da Rossano Giuppa | Giu 22, 2020
La tredicesima settimana digital del Teatro di Roma, dal 16 al 21 giugno, ha continuato a riservare interessanti proposte su tutti i canali social (Facebook, Instagram, YouTube) dello stessoTeatro, tra cui si segnalano l’incontro di Giorgio Barberio Corsetti con il giovane scrittore Valerio Mattioli. Nel contempo dal 15 giugno il Teatro di Roma ha riaperto alla città, agli artisti e al pubblico, per un ritorno graduale e modulato negli spazi fisici propri.
Al Teatro Argentina sono iniziati i provini per la selezione del gruppo di interpreti che comporranno i prossimi cantieri produttivi del Teatro di Roma e le prove della compagnia diretta da Giacomo Bisordi per l’allestimento del nuovo spettacolo; mentre al Teatro India si avviano le prove dei nuovi debutti di Muta Imago con Sonora Desert, Industria Indipendente con Klub Taiga, e Frosini/Timpano con Ottantanove, tutte creazioni produttive che saranno in programma nella prossima Stagione. A questi primi ingressi si aggiungerà progressivamente l’entrata di altre compagnie e artisti in prova.
Anche il Teatro Valle riapre alle mostre, dal 25 giugno, con un omaggio alla grande famiglia d’arte che tutto il mondo conosce e ammira, Il Valle racconta: da Scarpetta ai De Filippo è di scena il Teatro.
Il palinsesto digital si è aperto con l’appuntamento di Piero Gabrielli che, giovedì 18 giugno alle ore 16 ha proposto L’esame del Signor Tinègero, di Roberto Gandini, con musica di Roberto Gori.
Venerdì 19 giugno alle ore 18.30, nell’ambito dell’attività di Gruppo_2020 On line, un progetto ideato e realizzato da lacasadargilla, è stato presentato il racconto del giovane autore Nivan Canteri con Horror Story, affidato all’interpretazione di Fortunato Leccese.
E’ continuato il percorso di riflessione e riscoperta della città di Roma e dopo l’appuntamento della scorsa settimana con Luca Bergamo, Vicesindaco e Assessore alla Cultura, sabato 20 giugno alle ore 21 è stata la volta di Valerio Mattioli, autore e editor di NERO e Not, i cui interessi spaziano tra le estetiche, le sottoculture urbane e il pensiero critico contemporaneo. A partire dal suo ultimo libro Remoria. la città invertita, oggetto singolare a metà tra il saggio, il romanzo di formazione e il fantahorror lovecraftiano, il dialogo con il direttore artistico Giorgio Barberio Corsetti è andato alla ricerca di spunti, reali e immaginari, per ripensare il rapporto della città con i suoi margini, e con le comunità che li attraversano.
C’è un ribaltamento tra centro e periferie, nonché un ribaltamento delle gerarchie della città, chiede Giorgio Barberio Corsetti. Analizzando la mappa di Roma scopriamo che il centro è appena l’1% dell’estensione complessiva della città. Il 99% restante è stratificato, contiene vari pezzi di metropoli esordisce l’autore, che è nato e cresciuto in periferia, posto ostile e denso con dinamiche proprie, cui si contrappone un centro che oggi si presenta ancora più vuoto nel post pandemia. Nel libro si cerca di capire cosa ha prodotto il non centro, che lingua, che immaginari. Dovendo raccontare Roma Mattioli parte dal raccordo anulare che è un punto simbolico, è il corso della città moderna, è l’autostrada che circonda la città; va tenuto presente però che la stessa si espande ben oltre il raccordo stesso, fattore che ha portato enormi speculazioni, non è opera ingegneristica neutra. Nel libro si fa riferimento a come la cultura si sia formata nelle diverse periferie dalla fine degli anni 70 ad oggi. Non c’è una storia approfondita su questo periodo ed è pertanto interessante parlare di esperienze e linguaggi, dopo la fine della stagione dell’impegno, in cui è iniziata una nuova era, caratterizzata dall’eroina e dalle sottoculture post punk, in cui emerge una nuova forma di sottoproletariato, nasce il coatto, dilagano i centro sociali; è il periodo delle feste illegali, i rave che per statuto cercavano interstizi urbani dimenticati, diventando così strumento di presa di coscienza nell’estensione della città e svelando che poi la città era anche quel paesaggio di rovina industriale. A cavallo tra il ‘90 ed il 2000 la città ha provato a reiventarsi, attingendo ai percorsi sviluppati negli anni precedenti, in un processo comune a tutte le città europee. E’ seguito poi il processo di cementificazione delle periferie negli anni successivi, mentre nascevano altre tipologie di periferie, come Ponte di Nona, Porte di Roma, Parco Leonardo minicentri piccolo borghesi con nuovi linguaggi e storie, e nel contempo imperversava il rap e tutte le sue derivazioni.
