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ROBERTO ZUCCO – Giorgina Pi Bluemotion

ROBERTO ZUCCO – Giorgina Pi Bluemotion

(Roma Europa Festival 2024)

Dal 25 al 27 ottobre il Roma Europa Festival ha ospitato al Teatro Vascello di Roma in prima nazionale Roberto Zucco, un’opera tratta dall’omonimo testo di Bernard-Marie Koltès con regia, sceneggiatura e adattamento a cura di Giorgina Pi, ispirato alla vera storia di Roberto Succo, giovane originario di Mestre, che dopo aver barbaramente ucciso i genitori, evase dal carcere e, nonostante fosse inseguito dalla polizia di tre stati, riuscì a perpetrare una serie di altri crimini, prima di venire nuovamente catturato e suicidarsi in carcere (foto Greta de Lazzaris).

Dopo Kae Tempest, Caryl Churchill, Pasolini, Giorgina Pi si confronta con Bernard-Marie Koltès e con il suo Roberto Zucco, testo postumo che ha al suo centro il tema della ineluttabilità della spirale della violenza legata al disagio ed al male di vivere.

Giorgina Pi regista e attivista, fa parte del collettivo artistico Angelo Mai e con il gruppo Bluemotion realizza spettacoli che coniugano il lavoro sui testi teatrali alla riscrittura contemporanea, alla ricerca visuale ed alla musica dal vivo.

Il testo prende spunto da un fatto di cronaca: l’autore trasporta sulle scene le gesta violente dell’italiano Roberto Succo, mandato in prigione a diciotto anni per aver ucciso i suoi genitori, poi evaso, inseguito dalle polizie di tre stati, ma implacabile nella sua attività criminale. Bernard-Marie Koltès, unanimemente considerato un gigante della drammaturgia europea del Novecento, ne fa il racconto drammatico di una gioventù bruciata. Una storia di quasi quarant’anni fa profondamente attuale, un dramma attraverso gli occhi di un eroe negativo, un racconto che corre inesorabile verso la morte, in cui nessun personaggio ha possibilità di salvezza o redenzione.

La vicenda è ambientata nel Sud della Francia in una provincia che tanto ricorda una Parigi fosca e libertina, luogo di disperazione, violenza e carnalità. Luoghi reali e simbolici, dove gli uomini si sentono predatori e le donne vittime alla ricerca di una difesa o di una via di fuga. Un gioco al massacro dove non si ha più nulla da perdere.

Il linguaggio del dramma è essenziale e vivisezionato. I dialoghi e le scene si susseguono, quasi fotogrammi sfocati di un discorso a singhiozzo, raccontano di violenza in sequenza, in uno stile asciutto e senza enfasi che si espleta inesorabile nei confronti del prossimo, della famiglia, di se stessi.

Bravi gli attori, interessanti i costumi, straordinarie le luci e l’ambiente sonoro di un girone dantesco metropolitano, dove il male è sopravvivenza e condanna. Tutto si sgretola, forse è la morte la pace.

data di pubblicazione:30/10/2024


Il nostro voto:

LUCE di Silvia Luzi e Luca Bellino, 2024

LUCE di Silvia Luzi e Luca Bellino, 2024

(ALICE NELLA CITTÁ 16-27 ottobre 2024)

Alla XXIIa edizione di Alice nella città è stato presentato, il 19 ottobre all’Auditorium Conciliazione nella Selezione Ufficiale, Fuori Concorso, il film Luce, opera seconda di Silvia Luzi e Luca Bellino, interpretato da Marianna Fontana, in anteprima italiana dopo essere stato in Concorso al Festival di Locarno. Una ragazza ed una voce al telefono, in un paese dell’entroterra campano freddo e impervio. Una connessione nell’etere che lega due persone, un padre e una figlia, separati e imprigionati in due contesti diversi ma terribilmente simili.

Una ragazza, durante una cerimonia di famiglia, nota un drone che sta filmando la festa e pensa di poterlo utilizzare per inviare un telefonino al padre, in carcere da diverso tempo. L’operazione le permette così di ritrovare una relazione perduta. Quella voce diventa l’unica presenza viva all’interno di un contesto difficile in cui si muove la ragazza, bisognosa di crearsi un immaginario per riuscire a sostenere un’esistenza densa di difficoltà.

Il soggetto alla base di Luce è davvero di grandissima forza, così come alcuni dialoghi tra i due personaggi principali. Il confine tra vero e falso è particolarmente sottile all’interno del racconto dove l’universo della prigione viene associato a quello della fabbrica in cui lavora la protagonista, una doppia solitudine in cerca di un cambiamento impossibile, irreale come il miraggio di un’isola deserta su cui scappare.

