da Rossano Giuppa | Apr 6, 2024
All’Antico Caffè Greco, Anna Foglietta e i suoi amici attori hanno festeggiato la onlus “Every Child Is My Child” l’associazione no-profit nata grazie alla collaborazione spontanea di artisti, i quali, su iniziativa di Anna Foglietta e animati dall’indignazione per le terribili tragedie che coinvolgono i bambini in Siria, hanno scelto un impegno diretto per un futuro senza sofferenza perchè Ogni Bambino è il Nostro Bambino.
Anna Foglietta è stata protagonista il 6 aprile presso lo storico locale di via Condotti “Antico Caffè Greco” di una lettura da Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry, per festeggiare i 7 anni della onlus “Every Child Is My Child” fondata dall’attrice nel 2017 con tanti artisti ed amici, alcuni dei quali presenti all’evento Andrea Bosca, Paola Minaccioni e Camilla Filippi. Per il Caffè Greco era presente il Presidente del CDA ing. Carlo Pellegrini.
Il Caffè Greco figura tra i locali storici di Roma più famosi nel mondo e secondo più antico caffè d’Italia. Fondato nel 1760 da Nicola della Maddalena, custodisce un patrimonio artistico di oltre trecento tra cimeli e opere d’arte – dipinti, disegni e sculture – alcuni donati e altri commissionati agli artisti che nel tempo frequentarono e furono legati a questo luogo. Le opere si trovano sistemate all’interno delle nove sale del caffè e mantengono nella maggior parte dei casi la loro collocazione originaria.
data di pubblicazione:06/04/2024
da Rossano Giuppa | Mar 25, 2024
scritto e diretto da Lucia Calamaro
(TEATRO ARGENTINA – Roma, 22/28 marzo 2024)
Arriva all’Argentina di Roma L’Origine del mondo- ritratto di un interno, scritto e diretto da Lucia Calamaro in una nuova veste e con un nuovo cast che comprende la giornalista Concita De Gregorio e le attrici Lucia Mascino e Alice Redini. Uno spettacolo straordinariamente attuale, che ha visto la luce nel 2011 e che ha vinto nel 2012 tre premi Ubu. Tre atti per raccontare il presente della depressione: donna melanconica al frigorifero, certe domeniche in pigiama e il silenzio dell’analista. Tre donne, nonna, mamma, figlia, tre voci, tre generazioni (foto Claudia Pajewski).
Quante persone trascorrono la loro vita cercando di trovare un equilibrio interiore, lottando contro una costante solitudine cronica, che sembra non abbandonarle mai, senza godersi i singoli momenti di gioia perché troppo estranei dalla realtà? È questa la riflessione proposta nella trilogia di Lucia Calamaro, drammaturga e regista affermata nel panorama contemporaneo. Un dramma esistenziale, di un nucleo familiare al femminile, composto da madre (Concita De Gregorio) figlia (Alice Redini) e nonna (Lucia Mascino).
Un testo profetico, anche, perché dieci anni prima del Covid già parlava di reclusione, dolore del mondo, stati depressivi, disturbi alimentari, impotenza ma anche di possibile redenzione, nel quale prendono forma i legami familiari in cui si nasce e in cui ci si imbatte, tanto fondamentali quanto intricati.
Concita la protagonista cerca qualcuno e non qualcosa nel microcosmo del proprio intimo, vuole ritrovare se stessa. Ma per farlo ha bisogno degli altri, ha bisogno di qualcuno che ami ascoltarla con attenzione e con cura perché la vita è relazione. E la qualità della relazione deve essere fertile, di interscambio, altrimenti si rischia di ammalarsi di mancato ascolto. Come avviene alle tre protagoniste. Lucia, la nonna, sceglie di rimuovere le sue esigenze più vive riuscendo a sopravvivere nel mare di noia che ne deriva, brontolando nel tentativo di risvegliare la figlia dal letargo depressivo; Concita (la figlia di Lucia) non riuscendoci si isola, si chiude all’ipocrisia delle relazioni; sua figlia Alice è in bilico tra l’attaccamento alla madre e il tentativo di riuscire a comunicare con lei decifrando il suo linguaggio del corpo, vista l’impossibilità della comunicazione verbale, riscontrata ed esasperata nella relazione di puro silenzio esistente tra Concita e l’analista.
Un dramma di fronte ai fattori portanti della quotidianità, i dialoghi con il frigo che si apre e si chiude, con la lavatrice semivuota che gira e genera schiuma, ingombranti elettrodomestici con cui confrontarsi su debolezze, fragilità e solitudine. Legami fragili ma presenti che supportano la necessità e la volontà dolorosa ma essenziale di volere essere vivo e presente.
data di pubblicazione:25/03/2024
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Mar 16, 2024
Il collettivo Dimensione Brama si è esibito all’Alcazar Live di Roma il 14 marzo 2024 in uno show site-specific, appositamente pensato per il club romano, che spazia dalla musica alla piece teatrale ed alla performance di arte contemporanea (foto di Lorenzo Balestrieri).
Difficile collocare i Dimensione Brama in un ambito artistico specifico, visto che possono essere considerati allo stesso tempo musicisti ma anche performer legati al teatro, alla filosofia, alla video arte, alla danza.
Con Brama live show, prodotto da 369 gradi, sul palco del locale romano, il collettivo ha portato uno show eclettico, in cui si fondono punk e barocco, giocato su sovrapposizioni tra musica e performance. Chitarre elettriche, fiati, tapis roulant, ventilatori tra slogan e melodie.
