da Rossano Giuppa | Apr 26, 2020
La settimana appena trascorsa ha offerto una serie di proposte digital da parte del Teatro di Roma, che aderisce alla campagna #iorestoacasa e al programma #laculturaincasa di Roma Capitale, attraverso un variegato cartellone di arte e intrattenimento, programmato dal 21 al 26 aprile su tutti i suoi canali social (Facebook, Instagram e YouTube) tra cui spiccano le letture di Lucia Mascino delle poesie di Pierluigi Cappiello e l’incontro di Giorgio Barberio Corsetti con il regista Ascanio Celestini.
Martedì 21 aprile alle ore 16 c’è stato l’appuntamento con il talk che, in occasione del Natale di Roma, ha riproposto il primo incontro del ciclo Luce sull’Archeologia di quest’anno, per raccontare le origini di Roma, tra mito e storia, attraverso la collaborazione e i contributi introduttivi dello storico dell’arte Claudio Strinati, del giornalista Andreas M. Steiner e del professore Massimiliano Ghilardi.
Nella sezione schegge&racconti mercoledì 22 alle ore 12 il poeta e cantante del paradosso, Ivan Talarico, ha proposto in esclusiva per il Teatro di Roma la seconda parte di Buonismo in cattività, un tentativo di discorso sul presente, fatto di poesie e brani musicali.
Doppio appuntamento giovedì 23 con Biancofango alle ore 12 con i versi del poeta francese Charles Baudelaire di Paesaggio, un’occasione per ripartire dalla prima parte di una trilogia dedicata alla poesia maudit, andata in scena in Stagione al Teatro Torlonia mentre Monica Demuru alle ore 16 ha concluso il ciclo di letture di Historiae della poetessa Antonella Anedda.
Venerdì 24 alle ore 16 un momento molto toccante con l’attrice Lucia Mascino che ha letto alcuni componimenti di uno dei poeti contemporanei italiani più amati, Pierluigi Cappello, bellissimi brani tratti dalla raccolta Un prato in pendio.
Per l’appuntamento settimanale con i talk&dialoghi Giorgio Barberio Corsetti sabato 25 alle ore 21 ha, conversato con Ascanio Celestini, tra i volti più noti del teatro di narrazione italiano.
Un tempo lungo, una condizione strana quella che sta vivendo Celestini, come tutti ovviamente, tempo in cui si prova a mettere a posto pensieri e cose, a buttare del materiale e recuperarne dell’altro. Accorgendosi che non sempre è possibile. Purtroppo una importante intervista registrata su un vecchio supporto alla parlamentare e partigiana Bianca Guidetti Serra che aveva raccontato la storia di Emanuele Artom partigiano ebreo a cui lei avrebbe dovuto consegnare dei libri mai consegnati perché Artom fu torturato ed ucciso, intervista registrata che oggi non è più recuperabile. Non è come la carta stampata che in questo momento è paradossalmente la tecnologia più affidabile.
Come vede il 25 aprile Celestini in questa reclusione chiede Barberio Corsetti. Il regista sarebbe dovuto essere a Milano con lo spettacolo Radio Clandestina sull’eccidio delle Fosse Ardeatine. La festa della Liberazione è stato normalmente il momento in cui le persone si incontrano fisicamente, come la gente alla fine della guerra. Cosa che oggi non è possibile, in quanto viviamo una reclusione che ci segue anche quando siamo soli.
La recessione che prima o poi finirà ci porterà a capire cosa è necessario o cosa no quando si ripartirà sottolinea Barberio Corsetti. Celestini non creda succederà, il minor inquinamento che stiamo registrando in questo momento è incidentale. Lo streaming di uno spettacolo teatrale ha senso quando lo spettacolo è dal vivo perché è qualcosa in più ma non è sostitutivo. La differenza c’è e non possiamo pensare a un teatro in streaming, si può pensare ad un’alternativa perché il teatro vive di performer, di pubblico e collettività sottolinea Barberio Corsetti.
Il teatro è quello che c’è prima e dopo lo spettacolo unito anche a tutte le attività che anche il pubblico deve pianificare, l’andare ed il tornare, una serie di scelte, oltre al lavoro dell’artista, dei tecnici, la fisicità ed il contatto del teatro, non è solo la performance in senso stretto. Non si può buttare via tutto. Quando il teatro apre i propri battenti ci sono una varietà di persone che interagiscono con lo spettacolo, un pezzo di mondo, in quanto il teatro è un presidio culturale e antropologico. Bene che venga programmato in Tv, però il momento live è diverso. Bisogna trovare la modalità di mettere a posto tutto quello che è intorno al teatro, con i necessari distanziamenti, ma non c’è un’alternativa alla presenza fisica in teatro ed i teatri vanno tenuti aperti.
Tournee e lavoro stagionale sembrano crollati ma bisogna ricostruire il tutto garantendo la sopravvivenza delle maestranze ribadisce Barberio Corsetti. L’abitudine alla precarietà ha segnato tutto il settore, dice Celestini, ma si è sempre andati in scena; oggi bisogna aprire gli occhi, tutelandoci di più, uscendone il prima possibile senza cambiare il lavoro. Il teatro deve aprire e funzionare anche con meno spettatori. Importante anche la sicurezza, lavorando nell’emergenza con il contributo di tutti, una task force integrata.
