BLACKKKLANSMAN di Spike Lee, 2018

Ambientata negli anni a cavallo fra i sessanta e i settanta nella cittadina di Colorado Springs, la vicenda di Ron Stallworth è la storia vera di un giovane aspirante detective di colore che riuscì ad infiltrarsi con successo tra i membri del Ku Klux Klan con il supporto di un ufficiale di polizia ebreo.

 

Con un ardito paradosso si possono riscontrare nella cinematografia afro-americana sul razzismo gli stessi tratti della sinistra in politica, ovvero la tendenza a dividersi pur avendo in mente un fine comune. A sostegno della tesi, va il fatto che un regista come Spike Lee è stato più spesso applaudito dai bianchi statunitensi, ricevendo al contempo pesanti critiche dalla parte nera. “Il fardello dell’uomo bianco” è un vecchio problema e purtroppo non di ieri: le immagini finali del film, tratte da filmati originali girati a Charlotte l’estate del 2017, mostrano il raduno di nazisti e suprematisti bianchi che sfilano indisturbati con il reale commento di Donald Trump che ipocritamente ridimensiona il fenomeno. Ecco allora che, con il richiamo all’attualità, Spike Lee salda il passato dell’intrigante racconto con il presente che deve fare ancora i conti con un razzismo sempre vivo nel suo paese e non solo… Presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes (Premio Speciale della Giuria), il film di Lee, non il primo sul tema (ricordo La Setta dei Tre K del 1951, quasi dimenticato, ma anche Mississippi Burning o il più recente Jasper Texas, la città dell’odio, solo per citarne alcuni) è il riuscito spaccato degli anni in cui c’era già stato Martin Luther King, l’omicidio dei Kennedy, le Black Panthers e un capo dell’FBI omofobo e razzista come Edgar Hoover. E Lee sceglie Colorado Springs, distante da Selma, Montgomery, Atlanta, dunque dagli stati più coinvolti nei fatti legati alla segregazione razziale, per ambientare a suo modo un film (la storia incredibile ma vera dell’agente nero che contatta al telefono un capo del Klan e del suo amico, detective bianco che realmente partecipa, sotto copertura alle riunioni del KKK, riuscendo a far arrestare i razzisti della zona) che è thriller, ma anche denuncia, che indigna, ma sa strappare risate, che fa riflettere ma sa farsi ammirare per il montaggio e le musiche, che ha, inoltre, negli interpreti (John David Washington,f iglio di Danzel e Adam Driver) un’altra riuscita freccia al suo arco. Con il suo talento al vetriolo Spike Lee confeziona un’analisi reale e visionaria allo stesso tempo scegliendo, volutamente toni non aspri, per riportare alla luce un tema drammatico e tristemente ancora attuale per quello che può dirsi uno dei suoi film più riusciti.

data di pubblicazione:07/10/2018


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1 commento

  1. Era uno dei film che avevo in mente di vedere nei prossimi giorni e la vostra recensione accreditata mi ha convinto a comprare un biglietto il prima possibile! Concordo sul “paradosso” dei giudizi ricevuti dai film di Spike Lee, anche se penso che, quando si affrontano “fardelli” così pesanti, si tratti di un esito per certi aspetti inevitabile.

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