da Daniele Poto | Gen 16, 2021
La serie di maggior successo del momento. Con tutti gli ingredienti giusti per una superba audience a pagamento. Con un Hugh Grant invecchiato in un ruolo equivoco e una Nicole Kidman sempre più matura e autorevole protagonista di una crisi che prima è familiare e poi è personale. Prova d’autore che lavora sugli stereotipi ma è anche capace di uscirne dalla ristrette gabbie per un risultato intrigante..
Una serie attrattiva e dotata del giusto appeal nella combinazione mistero/sesso-serialità/attori di grido (Kidnam, Grant, Sutherland). Potremo anche immaginarlo come un film di maxi durata (tre ore e mezzo abbondante diluite in sei puntate) se le sale non fossero bloccate dai provvedimenti che conosciamo. La regista sa il fatto suo e non ci inganna con troppe interposizioni per allungare il brodo della fiction. C’è anche un pizzico d’Italia nel cast con la ragazza prodigio Matilda De Abgelis, appena 23 anni e già un collezionato curriculum da urlo. La De Angelis è il personaggio centrale anche se esce prematuramente di scena non senza prima averci mostrato il proprio splendido corpo nudo mostrato senza infingimenti dal vivo anche a Nicole Kidman in una scena in palestra di grande turbamento e ambiguità. La miscela del plot avvince e crea dipendenza, come Netflix insegna. La protagonista, una psicoterapeuta di eccellente reddito, man mano che la storia si sviluppa e avviluppa il suo pubblico, perde progressivamente le proprie sicurezze. La tranquilla vita familiare disvela segreti che non poteva immaginare. Chi è realmente il marito e perché si ritrova come principale sospettato di un caso di omicidio? Le certezze sociali progressivamente si dissolvono nel crollo di un perbenismo di facciata che scava un po’ nei falsi miti della società americana. Basti pensare che suo figlio frequenta una scuola la cui retta annuale ammonta a 50.000 dollari. Il sottotitolo “le verità non dette” è la traccia di un evento già visto: il consorte licenziato non ha mai raccontato alla moglie i motivi della sua crisi professionale. Che evidentemente pertengono a infrazioni deontologiche sentimentale /sessuali che la società puritana non consente. Sorvegliare e punire, quasi nel segno di Foucault.
data di pubblicazione:16/01/2021
da Daniele Poto | Gen 6, 2021
Un territorio che appartiene burocraticamente a Roma ma che ci propone una specificità e una storia tutta sua. Il mare, la malavita locale (gli Spada) le storie lidensi, il patrimonio della cittadina antica. Ostia è tante cose, molte raccontabili e raccontate in questa meritoria antologia che ci restituisce quasi la salsedine e il profumo della dèpendance marinara della capitale. I racconti contenuti in questo smilzo libretto che si legge in un’ora non sono contributi casuali ma richieste ad personam a personaggi che sono contati nella storia locale. Come Michela Mioni, una delle protagoniste di Amore Tossico il mitico film di Claudio Caligari, uscito a inizio degli anni ‘80 e documentante con grande spirito del tempo, l’infestare della droga sul litorale attraverso l’esperienza di vita vissuta dei ragazzi del muretto. Un’altra profonda storia di comunità è quella raccontata da Mario Rosati che ha tenuto viva la memoria di Pasolini con una semplice simbolica stele che omaggiava la drammatica uccisione del poeta. Rosati documenta le precarie condizioni in cui versa oggi il Parco Pasolini. Il monumento che lo ricorda è stato prima imbrattato, poi distrutto, infine sostituito nella chiave del progressivo degrado delle cose e della memoria. Un’altra testimonianza viene da Emanuel Bevilacqua che appartiene a un altro pezzi di storia di Caligari, scoperto dal regista per L’Odore della notte (1998). Ada Codecà ci svela invece le lotte per la difesa del salario garantito, per l’apertura e la difesa dei consultori in loco oltre che per la difesa della spiaggia dalle speculazioni. Bisogna dire che il fermento sovversivo diffuso dal testo ha perso la propria battaglia. Tra stabilimenti in palese violazione dei diritti di chi pretende la spiaggia libera, nell’invasione del cemento, con la maxi-speculazione commerciale del porto. E nelle ultime ore, più casualmente e meno colposamente, con la temperie metereologica che sta sbancando spiagge, strutture e interi pezzi della storia viva di Ostia.
data di pubblicazione:06/01/2021
da Daniele Poto | Dic 28, 2020
Il multiforme curriculum bibliografico di Palumbo si posa su Brindisi. Un po’ a sorpresa vista l’elezione palermitana dell’autore e la sua adozione romana. Brindisi è l’involucro che contiene un giallo che possiede una sua inconfondibile cifra e maniera. C’è tanta Puglia, c’è la rigorosità metodologica di un analitico procedimento investigativo, c’è soprattutto la mafia e i traffici legati al traffico e alla vendita dei corpi. Così la vittima, sbozzata con un grosso capitale di difetti, si rivela tutt’altro rispetto alle apparenze. Ma non vi sveleremo il finale perché ogni giallo merita un colpevole a sorpresa. Il difetto di didascalica elencazione dei fatti è riscattata dalla compartecipazione verso il lettore. Con meccanismi molto più semplici rispetto allo stile di un Agatha Christie, Palumbo ci guida verso il risvolto naturale del plot. Senza artifici ma con una logica induttiva assolutamente empatica. Peccato che l’ambientazione locale funzioni a sbalzi con pennellate rapide ma un po’ sfuggenti. A tratti la deriva wikipedia prende la mano della narrazione. Come se l’autore si imponesse pause e divagazioni per acuire la suspense. Certo sul racconto incombe lo spettro del Coronavirus. I protagonisti sono senza mascherina colti appena prima che la tragedia umanitaria sveli le proprie conseguenze. Però il pericolo è quasi incombente nello spettro della scrittura. Un libro che si avvia come un diesel ma che prende consistenza, forza e direzione con il volgere delle pagine. C’è l’ombra di un intrigo internazionale, sentore di clan criminali. Come se fosse adombrata un’esiziale passaggio dalla Sacra Corona Unita al Coronavirus. L’unità di luogo è garantita dagli intrecci degli abitanti di un condominio in cui nessun particolare descrittivo viene risparmiato al lettore, con un avanzamento progressivo delle ineffabili conseguenze che verranno tratte dall’affascinante commissario Guadalupi. Il giallo pugliese con questa produzione fa un decisivo passo in avanti. E i personaggi sbozzati promettono di avere un futuro in successive vicende.