E se dovesse raccontare l’oggi chiede Corsetti? Valerio Mattioli vede l’effetto finale, il tentativo maldestro di aggiornare la città per renderla simile alle metropoli occidentali, una sorta di parco giochì, con rendite crescenti, affitti che si impennano, una città costosa in cui è difficile vivere e sopravvivere. Di contro e di vero a Roma è che il negativo c’è stato, ha prodotto distorsioni, ma tutto è ancora visibile, immondizia e voragini sono presenti, uno spettro che aleggia, la città è così trasparente che ti obbliga a vedere il disastro, i gabbiani assassini, la sporcizia, il sistema fognario che porta a galla i veri detriti della città. Quali sono le culture che sorgono e si muovono in questo momento? Il tessuto urbano della periferia è disgregato, forse non recuperabile, visti i danni permanenti registrati. Ma ci sono di contro testimonianze incoraggianti come quella di Simone, il ragazzo che affronta i manifestanti che non vogliono a Torre Maura i Rom. Un covo di risentimento e segregazione c’è, unito ad altro come per esempio al Tufello dove ci sono esperimenti comunitari e collettivi interessanti, c’è nella periferia l’estremizzazione e la lungimiranza spontanee.
Da un punto di vista musicale ed artistico Roma produce tantissimo immaginario, con esperienze molto impattanti sia dal lato indie pop che nel rap e trap, vedasi Dark Polo Gang ed Achille Lauro; il serbatoio continua a produrre linguaggi espressione del loro tempo. Quale suono verrà fuori dalla periferia post quarantena?
La ripartenza non può lasciare tutto come prima. Occorre reinventarsi. La quarantena come primo dato ha registrato una ulteriore prova dell’insostenibilità del modello di metropoli caratterizzato da riqualificazioni truffa quale quella del Pigneto e si dovrebbe pertanto registrare un totale capovolgimento.
La danza, il teatro, la performance che ha a che fare con il corpo come rinasceranno, chiede da ultimo Giorgio Barberio Corsetti.
I corpi dei protagonisti di Remoria esternano una diversa fisicità, stigmatizzata dal coatto di periferia che comincia spontaneamente a tirar fuori dei nuovi movimenti, una sorta dii scatti elettrificati come se il fulmine della tardo modernità fosse naturalmente entrato in tali figure.
C’è la diffusione delle danze di strada, le performance forti di attraversamento dell’architettura urbana per arrivare da un punto all’altro, senso di sfida alla gravità ed al vuoto. La natura conflittuale è la bellezza di tali manifestazioni, La continua prova di coraggio è obbligo di sopravvivenza in periferia ma viene sublimato in qualcosa di bello e di estroso, una qualità nascosta rispetto allo sguardo ufficiale del potere che non è in grado di valorizzare ciò. Su tutti la figura del compianto Stefano Tamburini, fumettista e grafic designer, fondatore di Frigidaire, autore di Ranxerox e di opere fatte di furti, plagi, con un significato ed un valore inattesi e nuovi, che crea senza chiedere permesso, periferizzando il centro ed esaltando la vitalità della città.
data di pubblicazione:22/06/2020
da Rossano Giuppa | Giu 16, 2020
La dodicesima settimana digital del Teatro di Roma, dal 10 al 14 giugno, ha continuato a riservare interessanti proposte, in attesa dell’imminente ritorno dal vivo, su tutti i canali social (Facebook, Instagram, YouTube) del Teatro di Roma, tra cui si segnalano l’incontro di Giorgio Barberio Corsetti con Luca Bergamo.
L’appuntamento settimanale con il Laboratorio di Piero Gabrielli che giovedì 11 giugno alle ore 16, attingendo da La forchetta fidanzata. Poesie sui segnali stradali di Nicola Cinquetti, ha proposto La patente poetica, un breve percorso poetico costruito su otto segnali stradali. Un modo fantasioso per introdurre i bambini alla lettura di un linguaggio grafico che è indispensabile conoscere il prima possibile. Ma la lettura di un cartello stradale può diventare un gioco di immaginazione in cui, per esempio, il cartello che segnala un dosso può sembrare “un boa che ha ingoiato un cammello”. Il video, con gli attori della Piccola Compagnia del Piero Gabrielli, diretti da Roberto Gandini con la musica di Roberto Gori, è tratto dalle prove on-line dello spettacolo Un cabaret poetico.
Mentre Radio India si prepara a rinascere in una nuova forma, Fabio Condemi e i suoi ospiti ci hanno accompagnato nelle ultime tre tappe di Specie di spazi, un itinerario radiofonico con il quale in questi mesi il giovane regista si è interrogato su cosa siano gli spazi che occupiamo, che abitiamo e percorriamo ma anche quelli che rappresentiamo, ricordiamo, progettiamo, ripensiamo e con i quali siamo in costante relazione”. L’appuntamento di venerdì 12 giugno alle ore 18.30 insieme ad autori, ricercatori, attori e attrici, ha proposto alcuni capitoli del testo del 1974 di Georges Perec attraverso letture, ascolti, incontri, interviste.
I dialoghi condotti dal direttore artistico Giorgio Barberio Corsetti con protagonisti e voci provenienti da diversi campi del sapere e della cultura per nutrire di nuovi contributi la riflessione sul nostro presente, sugli scenari che stiamo vivendo e sulla nostra città, hanno visto sabato 13 giugno alle ore 21 protagonista Luca Bergamo, Vice Sindaco e Assessore alla Crescita Culturale di Roma Capitale.