Domenica 26 alle ore 16 Marco Cavalcoli con le piccole lezioni di economia, Scrooge’s digest, ha continuato a riflettere sul denaro attraverso la figura del più arcigno e letterario dei capitalisti, Ebenezer Scrooge.
Sono proseguite le Fiabe della Buonanotte del Teatro delle Apparizioni, ogni mercoledì, venerdì e domenica alle ore 21 ed e i tutorial per ragazzi con e senza disabilità di Piero Gabrielli, ogni domenica alle ore 11.
Ha continuato a riempire ogni silenzio del tardo pomeriggio, Radio India, la stazione radiofonica live di Oceano Indiano, tutti i giorni dalle 17 alle 20, in diretta streaming su www.spreaker. com e in podcast anche su spotify e sui canali social del Teatro di Roma.
data di pubblicazione:26/04/2020
da Daniele Poto | Apr 24, 2020
Come Hitchcock condiva invariabilmente i propri film con il misterioso McGuffin egualmente Patricia Highsmith incrocia triangoli di morte con un trittico di personaggi, una composizione in cui compaiono generalmente due uomini e una donna. Formula di successo che non stanca se ben orchestrata. Il successo del film con Viggo Mortensen, Kirsten Dunst e Oscar Isaac ha invitato l’editore a rilanciare quella che rimane una prova decisamente minore nel robusto curriculum dell’ipocondriaca scrittrice amante dei gatti. C’è suspense e thrilling ma non verosimiglianza in questa storia di delitti e pedinamenti che si svolge tra la Grecia e Parigi con una disinvoltura logistica e una mancanza di credibilità nel plot francamente imbarazzante per chi ha assaggiato le migliori prove dell’autrice texana. Personaggi che si inseguono e che rinviano misteriosamente il proprio inevitabile regolamento di conti quasi che un’improcrastinabile tensione omosessuale li legasse. In un’overdose di passaporti falsi le polizie di buona parte d’Europa sembrano fare una brutta figura assistendo a questa sarabanda di spostamenti, all’apparizione di location (Cnosso ad esempio) che sembrano solo il pretesto per divagazioni archeologiche o modesti stratagemmi per allungare il brodo. Di fronte a tanta superficialità appare inspiegabile il ricorso a un killer (pagato) per eliminare uno dei contendenti e la mancata sorpresa del pagatore quando il possibile giustiziato gli ricompare fuori dalla porta della camera d’albergo e lui, per nulla meravigliato, lo fa entrare nella stessa. Come se il filo narrativo fosse stato perso e il libro dovesse essere portato a termine in qualche modo. Di fronte a tanta palese inverosimiglianza anche la struttura psicologica dei protagonisti smotta e riduce i personaggi a simil-macchiette. Il risvolto di copertina descrive il libro come elegante, seducente e sofisticato. Ci vuole molta buona volontà per aderire a questo sperticato encomio per una trama che si tiene su con forzature e penose spille di sostegno. Eppure la prima pubblicazione dell’opera è del 1964 e quello doveva essere il periodo d’oro dell’autrice.
data di pubblicazione:24/04/2020
da Antonio Jacolina | Apr 22, 2020
Ogni crisi ci impone di comprendere la peculiarità delle nuove situazioni che si presentano! Proseguiamo quindi il nostro “viaggio letterario” per cercare di meglio comprendere i tanti elementi che influenzano le decisioni politiche ed economiche dei paesi di maggiore rilevanza mondiale. Abbiamo così ripreso il bel saggio di Federico Rampini uscito solo un paio di anni fa, ma tuttora di assoluta attualità ed in alcuni casi anche predittivo, soprattutto se lo si legge ora, alla luce degli sconvolgimenti in atto in queste settimane e pensando agli effetti di questa crisi sulla capacità produttiva di un sistema sociale integrato quale è il Mondo Occidentale. Un libro quello di Rampini che ci serve per salvarci dall’isolamento e, nel contempo, per aprirci a nuovi confini, ampliare i nostri orizzonti e farci comprendere quanto elementi come la geografia, la storia e l’economia convengano e si fondano fra loro nel determinare continuamente, come ieri, così oggi ed anche domani, le scene commerciali, politiche ed economiche del mondo, in una parola la Geopolitica. A ben leggere, non dovremmo meravigliarci più di tanto se l’Europa Unita ha un’impronta fortemente tedesca vista la centralità geografica ed economica della Germania; né, tantomeno stupirci degli ambiziosi obiettivi di penetrazione, non solo commerciali, quanto piuttosto politici, da Oriente verso Occidente perseguiti dalla Cina tramite la “Nuova via della Seta”. Rampini ha viaggiato molto ed ha una cognizione diretta dei luoghi e dei temi trattati ed è un acuto analista politico e ci insegna a leggere la cartografia del mondo per comprendere ciò che si nasconde dietro le apparenze della realtà geografica e dietro le “linee rosse” che attraversano l’Asia, l’Europa e l’America, cioè le linee di forza che stanno ridefinendo gli assetti geopolitici e geoeconomici globali.
