CHIAMATEMI MIMÌ monologo musicale di Paolo Logli, con Claudia Campagnola e Marco Morandi

CHIAMATEMI MIMÌ monologo musicale di Paolo Logli, con Claudia Campagnola e Marco Morandi

(Galleria Sciarra – Roma, 19 settembre 2020)

Nella suggestiva cornice della Galleria Sciarra, una serata omaggio a Mia Martini. Per ricordare una voce unica e una donna impastata di sogni, dolore e musica.

 

È vero che in tempi di necessità si aguzza l’ingegno. Considerando le restrizioni dovute alla pandemia in corso, con tutte le perdite causate sia al settore della ristorazione che a quello dello spettacolo dal vivo, l’organizzazione del Teatro Quirino, in collaborazione con il bistrot Angolo Sciarra, ha ideato una serie di incontri gastronomico-culturali nello spazio della Galleria Sciarra, generosamente concesso da ANAC e Morgan Stanley. La formula è originale e organizzata in completa sicurezza. Si prenota, ci si presenta in galleria in orario, si aspetta di entrare – la misurazione della temperatura e la registrazione sono ormai necessarie – e finalmente si prende posto al tavolo, in attesa di godersi cena (o aperitivo) e spettacolo. L’atmosfera da caffè concerto è resa ancora più suggestiva dalle pitture ottocentesche del Cellini. La sicurezza di trovarsi al coperto, sotto la cupola di vetro e ferro della galleria, ma contemporaneamente in un luogo aperto alla giusta distanza dagli altri spettatori/commensali, ti lascia godere in pieno cibo e spettacolo. In un tempo in cui si usa valutare e recensire ristoranti e bistrot, non possiamo che mettere cinque palline per cibo, servizio e location a questa esperienza. Ma se il buon cibo è protagonista della prima parte della serata, non possiamo non goderci anche lo spettacolo.

Mentre in galleria ci si prepara per il quarto appuntamento, un omaggio ad Alberto Sordi, lo scorso sabato (la cadenza degli eventi è settimanale) è andato in scena il monologo musicale di Paolo Logli dedicato a Mia Martini: Chiamatemi Mimì.

Chiamatela Mimì, anzi non chiamatela affatto. Lasciate che sia la musica a raccontare, a ricordare, a pronunciare il suo nome. Parlate di lei, ma fatelo con rispetto e delicatezza. Il tempo del dolore è passato, rimane impresso nella memoria, non fa più male. Eppure non si deve dimenticare. La narrazione di Paolo Logli termina lì dove comincia, dietro una finestra bagnata di pioggia, in uno spazio chiuso, di un’anima in lock down, che difende dal mondo fuori. La Mimì che ha già vissuto le gioie del palcoscenico, sognato fin da ragazza ai primi provini di Milano accompagnata dalla madre, prende per mano la piccola Mimì e le racconta la vita, con le sue gioie e i suoi dolori. La fatica di una donna che ha vissuto sulla pelle la maldicenza e tanti amori complicati. La difficoltà di essere accettata per quella che era realmente, incastrata in una formula definita da altri, un po’ come quella donna borghese perfetta voluta nelle decorazioni delle pareti della Galleria Sciarra, spettatrice anche lei di questo racconto. Non c’è volontà di imitare la grande artista, ma il puro desiderio di renderle omaggio attraverso la narrazione cronologica della sua difficile avventura, arricchita da episodi e aneddoti che solo chi l’ha conosciuta davvero può raccontare. A Marco Morandi è affidata la parte musicale, a un uomo. L’artista e musicista canta accompagnato dalla sua chitarra e dal suo pianoforte. L’interpretazione restituisce con fedeltà e profondo rispetto i numerosi successi di Mia Martini, senza aggiungere né soprattutto togliere nulla della potenza emotiva e poetica dei testi. Anche Claudia Campagnola si dimostra un’ottima narratrice. A lei è affidato il racconto dei fatti, e lo fa con trasporto e calore. I due artisti dimostrano sintonia e professionalità e il risultato è uno spettacolo armonico e ben costruito.

data di pubblicazione:26/09/2020


Il nostro voto:

ROMAEUROPA FESTIVAL 2020 – Wim Mertens Inescapable Tour 40th anniversary 1980 – 2020

ROMAEUROPA FESTIVAL 2020 – Wim Mertens Inescapable Tour 40th anniversary 1980 – 2020

(Auditorium Parco della Musica – Roma, 22 settembre 2020)

Accompagnato da una pioggia leggerissima e silenziosa che ha reso ancora più magica l’atmosfera, l’acclamato compositore belga Wim Mertens ha presentato il 22 settembre al REf20, per festeggiare i quarant’anni della sua carriera musicale, un concerto speciale che loha visto impegnato nell’esecuzione dei suoi maggiori successi dal 1980 ad oggi. Una produzione prolifica che attraversa minimalismo, ambient e avanguardia senza mai rinunciare alla piacevolezza melodica come dimostrano Struggle For Pleasure (1983), l’album con cui ha conquistato il cuore di una platea numerosa e appassionata o Maximazing the Audience (1984) il brano composto per The Power of Theatrical Madness, prima tra le pièce teatrali di Jan Fabre.

Wim Mertens ha scelto Roma, la Cavea dell’Auditorium e il Romaeuropa Festival, per l’unica data italiana del suo tour, un concerto unico racchiuso anche nel cofanetto Inescapable, un box a tiratura limitata con 10 tracce inedite e 61 tra le composizioni più significative degli ultimi 40 anni, per un totale di 5 ore di musica.

Accompagnato dalla violinista Liesbeth Baelus il grande pianista ha eseguito le sue composizioni più conosciute,  da Struggle For Pleasure,  il brano scelto come colonna sonora del film Il ventre dell’architetto di Peter Greenway e come sigla della seria radiofonica italiana Un racconto al giorno, trasmessa da Rai Radio 2 negli Anni Novanta – a Maximazing the Audience (1984),  il brano composto per The Power of Theatrical Madness di Jan Fabre e ancora Close Cover, Iris, Often a Brid.