Roma è una città vera che si estende su 1200 km² con una popolazione residente di 2,8 milioni di abitanti; è una grandissima città, ma non è densamente popolata in virtù del fenomeno delle borgate nate negli anni ’60 che hanno dilatato la superficie e che ancora oggi si cerca di rendere vivibili a livello di servizi. È una città che non ha una sua forma, a differenza di altre grandi città che hanno una struttura più funzionale. Esiste un diritto culturale da garantire ma le caratteristiche di questa città fanno sì che chi abita lontano dai luoghi in cui le istituzioni organizzano degli eventi, abbia apparentemente meno diritti culturali. La partecipazione alla vita culturale è più complicata. Occorrerebbero scelte radicali per favorire la sussidiarietà e la partecipazione di singole parti del territorio. Roma è luogo nel quale si realizza il 50% della ricerca scientifica italiana e per questo motivo è un luogo unico al mondo in grado di produrre cultura e conoscenza. Giorgio Barberio Corsetti si è incontrato e scontrato con questa problematica e con questa città permeata di una creatività diffusa con un numero molto ampio di presidi culturali, spazi non solo teatrali e reti solidali, librerie indipendenti, centri sociali e culturali che hanno una effervescenza, capacità e vitalità incredibili ma che però rimangono precarie e non riescono a consolidarsi e trasformarsi. Ha lavorato con il Rialto, il teatro dell’Orologio, l’Angelo Mai, oggi tutti chiusi o in gravi difficoltà nel postcovid. Come si può lavorare, come tutelare e potenziare tale area fragile che intercetta nuovi artisti e nuovi linguaggi? Il dialogo trasversale con le istituzioni che si apre alla città è un punto essenziale sostiene Giorgio Barberio Corsetti.
Luca Bergamo ribadisce che ci sono due elementi essenziali: il primo è la funzione di sostegno del Comune che mette a disposizione risorse finanziarie, cercando di creare condizioni e strumenti di supporto. Dal 2010 c’è stato un crollo vertiginoso nel Comune di Roma di finanziamenti alla cultura con una riduzione pari a circa il 50%; dal 2016 la curva si è invertita, anche se le risorse sono sempre contenute e vanno per il 95% a favore di quelle attività gestite direttamente dal Comune. C’è poi un limite nella flessibilità delle risorse che sia cercando di affrontare, facendo attenzione al bilancio economico ma garantendo la continuità del finanziamento ed aumentando l’offerta culturale in relazione anche altre proposte che la città può offrire, per ampliare anche gli orizzonti.
Il teatro e tutto ciò che è dal vivo in questo momento sono in crisi, ma si cercano delle opportunità per fare ripartire la macchina, sostiene Giorgio Barberio Corsetti; bisogna creare dei punti di riferimento per la organizzazione della comunità teatrale: in questa nuova configurazione come possono rispondere le istituzioni ed anche il Comune di Roma?
Le istituzioni culturali sono tali in quanto sono all’interno della collettività e che sono espressione della collettività stessa. Hanno una funzione anche di garantire la qualità del servizio. Il teatro pubblico deve ampliare lo sforzo come sta facendo il teatro di Roma attraverso la diversificazione della qualità nella proposta ed anche attraverso una espansione del numero di persone interessate al teatro. Il comune vuole continuare ad essere parte attiva di questo disegno, occorre un coordinamento in questo senso ed il Comune di Roma si è attivato, c’è l’esigenza di riordino del sistema nel suo insieme a fronte di rigidità evidenti per cui il lavoro è complesso, ci sono inefficienze, obiettivi specifici che devono essere perseguiti, c’è poi il bisogno di rendicontare la pubblica amministrazione circa l’utilizzo delle risorse pubbliche. Oggi dobbiamo cercare di salvare la cultura oltre che il settore turistico. Bisogna ripensare il concetto di teatro pubblico, viaggiando nella direzione della partecipazione del pubblico, con una visione totalmente nuova che va costruita in maniera integrata per creare un ecosistema in cui tutte le energie vengono messe a frutto, promuovendo una cultura diffusa che rispetti la dignità umana e combatta le diseguaglianze.
data di pubblicazione:16/06/2020
da Rossano Giuppa | Giu 8, 2020
La undicesima settimana digital del Teatro di Roma, dal 3 al 7 giugno, ha continuato a riservare interessanti proposte, in attesa di un ritorno dal vivo, su tutti i canali social (Facebook, Instagram, YouTube) del Teatro di Roma, tra cui si segnalano gli incontri di Giorgio Barberio Corsetti con il regista Alexander Zeldin ed i professori Franco Farinelli e Sandro Mezzadra.
Già dalla scorsa settimana, i Dialoghi del direttore artistico Giorgio Barberio Corsetti si erano aperti a nuove conversazioni con docenti, intellettuali, architetti, autori e autrici, per riflessioni sul nostro presente, sugli scenari che stiamo vivendo, sulle nostre città. Mercoledì 3 giugno alle ore 19 si è assistito ad una conversazione aperta tra Franco Farinelli, docente e studioso di geografia, cartografia e dei modelli di pensiero ad esse connesse, direttore del dipartimento di Filosofia e comunicazione dell’Università di Bologna e presidente dell’Associazione dei Geografi Italiani, e Sandro Mezzadra, professore associato di Filosofia politica presso l’Università di Bologna, la cui attività di ricerca si colloca sul confine tra la storia delle dottrine politiche, la filosofia politica e gli studi postcoloniali. Un confronto a due per esplorare i significati del concetto di confine, le possibilità della mappa, le implicazioni filosofiche e politiche dei modelli di rappresentazione della realtà geografica.
Nell’ambito degli incontri con gli artisti della scena nazionale e internazionale, sabato 6 giugno alle ore 21 Giorgio Barberio Corsetti ha dialogato con uno dei maggiori talenti internazionale, Alexander Zeldin, drammaturgo e regista anglo-russo, autore di un teatro carnale, emozionante, contemporaneo.
