RAGAZZI DI VITA di Pier Paolo Pasolini, regia di Massimo Popolizio

RAGAZZI DI VITA di Pier Paolo Pasolini, regia di Massimo Popolizio

(Teatro Argentina – Roma, 26 ottobre/20 novembre 2016)

Al Teatro Argentina di Roma ha debuttato il 26 ottobre Ragazzi di Vita tratto dal primo romanzo di Pierpaolo Pasolini. Nell’ambito del quarantennale dell’uccisione di Pasolini, il Teatro di Roma ha coraggiosamente portato uno dei suoi scritti più importanti (in replica fino al 20 novembre), con la drammaturgia di Emanuele Trevi, la regia di Massimo Popolizio.

Il regista riorganizza e sintetizza il libro per l’adattamento teatrale presentandolo in capitoli diversi rispetto all’originale. Il racconto delle giornate di un gruppo di adolescenti delle periferie romane diventano così quadri, introdotti da un narratore che amalgama le storie dei diversi protagonisti, i tuffi nel Tevere, i furti di borsette e le corse in macchina, tra urla e parolacce, tra avventure amorose e botte tra giovani e cani.

Tutto lo spettacolo è un prodigioso gioco di equilibri, di strutture in movimento, di idee che si susseguono e si rinnovano, con diciotto giovani attori (tra i quali tre attrici) che si muovono armonicamente sul proscenio, davanti a sfondi con proiettate immagini astratte o su costruzioni mobili, enfatizzate da giochi di luci e ombre che avvolgono l’intera struttura dell’Argentina.

La voce del narratore fuori-dentro la scena, i protagonisti che parlano di sé stessi in terza persona, le canzoni ricantate sulle musiche originali creano una coralità potente e una vitalità trascinante, grazie anche al lavoro drammaturgico di Emanuele Trevi.

In scena gli attori non si risparmiano, entusiasmano, saltano e urlano in contrapposizione ad un narratore molto sui generis, il bravo Lino Guanciale, una presenza lieve che osserva non visto, aiuta, interferisce se serve, anch’egli attratto da un mondo che non gli appartiene ma che conosce benissimo. Una sorta di coscienza che già sa quello che deve succedere, mantenendosi sempre in equilibrio tra partecipazione e cronaca.

L’umanità affamata, dannata e vittima, incolpevole dei delitti dei quali alla fine si macchia raccontata da Pasolini nel romanzo, diviene un insieme di figure facilmente connotate nella propria semplicità, prive di qualunque complessità psicologica, collegate l’una all’altra, grazie al lavoro di regia in grado di creare un filo conduttore tra quadri, persone e contesti.

L’utilizzo simbolico delle scenografie e l’elegante pittoricità delle scene di gruppo rappresentano i veri punti di forza dello spettacolo. E poi c’è la lingua ed il glossario utilizzato: il romanesco inventato e contaminato di Pasolini enfatizzato dall’uso della terza persona.

Una citazione infine per le musiche che sono parte fondamentale del tessuto connettivo dello spettacolo e che vede gli attori cantare sulla base delle canzoni di Claudio Villa.

Un’adolescenziale vitalità di borgata che arriva diretta al pubblico, un’impresa difficile ma dovuta per restituire quell’atto d’amore che l’artista di origine friulane con il suo romanzo aveva voluto dedicare alla città di Roma.

data di pubblicazione: 14/11/2016


Il nostro voto:

NIGHTWATCHING regia di Peter Greenaway

NIGHTWATCHING regia di Peter Greenaway

Peter Greenaway è probabilmente il regista che ha dialogato di più con la storia dell’arte in assoluto Rembrant è sicuramente uno dei pittori più cinematografici di tutti i tempi, in grado di riprendere con forza e personalità il suo tempo. Solo Peter Greenaway poteva dipingere la sua storia e il suo mondo di luci e ombre.

La storia di un pittore che a 23 anni è già ricco, famoso, affermato in tutte le corti d’Europa, ma che dopo 15 anni di luminosa carriera artistica cade in disgrazia, perdendo tutto e morendo di stenti.

