una grande metropoli moderna. Una modernità che veniva intesa come razionalismo e futurismo, che aveva bisogno di spazi, di nuove regole e modelli e, per quanto difficile, doveva anche riuscire a coniugarsi con le tradizioni. Uno dei risultati fu lo stile architettonico del “Monumentalismo Neoclassico Semplificato” che, sottolinea Sidoni, affrontando in modo distaccato, senza preconcetti ideologici, un tema che ha visto scontrarsi nel passato visioni contrapposte, non fu solo italiano o fascista, ma fu universale ed è infatti presente negli edifici pubblici a Washington, a Parigi, a Dublino e in altre grandi città. Dunque un libro che merita di essere letto e consultato e che può interessare e soddisfare sia gli appassionati di cose romane sia ed anche coloro che ci sono solo venuti a vivere, per dar loro l’opportunità di meglio comprendere dove si trovano.

data di pubblicazione:18/03/2020

CHE COSA CHIEDERE ALLA STORIA di Marc Bloch – Castelvecchi editore, ultima ristampa 2020

CHE COSA CHIEDERE ALLA STORIA di Marc Bloch – Castelvecchi editore, ultima ristampa 2020

Pensatore a cavallo delle due guerre. Storico, cattedratico, guerriero, ucciso dai tedeschi poco prima della fine del secondo conflitto mondiale, Bloch ha riscritto il concetto di storia, cancellando il nozionismo di date, etichette, luoghi comuni per assemblare il gusto della scoperta in un contesto multiforme fatto di scienza, di vita dell’uomo, secondo una concezione di sinistra anche se il borghese che era in lui riassumeva e viveva le contraddizioni dell’uomo d’ordine. Il breve saggio di cui si parla risale al 1937, a una conferenza epocale letta 25 giorni dopo essere stato nominato professore nella prestigiosa Sorbona. C’è tutto Bloch, il suo empirismo, la sua ecletticità che si riassume in una formula che è un programma di studio ed un metodo: “toutes choses égales d’ailleurs”. Una storia orizzontale non scritta dai vinti e dai ricchi. Si chiede ad esempio se non sia importante risalire all’origine dell’inserimento della marmellata nel menù dei francesi. Ebreo ma fieramente transalpino. Allievo di Pirenne, studioso di fatti apparentemente minori ma assolutamente utili per capire un mondo. La mentalità come chiave di volta per capire un mondo: il Rinascimento, il Medioevo. L’inutilità di una guerra in cui non credeva ma in cui si trova coinvolto mostrando abilità di comando pratiche che alla fine gli costeranno la vita perché i nazisti lo definiranno “un ebreo capo dei terroristi” deformando l’immagine di uno studioso ormai anziano, calvo, grassoccio, ma fieramente orgoglioso della propria identità se non della propria religione che per sua esplicita definizione mai praticò. Lo studio della storia come esperienza non pregiudiziale e non ideologica. Lo storico mette sul piatto dei fatti che poi toccherà ad altri specialisti giudicare a valutare. In un’ottica precisa: soltanto lo studio del passato offre il necessario senso del cambiamento. Bloch ha aperto un mondo nuovo alla generazione di storici che gli sono succeduti anche grazie all’esperienza della prestigiosa rivista da lui fondata Les annales d’historie économique et sociale.

data di pubblicazione:15/03/2020

 

MEMORIE DI UN ASSASSINO di Bong Joon-Ho, 2020

MEMORIE DI UN ASSASSINO di Bong Joon-Ho, 2020

1986, nel villaggio di Gyeonggi, viene rinvenuto il cadavere di una ragazza brutalmente assassinata. A quel delitto ne seguiranno altri a gettare nel panico l’intera regione e gli incapaci e brutali poliziotti locali…

  