Potentissima prova di Marianna Fontana, attrice che si conferma una delle più vere del cinema italiano contemporaneo: tra i film in cui si era già distinta in passato vanno certamente ricordati Indivisibili di Edoardo De Angelis e Capri-Revolution di Mario Martone.

I bravissimi registi continuano nel solco dei temi della famiglia e della dignità del lavoro questa volta letti in relazione al rapporto con il potere, attraverso un linguaggio cinematografico che è oramai un marchio di fabbrica, fatto di primi piani e sfocature, sequenze lunghe e delicate, rumori, occhi, respiri.

Una ragazza apparentemente senza ambizioni, che deve sopravvivere alla ricerca di un’assenza e di una voce, che diventano il suo immaginario desiderato. C’è ancora, come nel precedente Il cratere, un rapporto genitoriale complesso e un interesse profondo per la relazione tra l’individuo e la sue responsabilità. Nella conceria di pelle, tra grate, sostanze tossiche, datori di lavoro e donne consumate dal lavoro, la protagonista è sola e rifugge il maschile. Deve avviare un percorso di riconciliazione con se stessa per iniziare a vivere davvero.

data di pubblicazione:24/10/2024








LUCE di Silvia Luzi e Luca Bellino, 2024

COME QUANDO ERAVAMO PICCOLI di Camilla Filippi, 2024

(ALICE NELLA CITTÁ 16/27 ottobre 2024)

Alice nella Città lo scorso 18 ottobre all’Auditorium Conciliazione ha ospitato il documentario, presente nella sezione Panorama Italia- Proiezioni Speciali, Come quando eravamo piccoli della regista Camilla Filippi, una intensa riflessione sul senso di famiglia e degli affetti, su come viverli e custodirli per sempre.  

Come Quando Eravamo Piccoli, il documentario diretto da Camilla Filippi, è una delicata e sentita dedica allo zio Gigio da parte dei nipoti Michele e Camilla Filippi, i suoi unici parenti rimasti.

Gigio ha subìto una lesione cerebrale causata dall’utilizzo del forcipe, è ipovedente e con evidenti criticità. Ha lavorato per 42 anni agli Spedali Civili di Brescia, è solare, ironico, di compagnia, ama viaggiare e disegnare, un punto di riferimento, e ora è in pensione. Per festeggiare questo traguardo, i nipoti gli organizzano una festa e gli regalano un viaggio da fare tutti e tre insieme. Il viaggio in nave così come il restauro della casa permettono a ognuno di rievocare e rivivere i trascorsi di tre vite.

L’attrice e regista Camilla Filippi porta sullo schermo un documentario autobiografico che affronta i temi universali dei legami familiari, dell’anzianità e della solitudine. La famiglia va vissuta e sentita nel presente tenendo vivo il passato, accettando l’incedere del tempo e la conseguenza della perdita di alcuni affetti, processo che aiuta ad elaborare il dolore ed i sensi di colpa personali.

Il racconto è leggero e affettuoso, toccante e magico. La forza del film è proprio nella capacità che l’intimità ha di trasformarsi in universalità perché attiene alla natura ed ai sentimenti, che va oltre la famiglia e si estende al piacere di occuparsi degli altri, di aprirsi al prossimo, accantonando l’individuale.

data di pubblicazione:19/10/2024








IL GIORNO IN CUI MIO PADRE MI HA INSEGNATO AD ANDARE IN BICICLETTA

IL GIORNO IN CUI MIO PADRE MI HA INSEGNATO AD ANDARE IN BICICLETTA

di Sandro Bonvissuto con Valerio Aprea

(Teatro India – Roma 15/27 ottobre 2024)

Apre la stagione del Teatro India di Roma Il giorno in cui mio padre mi ha insegnato ad andare in bicicletta, da un testo di Sandro Bonvissuto, splendidamente interpretato da Valerio Aprea. Un racconto che diventa una magica trasposizione teatrale, incentrata sul rapporto padre-figlio capace di catturare lo spettatore e di proiettarlo indietro al tempo di una memoria lontana e vicina al cuore di tutti (foto Stefano Cioffi).