Il saggio è interessante e ricco di informazioni ed è scritto in modo fluido con una scrittura piacevole e vivace, con analisi approfondite che talora possono peccare forse di qualche eccesso di autoreferenzialità, ma, si sa questo è Rampini. L’autore ci regala idee originali sulle storie dei vari confini, ricordandoci che “senza saper leggere lo spazio nel tempo ed il tempo nello spazio, non potremo mai riuscire ad orientarci nel Mondo” un Mondo pieno di contraddizioni e di eredità del passato. Ottimi spunti quindi per riflettere sul presente e provare ad immaginare un Futuro che, senza alcun preavviso, è però già cominciato sotto i nostri occhi in queste settimane. Siamo inconsapevolmente già nel Futuro! Rampini con maggiore consapevolezza prova, con questo suo libro, ad aiutarci a capire la complessità degli eventi di cui oggi siamo “vittime”.
data di pubblicazione:22/04/2020
da Rossano Giuppa | Apr 19, 2020
La settimana appena trascorsa ha offerto una serie di proposte digital da parte del Teatro di Roma attraverso un variegato cartellone di arte e intrattenimento, programmato dal 14 al 19 aprile su tutti i suoi canali social (Facebook, Instagram e YouTube); meritano una menzione speciale la lettura dei versi del russo Evgenij Aleksandrovič Evtušenko, Vorrei nascere in tutti i paesi, da parte di Tommaso Ragno e l’incontro di Giorgio Barberio Corsetti con il regista Milo Rau.
Con l’#TdROnline per la campagna #iorestoacasa e #laculturaincasa, martedì 14 aprile alle ore 16 c’è stato l’appuntamento con il talk che ha riproposto la registrazione dell’incontro assembleare sui presidi culturali romani, Roghi di Libri, un dibattito pubblico partito da La commedia della vanità di Elias Canetti per discutere sul presente e futuro culturale di Roma.
Nella sezione schegge&racconti, mercoledì 15 alle ore 12 Ivan Talarico, autore di un’originale formula di teatro canzone, ha allestito per il Teatro di Roma Buonismo in cattività, un interessante discorso sul presente, fatto di poesie e brani musicali, che, con leggerezza ed ironia, prova a riorganizzare l’orizzonte di questi tempi paradossali.
Giovedì 16 aprile doppio appuntamento online con la parola letta e declamata. Tommaso Ragno alle ore 12 ha letto i versi del russo Evgenij Aleksandrovič Evtušenko, Vorrei nascere in tutti i paesi, una poesia che connette idealmente tutti gli abitanti del mondo in una sola umanità, proprio nel momento in cui tutti stiamo davvero provando una condizione simile, inedita ma comune. Nel pomeriggio alle 16 è proseguito il ciclo di letture di Monica Demuru che ha portato in voce i versi tratti da Historiae di Antonella Anedda, una delle poetesse più rappresentative e profonde degli ultimi anni.
Lettura di Silvia D’amico di alcuni brani di Luna pallidassi, venerdì 17 alle 16, per accompagnarci nelle atmosfere del racconto di Natalia Ginzburg, ricordi e memorie di un universo familiare e del suo placido disordine quotidiano.
Sabato 18 aprile alle ore 21 per la sezione Talk&Dialoghi Giorgio Barberio Corsetti ha conversato con l’acclamato teatrante-cineasta svizzero di fama mondiale, Milo Rau, per una riflessione potente sul teatro e la scena.