La situazione a Londra è molto complessa, ha esordito Zeldin, sia perché l’attuale Governo è opportunista e sia perché la pandemia purtroppo non è uguale per tutti. Negli ultimi 10 anni il Governo ha portato molte persone sull’orlo della miseria. L’atmosfera adesso è molto confusa e stressante, ci si vorrebbe fidare della politica, ma non ci si riesce. Si può uscire di casa ma le regole non sono chiare, i negozi e i bar sono chiusi e non si può prevedere cosa potrà accadere. Giorgio Barberio Corsetti chiede com’è la situazione in teatro e Zeldin che è direttore del National Theatre ribadisce che il 17% del budget annuale viene da contributi statali ed il resto da operazioni commerciali e franchising, da fondi privati oltre che dal botteghino. L’aspetto commerciale ha dunque un ruolo importante e si rischia il collasso; alcuni teatri sono già chiusi senza un piano di salvataggio da parte dello Stato, molti altri esauriranno i soldi prima della fine dell’anno e non si sa quando si potrà tornare in scena. In Italia i teatri sono chiusi, si parla di distanziamento sociale in caso di riapertura, non si sa come sarà ma, continua Barberio Corsetti, si vuole riaprire.
Il regista anglorusso ha lavorato con gli stessi attori negli ultimi anni; vi partecipano anche studenti o anche persone fuori dell’ambiente del teatro creando una sorta di comunità con attori e non attori che lavorano insieme e che vengono da diversi contesti e con approcci diversi. E’ piuttosto emozionante mettere insieme persone che hanno visioni diverse, che parlano lingue diverse, hanno culture diverse ed è entusiasmante perché non si va sul sicuro. Il Governo sta dando dei sussidi ai lavoratori autonomi ma non basta. Molti attori stanno andando a lavorare nei supermercati, fanno i corrieri o cose simili per tenersi occupati ma è difficile. In Inghilterra il teatro è importante ma è anche molto difficile guadagnarsi da vivere con il teatro per tante persone. Doveva venire a Roma in ottobre con uno spettacolo di grandissimo interesse Love nell’ambito del Romaeuropa Festival, uno spettacolo molto complesso che fa parte di una trilogia; la prima parte si intitola Beyond Caring ed è una storia che parla di addetti alle pulizie con contratto a termine, persone che fanno i turni di notte. Per realizzarlo ha fatto pulizie, ha lavorato con loro e con i sindacati, un processo di immersione complesso per portare il teatro fuori dal teatro e tornare nel teatro con l’energia della vita e della realtà. Love parla di famiglia e di famiglie con figli piccoli che vivono in alloggi di emergenza, rifugi per senza tetto, anche in questo caso con una ricerca fatta passando molto tempo con madri ed i loro bambini che vivono in questa situazione. L’ultima parte Faith, Hope and Charity parla di un centro sociale dove la gente si riunisce per mangiare insieme, una mensa dei poveri dove c’è un coro e c’è musica. Dietro ogni testo c’è un lavoro intenso dapprima personale e poi con gli attori in forma di improvvisazione, ma il processo cambia a seconda del progetto, in quanto deve essere un’operazione corale. Il teatro è uno strumento per vivere più profondamente la realtà perché attraverso il teatro si riesce a parlare con qualcuno come mai si fa nella vita di tutti i giorni. Gli attori improvvisano, inseriscono nuove parti del testo, tutto è possibile e non ci sono regole predefinite e bisogna far entrare gli attori nel testo perché ogni personaggio deve essere creato sulla base di qualcosa di molto intimo. C’è bisogno di scrivere su qualcuno o qualcosa ma è necessario avere la sensazione di perdere il controllo quando si entra di scena, per perdere la cognizione della scena. Negli ultimi 10 anni il Governo ha creato la cultura del sospetto, tagliando fondi alla sanità pubblica, gli aiuti per la casa; nessuno ha un lavoro a tempo pieno, non tutti hanno un tetto sulla testa e non ci sono aiuti e questo crea un clima di povertà anche mentale ed in questa atmosfera si è inserita la pandemia. Giorgio Barberio Corsetti chiede se si possa riprendere in modo diverso, pensare ed agire in modo differente anche nel teatro. Il regista lo spera anche se è preoccupato per il futuro, per tutte le cancellazioni, per il lavoro, ma crede ci sia stato qualcosa di prezioso in questo periodo per chi ha potuto usufruirne, ovvero prendersi questo tempo per fermarsi, per capire che è sempre più importante concentrarsi su ciò che è davvero essenziale. Tutto il mondo è palcoscenico diceva Shakespeare, il teatro deve confrontarsi con le condizioni e con il contesto attuali, c’è bisogno di stare insieme. Il teatro può farci sentire meno spaventati e meno soli e tutti possiamo sentire che abbiamo la vita dentro, grazie al teatro ci si sente più vivi. Anche il pubblico può essere coinvolto nel processo creativo anche se si sta a guardare lo spettacolo seduto dall’altra parte, cambiando la relazione con la scena. C’è molta preoccupazione tra gli attori; bisogna tornare presto alla normalità e se fino a dicembre continueranno ad esserci problemi di distanza di sicurezza e di altre cose, si spera che da gennaio sarà possibile ricominciare normalmente, afferma Giorgio Barberio Corsetti. È incoraggiante per programmare le cose pensare a questo, anche se bisogna avere sempre un piano B nel caso in cui le cose non dovessero andare per il verso giusto. E’ molto difficile rimanere autentici e coerenti ora conclude Alexander Zeldin, che in attesa della ripartenza si sta concentrando sulla scrittura di storie più personali e più semplici, sull’infanzia e sull’amore, alla ricerca dell’essenza basilare delle cose.