Rembrandt muore nella miseria non perché i suoi quadri non fossero più apprezzati dal pubblico, ma perché la società che lo aveva acclamato non gradiva più i messaggi racchiusi all’interno dei suoi quadri, non volendo essere accusata dei crimini morali che il pittore le rimproverava.

Il film racconta la genesi del suo più celebre dipinto, Nightwatching (La ronda di notte), ritratto di gruppo di una milizia civica di Amsterdam. Rembrandt (Martin Freeman) è convinto dalla moglie gravida (Eva Birthistle) a eseguire un ritratto di alcuni commercianti che si erano “eroicamente distinti” durante le guerre contro la Spagna Lavorando al dipinto, Rembrandt scoprirà la cospirazione che i suoi committenti stanno orchestrando, e ciò lo spingerà a trasformare coraggiosamente il dipinto in un vero e proprio atto d’accusa contro i potenti.

Da qui l’inizio delle sue sventure, che Greenaway ha voluto indagare, costruendo una vicenda che si muove tra misteri criminali, satira politica e passioni amorose, e ripercorrendo la vita del pittore e di chi gli stava attorno all’epoca.

Il quadro sarà la definitiva fine delle sue fortune: dopo la morte della moglie per parto, il pittore scivola nell’ossessione e viene screditato dai commercianti, che lo fanno sedurre da una scaltra donna e tentano di renderlo cieco.

Nightwatching arriva finalmente in Italia sul grande schermo, distribuito da Lo Scrittoio, a nove anni di distanza dalla sua presentazione, molto apprezzata dalla critica, alla 64esima edizione del Festival del Cinema di Venezia.

Per presentare il film, Greenaway ha incontrato il pubblico in 4 proiezioni-evento realizzate in collaborazione con CG Entertainment: il 5 novembre al Cinema Odeon di Firenze, il 6 presso l’Anteo spazio cinema di Milano e al Teatro Argentina di Roma, e lunedì 7 al TTV Festival di Riccione.

Non è un ritratto storico attendibile di un’epoca: partendo dall’idea che il quadro contenga “51 misteri, che i critici stanno ancora cercando di svelare” (parole di Greenaway) il regista tesse una trama intricatissima, ritraendo il personaggio nel triplice ruolo di artista, uomo comune e “investigatore”. E il personaggio di Rembrandt è il vero punto di forza del film: Greenaway evita sapientemente lo stereotipo del genio folle, ritraendo il personaggio nei suoi gesti quotidiani, nel suo grottesco modo di fare e di esprimersi. Un uomo qualsiasi, con problemi economici e il vizio delle donne, mai ritratto nell’atto del dipingere, pur essendo continuamente alle prese con la sua opera.

Greenaway costruisce un film classicamente barocco nell’uso degli spazi e delle scenografie, che riprendono le composizioni visive de Lo Zoo di Venere o de Il ventre dell’architetto, Nightwatching segna infatti una sorta di ritorno alle origini e soprattutto a I misteri del giardino di Compton House: anche qui un pittore come protagonista, una cospirazione legata a dei quadri, il tutto tratteggiato da impressionanti e stupendi giochi di luci e ombre. Un film in costume che è un’opera cinematografica acuta, interessante e moderna.

data di pubblicazione:08/11/2016

ERO MALERBA regia di Toni Trupia

ERO MALERBA regia di Toni Trupia

Una messe di riconoscimenti e di premi per Ero Malerba, il docufilm  di Toni Trupia che racconta la guerra personale e la sete di vendetta di Giuseppe Grassonelli, vittima della strage del 1986 a Porto Empedocle in cui Cosa Nostra gli sterminò la famiglia e a cui lui sfuggì per caso, dedicando poi la sua vita alla vendetta.

Una storia incredibile di un ragazzino uomo che si carica sulle spalle la vendetta di famiglia, uccide e stermina, fugge e si ferma. Una vita violenta consumata in solo otto anni dai 17 ai  25 anni che si chiude con l’arresto e la condanna all’ergastolo ostativo.

Una seconda vita da ergastolano che non collabora, che sa di dover scontare all’infinito le sue colpe, all’interno di quattro mura, dapprima in isolamento, in compagnia solo di chiavi e serrature che cigolano e si chiudono e che poi decide poi di incontrare il suo cronista, quel Carmelo Sardo che aveva riportato le sue imprese per raccontargli la sua storia ed esternare le sue verità. In carcere si è laureato in lettere moderne con 110 e lode e ha intrapreso uno straordinario percorso di recupero.

