Beau Wessermann abita da solo, terrorizzato da tutti quelli che vivono attorno a lui, in un appartamento fatiscente, sito in un luogo imprecisato ed invaso da criminali di ogni tipo. Un giorno decide di partire per incontrare la madre, verso la quale nutre un devastante rapporto di amore, quasi di morbosa sottomissione. Per una serie di strane circostanze non può più raggiungerla, avrebbero dovuto festeggiare insieme il suo compleanno. Da quel momento inizia la sua odissea attraverso un mondo ostile che lo respinge e che attenta persino alla sua incolumità…
Martin Scorsese, grande ammiratore di Ari Aster che aveva già più volte lodato per i suoi precedenti Hereditary e Midsommar, nel vedere l’ultimo suo attesissimo film ha definito il giovane regista newyorkese “una delle più straordinarie nuove voci nel mondo del cinema”. In effetti non si può che concordare con il grande maestro sull’abilità tecnica che sta dietro a questo film e soprattutto sul linguaggio visionario utilizzato, così unico e coinvolgente che oggi solo pochi sono in grado esprimere con un così alto livello. A differenza dei due lavori precedenti, in cui oltre all’aspetto onirico si era dato più rilievo alla componente horror, in Beau ha paura, protagonista Joaquin Phoenix, si vuole dare risalto alle sensazioni adrenaliniche che il personaggio trasmette, alle sue ansie, alle sue paure verso una madre matrigna e verso un mondo che sembra voler accoglierlo, ma che nella buona sostanza lo respinge, anzi tenta proprio di annientarlo. Difficile ricostruire una trama che possa rientrare in uno spazio temporale ben definito, in un percorso che va dal momento della sua nascita a quello della sua morte, un percorso insidioso pieno di incontri con personaggi al limite della schizofrenia. Beau è destinato a essere un perdente, a lui è precluso anche fare sesso perché ha ereditato dal padre e, prima di lui dal nonno e dal bisnonno, il triste destino di morire al primo rapporto completo con una donna. Questo è solo uno dei tanti misteri che avvolgono la sua vita: una madre troppo presente e un padre troppo assente, morto appunto al momento esatto del suo concepimento. Non è casuale che una scena iniziale riguardi una seduta di psicoterapia in cui si affronta il tema fondamentale del rapporto madre-figlio e della sue nevrosi, facendo da lì scaturire una sorta di ansia soffocante, una avversità cosmica che si riversa sull’infelice protagonista. Un film che esce da qualsiasi schema e che in tre ore riesce a trasmettere allo spettatore irritazione, impotenza, frustrazione. L’interpretazione di Joaquin Phoenix supera quella di Joker, nell’omonimo film per il quale ricevette l’Oscar come migliore attore: anche per questo incredibile ruolo si spera possa ottenere un più che meritato riconoscimento. Gli è dovuto…
data di pubblicazione:16/05/2023
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