L’appuntamento settimanale con il Laboratorio Piero Gabrielli ha proposto giovedì 4 giugno alle ore 16 La lezione on-line del Signor Jourdain, una pillola video in cui si ipotizza che il protagonista della famosa commedia balletto di Molière, prenda lezioni dal Maestro di filosofia tramite la piattaforma ZOOM. Il video, con Giulia Tetta e Fabio Piperno diretti da Roberto Gandini con la musica di Roberto Gori, è tratto dalle prove on-line dello spettacolo Un cabaret poetico della Piccola Compagnia del Piero Gabrielli.
Venerdì 5 giugno alle ore 18.30 per il progetto Gruppo_2020 On line è stato presentato il racconto della giovane autrice Emma Cori Solitario, affidato all’interpretazione di Anna Mallamaci. Secondo episodio del quintetto di narrazioni fantascientifiche e orrorifiche ideate da un gruppo di giovani autori, tra i 13 ai 20 anni, in un progetto ideato e realizzato da Lacasadargilla e Industria Indipendente.
data di pubblicazione:08/06/2020
da Rossano Giuppa | Giu 2, 2020
La decima settimana digital del Teatro di Roma, dal 26 al 31maggio, ha continuato a riservare interessanti proposte, in attesa di un ritorno dal vivo, su tutti i canali social (Facebook, Instagram, YouTube) del Teatro di Roma, tra cui si segnalano due appuntamenti per i cento racconti di Centuria a cura di Massimo Popolizio e gli incontri di Giorgio Barberio Corsetti con la coreografa marocchina Bouchra Ouizguen ed il professore Francesco Careri.
La settimana si è aperta con il doppio appuntamento con Piero Gabrielli, martedì 26 maggio alle ore 16 con Il Filo, un montaggio video di poesie tratte da Principerse e filastrane di Silvia Roncaglia, recitate e declamate dai ragazzi della Piccola Compagnia e mercoledì 27 maggio alle ore 16.30, con il Concorso Luigia Bertoletti che premierà i migliori testi poetici (oltre 140 elaborati) realizzati dai ragazzi per il progetto della canzone collettiva Chiuso dentro casa (oltre 16.000 visualizzazioni ad oggi).
Ha continuato a prendere vita, giovedì 28 e domenica 31 maggio sempre alle ore 16 sul palco virtuale di #TdROnline, la staffetta di letture di Centuria, portando in voce e in video trenta dei cento e più mondi allestiti dallo scrittore Giorgio Manganelli. Un bellissimo esperimento in digitale diretto da Massimo Popolizio che, insieme alle voci uniche e multiple dei dodici interpreti di Un nemico del popolo, ci hanno portato sulle tracce di un surreale bestiario di personaggi, molto vicini alle inquietudini contemporanee, per un ritratto caleidoscopico dell’essere umano prodotto dal Teatro di Roma.
L’ingresso nella Fase 2 dell’emergenza ha aperto la necessità di un dialogo con intellettuali, scrittori e filosofi, che possono orientarci nella comprensione di uno sguardo secondo un’altra prospettiva su questo tempo di ripartenza. Primo protagonista di questa settimana è stato Francesco Careri, professore e architetto che mercoledì 27 maggio alle ore 19 ha dialogato con Giorgio Barberio Corsetti sulla città di Roma, sui quartieri e sul modo in cui l’arte e la performance possono trasformarla.
Roma è uno spazio molto esteso fatto di piccoli e grandi quartieri, anche se è molto vuota all’interno con parchi ed aree non densamente abitate. Roma è più che una città un arcipelago, con identità di quartiere ed anche di linguaggio. La scoperta di tanti luoghi diversi nella città è soprattutto una passione per Careri, un gusto dell’esplorazione che espleta camminando e domandandosi su cosa si vede per essere ricettivo ed interrogativo, un percorso che lo porta con i suoi alunni ad entrare nelle realtà, anche violando la proprietà privata per privilegiare l’incontro con l’altro. Si incontra così quello che si suole chiamare degrado, ma che in realtà sono progetti di vita, modi utilizzare la città da cui si può imparare tanto. Le occupazioni abitative rappresentano un modello da cui acquisire esperienze, in quanto condomini e condivisioni eterogenee per cultura, religione, pensiero di vita. Luoghi che vivono di mutua ospitalità da cui si apprende tantissimo in tema di ospitalità e di scambio di esperienze. Gli spazi vuoti della città sono stati mappati e sono circa 200 tra cui l’ospedale San Giacomo in via di Ripetta abbondonato da 12 anni, 59 cinema chiusi, contenitori pronti a divenire oggetti pulsanti del quartiere, per portare nuova linfa. Nel post Covid la scuola e l’università stanno pagando più di altri la reclusione forzata ed ora si deve pensare alla didattica all’aperto, con la città che esce fuori e rinasce. Roma Est in particolare offre molte sorprese, con zone di verde, cave, orti urbani, accampamenti, baracche, con tutte le etnie presenti. Bisogna uscire dalla città per pensare alla città, farsi carico dei problemi e provare a risolverli vista la grossa indifferenza che ci circonda, lavorando su quello che si trova ed esiste già, risolvendo l’emergenza abitativa di prossimità, coinvolgendo la politica, una città forse più sporca e complessa di quella immaginata, ma sicuramente più vera.