Quello di Milo Rau è un “teatro documentario” fortemente politico, che mira a mettere in discussione le dicotomie su cui si struttura il teatro e l’arte contemporanea. I suoi spettacoli seguono spesso la forma del reenactment, cioè della ricreazione in scena di un fatto di cronaca, un avvenimento storico, di documenti e testimonianze che provengono direttamente dalla realtà, coinvolgendo attori ma anche personaggi pubblici e interpreti non professionisti. Nel 2019 Milo Rau è stato ospite di Romaeuropa con il suo Orestes in Mosul e poi della stagione del Teatro di Roma con La rivolta della dignità – Resurrezione. In questi giorni si trovava in Brasile, per l’allestimento di Antigone, con il Movimento dei Lavoratori Senza Terra (MST) e delle popolazioni indigene a Marabà, ma le prove sono state sospese. Una situazione complicatissima quella dell’Amazzonia trasposta nella tragedia greca. Antigone è indigena e gli attori sono degli attivisti. Gli indigeni rappresentano gli ultimi veri rappresentanti delle civiltà tradizionali in contrapposizione al capitalismo opprimente ed imperante. Un continente a parte l’Amazzonia, con Bolsonaro sta cercando di contattare la popolazione per informarla del virus ma in qualche modo anche esponendola al rischio di contaminazione. Rau è ora in Germania con la famiglia e sta scrivendo la drammaturgia via Skype con l’attrice Kaisara che è in Amazzonia tra la sua gente. Strano e bellissimo al tempo stesso. Crisi e isolamento: Rau si sente come uno studente ventenne, nell’incertezza assoluta, non si sa se i festival di Avignone, di Salisburgo ci saranno ed è così per tutto. Occorre non perdere il buonumore in questo isolamento. Ci siamo liberati dal dittatore, il capitalismo è morto, questo è il senso di euforia che lo accompagna misto ad una percezione di malinconia. Le speranza dei socialisti da salotto sono verso una solidarietà diffusa, che forse si fermerà solo all’Europa ma non sarà di certo mondiale. C’è un rallentamento sano della macchina, oggi si lavora di più in una situazione paralogica. Come saranno le cose dopo? Tutto ciò è un prologo, prosegue Rau, alla crisi climatica, è un apprendistato per Governi e singoli, il Re Capitalismo è nudo in questo momento. Dovremo salvare le grandi aziende come nel 2008? Cosa faranno queste imprese per il pianeta? Esiste oggi di sicuro l’amicizia dei libri, la Bibbia ed il Capitale su tutti. Come sarà la vita del teatro prossimo, con pubblico a distanza di sicurezza, con sale quasi vuote, a modalità ridotta, chiede Barberio Corsetti. Prima bisogna capire e riorganizzare. Bisogna partire probabilmente con le piece più avanguardiste che attirano meno pubblico normalmente, anche se bisogna raggiungere l’80% di spettatori per essere in pareggio ed in queste condizioni sarà difficilissimo. Oppure inventare nuovi metodi, con maschere protezioni per il pubblico. Il live stream non è la stessa cosa, non è teatro, sono più interessanti convesazioni e scambi come questo, sostiene Barberio Corsetti, o usare la radio per raccontare quello che si ama, ciò che è fonte di ispirazione. La situazione lavorativa è complicatissima; essere il direttore artistico di Gand e se non si producono spettacoli e non si va in tournee non si guadagna, è il prezzo della globalizzazione dell’arte. La paura dà però tanta speranza in questo momento.
Domenica 19 alle 16 sono proseguite le piccole lezioni di economia, Scrooge’s digest, con cui Marco Cavalcoli riflette sul denaro attraverso la figura del più arcigno e letterario dei capitalisti, Ebenezer Scrooge.
Continua a trasmettere Radio India, la stazione radiofonica live di Oceano Indiano, con un palinsesto quotidiano, tutti i giorni dalle 17 alle 20, in diretta streaming su www.spreaker.com in podcast anche su spotify e su tutti i canali social del Teatro di Roma.
Per le giovani generazioni infine le favole serali per i piccoli, Fiabe della buonanotte, di teatrodelleapparizioni, mercoledì 15, venerdì 17 e domenica 19 sempre alle ore 21 ed il programma di giochi di teatro e il tutorial del Laboratorio Integrato Piero Gabrielli per la creazione condivisa di una canzone e video clip, domenica 19 alle ore 11.
data di pubblicazione:19/04/2020
da Daniele Poto | Apr 17, 2020
Non ci sono più i maitre à penser di una volta. E quelli del passato sono rimpianti, ancorché non necessariamente profetici. In questa lunga rivisitazione all’indietro (che fa inevitabilmente parte del nostro DNA) la riscoperta di Berselli non è banale. Estratti di libri e di giornali a cui il tempo ha conferito la giusta distanza. Opinionista equilibrato, non estremista, affabulatore convincente, osservatore dei fenomeni italiani, a cavallo tra politica, costume, musica in una continua alternanza di argomenti alti e bassi. Un Umberto Eco senza la nomea di professore, un Beniamino Placido del terzo millennio, un massmediologo e convincente sui temi di attualità. Qui si leggono pezzi editi ma anche cinque novità mai pubblicate in un pastiche coerente, assemblato per argomenti. Berselli è graffiante senza essere caustico, estimatore di un’Italia valoriale non retorica, sfrondata di miti e luoghi comuni. L’assenza di moralismo è la cifra del libro. Con qualche acuminata punta di ferocia perché Berselli non può soffrire Oriana Fallaci e la punzecchia con osservazioni mordaci quanto condivisibili. Ma nel teatrino Italia i personaggi più citati sono anche quelli più commentati e/o sulla cresta dell’onda, diremo nazional-popolari, in senso gramsciano. Si passa con disinvoltura da Pasolini, a Moggi, da Grillo al Festival di Sanremo sempre distillando una scrittura preziosa e originale. Berselli sapeva scrivere bene ma la sua prosa era anche contenuto essenziale. Ne emerge la fotografia complessiva dell’Italia di qualche anno fa, un’immagine sempre valida. E i caratteri distintivi sono egoismo, superficialità, consumismo. Allo specchio una nazione non troppo diversa rispetto a quella descritta puntualmente ogni anno dal Censis. Il Paese delle vacanze lunghe e dei lavori brevi, del familismo e della raccomandazione. Con una burocrazia arcaica e una speranza di futuro sempre delusa. Berselli sembra sempre lì a commentare, con speranze di cauto riformismo più che di rivoluzione.