Il film, premiato al Torino Film Festival nel 2003 per la migliore sceneggiatura, giunge ora, (prima della chiusura per pandemia…) sulla scia del meritato successo di Parasite e si colloca all’interno del cinema coreano di denuncia del regime militare che in quegli anni teneva la Corea del Sud sotto una rigida dittatura. Quel clima si respira, seppure mai manifestata in modo didascalico, nella pellicola di Bong Joon-Ho e negli sguardi allucinati del suo detective Seo (Song Kang-Ho, tra i migliori attori della sua generazione), inviato da Seul nel piccolo villaggio, attonito a confronto con gli ottusi e violenti poliziotti locali, intenzionati solo a trovare un capro espiatorio. Solo nelle apparenze potrebbe trattarsi dell’ennesimo film sulle violenze di un serial killer, ma, trattandosi di una pellicola del talentuoso regista coreano, già predestinato e ispirato sin dagli inizi, si caratterizza e si distingue rispetto ad altri film di analoghe tematiche. Per la cura dei dettagli, la distanza dai luoghi comuni, l’attenzione rivolta alla psicologia dei personaggi, la speranza (i bambini che non ubbidiscono all’ordine di coprifuoco…), dulcis in fundo, l’ironia. Più che a una soluzione- come un thriller classico avrebbe richiesto – Memories of Murder si pone e pone interrogativi: “come è possibile che l’uomo possa compiere simili atti? ” Sono forse la conseguenza dell’oscurità in cui vive un intero Paese per le aberrazioni del regime?” Sul volto imperscrutabile ma esterefatto di Seo, ci sono questi enigmi, e c’è tutto il senso dello spiazzamento che il regista riesce a trasmettere allo spettatore. La pellicola è tratta dal romanzo di Kim Kwang-rim che si basa su una storia vera avvenuta alla fine degli anni ’80 in Corea del Sud e il film, “giocato su campi lunghi di grande respiro”(Mereghetti docet!), tecnicamente ineccepibile (fotografia e colonna sonora ), svincolato da oltre ogni codice di genere (il poliziesco nello specifico), ci consegna il primo piccolo capolavoro di Bong Joon-Ho, un gioiello, crudo e violento, del 2003, giustamente riportato in sala.

data di pubblicazione:15/03/2020


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LA SOCIETA’ SIGNORILE DI MASSA di Luca Ricolfi – La nave di Teseo editore, 2020

LA SOCIETA’ SIGNORILE DI MASSA di Luca Ricolfi – La nave di Teseo editore, 2020

Il sociologo settantenne noto interventista, opinionista senza vecchi steccati destra/sinistra, descrive lucidamente l’abnorme fotografia della società italiana di oggi, legata alla rendita di posizione di una classe sociale che si può permettere di non far lavorare i propri figli sfruttando le fortune accumulate generazionalmente. Un’Italia dove il titolo di studio svalutato non permette l’ingresso al mercato del lavoro e dove più che di stipendio si vive di affitti, di investimenti, di ingenti depositi sul conto corrente bancario. Esaminando uno per uno i Paesi Europei Ricolfi constata che nessuno è in queste condizioni. La condizione di mancata crescita e di grandi patrimonializzazioni familiari oltre all’enorme debito pubblico è il combinato disposto di questa situazione che presenta evidenti punti di vantaggio alla voce “benessere” ma anche grandi criticità visto il blocco dell’ascensore sociale, la stagnazione dei valori primari sostituiti dall’industria del loisir, dalla filosofia dell’apericena e dell’uso indiscriminato dello smartphone. In definitiva una società che gode di un grande surplus e quasi non sa come spenderlo. Una società rivolta al futuro con i soldi accumulati nel passato. Tutto ciò è reso possibile dal servaggio di una parte imponente della società che una volta era sottoproletariato ed ora è lavoro nero di lavoratori stranieri che sono la sovrastruttura che permette lo status. Un esercito di colf, badanti, lavoratori edili che legittimano la situazione di privilegio e senza i quali sarebbe impossibile mantenere uno stile di vita da classe privilegiata. In sintesi Ricolfi ritiene che la pratica del consumo opulento ha creato un’organizzazione sociale che si regge su tre pilastri fondamentali: la ricchezza accumulata dai padri, la distruzione progressiva di scuole e università con un livellamento qualitativo esponenziale e, in basso, un’indispensabile struttura di stampo para-schiavistico. Ecco restituita l’immagine di un’Italia fintamente prospera ma che non ha creato le basi per resistere alle crisi. Forse per la cronica assenza di statisti da queste bande.