data di pubblicazione:28/12/2020
da Daniele Poto | Dic 22, 2020
Inevitabilmente profumo di anni ’60 con il libro omaggio alla band che, venendo dall’Inghilterra, spopolò in Italia, debuttò al Piper e, tra Cantagiro e grandi manifestazioni nazional-popolari fece concorrenza all’autoctona Equipe ’84 per la supremazia nel beat nostrano. Shel Shapiro e i suoi, inventori della chitarra a freccia, partecipanti a tre festival di Sanremo, sarebbero arrivati presto al successo ma non sarebbero andati lontano perché l’arco temporale della loro fama è tutta racchiusa nel quadriennio 19666-1970. Il precoce scioglimento del gruppo celebra in questo infausto 2020 il cinquantennio e il libro dell’esperto collaudato, preparatissimo Luciano Ceri, già cantautore oggi musicologo, ci racconta ogni retroscena della loro gloriosa epopea, compreso il risvolto più inconsueto ovvero la cura maniacale e perfezionista nel rielaborare in forma di cover canzoni che non sempre avevano avuto adeguata valorizzazione oltreoceano. Un lavoro certosino e cronologico che si puntella sulla discografia. L’interruzione della parabola dei Rokes (s’intuisce ampiamente) fu dovuta alla scarsa valorizzazione delle loro risorse predisposta dalla RCA che ogni volta preferì puntare su altri cavalli., Poi i membri del quartetto, chi più chi meno, hanno continuato a vivere di musica, soprattutto l’allampanato Shel Shapiro, ancora attivo nonostante che gli anni siano quasi 80. Un sua réunion con il finto rivale (in realtà amico) Maurizio Vandelli è evento di appena due anni fa. Oggi non possiamo dimenticare l’italiano maccheronico delle loro canzoni ma anche la loro sottovalutata bravura tecnica. Nell’era dei complessi meritano un posto a parte, particolare e originale. Il sogno dei Rokes sarebbe stato di sfondare anche negli States ma il mancato investimento sul loro appeal fu l’inizio della fine, complice anche la difficile convivenza tra personalità molto spiccate. Il libro è anche uno spaccato quasi antropologico sull’Italia degli anni ’60, quella del boom, certo più serena, felice e appagata di quella odierna. I Rokes rimangono un’icona lucente di un decennio indimenticabile e ormai quasi leggendario nella sua intraducibilità attuale.
data di pubblicazione:22/12/2020
da Daniele Poto | Dic 19, 2020
(Teatro Belli in streaming – Roma, 16/19 dicembre 2020)
Affresco di vita dolce e crudele, spaccato dell’Inghilterra povera e rurale, pennellate alla Steinbeck per un Furore britannico disegnando la scena nuda con fantasia attoriale.
Che fatica per gli attori, entrare in pochi secondi nella pelle di personaggi diversi, rimanendo fedeli al plot che per accumulazione inventa una scena in realtà nuda, prova a colorarla. L’esasperazione domina nel recitato con un mono tono che non è monotono ma febbrile e orgasmico. Bravi i due interpreti sinergicamente coesi nel disegnare, con povere armi a disposizioni, una storia che cambierà per sempre la vita nella comunità agricola che fa capo alla sonnolenta cittadina di Costwold. Non sono i destini individuali in ballo ma quelli di tutta una comunità che fa i conti alla fine degli anni novanta con l’afta epizootica che stermina le mandrie di mucche e mette a repentaglio il teorico benessere della popolazione. Tutti i dialoghi in forma di dialogo a due virano verso la ricostruzione di questo andamento con un richiesto ampio impegno del pubblico. Perché il recitato è impegnato, strillato, anzi urlato, tanto è drammatico il quadro che si tende a ricostruire. Quindi, attorno ai due protagonisti principali Bobby e Amy si sviluppa un florilegio di personaggi-spalla assolutamente non minori, una sorta di afflitta Spoon River localistica anche se qui si parla di viventi in difficoltà, tutt’altro che proni ad accettare la situazione di disagio e carestia. Si parla di una minaccia che viene da lontano e che potrebbe essere metafisica, richiamo a una difficoltà esterna più grande: insuperabile. Si parla di amicizia e forse di amore per i due protagonisti principali a cui è richiesto un grande impegno in una macchina oleata a dovere. Immaginiamo il grande lavoro a monte della traduttrice Di Giammarco.
data di pubblicazione:19/12/2020
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