Il progetto Circo in particolare di cui il professor Careri è l’ideatore, prevede il riutilizzo del patrimonio abbandonato per farlo abitare da tutti coloro che non trovano spazio, come pensionati, divorziati, reclusi nelle Rsa, bambini, studenti fuori sede, artisti, mediatori sociali naturali per un rinnovamento culturale e sociale della città, anche per chi è di passaggio, i cosiddetti nomadi urbani.
Venerdì 29 maggio alle ore 16 spazio alle nuove generazioni con un quintetto di racconti tra fantascienza e orrore: GRUPPO_2020 che dopo il cantiere di corpi sonori e di narrazioni andato on air su Radio India si è trasformata in versione on line, approdando su #TdROnline in formato video per 5 episodi per 5 racconti, che avranno una nuova ‘messa in forma’, conservando l’architettura interpretativa e musicale della Radio, cui si aggiunge un lavoro per immagini, ogni volta ispirato al singolo racconto.
Si è iniziato con Matahari scritto da Giulio Apicella, con l’interpretazione di Lorenzo Frediani cui seguiranno – con appuntamento settimanale ogni venerdì (5, 12, 19 e 26 giugno) – i successivi componimenti: Solitario di Emma Cori, con l’attrice Anna Mallamaci; Horror Story di Nivan Canteri, con l’attore Fortunato Leccese; La Selva di Carlo Giuliano, con Gabriele Portoghese; Sotterranei di Lucia Marinelli, con Federica Rosellini e Roberta Zanardo.
Storie e paesaggi reali e immaginari che i giovani autori percepiscono intorno al proprio presente a metà tra fantascienza e horror, tra precognizioni e presagi, ossessioni e visioni.
Giorgio Barberio Corsetti ha proseguito con i suoi incontri extraconfine dialogando sabato 30 maggio alle ore 21 con la coreografa marocchina Bouchra Ouizguen, che ha fatto della danza uno strumento ‘geopolitico’ di azione artistica e di emancipazione delle donne nel mondo arabo, tentando di scardinarne convenzioni, schemi, resistenze e divieti, attraverso un coraggioso agire coreutico e dal fulgore vitale. La coreografa è attualmente Marrakech, città nella quale studiava ed in cui è rimasta fino al 2010 creando la compagnia personale, basata su gruppo più eterogeneo di artisti provenienti non solo dalla danza ma anche dalla musica e da altre arti, cercando anche collaborazioni con artisti provenienti da altre città, artisti non contagiati dall’ambiente turistico. Si riesce a creare un’interazione con un pubblico eterogeneo, chiede Barberio Corsetti. Ci sono attori giovani e anziani, generazioni che si incontrano, un mix gli artisti e di scuole diversi, artisti che subiscono a Festival o feste o matrimoni. Come immagina la fine del virus e cosa cambierà chiede Barberio Corsetti. La fine è già in quanto tutto è stato posticipato o cancellato e questa sarà una stagione senza rappresentazioni; durante il lockdown non aveva interesse a colloquiare con il mondo esterno, ma è stata l’occasione per prendere una pausa, per riflettere, una occasione per stare di più in Marocco vicino all’equipe e sviluppare dei progetti. Si cerca di analizzare le cose ma si è in uno stato di confusione e si fa fatica a immaginare la fine. Quali sono i progetti su cui lavorare in questo periodo? Quando sarà possibile uscire la coreografa vorrebbe collaborare nel suo quartiere con un orfanotrofio e un centro giovanile interessanti perché ci sono delle persone piene di energia che fanno un lavoro eccezionale; le piacerebbe fare qualcosa con loro. Erano pianificati a Roma due suoi spettacoli; Corbeaux potrebbe essere messo in scena in una situazione covid perché è all’aperto e prevede distanze tra pubblico e singoli ballerini in piena sicurezza. E’ una performance nata per grandi spazi architettonici e giardini che non sono luoghi di danza contemporanea ma luoghi in cui il pubblico si muove, una performance sonora concepita per il suono e per la visione. Lo spettacolo è stato concepito non per il teatro ma per la stazione degli autobus di fronte al Teatro Reale di Marrakech, con un pubblico diverso che può assistere alla performance solo per un minuto o per l’intera durata dello stesso. In Italia la situazione è molto grave perché le persone non hanno potuto lavorare non essendoci il contratto intermittente; nella sua compagnia ci sono collaboratori marocchini e esterni non c’è contratto a intermittenza e si subisce la situazione. Si vive esclusivamente grazie alla diffusione degli spettacoli senza avere contributi dal governo. Nel momento in cui è stato imposto il confinamento lo Stato ha deciso che tutti i lavoratori che non hanno un salario regolare percepissero un sussidio ogni mese in base ai componenti del nucleo familiare e questo ha tranquillizzato le persone in quanto il confinamento è stato accolto positivamente ed è stato rispettato, visto che era compresa l’assistenza sanitaria che non può essere coperta dal singolo individuo.