data di pubblicazione:15/03/2020

PER SOLE DONNE di Veronica Pivetti – Mondadori, 2020

PER SOLE DONNE di Veronica Pivetti – Mondadori, 2020

Un grande successo, ristampa a raffica. Svolgimento con il sorriso assicurato e a volte anche il riso. Ma cui prodest? Veronica Pivetti ha scritto una sorta di Cinquanta sfumature di grigio riletto in sala Friends o Sex in the city. Linguaggio scattante, farcitura tutta affidata ai dialoghi di cinque amiche e dei battibecchi con la madre. Testo che però fatica a crescere nella dimensione del romanzo a dispetto delle oltre duecento pagine. Trattasi di mayonese che non monta e rischia di impazzire nella tessitura di una trama esile e pruriginosa, direi neanche erotica perché si snocciolano situazione di sesso meccanico, apparentemente copiate da un film porno. Può essere esercizio di realismo quando la protagonista (che non è chiaramente autobiograficamente la Pivetti) si dedica al sesso orale nel bagno di un treno? Hanno senso le ripetute eiaculazioni del dimesso personaggio maschile liquidato in men che non si dica per un rigurgito di femminismo dopo averne utilizzato la valentia ormonale fino in fondo? Spaccati di barzelletta o di breve sketch. Immaginiamo che l’autrice si sia molto divertita a scriverlo cercando di offrire di sé un’immagine alternativa assolutamente contrastante con quella mediatica. E comprendiamo anche l’imbarazzo del neo direttore di Rai Uno Stefano Coletta nell’imbrodare di complimenti l’autrice alla presentazione del libro al Teatro Eliseo, prima della chiusura dello stesso. Semmai c’è da lodare l’attrice per la grande padronanza nei dialoghi scoppiettanti che costituiscono il pezzo forte del plot ma che ne costituiscono anche il grande limite narrativo. In effetti nei dialoghi per definizione non c’è azione ed è difficile montare da fermo una vicenda veramente avvincente. Per chi lo leggerà il riconoscimento migliore è nel personaggio di Benedetta, quello si veramente somigliante all’autrice, anche per le perplessità sull’attuale posizionamento sessuale, vero specchio dei tempi per le persone evolute e senza pregiudizi. Un libro per donne ma che gli uomini leggeranno con altri intenti, anche potenzialmente maliziosi.

data di pubblicazione:13/03/2020

IL LAGO DELLE OCHE SELVATICHE di Yi’nan Diao, 2020

IL LAGO DELLE OCHE SELVATICHE di Yi’nan Diao, 2020

Il capo di una gang con grossa taglia sulla testa è in fuga dalla polizia e da una banda rivale. E’ disposto a sacrificarsi per far intascare alla sua famiglia la somma della ricompensa…

 

Dopo quanto è accaduto il 9 febbraio al Dolby Theatre di Hollywood con la vittoria clamorosa di Parasite, nella categoria Oscar per il miglior film dell’anno, qualcosa è cambiato nella miope distribuzione cinematografica di casa nostra. Abbiamo così l’opportunità di vedere e talvolta gustare film della produzione “orientale” che in genere ci venivano negati. Così, nel caso della pellicola in questione, il noir Il Lago delle Oche Selvatiche di Yi’nan Diao, regista cinese, già autore di Fuochi d’Artificio in Pieno Giorno, anch’esso un duro e angosciante poliziesco, circolato nelle sale del circuito d’essai prima della chiusura per Corona Virus. Caratteristiche del cinema di Diao (per semplicità) sono, in generale, la cupezza delle ambientazioni, la pioggia che cade più copiosa che in Val Brembana e un mondo notturno per buona parte della pellicola, per tacer del lago, nella pellicola in questione. E’ certo che il regista di Xi Nan (1969), già vincitore di un Orso d’oro a Berlino, da buon cinefilo, ha ben in testa l’archetipo dell’anti-eroe di tanti noir USA degli anni 40’50’e 60’, ma, mutatis mutandis, ne rivisita l’ambientazione e lo attualizza alla sua realtà: abbandona il bianco nero e costruisce una storia “criminale” in una notte torbida e viscosa. La vicenda si dipana come “appuntamento in una stazione del sud” (come nel titolo originale) per Zhou, appena uscito dal carcere, che dopo una furibonda battaglia fra gang uccide un poliziotto e fugge braccato. Viene agganciato da una prostituta, Liu (forse innamorata di lui) e con lei cerca di sfuggire alla legge e ai rivali. Oltre al protagonista, l’attore Hu Ge, autentica star tv cinese, è il ruolo di Liu, interpretato da Gwei Lun al centro della trama: figura di difficile comprensione, personaggio ambiguo e stratificato sarà lei, donna dai molti padroni, a guidare Zhou nell’improbabile speranza di salvezza. Con stile ben collaudato, l’autore alterna, con perizia tecnica e ispirazione scene realistiche ad altre oniriche, mai gratuite, senza dimenticarsi di sottendere nel finale il senso di una sorta di giustizia risarcitoria per i più deboli. Certamente una conferma per quello che viene definito l’astro nascente della nuova cinematografia cinese e un film da vedere o recuperare quanto prima…