L’Inescapable Tour è stata pure l’occasione per presentare il suo ultimo album The Gaze of the West (2020), testimonianza di un cammino in continua evoluzione e di un rapporto rinnovato e profondo con il pubblico.

Wim Mertens ha sviluppato un proprio linguaggio musicale secondo un vocabolario costruito scrivendo per differenti ensemble strumentali, composizioni vocali e brani per orchestre sinfoniche. Attualmente il musicista vanta oltre settanta pubblicazioni presentate ed eseguite regolarmente in tutto il mondo. Lo straordinario compositore continua ad esibirsi in concerti per solo piano e voce, in live che lo vedono coinvolto insieme ad ensemble di due, tre o cinque elementi, e con orchestre sinfoniche. Nonostante il cattivo tempo, nonostante tutte le restrizioni imposte dal Covid, Mertens e la Baelus hanno immediatamente incantato il fortunato pubblico presente da subito avvolto e coinvolto dal piacere dell’ascolto e dalla purezza e bellezza di tutte le composizioni musicali.

data di pubblicazione:25/09/2020

UNA VITA COME TANTE di Hanya Yanagihara – ed. SELLERIO 2020

UNA VITA COME TANTE di Hanya Yanagihara – ed. SELLERIO 2020

Stanchi della melassa sdolcinata di quei romanzi appartenenti al genere che oggi fa tanto furore? I vari feel good books? Ecco allora a voi un romanzo intimista, cupo, intenso ed inquietante che si interroga sul senso della Vita, sull’Amicizia, sull’Amore, sul Dolore ed i cui personaggi non cercano smaccatamente l’empatia del lettore. Un romanzo che lascia un forte sentimento di feel bad!

Pubblicato nel 2015 Una vita come tante (1091pagine) è l’imponente “opera seconda” della Yanagihara, giovane scrittrice statunitense che la Sellerio aveva stampato fin da subito, e che sta ora meritoriamente riproponendo al pubblico, sull’onda dei successi che il libro ha, nel frattempo, riscosso in ambito internazionale sia a livello di Critica che di Lettori.

La storia in sintesi estrema potrebbe sembrare molto banale, quasi un cliché: 4 ragazzi che si legano d’amicizia fin dai tempi dell’Università, seguiti poi per quasi 40 anni… Ma non è così! Tutt’altro! Si tratta invece di un romanzo ipnotico, di un libro che non si può ignorare e che per densità, nel bene e nel male, cattura il lettore. Un libro di una intensità drammatica rara che turba profondamente, che disturba e respinge tanto quanto appassiona e coinvolge. Un libro che delude ed entusiasma e che richiede molta consapevolezza e non è certo una lettura adatta a tutti. Di sicuro è però un libro che ti resta dentro, che non si dimentica e che non lascia indifferenti. Un grande romanzo americano dal respiro possente senza essere però un affresco romanzesco conforme a quei canoni del “sogno americano” impregnati di ottimismo, di avventure e vittorie appena scalfite da contrarietà. Tutt’altro, i brillanti successi e New York non sono altro che lo sfondo di un romanzo molto cupo, inquietante ed angosciante, a tratti insopportabile e a tratti affascinante così come d’altronde è la Vita e come sono gli Esseri Umani e che si interroga sulla capacità di ciascuno di noi di resistere e sopportare la sofferenza; sulla fragilità dell’umana felicità, sui traumi dell’infanzia, sull’abbandono, l’omosessualità ed il dolore. Un romanzo che è uno sguardo sulla società americana benestante e di successo, su 4 uomini, bianchi e neri, nati da ambienti diversi che si affermano in diverse professioni, un quartetto la cui amicizia sopravvive agli anni ed al successo, su tutti emerge Jude, segnato da esperienze giovanili nella psiche e nel fisico, attorno al quale tutto e tutti gravitano e che ognuno, a modo suo, ama e vorrebbe aiutare.

Alcune pagine sono violente e dure, altre sono struggenti e delicate. Una storia sulla sofferenza del vivere, inquietante ed affascinante e spesso respingente. Un romanzo ben scritto, in maniera scientemente minimalista, che avrebbe di certo guadagnato ad essere un po’più sottile nell’analisi psicologica, un po’ meno lungo e ad evitare così ripetizioni, inutili digressioni, contraddizioni e cadute di stile. Un libro certo “eccessivo”, ambiguo, duro, violento e cupo, che non fa concessioni alle mode, che è però anche commovente e sconvolgente. Un libro che si apprezzerà o si detesterà senza mezze misure, che ha dei difetti ma che non si può assolutamente ignorare e che lascia il lettore turbato perché, come detto, attrae e respinge al tempo stesso. Una lettura complessa, che, giova ribadirlo, di sicuro non lascerà mai indifferenti e resta dentro a lungo.

data di pubblicazione:25/09/2020

ROMAEUROPA FESTIVAL 2020 – Dialoge Roma 2020 Terra Sacra Sasha Waltz & Guests

ROMAEUROPA FESTIVAL 2020 – Dialoge Roma 2020 Terra Sacra Sasha Waltz & Guests

(Auditorium Parco della Musica – Roma, 18/20 settembre 2020)

Con 22 danzatrici e danzatori in scena, Sasha Waltz sul palco della Cavea dell’Auditorium Parco della Musica di Roma ha inaugurato, in prima assoluta dal 18 al 20 settembre, la trentacinquesima edizione del Romaeuropa Festival con Dialoge Roma 2020 – Terra Sacra. Uno spettacolo pensato dalla coreografa tedesca durante il lockdown, dopo aver accolto l’invito del Direttore del Festival Fabrizio Grifasi a creare un progetto originale per l’apertura del Romaeuropa Festival, per raccontare il particolare contesto nel quale stiamo vivendo questi ultimi mesi attraverso una nuova creazione site specific all’aperto, in omaggio a Roma, realizzata appositamente per la Cavea e nel rispetto delle norme di sicurezza per contrastare la pandemia.

