da Salvatore Cusimano | Ott 17, 2024
(19a FESTA del CINEMA di ROMA 2024)
Il film, una vera e propria fiaba calcistica, è ambientato a Palmi, in Calabria, dove Don Vincenzo (Rocco Papaleo), geniale agricoltore in pensione, ha un’idea pazza per rialzare la squadra di calcio locale: organizzare una singolare raccolta fondi per ingaggiare Etienne Morville (Blaise Afonso), giocatore di Serie A dal pessimo carattere ma tra i più forti al mondo. Seppure malvolentieri, Morville lascerà Milano per trasferirsi a Palmi per provare a rimettere in sesto la sua immagine.
I fratelli registi Marco e Antonio Manetti, in arte Manetti Bros, dopo Ammore e malavita, tornano al Sud e mettono in scena una gradevole commedia sul filone ‘film di genere’- in particolare calcistico – mischiando la passione per lo sport con una serie di trovate tipiche del loro genio cinematografico. In ciò vengono aiutati dalle colorate interpretazioni di un Rocco Papaleo in stato di grazia e da una serie di personaggi, primi fra tutti lo spassoso mister interpretato da Max Mazzotta, un coacervo di simpatia e di espressività tipica calabrese. Menzione d’onore va anche alla poetessa interpretata da una splendida Claudia Gerini, che si mette in gioco in un ruolo divertentissimo cucito apposta su di lei. Alcuni sono riferimenti cinematografici – televisivi volutamente presenti, a partire da Fuga per la vittoria per arrivare al cartone Holly e Benji.
Il riferimento neanche troppo velato è alla carriera di Mario Balotelli, in un’opera che vuole sicuramente raccontare un altro Sud, poco visto sul grande schermo, lontano dagli stereotipi tipici del meridione, mostrandolo come un posto stupendo e anche lontano dai canoni di bellezza turistici, sovente in primo piano in molte altre opere televisivo/cinematografiche.
Si esce dalla visione con tanti buoni sentimenti e (perché no) anche divertiti, in un panorama di film fatti bene ma intrisi di molta cupezza e a volte di poca originalità.
data di pubblicazione:17/10/2024

da Salvatore Cusimano | Ott 1, 2024
Sono passati solo due anni da quando Arthur (Joaquin Phoenix) ha ucciso in diretta televisiva il suo irraggiungibile modello Murray Franklin (Robert De Niro) ed è stato rinchiuso nell’Arkham Asylum, restando lì in attesa del processo che deciderà della sua pena. Imbottito di psicofarmaci, Arthur è ridotto a una larva fin quando, in un corso di musicoterapia, incontra Harleen Quinzel (Lady Gaga).
Se il primo Joker ha vinto il premio più ambito a Venezia, ottenendo un grande successo al botteghino e un Oscar per il suo protagonista, Joaquin Phoenix, difficile pensare un futuro analogo per Folie à Deux. Nei mesi che hanno preceduto l’uscita, bombardati da teaser e trailer, è stato affascinante vedere crescere l’attesa, soprattutto per la presenza di Lady Gaga, personaggio di forte appeal.
La sua presenza si sente, dando vita a un ibrido: è un quasi-musical? È un quasi-legal drama? È una quasi-storia d’amore? Sembra folle questa idea del sequel al film ormai cult di un’intera generazione, tanto da diventare negli anni una religione con i suoi adepti. C’è (forse sì) un Phoenix maestoso, forse ancora di più, c’è (forse sì) una foto del cedimento senza fine di ogni apparato, da quello giuridico a quello carcerario, per finire a quello sanitario, con un dibattito social(e) che può aprirsi sulla salute mentale. Ma il risultato è probabilmente il frutto di questa attesa troppo alta, con il regista (Todd Philips) che si avventura in un sequel rischiosissimo, fin dalle prime battute col simil cartoon che apre la sua opera. La virata verso il musical (pessima idea di musical, ben 13 scene cantate) non sembra funzionare bene, rendendo il tutto a tratti noioso, anche con la presenza della camaleontica Lady Gaga, con il suo proverbiale fascino da vendere.
Joker-Folie à Deux sembra però finire per roteare a vuoto, gravato dalla lunga parte processuale, portando più che un passo a due passi indietro. Peccato!
data di pubblicazione:01/10/2024
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da Salvatore Cusimano | Ott 1, 2024
Luigi Celeste (Francesco Gheghi) ha vent’anni e vive con la madre Licia (Barbara Ronchi) e il fratello Alessandro (Marco Cicalese). I tre sono uniti da un legame profondo. Sono quasi dieci anni che nessuno di loro vede Franco (Francesco Di Leva), compagno e padre, che ha reso l’infanzia dei due ragazzi e la giovinezza di Licia un ricordo fatto di paura e prevaricazione. Un giorno il “pater” Franco torna, e rivuole tutto, rivuole la sua” familia”: che fare?
Tratto dal libro Non sarà sempre così di Luigi Celeste, il film è un’opera ‘nera’, che passa dal thriller psicologico, al cinema ‘quasi horror’, per arrivare ad incontrare anche vari argomenti sociali. Familia si pone diversi obiettivi: raccontare la violenza, soprattutto quella psicologica; evidenziarne le ferite profonde che segnano l’infanzia, per sempre.