I Dimensione Brama sono una delle realtà più interessanti della scena romana. A cavallo tra diversi mondi e stili, possono essere considerati un collettivo artistico e fenomeno culturale che affascina, incuriosisce e diverte lo spettatore.
All’attivo da quattro anni, sin dal loro esordio hanno attirato l’attenzione della stampa nazionale e di critici musicali. I Dimensione Brama sono Michele Mazzetti di Pietralata alle tastiere, Nicola Pecora alla voce, Claudio Molinari alla chitarra elettrica, Guglielmo Cappellini alla batteria, Lorenzo Celata al basso, Enrico Cuculo al violino, Jacopo Narici alle percussioni e Marcello Sanzó alla tromba.
In scaletta il loro singolo d’esordio Correre, un pezzo rock, balcanico, religioso, ma anche un monologo, una storia contemporanea che viaggia ad un’altra velocità, ad un’altra dimensione.
data di pubblicazione:16/03/2024
da Rossano Giuppa | Mar 10, 2024
Al Teatro India di Roma è stato scena dal 6 al 10 marzo 2024 Uno spettacolo di Leonardo Manzan scritto e interpretato da Leonardo Manzan. Il giovane e talentuoso autore e regista, due volte vincitore della Biennale di Venezia con gli spettacoli Cirano deve Morire nel 2018 e Glory Wall nel 2020, approccia questa volta il mondo dell’arte contemporanea, allestendo un vernissage in cui espone se stesso su un piedistallo.
Un dialogo diretto con lo spettatore garantito da cuffie personali, una assistente di sala a disposizione (la brava Paola Giannini) per ogni comunicazione necessaria, un piedistallo ed un’opera d’arte live in tutta la sua integrità. Qualche attimo per comprendere e parte lo spettacolo con un breve compendio di storia dell’arte, dalle grotte di Lascaux alle opere di Cattelan di cui si elogia la bravura e l’astuzia nell’aver trasformato una banana da 75 centesimi in un’opera d’arte da 120 mila dollari.
Come si realizza o meglio come si presenta un capolavoro? Bisogna innanzitutto esporsi in prima persona ed il segreto sta proprio nel proporre se stessi come opera d’arte vivente, perfetta, esaustiva. Ecco allora che sul piedistallo c’è Leonardo Manzan esposto nella sua nudità.
Essendo un’opera d’arte non c’è imbarazzo nell’essere descritta nel dettaglio, nel permettere agli spettatori-visitatori di vederla da vicino. Altezza, larghezza, superficie, volume.
Un dialogo intelligente fatto di sollecitazioni e battute che portano il sorriso e la riflessione, col continuo coinvolgimento del pubblico invitato anche ad alzarsi in piedi e a partecipare a test.
Una scelta provocatoriamente autoreferenziale che vuole essere una sorta di appello accorato agli artisti per riprendersi i piedistalli con dignità e consapevolezza. Uno spettacolo che arriva in maniera efficace, che dialoga con altri linguaggi assemblando idee e percezioni, per aprirsi ad un teatro più rischioso ma aperto ad una platea non solo di addetti ai lavori che se la raccontano tra loro. Il risultato è splendido perché si esce con la consapevolezza di aver compreso appieno l’opera Leonardo Manzan ed aver capito che anche la buccia di banana è commestibile.
data di pubblicazione:10/03/2024
Il nostro voto:
da Rossano Giuppa | Mar 4, 2024
Al Teatro India di Roma è stato scena il 2 e 3 marzo 2024 Gli anni, opera coreografica di Marco D’Agostin con l’interpretazione di Marta Ciappina che trae ispirazione dal racconto biografico ed al contempo generazionale del romanzo di Annie Ernaux e dalla popolare canzone degli 883. Lo spettacolo, costruito a partire da una playlist di brani pop e rock dagli anni ’60 a oggi, disegna situazioni e ricordi, attraverso una sovrapposizione geometrica di ambienti, scene e spezzoni di vita familiare, nel tentativo di salvare e mantenere in vita quante più immagini ed emozioni possibili.(foto di Michelle Davis).
Una narrazione condotta per mezzo del gesto coreografico che è anche e soprattutto una rappresentazione del movimento che scava nel tempo e nella memoria. La coreografia di Gli anni è concepita per costruire un ponte tra passato e presente, offrendo uno sguardo su una ipotetica realtà che assomma ciò che è stato e ciò che è.
Un viaggio intimo e nostalgico fatto di piccoli e leggeri dettagli che danno colore e forma al ricordo in cui grande efficacia è garantita dal corpo e dal movimento espressivo di Marta Ciappina, che cattura lo sguardo e l’emozione del pubblico, visto che tocca i ricordi personali di ciascuno. Le storie, gli oggetti, le canzoni e i momenti vissuti si mescolano e si intrecciano in un insieme indefinito che altro non è che una riflessione profonda sullo scorrere del tempo e sul desiderio di ognuno di bloccare e tenere con sé alcuni momenti significativi.
Uno spettacolo sentito e realizzato con il cuore che ha già ricevuto riconoscimenti significativi, tra cui il Premio UBU 2023 come Miglior Spettacolo di Danza e il Premio UBU 2023 per la Miglior Attrice/Performer assegnato a Marta Ciappina.
data di pubblicazione:04/03/2024
Il nostro voto:
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