Il titolo dello spettacolo racchiude già alcuni degli elementi centrali della performance: da un lato l’ampio respiro alla base dei celebri “dialoghi” presentati regolarmente dalla coreografa in tutto il mondo sin dalla fondazione della sua compagnia nel 1993, testimonianza dell’incontro tra diverse forme d’arte, luoghi architettonici e città specifiche; dall’altro un omaggio alla città eterna e un esplicito riferimento a La Sagra della Primavera a cui Waltz dedica la parte centrale dello spettacolo.

Dopo un’overture affidata ad assoli ed interazioni ripetute di site specific sul tema della discriminazione razziale, il ballerino Edivaldo Ernesto ha interpretato Ican’t breathe sull’omonimo solo di tromba composto da Georg Friedrich Haas nel 2014 per Eric Garner, l’afroamerican di Staten Island soffocato e ucciso da un agente di polizia. Una sorta di voce umana che risuona come un lamento ed una protesta contro le ultime morti contro cui combatte il Black Lives Matter. È un assolo di forza e rivolta, un raffronto scontro-con la forza di gravità ed il peso della vita, una ribellione alla forza oscura che trascina verso la morte. Tutto è attratto verso il basso, il corpo è contratto, ma le braccia tese si ribellano, scagliano pugni, le mani cercano di afferrare un’ancora di salvezza.
Il rapporto con la terra è di nuovo protagonista in Sacre, la versione di Waltz del capolavoro di Stravinskij, Le Sacre du Printemps. La coreografa tedesca lo aveva affrontato nel 2013, nel centenario del balletto di Nijinskij. Per Dialoge 2020 Waltz ha ridisegnato il rapporto tra i corpi che, come impone la pandemia, non si toccano. Radunando i danzatori e le danzatrici in piccoli gruppi, in collegamento attraverso internet o all’aria aperta nei parchi di Berlino, la coreografa ha riadattato il suo Sacre per portare in scena un’acuta riflessione su questi tempi: un presente di sacrificio e sofferenza, asociale, ma con all’orizzonte il rito primaverile di rinascita e di nuovo inizio.

La voglia di un ritorno all’allegria, la speranza di uscire dall’attuale incubo è alla base della creazione coreografica sulle note del Boléro di Ravel presentata in chiusura dello spettacolo. Il ritmo incalzante della partitura scorre nella danza tra gruppi che si formano e si sciolgono, tra assoli, duetti, tutti distanti ma tutti insieme allo stesso tempo, guidati dal ritmo, in gioco vorticoso di teste, ginocchia, braccia, gambe. È un Boléro di gioia, nel segno della danza e della vitalità.

Appuntamento ancora con Sasha Waltz anche il 15 settembre per la proiezione del film Dialoge 9 – MAXXI. Il film ricostruisce lo straordinario evento performativo che il 14 e il 15 novembre del 2009 apriva al pubblico per la prima volta le porte del nuovo museo firmato Zaha Hadid.

data di pubblicazione:23/09/2020

IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, 2020

IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte, 2020

Arthur e César sono amici sin dai temi dell’infanzia quando frequentavano lo stesso rigidissimo collegio lontano da Parigi. Diversi caratterialmente e con un vissuto oramai alle spalle, i due si rincontrano dopo anni ed iniziano a rifrequentarsi assiduamente dividendo persino la casa. Motivo di questo inatteso avvicinamento: un malinteso per cui ognuno dei due è convinto che l’altro abbia un cancro incurabile e con pochi mesi ancora da vivere…

 

De La Patellière e Delaporte, coppia di registi ben affermata, da vent’anni firmano insieme commedie di grande successo, basti pensare a Cena tra amici del 2012 basata su una famosa pièce teatrale ripresa nel 2015 dalla nostra Francesca Archibugi che ne ha curato un adattamento ne Il nome del figlio. Presentato nel 2019 alla Festa del Cinema, Le meilleur reste à venir ben si inserisce in un filone di film francesi che caratterizzò la passata edizione della kermesse romana. Il film ha come ingrediente principale la leggerezza, un vero e proprio inno all’amicizia e a quanto la diversità ne sia un elemento indispensabile perché essa possa radicarsi. I due protagonisti Arthur e César (interpretati rispettivamente da Fabrice Luchini e Patrick Bruel) pur completamente opposti nella vita, rappresentano il classico esempio di una collaudata coppia di amici disposti a tutto pur di non mettere in discussione il sentimento che li unisce.

Nel film troviamo una serie di equivoci, a volte persino banali se non addirittura farseschi, trattati in maniera geniale e frutto di una sceneggiatura ben curata in ogni minimo dialogo/dettaglio. Il risultato ottenuto è stato quello di aver creato, da una storia scontata, una commedia brillante e divertente sia pur con una punta di amaro dovuta alla tematica di come affrontare una morte imminente, una sorta di prova generale su come ognuno dovrebbe vivere la propria vita considerando la morte come elemento che ne fa inevitabilmente parte. Un film dunque basato su una sequenza continua di situazioni tragicomiche, rese particolarmente divertenti grazie alla bravura indiscussa di Fabrice Luchini alla quale si aggiunge quella altrettanto valida di Patrick Bruel, attori oramai ben collaudati soprattutto nel genere della cosiddetta “commedia alla francese”. Una regia molto attenta, che riesce a raccontare la storia di un’amicizia vera, sincera, tra due persone caratterialmente opposte ma così indissolubilmente unite: due mondi eterogenei ma proprio per questo complementari, che riescono a dialogare seppur in situazioni drammatiche, in cui ognuno pensa alla morte dell’altro per rendere quei giorni passati insieme indimenticabili.

Inutile sottolineare come il cinema francese riesca oggi a confezionare dei piccoli gioielli cinematografici partendo da plot a volte quasi inconsistenti o, come in questo caso, non del tutto originali.

Se ne consiglia la visione.

data di pubblicazione:20/09/2020


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LE SORELLE MACALUSO di Emma Dante, 2020

LE SORELLE MACALUSO di Emma Dante, 2020

Presentato in concorso a Venezia 2020 ed in sala dal 10 settembre, Le sorelle Macaluso è la visione cinematografica della pluripremiata omonima pièce teatrale della stessa Emma Dante rappresentata a partire dal 2014. Maria, Pinuccia, Lia, Katia, Antonella: ovvero l’infanzia, l’età adulta e la vecchiaia di cinque sorelle nate e cresciute in un appartamento all’ultimo piano di una palazzina nella periferia di Palermo. Tre piani temporali per raccontare la storia di una famiglia e di una casa che porta i segni di chi ci è cresciuto, di chi ancora ci abita e di chi va via.

