da Daniele Poto | Ott 5, 2018
Il flash back più eloquente sulla società contemporanea è quello di una coppia muta che non si parla, ognuno dei due suoi componenti intenti a scrutare uno smartphone la cui diffusione esponenziale negli ultimi anni ha creato varie forme di dipendenze. L’autrice, riferendosi al particolare contesto della società nordamericana, dove quest’aspetto è ancora più sviluppato, una vera e propria pandemia, si rivolge soprattutto all’universo degli adolescenti per smontare il teorema che l’uso delle tecnologie sia rivolto in direzione del progresso. In realtà dall’esame sociologico sul campo emerge che questa dipendenza dall’oggetto meccanico non crea maggiore indipendenza negli adolescenti. Se ne ricava la fotografia su un compartimento chiuso e immobilizzato, in scarso contatto con la realtà, lontano da pratiche sportive e da una precoce reale autonomia dalle famiglie. Come se questo uso prolungato nel tempo dilatasse i tempi dell’adolescenza e ritardasse il consapevole ingresso nella società adulta, con annessi e connessi: il titolo di studio, la guida di un’autovettura con la conquista della patente, un fidanzamento, un lavoro stabile, il matrimonio, un domicilio proprio. L’infantilismo degli adolescenti è l’interfaccia dell’infantilismo degli adulti che non aiutano la consapevolezza dei propri figli e non ne assecondano l’affrancamento dalla famiglia. Del resto se uno studio canadese conferma come computer, smartphone e televisioni frenino lo sviluppo cognitivo, non c’è da stupirsi di fronte a una tragica constatazione: due ore quotidiane davanti a uno schermo, qualunque esso sia, danneggiano il cervello dei bambini. Un altro studioso- Kinnock- ha messo in statistica i contatti quotidiani di un americano medio con lo smartphone. Gli impulsi ricevuti nel corso della giornata sono quasi 3.000 e i controlli del mezzo 76, risucchiando, attenzione, tempo, incentivando la compulsività e il multi-tasking, pericolosissimo se si sta guidando la macchina. In altre parole questa è la dipendenza più spaventosa del mainstream contemporaneo. Più dell’azzardo, del sesso, dell’alcool, dell’uso (e abuso) di droghe). E questo libro ci aiuta a rendercene conto.
data di pubblicazione:05/10/2018
da Daniele Poto | Set 28, 2018
Non vi stupisca una recensione a una guida gastronomica. Se l’uomo è ciò che mangia secondo Feuerbach nello spirito del tempo la passione per il mangiare e il bere è diventata arte e mainstream. E dalla lettura morfologica di una guida gastronomica si può arguire lo spirito del tempo e le sue declinazioni positive e negative. Dunque la bussola da orientare ci avvisa che siamo in un quartiere bene di Roma che, presumibilmente, ha avvalorato una maggioranza di suffragi per il Pd nell’ultima tornata elettorale. Cittadini benestanti che possono spendere in una forbice circoscrizionale che va dai margini di Montesacro a Porta Pia attraverso le due grandi direttrici di Corso Trieste e via Nomentana. Dalla descrizione dei piatti più riusciti e dall’indicazione dei prezzi si ricava la constatazione di quanto sia cara una città come Roma se in genere sia primi che secondi vanno in doppia cifra (dai 10 euro in su) e i dolci iniziano ad avvicinarsi a questo confine. Per non parlare del ricarico dei vini sempre esagerato in Italia. Si rivela la tendenza per la deriva etnica. Passata di moda la Cina è il Giappone a recitare la parte del leone, lasciando un piccolo spazio alla Thailandia, all’Arabia, persino alla lontana Corea. I piatti della cucina povera, spesso esaltati, ora sono diventati oggetti di culto rispetto soprattutto ai valori crescenti del colesterolo. Ma c’è ancora sacro rispetto e valorizzazione per trippa, coda alla vaccinara, gricia. Certo oggi, per chi è vissuto nei tempi della lira, può far sinceramente impressione che pur nel totale ridimensionamento nel consumo di carne, una costata arrivi a costare 25 euro, cioè quasi le 50.000 lire di una volta. Ma per chi non può spendere c’è sempre l’escamotage non banale della pizza. Cucinata in tanti (troppi?) modi, anche nell’orribile variazione con la nutella o con le patate fritte. Con ovvia costante lievitazione di prezzo. Da quanto sono affollati i locali in questo emisfero di Roma nord si è quasi portati ad avvalorare l’affermazione di un politico navigato quanto vintage. L’Italia è il paese dell’intatto benessere perché i ristoranti sono quasi sempre tutti pieni. In particolare a Roma dove l’edonismo e il piacere per queste pratiche è consolidato.
data di pubblicazione:28/09/2018
da Daniele Poto | Set 14, 2018
La riedizione di una delle opere tardive (e sicuramente non meglio riuscite) del grande artificiere della letteratura americana, defunto senza ricevere il meritato Nobel, rievoca il clima di terrore invalso negli Stati Uniti nel segno del maccartismo, della diffusa paura del comunismo. Una sorta di antropologia diabolica dell’oscurantismo in cui caddero scrittori, sceneggiatori, artisti, precipitati nell’imbuto del sospetto anche solo per vaghe simpatie di sinistra. In questo caso l’eclisse riguarda il più estroso rappresentante della famiglia Ringold, diventato famoso per una trasmissione radiofonica, la cui colpa esistenziale maggiore nello sviluppo narrativo è quello di aver sposato l’attrice Eva Frame, diva del muto che lo denuncia apertamente in un memoriale dichiaratamente diffamatorio, estortole da simpatizzanti del senatore repressore. Lo spaccato è quello di una società americana apparentemente aperta ma in realtà razzista e non solo dei suoi neri ma anche di chi è in possesso di una tessera del Partito Comunista. Nei fatti questo partito non riuscì mai a decollare stretto del bipartitismo imperfetto tra sponda democratica e sponda repubblicana. A distanza di sessant’anni dall’epoca dei fatti narrati da Roth come potrebbe essere visto se non in una luce distorta un comunista americano?