Nella sua compagnia ci sono performer anziani e quindi più a rischio ma dipende da come evolverà la situazione, ora il presente va visto come opportunità per pensare e non per contare le perdite di posti di lavoro. Essere creativi senza farsi travolgere dagli eventi cercando di ottenere quante più cose positive da questa situazione, è questa la sua visione ora. L’atro spettacolo Elephant in un tempo sospeso dal titolo perfetto anche se deciso prima della pandemia e profetico, vede però le interpreti sono a stretto contatto ed ammassate fino al soffocamento le une con le altre e quindi complicato da mettere in scena oggi.
E’ il momento in cui si lascia decantare il lavoro per pensare a quello che si può fare altrove ma anche l’occasione per poter lavorare con altre persone su altri progetti e per avere anche del tempo libero per leggere e meditare e lasciare che la creatività lavori. In questi giorni ha ballato mentre leggeva o cucinava e questo le ha permesso di rivivere e riassaporare alcune sensazioni, secondo un atteggiamento mentale dell’anima, un processo creativo divertente e non ossessionante, una sorta di disconnessione in un momento in cui si è calmato: la disoccupazione forzata di quest’anno ci permetterà di lavorare meglio per assaporare il piacere del presente senza essere ossessionati dal futuro.
data di pubblicazione:02/06/2020
da Rossano Giuppa | Mag 25, 2020
La nona settimana digital del Teatro di Roma, dal 18 al 24 maggio, ha continuato ad arricchire l’offerta del palinsesto di proposte virtuali su tutti i suoi canali social (Facebook, Instagram e YouTube) per condividere nuove forme alternative d’arte e teatro attraverso il web. Da segnalare la prosecuzione dei racconti tratti da Centuria a cura di Massimo Popolizio e l’incontro di Giorgio Barberio Corsetti con la regista brasiliana Christiane Jatahy.
La programmazione settimanale si è arricchita del contributo del Gruppo Acea, che diventa mecenate del Teatro di Roma sostenendo il palinsesto di iniziative virtuali del Teatro di Roma a partire dall’opera digitale Centuria diretta da Massimo Popolizio.
In questa settimana due appuntamenti con gli attori della compagnia di Un nemico del popolo in programma giovedì e domenica alle ore 16. Veramente straordinarie le narrazioni tratte dai brevi racconti dello scrittore Giorgio Manganelli grazie alla costruzione drammaturgica ed all’intensità dei giovani attori. Giovedì è stata la volta di Luca Mascolo, Cosimo Frascella, Maria Laila Fernandez, Gabriele Zecchiarioli, Francesco Santagada, Martin Chishimba, Tommaso Cardarelli, Duilio Paciello, Massimo Popolizio, mentre domenica abbiamo ammirato ed ascoltato Maria Paiato, Francesco Santagada, Luca Mascolo, Maria Laila Fernandez, Martin Chishimba, Flavio Francucci, Gabriele Zecchiarioli, Cosimo Frascella, Michele Nani ed ovviamente Massimo Popolizio.
Tra gli appuntamenti settimanali, martedì alle ore 16 c’è stata la presentazione del libro di Valentina Valentini, Teatro contemporaneo 1989-2019,edito da Carocci Attraverso il suo volume l’autrice cerca di portare in luce le mutazioni e le contraddizioni che attraversano la scena contemporanea teatrale degli ultimi trent’anni, sia a livello artistico che della critica.
Il dialogo diretto avviato da Giorgio Barberio Corsetti con la comunità di artisti nazionali e internazionali lo ha portato sabato alle ore 21 ad incontrare la regista brasiliana Christiane Jatahy, raffinata artista riconosciuta e premiata in tutto il mondo per la sua ricerca su originali forme teatrali e scenografiche, da sempre impegnata nell’esplorazione di nuove frontiere tra realtà e finzione, teatro e cinema.
Le prime informazioni richieste da Barberio Corsetti alla Jatahy riguardano la situazione in Brasile che è catastrofica per l’epidemia e per l’operato aggressivo e militare del governo di Bolsonaro. Ha deciso di rimanere in Brasile con i suoi amici e con la sua famiglia e capire cosa può fare. Basterebbe avere la possibilità di parlare visto che ci sono ragioni economiche per le quali tutto ciò sta accadendo, degli interessi economici molto grandi in Brasile e su l’Amazzonia in particolare. E per il teatro vale la stessa cosa visto che si è fermato tutto perché il governo ritiene gli artisti dei criminali che possono potenzialmente criticare il governo. Non ci sono notizie su una eventuale riapertura ed in questo momento si sopravvive grazie a piccoli aiuti forniti da associazioni o a donazioni. La sua compagnia è residente in Brasile, chiede Barberio Corsetti. Sì e sarà molto difficile trasferirsi e lavorare in Francia con la questione delle frontiere. Si può uscire ora in Brasile? E’ raccomandato di stare in casa, si lavora e non si esce se non per andare al supermercato; tra l’altro non ci sono informazioni concrete e spesso sono contraddittorie. Può succedere di tutto e la gente ha necessità di uscire per lavorare e per questo il numero di contagi cresce in maniera esponenziale, proprio perché non è possibile garantire il distanziamento sociale. Il rischio di contagio poi per la popolazione indigena è altissimo. Sono appesi tra la vita e la morte visto che probabilmente vorrebbero sterminarli per avere libero accesso all’Amazzonia e questo sarebbe una sorta di genocidio, una tragedia per il mondo intero. In un presente sospeso il lavoro è utopistico, pur avendo un’agenda piena; un progetto con il teatro di Ginevra ha una prima fissata per ottobre poi posticipata a gennaio 2021 e pertanto si sviluppa e modifica la sceneggiatura lavorando sulla questione del presente, come Penelope che fa e disfa la tela. Si pensa, si scrive pensando di fare qualcosa di utile; a tal proposito Barberio Corsetti chiede come possa essere integrato il presente nei suoi spettacoli. Il pubblico è parte integrante e tutto dipende da quanto e se il pubblico ci sarà e cosa potrà succedere sul palcoscenico.