 

Le cinque sorelle già da bambine e adolescenti vivono senza genitori allevando colombe, che girano libere per casa e con cui vivono quasi in simbiosi. Un giorno, le sorelle si mettono in viaggio per andare al Charleston, famoso stabilimento balneare di Mondello in cui entrano di nascosto spesso e volentieri, non immaginando che quanto accadrà di lì a poco cambierà per sempre le loro vite.

Le ritroviamo adulte intente a cenare insieme sempre nella stessa casa, anche se una si è sposata, e poi ancora anziane al funerale di una di loro: flash di un racconto di vita che contempla inevitabilmente anche la morte, di cinque sentieri che si intrecciano e si contaminano a vicenda, tra scelte, rimpianti, sensi di colpa, affetti e legami indissolubili.

Difficile parlare del film senza avere a mente la rappresentazione teatrale. Per quanto differenti e distanti le due opere non possono essere separate, troppe le osmosi che le legano. Non si tratta infatti di un adattamento cinematografico dell’acclamato spettacolo di Emma Dante, ma di una dilatazione espressiva operata dalla regista che porta a salti temporali tra passato, presente e futuro raccontati nei momenti cruciali dell’esistenza delle sorelle, concentrandosi solo su alcuni personaggi del dramma (le sorelle sono cinque e non sette ed i genitori così come il nipote non sono menzionati nel film), con un netto cambio di luce portato sullo schermo rispetto alla lugubre atmosfera che caratterizza la rappresentazione teatrale e rappresentato idealmente da quel foro di luce che dall’inizio del film accompagna l’esistenza delle donne, anzi che dà loro la vita come la metaforica rappresentazione di un amplesso che all’improvviso “fa venire alla luce” le loro esistenze assieme agli oggetti, i sapori, l’aria, le danze, i trucchi e le risate, ed infine i ricordi, la polvere, le pareti scrostate. Particolari di una vita, dettagli nascosti, le parole non dette e la magia di Emma Dante accumulati ed evocati dalla credenza con il suo disegno tropicale ed i piatti buoni al suo interno, il pupo appeso, il clown e Satie, Pinocchio tra i colombi, le barrette Kinder, tanti feticci che si accumulano e seguono l’invecchiamento delle sorelle fino ad arrivare allo smantellamento finale, in cui anche i mobili lasciano una impronta sulle pareti ingiallite, come a dimostrare che anche le vite apparentemente più insignificanti lasciano un segno a questo mondo. Un inno alla vita, dunque, una esortazione a viverla.

C’è dentro anche la carnalità e la fisicità, metafore del teatro Emma Dante. Le ragazze che ballano, trascinando nel ritmo i bagnanti della spiaggia, belle e giovani, con i corpi che progressivamente perdono vigore ed invecchiando diventano decadenti, flaccidi. Ed ancora il pesce finto di tonno e maionese che le sorelle servono a tavola, la vivisezione degli animali, il tutù da ballerina dell’adolescenza e il vassoietto di dolci siciliani coloratissimi, divorati e spappolati quando si sa di non poterne più mangiare.

Straordinarie le attrici protagoniste (dodici in tutto), bambine, ragazze, donne adulte e anziane, vincolate da legami fortissimi, affascinanti nel declino tra lutti, malattie, discussioni, frustrazioni assortite. In mezzo al caos e nel dolore, la bellezza assoluta della poesia e della musica tra la straordinaria versione di Inverno di De André nell’interpretazione struggente di Franco Battiato, la leggerezza di Sognare sognare di Gerardina Trovato e l’amore per gli animali nel testo di Le piccole persone di Anna Maria Ortese.

data di pubblicazione:19/09/2020


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Il ROMAEUROPA FESTIVAL 2020 ai nastri di partenza

Il ROMAEUROPA FESTIVAL 2020 ai nastri di partenza

Nella splendida cornice del terrazzo di Villa Medici lunedì 14 settembre 2020 alle ore 18.30 è stato presentato il programma della trentacinquesima edizione del Romaeuropa Festival, costruito in stretta aderenza alle direttive vigenti sul distanziamento in scena e in sala e nel pieno rispetto delle misure di sicurezza. Un invito a partecipare responsabilmente a circa due mesi di programma internazionale, dal 18 settembre al 15 novembre, in 14 spazi della capitale (Auditorium Parco della Musica, il Teatro Argentina e il Teatro India, Mattatoio, MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI Secolo, il Teatro Vascello, il Teatro Quarticciolo e Villa Medici – Accademia di Francia) e con parte della programmazione en plein air, per 64 eventi e 137 repliche in linea e in continuità con i consueti standard del REF arricchiti con le nuove attività di EXTRACT, l’inedita sezione online con 70 eventi (182 repliche) pensati in prima italiana o assoluta appositamente per il web.

Con un deciso sostegno alle compagnie e agli artisti indipendenti italiani e un importante sforzo per garantire una rilevante presenza internazionale, il REF2020 conferma la sua vocazione e rinnova la sua visione sul presente attraverso gli sguardi molteplici della creazione contemporanea, con un forte ricambio generazionale e il 70% degli artisti per la prima volta in programma. In questi tempi in cui le arti performative sono messe duramente alla prova, il festival presieduto da Guido Fabiani e diretto da Fabrizio Grifasi diviene, inoltre, ulteriore motivo per sottolineare la necessità del contatto ma che necessita oggi di nuove sensibilità. Le eccezionali misure di prevenzione attuate permetteranno di accogliere e condividere insieme l’incredibile spazio della creazione contemporanea, ma con tatto e nuova cura per il nostro presente.