Un reading intenso, prodotto dal Teatro di Roma e che ha aperto la stagione del teatro India. Un racconto che riporta ai ricordi assolati delle estati dell’infanzia, fatte di luce accecante dai contorni nitidi e indeformabili: siamo in una calda giornata d’agosto al mare di un bambino e dei suoi amici, vissuta dalla mattina fino alla sera. In quel giorno d’estate il bambino è emarginato dai compagni di giochi perché non sa andare in bicicletta e non sa come imparare. Non c’è una tecnica, una logica da apprendere, un approccio corretto. È un rito che solo un padre può far comprendere ad un figlio. Ed è a lui che chiede aiuto. Ecco allora che quella strana alchimia permette magicamente al bambino di acquisire i concetti di equilibrio e velocità, spalancandogli improvvisamente le porte del mondo dei grandi e dando da quel momento in poi anche un senso più profondo al suo rapporto con il padre.

Onirico, comico, poetico, commovente, il racconto ha la capacità di rievocare in tutti noi il giorno in cui imparammo ad andare in bicicletta, tappa fondamentale di crescita dietro la quale non c’è solo l’apprendimento di un semplice atto motorio, ma la scoperta di molto altro.

La voce narrante di Valerio Aprea ci guida meravigliosamente in questo viaggio interiore, dove il protagonista riflette e supera incertezze e paure ed è pronto alle scoperte ed al confronto con gli altri. La bicicletta diventa così il simbolo della libertà appena conquistata, ma anche della solitudine e della consapevolezza che questa comporta. Un gioco armonico tra parola scritta e parola interpretata, tra racconto e riflessioni reso vivo grazie ad una trasposizione fisica incredibile, che riporta il protagonista a quel bambino alle soglie del mondo degli adulti, a quella parte infantile di ognuno in cui ci si riconosce completamente.

data di pubblicazione:19/10/2024


Il nostro voto:

LUCE di Silvia Luzi e Luca Bellino, 2024

NICKEL BOYS di RaMell Ross, 2024

(ALICE NELLA CITTÁ – 16/27 ottobre 2024)

Grande apertura di Alice nella Città, lo scorso 16 ottobre all’Auditorium Conciliazione, con Nickel Boys del regista RaMell Ross, film rivelazione del festival di New York, in odore di possibili nomination agli Oscar. Nickel Boys è il particolarissimo adattamento cinematografico di I ragazzi della Nickel dello scrittore afroamericano Colson Whitehead premio Pulitzer 2020. Elwood Curtis, giovane ragazzo afroamericano, viene con la forza trasferito alla rigida Nickel Academy dopo essere stato falsamente accusato di un crimine. Qui stringe amicizia con un ragazzo di nome Turner e insieme cercano di sopravvivere agli orrori della scuola e ai suoi amministratori corrotti.

 

Siamo in Florida nell’anno 1962. Elwood Curtis è un ottimo studente liceale che vive solo con la nonna, una donna forte che gli ha trasmesso ideali e valori. Mentre si reca ad un college che lo ha selezionato per una borsa di studio, accetta un passaggio da uno sconosciuto che si rivela un ladro d’auto e viene fermato dalla polizia. Siccome è un ragazzo di colore non gli viene dato modo di fornire alcuna spiegazione e viene spedito alla Nickel Academy, un riformatorio dove i metodi educativi si basano su torture e sevizie a chiunque non si sottometta alle regole del direttore. Elwood fa amicizia con Turner, un ragazzo di strada disilluso e realista, che insegna ad Elwood come poter sopravvivere. Dopo terribili vicissitudini riescono a fuggire, ma solo uno dei due sopravviverà come parte uno dell’altro, nel segno di una profonda simbiosi spirituale.

Il regista e sceneggiatore RaMell Ross compie continue scelte narrative e artistiche che mettono insieme l’immaginario di Terence Malick, l’arte figurativa ed il suo background documentaristico. Sceglie un’alternanza di soggettive che scandiscono il racconto nell’ottica dei due protagonisti, la violenza è solo evocata da inquadrature pittoriche e pillole di videoarte, mentre sullo sfondo scorre la storia di quegli anni da JFK, a Martin Luther King, la marcia su Washington, Harry Belafonte e Sidney Poitier, ed i ragazzi della Dozier School for Boys, il vero riformatorio dell’orrore che ha ispirato il racconto ed il film.

Ross riesce a sublimare il dolore in poesia, il male in arte, senza pietismi o inutili sadismi, con sapiente esercizio di stile ed ampiezza di dettagli, certamente raffinati ma talvolta eccessivi.

Menzione speciale per i due giovanissimi attori Ethan Herisse e Brandon Wilson e per l’attrice Aunjanue Ellis-Taylor, presenti in sala, insieme al regista, la sera della premiere.

data di pubblicazione:18/10/2024