data di pubblicazione:11/03/2020


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RAGIONE DA VENDERE di Enrico Pandiani – ed. Nero Rizzoli 2020

RAGIONE DA VENDERE di Enrico Pandiani – ed. Nero Rizzoli 2020

Enrico Pandiani ha avuto l’abilità, l’intelligenza e l’originalità con il suo romanzo di esordio nel 2009 Les Italiens di inventarsi e dare poi vita ad una saga narrativa avvincente e di successo centrata su una squadra di flic parigini detti, per l’appunto, les italiens. Una squadra investigativa in forza nella Brigata Criminale con sede nel famoso e fascinoso 36, Quai des Orfèvres di Parigi (colpo di genio nel colpo di genio: la stessa della Polizia Giudiziaria di Maigret!) e tutta formata da poliziotti di origini italiane, dal forte spirito di corpo perché legati fra loro da un senso di comune appartenenza, di amicizia e di “famiglia”. Sono guidati dal commissario Jean Paul Mordentì, intuitivo, spregiudicato, violento ma anche umano e seduttivo: un mix giovanile, una versione 2.0 di Jean Gabin, di Lino Ventura e di Yves Montand, molto francese ma anche italiana al tempo stesso.

Con Ragione da Vendere uscito in libreria lo scorso anno, siamo già arrivati al 7° romanzo della serie ma il fascino tutto particolare ed originalissimo della Storia di Pandiani resta ancora assolutamente vivo, fresco, coinvolgente ed intrigante.

Questa volta il commissario e la sua affiatatissima squadra sono coinvolti in un’indagine complessa dai delicati risvolti internazionali. Un caso tutto particolare legato al traffico e furto di opere d’arte ed ai crimini ad essi collegati, in una caccia senza quartiere nel cuore di Parigi, dei possibili responsabili, fra conflitti a fuoco, uccisioni, donne misteriose, rapimenti e colpi di scena e sottostorie all’interno della Storia principale che alimentano la suspense narrativa.

Le atmosfere sono quelle disincantate tipiche dei gialli americani popolari alla Dashiell Hammett (si veda il Falcone Maltese) e quelle realistiche dei noir classici francesi. Del poliziesco hard-boiled abbiamo i ritmi veloci, i dialoghi autentici e pungenti ed una trama articolata e complessa che riesce a mantenere però la tensione sempre viva e costante fino all’ultima pagina. Pandiani è abile nel miscelare azione ed investigazione, connessioni umane e psicologiche, cinismo e passione. La sua scrittura è chiara, dettagliata ed efficace e la lettura è piacevole grazie ad un susseguirsi di colpi di scena veritieri e mai artificiosi e ad un’ambientazione perfetta e ad un giusto mix di humour e sarcasmo. Ragione da vendere è un polar veramente efficace in cui nulla è superfluo, un poliziesco che non annoia mai con inutili ripetitività e che è trascinante e coinvolgente grazie anche al fascino “franco-italiano” tutto particolare e charmant dei protagonisti i cui caratteri sono vivi ed evolvono con l’evolvere stesso dei fatti e delle situazioni. Un romanzo ben confezionato, credibile ed efficace che fila via liscio e che alla fine dispiace che sia già finito.

data di pubblicazione:10/03/2020