L’ideazione dell’intero programma è stata possibile grazie al sostegno del MIBACT – Direzione Generale Spettacolo, di Roma Capitale e della Regione Lazio. Prosegue, inoltre, il rapporto con RAI che con i suoi canali dedicati alla cultura, all’approfondimento e allo spettacolo è Main Media Partner di questa trentacinquesima edizione ampliando l’offerta del festival anche sui canali radio, Tv e online e con uno spot creato appositamente dalla Direzione Creativa RAI per raccontare il festival che valorizza e interpreta il titolo della trentacinquesima edizione.

Dopo l’apertura affidata alla creazione in prima assoluta di Sasha Waltz, in programma dal 18 al 20 settembre, nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica si succederanno i grandi nomi del panorama musicale internazionale e italiano.

Il 22 settembre il celebre compositore Wim Mertens presenta, tra minimalismo, ambient e avant-garde, l’Inescapable Tour con il quale festeggia i quarant’anni della sua carriera musicale mentre il 27 settembre l’artista e ingegnere informatico Robert Henke porta in scena una speciale opera audio-video, CBM 8032, di cui sono protagonisti i primissimi modelli di personal computer degli anni Ottanta. Sono tre le corealizzazioni con Musica per Roma: il cantautore italiano Vasco Brondi, il 23 settembre con Talismani per tempi incerti, un progetto nato e ideato come risposta alla pandemia; il 26 settembre è la volta di Bryce Dessner, musicista e compositore fondatore dei The National che propone insieme al Parco della Musica Contemporanea Ensemble e la straordinaria partecipazione di Katia e Marielle Labèque alcune delle sue più importanti composizioni classiche. Ancora con la PMCE, Tonino Battista e Ascanio Celestini portano in scena, il 29 e il 30 settembre, Pierino e il Lupo di Sergej Prokof’ev e Pulcinella di Igor Stravinskij.

Altri appuntamenti musicali al Teatro Argentina il 5 ottobre con la compagnia Anagoor che presenta il progetto audio-video Mephistopheles e il 25 ottobre al Mattatoio con Fabrizio Ottaviucci che prosegue il suo percorso intorno alla monumentale Treatise di Cornelius Cardew in abbinamento a due composizioni per piano preparato di John Cage: Mysterious Adventure, Daughters Of The Lonesome Isle.

Novità assoluta del REF2020 è Sulla paura, speciale programma di lectures curato da Francesco Siciliano insieme con Francesca D’Aloja. Un ciclo di lectio magistralis dedicate all’emozione primaria, mai così attuale, della paura che, nella splendida cornice del piazzale di Villa Medici, proprio dove il festival è nato 35 anni fa, vedrà protagonisti dal 21 al 26 settembre, cinque grandi scrittori italiani: Sandro Veronesi, Edoardo Albinati, Melania Mazzucco, Michela Murgia e Alessandro Piperno.

A conferma della vocazione all’innovazione e all’internazionalità del festival tante le prime nazionali del REF2020 che, insieme, restituiscono uno sguardo multiforme sulla complessità del nostro presente. Romaeuropa continua il percorso avviato con l’acclamato Milo Rau con la prima nazionale di Familie (co-produzione REF2020) lavoro incentrato sull’intimità di un dramma familiare e ultimo capitolo di una trilogia ideale dedicata ai crimini moderni, alla potenza della rappresentazione teatrale e al suo rapporto con la realtà, in scena in doppia replica il 19 settembre al Teatro Argentina.

Lo spettacolo segna l’apertura ideale di un percorso intorno al teatro contemporaneo internazionale di cui sono protagonisti: il regista di Haifa (Israele) Bashar Murkus con il suo Khashabi Theater in scena con il provocatorio e provocante rapporto tra un terrorista e il carceriere che lo accompagnerà verso la condanna a morte raccontato in The Museum (23 e 24 settembre Teatro Argentina) e con Hash, affondo claustrofobico sul tema della sorveglianza e della società dei consumi (in prima italiana al Mattatoio il 25 settembre); la regista greca Elli Papakonstantinou che tra palco reale e Zoom costruisce un affondo sull’identità femminile portando in scena Traces of Antigone dell’acclamata drammaturga Christina Ouzounidis (13 e 14 ottobre, Mattatoio); il duo iberico-sudamericano Azkona & Toloza che con Tierras del Sud dà vita a un affondo sugli effetti del colonialismo nella Patagonia argentina (17 e 18 ottobre, sempre al Mattatoio) e il visionario regista tedesco Ersan Mondtag che, in De Living, trasforma in immagini ipnotiche e potenti le ultime ore di vita di una donna (7 e 8 novembre Teatro Vascello).

Tante anche le novità nell’ambito della danza internazionale. Approda per la prima volta al festival (in scena il 29 settembre al Teatro Argentina) la coreografa tedesca ma di origini greche Kat Valastur che in Rasp your soul costruisce un affondo dal sapore concettuale sul rapporto tra corpo e ambiente politico e tecnologico. Differente il segno della pluripremiata compagnia franco catalana Baro d’Evel presente per la prima volta al festival, in corealizzazione con Teatro di Roma, con lo spettacolo Là: un’ipnotica e poetica danza di un piccolo nucleo familiare per ritrarre la fragilità e i delicati equilibri delle relazioni umane e le loro tracce nello spazio e nel tempo (in scena dal 7 al 10 ottobre). In coda alla trentacinquesima edizione del festival, presentato in corealizzazione con Teatro Biblioteca Quarticciolo e SpellBound Produzioni, infine, il coreografo e regista bielorusso di acquisizione israeliana Arkadi Zaides che al Teatro Quarticciolo il 13 e il 15 novembre si concentra, con Necropolis e Talos su alcuni temi centrali del nostro presente, tra migrazioni e nuove difese dei confini.