data di pubblicazione:17/04/2020
da Giovanni M. Ripoli | Apr 16, 2020
John Dutton è l’erede di uno storico ranch nel Montana su cui domina alla pari di un feudatario. Vedovo, ha quattro figli adulti, tutti con caratterini niente male. Il ranch è attiguo alla riserva indiana. Figli a parte, deve vedersela con il losco impresario che vorrebbe sfruttare parte dei terreni del Dutton Ranch per trarne profitti più meno legali. La prima stagione non risolve niente, ma accade di tutto…
Guardare Yellowstone e partire per il Montana. Magari! Per ovvie ragioni, invece, possiamo solo limitarci a seguire la serie TV con Kevin Costner su Sky Atlantic e sognare, un giorno, di poter conoscere dal vivo uno dei posti più belli degli USA. Uno stato, non a caso definito, the Big Sky Country, confinante con il North e South Dakota a sud e il Canada al nord; una terra sconfinata con una densità di popolazione pari a 3 abitanti per kmq( altro che il “distanziamento sociale”…) e per gli amanti dei western la località del Little Big Horn di custeriana memoria…Ma torniamo alla nostra serie, che, dopo il successo riscontrato negli USA (dove ne sono già state trasmesse due intere stagioni) rischia di diventare l’ennesimo tormentone che si protrae per “n” annate. Abbiamo seguito la prima con interesse ed emozioni contraddittorie; da un lato, lo splendore dei posti, la perfezione maniacale, della sceneggiatura, degli attori, della colonna sonora (country songs di alto livello), della fotografia, dall’altro, storie e drammoni già visti, seppure riciclati in salsa western-moderno. I personaggi? Buoni, neanche tanto, ma comunque rudi e conservatori, cattivi come solo i moderni speculatori sanno essere, il tutto, se vogliamo, già visto dai Borgia in poi, ma, ripeto, confezionato in modo così sapiente (i giovani direbbero “paraculo”, absit verbis iniuria) da costringere lo spettatore a volerne sapere ancora di più, dopo la prima stagione che lascia con un finale che più aperto non potrebbe. Nelle prime nove puntate, godibili e ri-godibili sulle varie piattaforme Sky, a farla da padrone in tutti i sensi è stato Costner, anche tra i producers della serie, nei panni di John Dutton, intransigente cow boy-allevatore, vecchio patriarca di una famiglia, composita a suo tempo, scioccata dalla scomparsa dell’amata madre. Con figli così e un contesto di convivenze complesse è chiaro che tutto non poteva risolversi facilmente e in breve. Detto della impeccabile regia e sceneggiatura di Taylor Sheridan ( I Segreti di Wind River, Hell or High Water, Soldado, Sicario), un plauso va ai notevoli interpreti , a parte Costner che sembra avviarsi a ruoli alla John Wayne, la sensuale Kelly Reilly (la sciagurata ma intensa figlia Beth), il tormentato Luke Grimes, novello Dean (Kayce Dutton), il viscido ma fascinoso Wes Bentley (il figlio Jamie, avvocato dalle aspirazioni politiche), il super cattivo Danny Huston (Dan Jenkins), e i molti altri non citati, ma tutti puntuali nelle rispettive caratterizzazioni. Per concludere e in estrema sintesi, ecco quanto accade in Yellowstone I: John Dutton cerca di proteggere il proprio ranch (il più grande di tutti gli USA) da speculatori, dalla Riserva Indiana (non tutti i pellerossa sono buoni…) dal Primo Parco Nazionale. È chiaro che non poteva farcela in una sola stagione!
data di pubblicazione:16/04/2020
da Daniele Poto | Apr 15, 2020
Piovono offerte di contiguità culturale nel mondo della separazione, quella forzosa nell’era del Coronavirus. Alcune consigliabili, altre con un peccato originale: l’inutilità. Ma la IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti) ne ha messa a disposizione una che rientra sicuramente nella prima categoria, quella di utilissima disponibilità. Da ieri è disponibile su Spotify la piattaforma online che consente agli utenti lo streaming di musica on demand. L’avvio con due playlist che garantiscono cinquanta ore di musica. Praticamente due giorni e ininterrotti di note. Ma è solo il preludio a un’alluvione on demand ancora più consistente perché l’aggregato sarà sottoposto ad aggiunte in progress, assumendo le dimensioni di un’autentica enciclopedia musicale a disposizione della collettività. Le modalità d’uso sono semplici: si apre Spotify, si digita sulla barra di ricerca il canale “IUC Classica, jazz & more” e si approfitta dell’offerta che propone classica evergreen, grandi successi, musica per il cinema e qualche chicca inattesa. Nella playlist principale si sprecano i grandi nomi in una miscellanea da far girare la testa. Sfilano Bach Beethoven, Davide Bowie, Ennio Morricone, Paolo Conte, Philips Glass. La varietà del gusto è assicurata senza brusche divisioni tra Frank Sinistra, Miles Davis, Lana del Rey e Schubert. Coperto in pratica ogni tipo di predilezione e fascia di età. Seguiranno comparti specializzati per chi studia, per chi svolge attività fisica. Per chi ascolta musica e per chi ne ha necessità come sottofondo, virtuale colonna sonora della propria giornata. Una speciale sezione si chiamerà Love per chi ha una particolare predilezione per una playlist romantica. Spotify offre una versione base Free completamente gratuita ed ha rivoluzionato da tempo il consumo di musica offrendo sulla propria piattaforma applicativa lo streaming on demand su pc, smartphone e tablet un panorama d’attualità di varie case discografiche, major e etichette.