Il suo prossimo progetto si ispira al film Dogville di Lars Von Trier con protagonista Giulia un’attrice brasiliana che lascia il Brasile con la speranza di trovare una situazione diversa, in una sorta di conflitto tra realtà e finzione. Ora il mondo intero sta partecipando ad una guerra invisibile e bisogna approfittare di questa situazione per liberare lo spettacolo, la società e il mondo intero dall’idea del consumismo esasperato, dal concetto che tutto sia in vendita, senza cadere nel nazionalismo e nel protezionismo. Come vede il dopo, chiede Barberio Corsetti, tra mascherine e distanza di sicurezza? Questa epidemia col tempo si stabilizzerà e in questo contesto il teatro sarà più necessario che mai, perché teatro vuol dire festa, stare con le persone, l’uno accanto all’altro per vivere insieme l’esperienza. Sarà una bella sfida con dei limiti nel processo creativo che diventano fonte di ispirazione. Il pubblico è parte integrante degli spettacoli, c’è una sorta di cerchio magico tra quanto rappresentato e la partecipazione attiva del pubblico. Tutti i lati del palcoscenico convergono verso lo spettatore. Vorrebbe portare un suo spettacolo a Roma ma ora tornerà sicuramente in Francia, il quando dipende dalle aperture delle frontiere. Sarà difficile, chiede Barberio Corsetti, stare lontano dal Brasile in questo momento così complicato? La regista crede sia molto complicato perché ogni giorno le cose cambiano e non sa cosa succederà, ma si prende la responsabilità di parlare, denunciare, lottare e resistere. Ci sono progetti anche in Brasile ma non si sa se potranno essere portati avanti vista la situazione, si sente un po’ come Il visconte dimezzato di Italo Calvino. In Italia c’è la possibilità di aprire con un pubblico ridotto dal 15 giugno e con un distanziamento all’interno del teatro e si sta studiando possibilità per fare degli spettacoli in estate, poi in autunno non si sa se si resterà così o se sarà meno restrittivo si lavora giorno per giorno ma la situazione. Bisogna ricominciare comunque per dare lavoro a più persone possibil,i attraverso un dialogo attivo tra teatri perché si è un po’ tutti soli in questo momento ed il teatro, seppure con tutte le restrizioni dovute, è luogo della collettività anche se questa collettività non e più così assoluta, è più piccola, ma è pur sempre una collettività.
Radio India è sempre live tutti i giorni, dalle ore 17 alle 20, in diretta streaming su www.spreaker.com, poi in podcast anche su spotify e social del Teatro di Roma. Le cinque compagnie residenti del Teatro India – DOM-, Fabio Condemi, Industria Indipendente, MK, Muta Imago, alle quali per quest’occasione si aggiunge Daria Deflorian – hanno trovato in questo mezzo una modalità per far fluire le proprie pratiche artistiche dai rispettivi paesaggi domestici. Oltre alla programmazione consueta, lunedì c’è stato appuntamento con la rubrica The Performer – dall’insorgenza alla scomparsa dei corpi, uno spazio di riflessione collettivo attorno a corpo e liveness; nell’Extra di martedì Attilio Scarpellini ha presentato Giornale, stralci dal diario mattutino scritti dall’inizio della quarantena fino ad oggi; mentre venerdì Daria Deflorian, in Persone, ha incontrato Martina Badiluzzi.
Il Laboratorio Integrato Piero Gabrielli ha proposto venerdì alle ore 16, un doppio affaccio video su due progetti e processi creativi, che hanno mantenuto coesa e in connessione la comunità dei ragazzi con e senza disabilità, arricchendo anche lo scambio tra insegnanti e teatranti, le occasioni di incontro con le famiglie e le opportunità di lavoro per attori con e senza disabilità. Emozioni e storie, piene di successi, desideri, aspirazioni e delusioni, attraverso le immagini del Monologo degli insiemi, video-documentario dello spettacolo Asimmetrie emotive, che raccoglie la ricchezza di esperienze e testimonianze su temi forti legati alla disabilità; mentre con La storia senza storia, parte dello spettacolo Un cabaret poetico, i versi di Gioacchino Belli, Nicola Cinquetti, Bernard Friot, Alda Merini, Moliere, Er Pinto, Silvia Roncaglia, Sergio Tofano e Trilussa in un interessantissimo cabaret musicale.
Domenica infine alle ore 12 è stata riproposta una delle quattro Conversazioni sulle Rovine, organizzate nel 2016 al Teatro Argentina, in occasione della mostra La forza delle Rovine al Palazzo Altemps, per ripercorrere il significato di “rovine”, sentinelle del passato, luoghi della memoria, macerie del presente e fonte di energia creativa del futuro.
data di pubblicazione:25/05/2020
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