Tanti gli artisti italiani che tornano al festival. Portavoce della grande danza sono Virgilio Sieni in dialogo con il musicista Andrea Rabaudengo nel suo Solo Goldberg Variations (in scena l’1 e il 2 ottobre al Teatro Argentina) ed Enzo Cosimi che con la prima assoluta di Coefore Rock & Roll trasforma in una debordante visione glam rock il mito di Oreste e gli spazi del Mattatoio di Roma (24 e 25 ottobre). Se al il 26 e il 27 settembre Filippo Andretta prosegue il suo percorso sul rapporto tra paesaggio naturale e umano con 19 Luglio 1989 – una tragedia alpina (al Teatro Argentina), il 3 e il 4 ottobre sarà il MAXXI ad ospitare la prima nazionale di Rompere il Ghiaccio (in coproduzione con il MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo), nuova produzione della sua compagnia OHT – OFFICE FOR A HUMAN THEATRE. Sono realizzati con Teatro di Roma i nuovi lavori di Daniele Timpano ed Elvira Frosini – al debutto assoluto (dal 28 ottobre al 1 novembre) con Ottantanove, cinico affondo sull’eredità della rivoluzione francese – e di Muta Imago che nel loro Sonora Desert accompagnati dalle musiche di Alvin Curran invitano ad un percorso percettivo centrato sul rapporto con il tempo e con la memoria.

Con Rumori, un concerto poetico realizzato in dialogo con il musicista Samovar (Samuele Cestola) e pensato come risposta ai giorni del lockdown, è proprio Martina Badiluzzi a fungere da ponte ideale con la sezione Anni Luce, curata da Maura Teofili e dedicata alla scena teatrale italiana. Dall’8 all’11 ottobre il programma della sezione propone in prima assoluta gli spettacoli Diario di un dolore di Francesco Alberici e No Land Lady di Camilla Brison e implementa la sua attenzione alla valorizzazione della creazione emergente e Under35 facendosi culla di nuove progettualità. Curato da Tindaro Granata in collaborazione con Ugo Fiore e Carlo Guasconi, Situazione Drammatica approda a Roma nell’ambito di Anni Luce per mettere in rete i più prestigiosi premi nazionali dedicati alla nuova drammaturgia. Realizzato in collaborazione con Rai Radio 3 nell’ambito di Tutto Esaurito! – Il Mese del Teatro; un ciclo di letture che coinvolge attori professionisti e gli allievi attori del biennio di specializzazione dell’Accademia Nazionale d’arte Drammatica Silvio d’Amico – rende protagonisti gli autori vincitori dei premi Biennale College Teatro 2019 – Autori Under 40, Premio Riccione per il Teatro 2019 e Premio Hystrio – Scritture di Scena 2019: rispettivamente Caroline Baglioni, Tatjana Motta e Fabio Pisano. Powered by REf è invece il nome di un nuovo percorso di tutoraggio e residenza dedicato alla generazione dei ventenni e costruito in collaborazione con Carrozzerie N.O.T.,369Gradi. Teatro Biblioteca Quarticciolo, ATCL Lazio e il Centro Unico Regionale delle Residenze del Lazio a cui partecipano i progetti selezionati tramite bando di Claudio Lenna, Secteurin.Verso e Andrea Dante Bennazzo accompagnati rispettivamente dai tutor scelti dal REF: Biagio Caravano, Daria Deflorian eValentino Villa. Al Mattatoio REF Kids & Family a cura di Stefania Lo Giudice rinnova l’attenzione alla creazione italiana per l’infanzia in un programma ricco e variegato articolato negli spazi del Mattatoio tra teatro, danza, musica e nuovo circo con un’ulteriore riduzione dei posti per accogliere in piena sicurezza i bambini e i loro genitori. Infine, continua la sua ricognizione delle espressioni artistiche nell’ambito delle culture digitali la sezione Digitalive a cura di Federica Patti: un programma dedicato alle creazioni più cross-over tra musica elettronica, performance, video e opere in AR e VR con Lorem (a cura di Re:humanism), Salò, Massimo Pupillo e Stefano Pilia, il visual live di Quayola al Teatro Argentina e l’installazione realizzata dagli studenti del MAD in “Multimedia Arts& Design” di RUFA – Rome University of Fine Arts.

Tra virtuale e reale si svolge anche EXTRACT, il nuovo progetto del REF per l’online. Interamente gratuita, la sezione inaugura il 17 settembre fino al 15 novembre con Table Top Shakespeare: Quarantine Edition Of The Complete Works della compagnia inglese Forced Entertainment che mette in scena online tutta l’opera teatrale del “bardo” attraverso pièce in streaming live 4 volte a settimana per 9 settimane realizzate con oggetti di uso quotidiano e utensili da cucina. Tra avant-pop e vaporwave si situano anche il live concert dell’avatar LaTurboAvedon in dialogo con l’artista Myriam Bleau e gli interventi multimediali di Mara Oscar Cassiani, mentre la compagnia Shonen costruisce una tavola rotonda virtuale intorno al proprio Phoenix tra Italia e Palestina.

data di pubblicazione:16/09/2020

MISTERY TRAIN – Un viaggio nell’immaginario americano, di Alessandro Portelli alla Cavea Auditorium di Roma

MISTERY TRAIN – Un viaggio nell’immaginario americano, di Alessandro Portelli alla Cavea Auditorium di Roma

In un Auditorium, necessariamente a ranghi ridotti, ma alla presenza di un pubblico competente e caloroso, lo scorso 6 settembre ci è stato regalato un riuscito mix di parole&canzoni&musica&poesia con l’idea di partenza del treno, chiara metafora delle tante facce degli USA.