data di pubblicazione:15/04/2020
da Antonio Jacolina | Apr 15, 2020
Le recensioni di Daniele Poto oltre ad avere il raro pregio di una sintesi brillante ed esaustiva hanno anche il merito di stimolare la riscoperta di autori sempre di qualità e mai banali. Così come era stato giorni fa con March Bloch, così è stato questa volta con J. K. Jerome. Chi meglio di lui può infatti farci passare ore piacevoli facendoci amabilmente sorridere e viaggiare nello stesso tempo. Questa volta ho quindi ripescato il buon vecchio Tre Uomini in Barca. Ebbene, per quanto già letto e riletto nel corso degli anni, il libro è tuttora valido e consigliabile per un po’ di piacevole distensione e svago. Tre amici scapoli (per non parlare di Montmorency, il cane …), un po’ ipocondriaci, molto snob, che non amano molto il lavoro nelle sue pur varie manifestazioni e che, tanto per passare il tempo, decidono di trascorrere un paio di settimane in barca sul Tamigi … programmi e realtà sono sempre diversi … Certo non è alta letteratura, ma che c’è mai di male ad essere un libro di gran successo da oltre un secolo? Un libro che continua a far sorridere con tipico humour britannico e che spesso vira anche al comico per sottolineare comportamenti umani tipici dell’era Vittoriana, ma, a ben riflettere, nemmeno tanto lontani da quelli riscontrabili ai giorni nostri. Jerome è un autore che mantiene intatta tutta la sua verve comica e gli si possono di certo perdonare alcuni passaggi un po’ lenti perché immediatamente riscattati con virate sull’assurdo e sullo stravagante che strappano ancora risate di cuore dopo 100 anni. La narrazione scorre piacevolmente fra imprevisti, avventure ed aneddoti divertenti, Jerome viaggia e noi con lui, gentilmente ed ironicamente, con freschezza e leggerezza fra tutto ciò che è umano: pigrizia, vanità, egoismo, ridicolo, noia di vivere, ironia, auto illusioni e routine quotidiana. Si salva solo chi ha il rarissimo dono dell’autoironia! Ahinoi pochi, pochi assai!
Un libro dunque ancora fresco ed irresistibile nonostante gli anni, anzi proprio quel leggero senso di datato delle situazioni, aggiunge come un tocco finale di charme al racconto e lo rende attualissimo. Un classico da tenere sempre a portata di mano nella propria libreria e da consigliare e trasmettere quasi come un “testimone” fra generazioni di lettori. E … riprendendo quella splendida espressione d’antan che ha usato il nostro Daniele Poto e che già da sola è tutta una filosofia di Vita: … un bel livre de chevet!
data di pubblicazione:15/04/2020
da Antonio Jacolina | Apr 14, 2020
Davanti all’insoddisfazione del Presente ed all’incertezza del Futuro, cosa c’è di meglio che lasciarsi andare alla fantasia del Viaggio, un viaggio della mente e dello sguardo, utilizzando il “transfert magico” di un bel film o di un bel libro. Il bel film è Midnight in Paris di Woody Allen, il bel libro è invece quello di Giuseppe Scaraffia edito per i tipi Bompiani appena pochi mesi fa. Entrambi in modo originale ed efficace ci trasportano a Parigi (e non sono solo queste le somiglianze). “… Ci sono solo due posti al mondo ove possiamo vivere felicemente: a casa e a Parigi” diceva Hemingway che proseguiva poi asserendo che ”… a Parigi si finisce sempre per tornarci … Parigi ne vale sempre la pena e qualsiasi dono tu le portassi ne avevi sempre qualcosa in cambio”. Non basta infatti averla visitata più volte o averci potuto vivere a lungo, Parigi fa scoprire, ogni volta, qualcosa di nuovo e di intrigante di se stessa, che così ancora di più accresce il suo fascino ed il suo mito. E così è, ancora una volta, anche con questo ultimo lavoro di Scaraffia, francesista colto e brillante nonché acuto ricercatore e scrittore che, in modo insolito ed intrigante e con stile scorrevole ed elegante, ci fa scoprire, o meglio riscoprire, una parte oggi forse un po’ in ombra di Parigi. Quel “Lato Destro” della Senna che agli occhi di un turista frettoloso può sì sembrare bello ma di sicuro appare meno vivace e frizzante delle zone sull’altro lato del fiume: il Quartiere Latino, Boulevard Saint-Michel, Saint Germain des Prés, MontParnasse … luoghi ove si concentra ancora il fervore ed il dinamismo intellettuale e mondano della città stessa. Si potrebbe pensare che sia sempre stato così, nulla di più profondamente sbagliato! Dalla Belle Epoque, e, soprattutto, dal 1919 al 1939, quando Parigi era veramente la capitale della cultura europea e mondiale, il vero centro vitale, il cuore pulsante, politico, economico, culturale ed artistico era invece radicato tutto sulla “Rive Droite”. Lì erano i palazzi del Potere, lì erano i teatri, i ritrovi, i ristoranti, i night e gli alberghi di lusso, i Grand Boulevards, i negozi e le gioiellerie di moda, lì i bordelli e le garconieres, lì si concentrava l’alta borghesia e la gran vita mondana e quella del demì monde, lì sognavano di andare a vivere artisti e borghesi. Tutti indistintamente con una gran voglia di divertirsi e di trasgredire.