Da sottolineare le analisi delle forme di gelosie possessive, sino a una delle scene simbolo, quella in cui il padre che scatena una illogica e prepotente scenata di gelosia verso il figlio sol perché ha fatto dono alla madre un mazzo di fiori. Attori superlativi. Dagli occhi di Barbara Ronchi traspare un profondo senso di paura nella prima parte ed un senso di amore supremo e di liberata gratitudine verso il figlio nell’ultimo sguardo. La suspense è perennemente presente e sottolineata da brevi incursioni di musiche angoscianti. La tossicità tra moglie e marito, evidente più volte nella sua complessità e contraddittorietà, così come l’assurdità delle istituzioni che non intervengono o se intervengono lo fanno in maniera assurda e inspiegabile, sottolineano l’importanza di questi temi che trae spunto da una storia vera. Tutto ciò rende l’opera matura, che lascia il segno, che stimola il dibattito e assolutamente da non mancare.
data di pubblicazione:01/10/2024
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da Salvatore Cusimano | Set 6, 2024
Stefano e Giulio sono due amici, laureati in medicina, con diverse visioni della loro professione, applicate alla situazione di guerra (1918, prima guerra mondiale). Il primo (Gabriel Montesi) vorrebbe rimandare al fronte tutti al primo accenno di guarigione, mentre il secondo (Alessandro Borghi) fa di tutto per far tornare a casa i poveri soldati,. Fra i due soldati c’è Anna, ex compagna di università.
Gianni Amelio presenta a Venezia un’opera intensa, una visione sulla prima guerra mondiale che fa guardare anche alle guerre odierne, dall’Ucraina al Medio Oriente. Ambientato in Friuli Venezia Giulia, al dramma della guerra si aggiunge anche la grande epidemia di febbre spagnola. L’ambientazione prevalente nell’ospedale militare dona una versione leggermente claustrofobica del cinema del regista italiano, che si sofferma spesso sulle ferite dei poveri soldati, non solo quelle del corpo, ma anche dell’anima, quell’anima di un paese al collasso, piena di dialetti e proprio per questo apparentemente impossibilitato ad una visione unitaria. Tratto dal romanzo La sfida (2018) di Carlo Patriarca, il film ha chiaramente il suo fulcro nelle visioni contrapposte dei due amici fraterni, interpretati da due dei migliori attori della loro generazione: Alessandro Borghi e Gabriel Montesi, qui alle prese con lo sforzo di adattamento al dialetto friulano, sforzo mediamente riuscito.
L’insistenza dei colpi di tosse, mischiata ai deboli spiragli che provengono dall’esterno, con il rumore del vento, danno un tono abbastanza mesto al tutto, inevitabile per il tema trattato. I temi come l’amicizia stretta e l’amore non dichiarato sono sempre di attualità. La frase “Qui non muore nessuno” viene ripetuta due volte ed è una sorta di mantra per volersi allontanare dalla realtà, per sfiorare l’utopia che tutti sogniamo, ma il responso di una realtà come la guerra lo conosciamo tutti.
data di pubblicazione:06/09/2024
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da Salvatore Cusimano | Giu 27, 2024
A Mumbai la vita quotidiana di Prabha viene sconvolta quando riceve un regalo inaspettato da suo marito che è andato a vivere all’estero. La sua giovane compagna di stanza, Anu, cerca invano di trovare un posto in città dove fare sesso con il suo ragazzo. Un viaggio in un villaggio costiero offre alle due donne uno spazio dove i loro desideri possono finalmente manifestarsi.
Il film racconta le vite parallele di due infermiere coinquiline a Mumbai, la più giovane Anu (Divya Prabha) e Prabha (Kani Kusruti): la prima cerca un posto per stare col ragazzo, ma nel frattempo la famiglia le combina in matrimonio, la seconda riceve un regalo inaspettato dal marito che lavora in Germania e da tempo non si fa sentire. Prabha ha poi dimenticato il come e il perché si “ama”, tanto che non sa nemmeno gestire le attenzioni di un medico, Anu desidera il ragazzo che frequenta, che è musulmano ma la differenza di religione per loro non conta, ed è infatti con lui che si immagina un futuro. Emerge anche un’altra figura, Parvaty, la cuoca dell’ospedale dove lavorano le due infermiere, che desidera solo tornare nella sua cittadina vicino al mare, perché sfrattata dal suo appartamento di Mumbai, sradicandola da una realtà in cui vive da 20 anni.
Quello che risulta è un ritratto delicato e toccante che riflette la stasi e lo sconforto (sembra) perenne delle due infermiere, con una routine che sembra senza avvenire. Ma al tempo stesso emerge anche un’analisi sociopolitica, in cui si denunciano le evidenti disparità di genere, classe e religione radicate nel Paese.
È con tutte le tre figure femminili citate che All We Imagine As Light diventa un film di viaggio, nella seconda parte un viaggio che si sposta dal caos cittadino verso la costa, al traffico si sostituisce il suono delle acque, ed in mezzo alla natura rigogliosa il film trova la sua definizione.
data di pubblicazione:27/06/2024
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