A guidare il simpatico drappello Alessandro Portelli, americanista, profondo conoscitore e da anni frequentatore della letteratura e della tradizione musicale americana. Così, in poco meno di due ore, partendo da un evento storico, la costruzione delle ferrovie, che avrebbe cambiato le sorti del paese e di tante persone (i capitalisti ,gli operai, i neri, gli indiani) e attraverso la mediazione di letture (Whitman, Emerson, Thoreau, Tom DeLillo) e canzoni (i gospels, i blues, le ballate di Woody Guthrie, Johnny Cash, ma anche Elvis, Springsteen e Tom Waits) i “nostri” hanno deliziato e incuriosito la platea. Una lezione di storia in musica, promossa dalla casa editrice Laterza con la collaborazione del Circolo Gianni Bosio, affidata a collaudati interpreti e giovani talentuosi. Un viaggio che ci ha condotto nei paesaggi western dell’America di metà’800, con il treno che si fa strada portando con sé lo sfruttamento e la sofferenza degli operai della ferrovia, il viaggio dei tanti hobos alla ricerca della “promised land”, la rivoluzione industriale e la nascita del grande capitalismo, ma anche il declino del treno a vantaggio dei trucks e di quelli che noi chiamiamo Pullman. Così, le parole di Alessandro Portelli, hanno trovato eco nelle letture di brani di importanti scrittori, ben interpretate da Margherita Laterza e nelle canzoni magistralmente cantate da Gabriele Amalfitano ben spalleggiato ancora da Margherita (sorprendente voce soprano) e dal puntuale Matteo Portelli, efficace poli strumentista. Dunque, con il treno a far da filo conduttore tante cose accadono durante, Mistery Train e sulla scena tutto fila a meraviglia, fra nostalgia, rabbia, mito di un paese che non è solo quello che appare, ma che ha a che fare con l’immaginario di ciascuno di noi. Lo spettacolo verrà replicato in diverse città ed è comunque ascoltabile gratuitamente su molte piattaforme di streaming. Vale la pena recuperarlo.

data di pubblicazione:11/09/2020

TEATRO QUIRINO – PRESENTAZIONE DELLA STAGIONE TEATRALE 2020/21

TEATRO QUIRINO – PRESENTAZIONE DELLA STAGIONE TEATRALE 2020/21

Il Teatro Quirino festeggia i suoi centocinquant’anni dalla fondazione. Coraggio, esistenza, battaglia sono le parole chiave della stagione che si appresta a ripartire.

 

Il 14 luglio scorso, alla presenza di un folto ben distanziato pubblico di affezionati e molti fra attori e compagnie che appaiono in cartellone nella prossima stagione, il direttivo del teatro, nelle persone di Geppy Glejieses, Guglielmo Ferro e Rosario Coppolino, ha presentato la stagione teatrale 2020/2021.

Sono trascorsi mesi di buio e solitudine, come racconta Rosario Coppolino, amministratore delegato del teatro. Vedere la sala vuota e silenziosa è un colpo al cuore. Ma ora è necessario riprendere, nel pieno rispetto delle regole anti-contagio, e il centocinquantesimo anniversario del Quirino – che verrà celebrato con una mostra e il volume Un viaggio d’amore per la scena e lo spettacolo, curato da Elisabetta Centore – è l’occasione giusta per festeggiare e per dire alle autorità politiche e culturali che il teatro è presente, esiste!, nonostante tutti i protocolli che vietano a questa realtà di esprimersi. L’assenza delle istituzioni desta sgomento a tal proposito: neanche il conforto di una parola ma solo silenzio, come sottolinea il regista Guglielmo Ferro.

Tra tutte le attività che hanno subito danni con la pandemia, il settore dello spettacolo dal vivo è certamente quello che più di tutti ha sofferto. Tra i primi a chiudere, i teatri saranno anche gli ultimi a riaprire. Le imprese private poi – come il Quirino – devono farcela da sole. Necessario è il sostegno del pubblico, poiché i fondi stanziati dal FUS, di cui una minima parte spetta ai teatri e alle compagnie private, non bastano a pagare gli stipendi del personale del teatro per un solo mese. È comprensibile allora la polemica alla direzione dell’Eliseo, a cui si contesta la pervicacia a “raccattare” denaro pubblico ingiustamente. Ed è lodevole invece la battaglia che stanno combattendo i grandi teatri italiani privati, tra cui il Quirino – costituiti di recente in un’associazione, l’ATIP –, perché impegnati ad affrontare con spirito solidale di squadra questo difficile momento di crisi.

Ora però è tempo di ripartire, come dicevamo, e il Quirino lo fa in una maniera creativa, insolita e coraggiosa. Prima di riaprire la bellissima sala il 22 dicembre prossimo con il Malato immaginario di Molière, una serie di dieci appuntamenti verrà ospitato nella stupenda cornice liberty di Galleria Sciarra. Solitamente utilizzato come passaggio pedonale, lo spazio della galleria (fatta costruire per volere del principe Meffeo Barberini Colonna di Sciarra, lo stesso che commissionò la costruzione del teatro) sarà adibito a sala per concerti, letture teatrali, spettacoli di prosa e di danza. Ogni evento verrà offerto in abbinamento a scelta con un cocktail o una cena, nel rigoroso rispetto delle normative sanitarie. Un modo originale per riprendere confidenza, in sicurezza, con la ricchezza dello spettacolo dal vivo.

Di seguito l’elenco completo degli spettacoli in Galleria e della prossima stagione teatrale:

5 settembre MUSICALMENTE LIBERTY concerto lirico ispirato allo stile decorativo della Galleria Sciarra con Cristina Piperno (soprano) Francesca Salvatorelli (soprano) Matteo Mezzaro (tenore) e con il Maestro Mirco Roverelli (pianoforte)

12 settembre UN TÈ PER DUE REGINE. L’incontro tra Peggy Guggenheim e Palma Bucarelli con Caterina Casini e Marilù Prati regia di Francesco Suriano

 

19 settembre CHIAMATEMI MIMÌ monologo musicale di Paolo Logli con Claudia Campagnola e Marco Morandi

 

26 settembre FINO ALLE STELLE omaggio ad Alberto Sordi nel centenario della nascita liberamente ispirato a “Polvere di stelle” di e con Tiziano Caputo e Agnese Fallongo regia di Raffaele Latagliata

 

3 ottobre IL BIANCO E IL NERO dal Ragtime di Joplin alle prime incisioni di “Jass” concerto jazz con l’Alexander’s Ragtime Band di Alessandro Panatteri

10 ottobre QUARTETTO D’ARCHI SINCRONIE con musiche di Beethoven, Mozart e Maderna

 

17 ottobre VIAGGIO IN EUROPA – Percorso musicale per voce e chitarra attraverso i secoli

con Sabrina Cortese (soprano) e Flavio Nati (chitarra) musiche di Handel, Giuliani, Carulli, Schubert