L’autore con il preciso supporto di piantine dei vari arrondissements interessati e di due sobborghi ci fa ripercorrere il cammino dei personaggi che avremmo potuto incontrare in quei luoghi, anzi, proprio come Woody Allen, ce li fa vedere nelle loro quotidianità, nelle loro abitazioni, nelle loro alcove, nei locali: ecco Hemingway, Picasso, Proust, Gide, Céline, la Dietrich… Di ognuno, con un lavoro di notevole ricerca, collocandoli nei luoghi reali ove sono vissuti, ci racconta storie pettegolezzi, aneddoti e vicende, Un ritratto vivo, affascinante, originale di un mondo, di un ambiente, dei luoghi. Un itinerario fatto di tanti piccoli episodi e frammenti di vita che, in modo suggestivo ed evocativo ci trasporta fisicamente nelle vie di Parigi e nei contesti storici reali raccontandoci con fare malizioso i tanti vizi e le poche virtù. Un buon libro che può essere letto come un romanzo e come un itinerario di vite vissute e come una guida di una parte della città che è già affascinante di per se stessa. Un modo insolito ed originale per vedere con occhi diversi una parte di Parigi, con la stessa malinconia, nostalgia e fascinazione del protagonista del film di W. Allen quando, a sua volta, di notte incontrava nelle loro realtà: Hemingway, Picasso, Fitzgerald …
data di pubblicazione:14/04/2020
da Rossano Giuppa | Apr 13, 2020
È proseguita la scena virtuale del Teatro di Roma nella settimana dal 7 al 12 aprile, su tutti i suoi canali social (Facebook, Instagram e YouTube), con un palinsesto digital che ha previsto oltre all’avvio di una inedita stazione radio, letture, interviste, contributi, tra cui meritano una menzione speciale la lettura di alcuni estratti di Teatro di Carlo Emilio Gadda da parte di Fabrizio Gifuni e l’incontro di Giorgio Barberio Corsetti con il regista Davide Enia.
Il Teatro di Roma reinventa online le sue attività, esplorando possibilità alternative e inedite attraverso un palinsesto digital che, anche per la settimana dal 7 al 12 aprile, ha proposto una vasta scelta tra letture, interviste video, approfondimenti, conversazioni, contributi inediti, riprese dei talk avvenuti in stagione, tutorial e attività per i più piccoli, progetti radiofonici.
Un palinsesto digital che non ha la pretesa di tradurre ciò che non è fruibile dal vivo, ma che immagina altre forme e modalità di tenere viva la conversazione con la città. Di seguito gli appuntamenti proposti sui canali social del Teatro del Roma (Facebook e Instagram) e fruibile successivamente sul sito www.teatrodiroma.net e sulla pagina YouTube.
Con l’#TdROnline, per la campagna #iorestoacasa e #laculturaincasa, martedì 7 aprile alle ore 16 si è aperta la settimana di eventi online con il talk Dialogo sull’Apocalisse, che ripropone la registrazione dell’incontro tra il cardinale Matteo Maria Zuppi e lo scrittore e filosofo Franco Bifo Berardi, insieme in una conversazione veramente unica in cui si è disquisito di presente e apocalisse, ma anche di alternative.
Nella sezione #schegge&racconti, mercoledì 8 alle ore 12 Gioia Salvatori, una delle voci più rappresentative del teatro comico indipendente della capitale ha proposto Finestre, da cui affacciarsi sul prossimo per raccontare storie che si consumano e momenti decisivi delle esistenze che, colte all’improvviso, si lasciano raccontare. Si è iniziato con Iole, Attilio e il Barlotti, primi tre episodi del progetto.
Giovedì 9 alle ore 12 la voce di Fabrizio Gifuni ci ha guidato tra le pagine di Teatro di Carlo Emilio Gadda, interessanti appunti di vita milanese inseriti nella raccolta del 1931 La madonna dei filosofi. Scritto nel 1927, è la descrizione attenta e personale della prima serata ad un’opera (probabilmente Semiramide di Rossini) cui va ad assistere l’ingegnere elettrotecnico Gadda. Straordinario Fabrizio Gifuni nell’esternare l’intima teatralità descrittiva della scrittura di Gadda e del suo occhio ironico e carico, sorpreso ma anche attirato da tanto roboante e stravagante.