Ha scritto la sua storia a quattro mani con il giornalista, siciliano come lui, Carmelo Sardo, nel libro Malerba edito da Mondadori che ha vinto il premio Sciascia ed è stato pubblicato in moltissimi paesi.

Il regista Trupia racconta questa storia intensissima a suo modo, con dovere di cronaca senza sentimentalismi ma con sfumature intelligenti, una storia che sfiora la guerra di mafia, ma che soprattutto parla di giovinezza violata, di contraddizioni, di legami fin troppi forti, una storia di una condanna che non perdona, di un pluriomicida che ritrova una sua redenzione, una via laica e profonda per dare un senso a una nuova e terribile esistenza. Raccoglie testimonianze di magistrati, politici e persone coinvolte a vario titolo nella guerra di mafia scoppiata nell’agrigentino, materiale di repertorio dell’epoca e documenti personali e intimi della famiglia Grassonelli.

Inizialmente il girato doveva essere il materiale per un film, ma poi, come racconta il regista, la realtà si è rivelata troppo potente per essere messa da parte: il risultato è un lavoro dove la lunga intervista a Giuseppe, gli interventi di alcuni componenti della sua famiglia insieme a immagini e filmati d’archivio costruiscono una storia forte, ambigua, profonda.

Un successo artistico che vede assoluti protagonisti il protagonista Giuseppe Grassonelli, il regista Trupia, lo scrittore Sardo e la produttrice Angelisa Castronovo.

Una storia che insegna quanto la cultura possa rappresentare una via di riscatto e possa permettere di ricostruire una dignità.

data di pubblicazione:06/11/2016

NOTTURNO DI DONNA CON OSPITI di Annibale Ruccello, con Giuliana De Sio. Regia di Enrico Maria Lamanna

NOTTURNO DI DONNA CON OSPITI di Annibale Ruccello, con Giuliana De Sio. Regia di Enrico Maria Lamanna

(Teatro Quirino – Roma, 1/6 novembre 2016)

Adriana abita in una casa anonima in una desolata periferia. Non parla con nessuno tranne che con il marito, i due figli e la madre per telefono. Adriana è incinta e soffre il caldo d’afoso di fine luglio. Parla un dialetto napoletano contaminato e sincopato e vive di canzoni, tv e luoghi comuni.

Era il 1983 quando il compianto Annibale Ruccello, grande drammaturgo di Castellammare di Stabia, scomparso prematuramente a soli trent’anni in un incidente automobilistico, scriveva all’età di ventisette anni, Notturno di donna con ospiti, che, con Le cinque rose di Jennifer ed il capolavoro Ferdinando costituiscono le pietre miliari della sua produzione, opere di disarmante attualità che mettono a nudo i risvolti più cupi dei rapporti interpersonali, le incoerenze del progresso, la violenza domestica.

Adriana è sola e infelice anche se non sa di esserlo. Una notte d’estate però, mentre suo marito è al lavoro e si è addormentata davanti al televisore, in casa piomba una donna spaventata che le chiede aiuto a seguito ad un’aggressione subita per strada. Adriana riconosce che è la sua vecchia compagna di banco Rosanna. Poco dopo giungeranno il marito di Rosanna, ed il suo amante, Sandro, che è stato il primo amore di Adriana, e lo stesso marito Michele. La presenza di questi ospiti, i loro comportamenti morbosi e l’alcool cui Adriana non è abituata, la porteranno ad aprire cassetti della memoria richiusi dai tempi dell’adolescenza, quando viveva con un padre affettuoso e remissivo ed una madre autoritaria ed oppressiva.

Ma chi sono questi ospiti e perché quella notte sono lì? La loro presenza dà modo ad Adriana di riconsiderare la sua vita con occhio critico. La folle e imprevedibile nottata lascia pesanti segni nella testa di Adriana, che logorata dalla solitudine e dalla frustrazione del quotidiano, la porterà ad un folle decisione.