24 ottobre FRANCESCO CENTARRÌ QUARTET “Jazz tra America e Italia” con Francesco Centarrì (voce) Luccio Nicolosi (pianoforte) Salvo Beffumo (contrabbasso) Angelo Celso (batteria)

 

25 ottobre GABER DIVISO 2 omaggio al teatro-canzone di Gaber Luporini co Piji (canzoni) e Simone Colombari (monologhi)

 

31 ottobre SONORITÀ ARGENTINE TRA TANGO E FOLKLORE esibizione di Tango e musica dal vivo

 

La stagione 2020/2021

22 dicembre – 10 gennaio

Emilio Solfrizzi in

IL MALATO IMMAGINARIO di Molière

Costumi di Santuzza Calì

Adattamento e regia di Guglielmo Ferro

12 – 17 gennaio

Mariangela D’Abbraccio e Daniele Pecci in

UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO di Tennesse Williams

Regia e scene di Pier Luigi Pizzi

(recupero di stagione 2019-2020)

19 – 31 gennaio

Pippo Pattavina e Marianella Bargilli in

UNO, NESSUNO E CENTOMILA di Luigi Pirandello

Regia di Antonello Capodici

2 – 7 febbraio

Giuseppe Cederna, Vanessa Gravina e Roberto Valerio in

TARTUFO di Molière

Adattamento e regia di Roberto Valerio

9 – 14 febbraio

Enrico Guarneri in

L’ARIA DEL CONTINENTE di Nino Martoglio

Regia di Enrico Guarneri

16 – 21 febbraio

Manuela Mandracchia e Giovanni Crippa in

LA PAZZA DI CHAILLOT di Jean Giraudoux

Regia di Franco Però

23 – 28 febbraio

Elisabetta Pozzi in

TROIANE di Euripide

Regia di Andrea Chiodi

2 – 14 marzo

Geppy Gleijeses, Maurizio Micheli e Lucia Poli in

SERVO DI SCENA di Ronald Harwood

Regia di Guglielmo Ferro

16 – 28 marzo

Antonio Catania e Gianluca Ramazzotti e con Paola Quattrini

SE DEVI DIRE UNA BUGIA DILLA GROSSA di Ray Cooney

Versione italiana di Iaia Fiastri, regia originale di Pietro Garinei, nuova messa in scena di Luigi Russo

30 marzo – 4 aprile

Paolo Bonacelli e Marilù Prati

PROCESSO A GESÙ di Diego Fabbri

Regia di Geppy Gleijeses

(recupero di stagione 2019-2020)

6 – 11 aprile

Marco Paolini

NEL TEMPO DEGLI DEI – il calzolaio di Ulisse, di Marco Paolini e Francesco Niccolini

Regia di Gabriele Vacis

13 – 18 aprile

Claudio Casadio, Andrea Paolotti e Brenno Placido in

LA CLASSE di Vincenzo Manna

Regia di Giuseppe Marini

(recupero di stagione 2019-2020)

20 aprile – 2 maggio

Alessandro Haber e Alvia Reale in

MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE di Arthur Miller

Regia di Leo Muscato

4 – 9 maggio

Leo Gullotta in

BARTLEBY LO SCRIVANO di Francesco Niccolini

(liberamente ispirato al racconto di Herman Melville)

Regia di Emanuele Gamba

(recupero di stagione 2019-2020)

11 – 23 maggio

Gabriele Lavia e Federica Di Martino in

LE LEGGI DELLA GRAVITÀ dal romanzo di Jean Teulé “Les lois de la gravité”

Adattamento e regia di Gabriele Lavia

25 – 30 maggio

MUSICANTI – Pino Daniele in musical

Una commedia con le canzoni di Pino Daniele scritta da Urbano Lione e Alessandra Della Guardia, con la partecipazione straordinaria e la regia di Maurizio Casagrande.

data di pubblicazione:09/09/2020

LA CANDIDATA IDEALE di Haifaa Al-Mansour, 2020

LA CANDIDATA IDEALE di Haifaa Al-Mansour, 2020

Un progetto di emancipazione in Arabia Saudita. Con le ovvie complicazioni del caso. Primi ciak con la protagonista protetta dal velo musulmano, finale progressista-liberatorio. Uno sviluppo un po’ troppo veloce in meno di due ore in una società che cambia lentamente e in cui la resistenza alle pari opportunità è secolare. Si svelano esteticamente ed emotivamente bei profili di donne di fronte a cui i personaggi maschili vistosamente sfigurano.

Con anno di ritardo approda nella sale italiane (non troppe in verità e per chissà quanti giorni!) un film presentato alla 76esima Mostra Internazionale d’arte cinematografica a Venezia nel 2019. Ma un anno cambia poco per l’immutabile scenario della sottovalutazione della donna in un continente che ancora non ha conosciuto il femminismo. Il progetto di candidatura nella comunità locale, maturato casualmente per la mancata partecipazione a un importante congresso, scatena nel medico stimato, un’ansia di rivalsa che è la molla del film. Una sorta di corto circuito che movimenta i rapporti con i pazienti, i familiari, l’ambiente circostante. Ci sono infermi maschi che non vogliono sapere di farsi visitare da una donna e che progressivamente si sciolgono e ne riconoscono l’abilità. E la candidatura è il grimaldello per cambiare e invertire rapporti basati sul pregiudizio e su una malintesa soggezione. La decisione della protagonista riesce a trasformare una sconfitta elettorale di misura in un grandioso successo, stante anche il chiaro riavvicinamento al padre, scettico ma alla fine solidale. Assistiamo all’evoluzione di una famiglia benestante che ha le chiavi per il cambiamento. Filmicamente la pellicola risulta un po’ ferma e priva di guizzi, soprattutto nel finale condividendo una narrazione lineare ma carente come mordente. Lo spettatore assiste a una sorta di didattica dell’emancipazione ma senza un reale salto di qualità estetico. In definitiva una prova di buona volontà, non assistita però da adeguato talento. I 104 minuti della co-produzione arabo-tedesca alla fine risultano persino troppo lunghi per la prevedibile dimostrazione a tesi che il regista si è proposto sin dalle prime inquadrature.

data di pubblicazione:06/09/2020


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