Nell’imperfezione del plot, spesso non a fuoco, alcuni pezzi del grande romanzo americano a cui di diritto di iscrivono Saul Bellow e Bernard Malamud. Come quello sulla doverosa distinzione tra letteratura e politica. La prima che rende conto solo a sé stessa, la seconda essenziale ma dipendente e deperibile. Il romanzo utilizza lo stratagemma del memoriale, della narrazione al passato remoto e quindi diventa una sorta di realistico diario delle disavventure del protagonista raccontate dai testimoni della sua vita. E ci rimanda alle diverse percezioni della realtà e all’assoluta mancanza di un’oggettività conclamata. In letteratura come nella vita. Fedele a Roth nella traduzione e nell’impossibile resa di alcuni termini spiccatamente yiddish il noto Vincenzo Mantovani.
data di pubblicazione:14/09/2018
da Daniele Poto | Ago 8, 2018
Il consumo di droghe leggere è quella strana devianza che spinge in carcere un quarto dell’attuale universo tra i detenuti. Solo la cannabis viene fruita da una comunità oscillante tra i sei e gli otto milioni. Eppure il suo acquisto e la sua somministrazione sono ancora completamente in mano al mercato criminale-mafioso con l’assistenza della legge Bossi-Fini di tendenza assolutamente proibizionista. Questo agile volumetto di pronta consultazione si avvale dei contributi competenti d Giancane, Grosso, Manconi, Soldo, Rossi e Zuffa e conta della prefazione significativa di Roberto Saviano. Il pamphlet è un notevole contributo alla rimozione dei pregiudizi. E soprattutto a quello consolidato nella visione degli italiani, che il consumo di droghe leggere sia propedeutico al passaggio a quelle pesanti. Le esperienze parallele riscontrare all’estero, dalle più vicine (l’Olanda) a quelle più lontane (alcuni Stati americani) dimostrano che la legalizzazione delle droghe leggere smonta il consumo e lo deprime. Svanisce il fascino del proibito, migliora la qualità delle sostanze, cresce la capacità di controllo della sanità e del potere pubblico. Il testo documenta e ricorda anche i casi di suicidio invalsi dallo scandalo pubblico nella segnalazione che riguarda tutti i consumatori. Il confine tra consumo e spaccio viene valutato da osservazioni ancora troppo discrezionali. Eppure si è calcolato che una misurata e prudente gestione statale del fenomeno potrebbe assicurare entrate fiscali tra i sette e i nove miliardi, cioè quasi l’equivalente garantito dall’industria dell’azzardo, ora in forte flessione dopo i provvedimenti del Decreto-dignità. Il momento politico non sembra propizio alla revisione della Legge, un po’ come per lo ius soli. Le statistiche attuali sono quanto mai preoccupanti: il 2,1% degli studenti di 15-19 anni hanno assunto nella loro vita sostanze psico-attive senza sapere di cosa si trattasse. E’ la cultura incosciente diffusa nelle discoteche che potrebbe essere fortemente limitata con un intervento dall’alto, non necessariamente affidato al Dipartimento delle droghe che ha un ruolo solo tecnicistico.
data di pubblicazione:08/07/2018
da Daniele Poto | Ago 8, 2018
(Teatro Tor Bella Monaca – Roma,4/5 agosto 2018)
Un ensemble di sketches assolutamente funzionali al disegno strutturale della società contemporanea, meglio se vista da un angolo visuale molto romano, molto Centocelle, Tor Bella Monaca, Prenestino. Prova d’attore comico per due: riuscita. All’insegna di una sinergia dei tempi e delle situazioni rodata da una decina di anni di collaborazione.
In estate la comicità dilaga all’aperto ma funziona anche al chiuso, con l’aria condizionata. Non ci era mai capitato di affacciarci in un teatro a inizio agosto. Sarà stata la stagione 2018 o la stagione 2019? Abbiamo scavallato il problema per gustarci “the very best” di due collaudati partner che, uscendo dal ghetto della satira da bar, rodati dall’esperienze nei centri sociali, dove vantano centinaia di estimatori, si sono affacciati in un teatro ufficiale (debitamente pieno). E se i selfie, nella loro visione, rischiano di far diventare ciechi, la loro comicità ci vede benissimo, è magnificamente indirizzata verso le storture del vivere quotidiano. Avete mai provato l’emozione di perdere le chiavi del vostro stabile e di non riuscire a farvi aprire perché non conoscete più un solo inquilino dello stabile? Vi siete mai giocati un posto di lavoro al contrario dove pagate per prestare opera? Avete mai pensato che l’operatore telefonico che vi propone accattivanti offerte potrebbe essere una persona che vi conosce molto bene, così da guidare la vostra vita da un call center?
Un inseguirsi di episodi di vita quotidiana che si rifanno alla commedia dell’arte italiana e a quella degli equivoci. Se Pablo e Pedro, ben più moti, non vi hanno mai fatto ridere, sicuramente Paolo e Stefano fanno per voi! I due sono talmente fusi che è difficile riconoscere chi faccia da spalla. Quello che sicuramente è un punto di forza sono le voci fuori campo di Stefano Vigilante, imitando un negoziante cinese come una donna infoiata E il pezzo sulle complicazioni della raccolta differenziata è da hit parade in un catalogo ideale della burocrazia italiana.
data di pubblicazione:08/07/2018
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