Giuliana De Sio interpreta Adriana nel Notturno di donna con ospiti, sul palcoscenico del Teatro Quirino dal 1 al 6 novembre, con la regia di Enrico Maria Lamanna e la riproduzione scenica di Roberto Ricci.

Annibale Ruccello costruisce attorno al personaggio d’Adriana un complesso tessuto drammatico composto da molteplici piani narrativi. Gli elementi sono i medesimi di tutta la produzione di Ruccello: la periferia degradata, le canzoni alla radio, la tv, il luogo chiuso e il pericolo esterno. Il contatto con mondo esterno è filtrato attraverso la veranda e l’armadio che diventano scene nella scena. Il passato di Adriana si materializza in flashback onirici, attraverso una continua interscambio della protagonista con i personaggi che popolano la sua casa e la sua mente. Sogno e realtà si mescolano, scanditi da una angosciante e angosciosa ripetizione di frasi o parole. La conclusione, noir e cinematografica, propone il triciclo di Shining e l’abito da sposa, sintesi di una nuova dimensione nella quale la mente di Adriana è già entrata.

Un testo che viene messo in scena da oltre vent’anni con la stessa attrice. L’interpretazione di Giuliana De Sio, nel ruolo di Adriana, è straordinaria per la sua capacità di raccontare una donna ordinaria, sola, alienata, chiusa tra quattro mura, in una sorta di prigione con tutti i piccoli comfort, carica di rimpianti di gioventù e appiattita dal grigiore quotidiano.

Tutto il cast è ottimamente diretto; meritano una particolare menzione Rosaria De Cicco nel ruolo di Rosanna e Gino Curcione, nel doppio ruolo del padre e della madre di Adriana, interpretati con eleganza, ironia, mai eccessivi.

Un’opera metropolitana riproposta dall’attenta regia di Enrico Maria Lamanna, bravo a ricontestualizzarla in chiave terribilmente attuale che scuote e colpisce.

data di pubblicazione: 4/11/2016


Il nostro voto:

 

KIDS IN LOVE  di  Chris Foggin – Sezione Alice

KIDS IN LOVE di Chris Foggin – Sezione Alice

(11^ FESTA DEL CINEMA DI ROMA – ROMA, 13/23 ottobre 2016)

Jack (Will Poulter) sta attraversando la fase di indecisione post-diploma per cui non è convinto di intraprendere il tipo di vita che i suoi genitori si aspettano da lui. Incontra una ragazza misteriosa (Alma Jodorowsky) che lo introduce in un mondo inesplorato della West End di Londra edulcorato e trasgressivo. Jack, in procinto di partire con il migliore amico Tom per una vacanza in Sudamerica per cui ha messo da parte tutti i suoi risparmi, è subito trascinato e affascinato dalla sofisticata bohémienne cui appartengono la misteriosa Evelyn, ma anche le sorelle Viola ed Elena e lo stravagante Cassius, che popolano case chic e un mondo apparentemente candy-fashion ma in realtà popolato di fantasmi di debolezza, incapacità, sconfitta. Questa sorta di comune attira Jack e lo manda in crisi. In realtà il sogno di Jack di diventare fotografo lo spingerà alla fine fuori dal vortice e a mettersi alla prova con una Pentax trovata per caso.

Kids in Love, film britannico del 2016 diretto da Chris Foggin, racconta di un gruppo di ventenni che vivono in un contesto di apparente agiatezza e bellezza, che apre ad un baratro di devastante decadimento e di totale mancanza di riferimenti e valori. Le protagoniste femminili sono tre giovani modelle: Alma Jodorowsky, nipote del regista cileno Alejandro, è Evelyn, la it girl Cara Delevingne e l’astro nascente della moda Gala Gordon sono le  sorelle Viola ed Elena.

Il film mentre riesce pienamente a raccontare il nuovo e preoccupante presente giovanile con toni delicati e colorati, accennati al dramma, si perde nel percorso difficile e sofferto del giovane protagonista solo superficialmente descritto e dal quale lo stesse fuoriesce con apparente facilità per trovare da subito la strada che lo aspetta.

Alla fine rimangono le immagini di una Londra sempre all’avanguardia e sorprendente, descritta con dolci tonalità acquerello che lasciano un po’ di amaro in bocca.

data di pubblicazione:21/10/2016