Sempre il 9 Monica Demuru alle ore 16 ha proseguito con il ciclo di lettura dedicato ai versi delle Historiae della poetessa Antonella Anedda, una raccolta di paesaggi e destini, collettivi e individuali, tra disordine, crudeltà e inganni, che traghettano la storia, il senso di comunità e delle sue relazioni, sempre sul punto di disgregarsi.
Venerdì 10 alle ore 16 Fortunato Cerlino ha condiviso con gli utenti social del Teatro di Roma la lettura di alcuni brani dall’Apocalisse di Giovanni, spesso evocata come orizzonte verso cui ci starebbe conducendo il nichilismo delle società contemporanee, oppure citata per parlare del presente imprevisto e straordinario che stiamo attraversando.
Per la sezione #talk&dialoghi, sabato 11 alle ore 21 Giorgio Barberio Corsetti ha conversato con il regista Davide Enia di recente ospite del Teatro di Roma con il bellissimo spettacolo Abisso.
Dialogo potente e pacato al tempo stesso che ha riguardato massimamente il nuovo e sconvolgente quotidiano e l’impossibilità di immaginare i contorni dell’immediato futuro.
Si è partiti dallo strano compleanno di Enia appena festeggiato per parlare di sviluppi di una situazione di costrizione forte e diffusa: sicuramente tra trent’anni i bambini di oggi, che stanno soffrendo più di tutti questa costrizione potranno ripensare e riformare il sistema carcerario, un messaggio che è anche una speranza.
A cosa si sta lavorando oggi? Si riflette continua Enia su come cambierà il rapporto con il pubblico, sul distanziamento e sulla comicità che certamente sarà quella più in difficoltà. L’uomo è bestia sociale, c’è un filo che ci lega tutti in questa guerra senza guerra, in cui però la solidarietà riesce ad andare oltre la diffidenza. Nessuno si salva da solo ed esistono delle interconnessioni tra quanto accade negli angoli del mondo: le dinamiche economiche hanno stritolato il pianeta costringendo gli uomini ad un peregrinare alla ricerca di un progetto di vita più dignitoso. Tutto ciò influenzerà il dispositivo del teatro prosegue Corsetti. Enia vede nel teatro greco, nel palcoscenico non chiuso ma aperto la strada per guardare al di là della crisi, perché il vedere genera cognizione. L’Italia deve dare una risposta di massa alla fobia domestica depressoria attraverso l’utilizzo delle migliori parole del vocabolario sentimentale quali tolleranza, temperanza, misericordia, anche se i segni della frattura rimangono. E’ vero prosegue Corsetti che c’è qualcosa di irreparabile però anche una porzione di ombra ha una luce che la causa e bisogna provare a far ripartire il tutto; occorrono assunzioni di responsabilità per ripensare a tutta la filiera produttiva del teatro che è necessario ed ha un ruolo imprescindibile per la collettività e per la vita delle persone.
Davide Enia che sottolinea come oggi la qualità dell’aria a Roma sia simile a quella delle Dolomiti, pensa al domani ed a una progettualità che non può vivere di previsioni economiche ma che deve fondarsi sulla grammatica della speranza, sulla libertà che si ricostruisce nella gabbia di oggi. Il teatro è fondamentale: non si mangia solo con lo stomaco ma anche con la mente, con il cuore, l’anima. Ripensiamo all’intero ciclo di vita per capire a cosa rinunciare per avere nella testa aria e sentimenti più puliti e respirabili.
Domenica 12 alle ore 16 Marco Cavalcoli ha proseguito il ciclo di piccole lezioni di economia Scrooge’s digest, per riflettere sul denaro, il suo immaginario e la sua illusione, attraverso la figura del più arcigno e letterario dei capitalisti, Ebenezer Scrooge.
Ha continuato a trasmettere Radio India, la stazione radiofonica di Oceano Indiano, con un palinsesto quotidiano, tutti i giorni dalle 17 alle 20, in diretta streaming su www.spreaker.com e in podcast anche su spotify e tutti i canali social del Teatro di Roma. Una striscia radiofonica giornaliera ideata dalle cinque compagnie residenti al Teatro India – DOM-, Fabio Condemi, Industria Indipendente, MK, Muta Imago, alle quali si aggiunge per l’occasione la collaborazione di Daria Deflorian – per intercettare altre correnti di immaginazione, produzione artistica e incontro con il pubblico.
Per le giovani generazioni infine sono proseguite le Fiabe della buonanotte, di teatrodelleapparizioni, mercoledì 8, venerdì 10 e domenica 12 sempre alle ore 21 ed il programma di giochi di teatro e il tutorial del Laboratorio Integrato Piero Gabrielli per la creazione condivisa di una canzone e video clip domenica 12 alle ore 11.
data di pubblicazione:13/04/2020
Gli ultimi commenti…