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MAROCCCHINATE, L’ALTRA FACCIA DELLA LIBERAZIONE di Simone Cristicchi e Ariele Vincenti, con Ariele Vincenti, regia di Nicola Pistoia

MAROCCCHINATE, L’ALTRA FACCIA DELLA LIBERAZIONE di Simone Cristicchi e Ariele Vincenti, con Ariele Vincenti, regia di Nicola Pistoia

(Teatro Vittoria – Roma, 2/7 maggio 2023)

Focus su un episodio oscuro della Liberazione, pubblicizzato dal film La Ciociara con Sofia Loren. Le nefandezze in libertà dei marocchini sulle donne del Basso Lazio: violentate, uccise, bistrattate in 50 ore di follia, regolarmente permesse dalle autorità.

 

Ciociara 1944. La guerra vista dal racconto affabulatorio e dialettale del pastore locale Angelo che parlando della vita di tutti i giorni s’imbatte nello zoccolo duro discorsivo degli abusi dei Goumiers, i mercenari marocchini che inferiscono sulla popolazione con particolare riferimento all’accanimento sulle donne. Stupri, furti e razzie in due giorni purtroppo indimenticabili. Anche la compagna del narratore subisce la stessa sorte e come si può immaginare la descrizione è cruda ma non oscena. Per chi ha paura di avvicinarsi allo spettacolo aggiungiamo che c’è sobrietà e non compiacimento descrittivo. Potrebbe essere un episodio di Rai storia e non è casuale l’incursione e l’interessamento di Enzo Biagi la cui voce viene fatta ascoltare in registrata come altre che in precedenza scandiscono le tappe della tragedia. Spettacolo breve ma intenso che compendia tre intelligenze: quelle degli autori Cristicchi e Vincenti, quella del regista Nicola Pistoia. Ma di suo Vincenti aggiunge spontanea ed efficacia nella recitazione con una particolare lode al suo calarsi nel complicato slang ciociaro, riabilitato nel finale dall’inflessione romana, quando interpreta un parente del narratore. Una forma di teatro civile interessante, purtroppo disertata dai giovani. Convince lo sguardo disincantato e derisorio anche sui liberatori americani che regalano cioccolata ma a Roma e non in provincia di Frosinone. Sembra un richiamo-apologo alla guerra attuale. Indubbiamente c’è un aggressore ma nel contesto di una guerra in corso si perdono i contorni dei buoni e dei cattivi. Finché non si parla di pace sono tutti cattivi. Questa proposta gira l’Italia dal 2016 con intatto successo.

data di pubblicazione:05/05/2023


Il nostro voto:

GUANTI BIANCHI di Edoardo Erba con il contributo de L’arte spiegata ai truzzi di Paola Gagliumi, regia e interpretazione di Paolo Triestino

GUANTI BIANCHI di Edoardo Erba con il contributo de L’arte spiegata ai truzzi di Paola Gagliumi, regia e interpretazione di Paolo Triestino

(Teatro di Caprarola 28 aprile 2023 – Teatro Cometa Off di Roma 9/14 maggio 2023)

Mirabile e accattivante lezione di storia dell’arte dalla viva voce di un uomo semplice che l’arte l’ha sfiorata e trasportata come movimentatore. Ma la bellezza l’ha attraversato e l’ha segnato indelebilmente. Ha ansia di comunicarcela in un viaggio immaginario che dura migliaia di anni. Dalla classicità greca ai giorni nostri.

 

Uno spettacolo per attore solo non è necessariamente un reading con tutti i limiti del caso. Paolo Triestino ci tiene a lezione ma con un piglio affabulatorio convincente e alla portata di tutti. Il monologante Antonio è nato a Colleferro, cittadina a dimensione industriale e racconta più di quaranta anni di servizio su e giù per l’Italia (e non solo) a trasportare capolavori. Autodidatta di grande sensibilità ci racconta di quello che gli è rimasto appiccicato addosso di quello che non era solo un lavoro ma una sorta di missione. Dunque con parole semplici ci racconta il messaggio dell’arte attraverso splendide dire immagini accuratamente selezionate. L’arte trattata con i guanti bianchi che sono gli indispensabili supporti del suo lavoro, tra l’altro interrotto traumaticamente per un incidente di percorso che ne ha provocato l’anticipata e dolorosa emarginazione con il prematuro pensionamento. È didattica teatrale ma tutt’altro che noiosa tanto che lo spettacolo si proporrebbe come un magnifico format per le scuole Un modo intelligente di narrare. Triestino sta sperimentando la nuova stagione del dopo Pistoia mostrando di non essere solo uno specialista del comico. Qui il tono non è drammatico ma allude a una lezione leggera e stimolante. E nel finale si torna a bomba all’evoluzione di Colleferro quando il boom industriale della Snia è lontano e si respira oltre a un’aria mefitica anche un dramma di cronaca nera ancora ben stampigliato nella cronaca nera.

data di pubblicazione:02/05/2023


Il nostro voto:

UN GIORNO COME UN ALTRO di Giacomo Ciarrapico, con Luca Amorosino e Carlo De Ruggieri, regia di Giacomo Ciarrapico

UN GIORNO COME UN ALTRO di Giacomo Ciarrapico, con Luca Amorosino e Carlo De Ruggieri, regia di Giacomo Ciarrapico

(Teatro Cometa Off, Roma, 26/30 aprile 2023)

Una giornata come tante altre ma al seggio elettorale. Deserto. Rimangono due personaggi molto diversi a scontrarsi. Inevitabilmente presidente e segretario di seggio. Lentamente s’intuisce che non verrà un solo elettore a votare mentre i loro piccoli drammi personali si addensano in un contraddittorio di fuoco, imperlato di comicità.

Si può fare teatro intelligente e contemporaneamente leggero con un innesco efficace per una delle migliori messe in scena teatrali della stagione. Ciarrapico, quello di Boris, sodale del compianto Mattia Torre, anche in proprio non perde i feroci umori contro una democrazia rappresentativa che ormai ha fatto il suo tempo. Sono giorni di Ponte e l’Italia preferisce le vacanze lunghe al dovere-diritto elettorale. Dunque sanno tanto di superstiti i due che hanno accettato di sacrificarsi per la causa. All’inizio si scontrano, poi si riconoscono come compagni di scuola agli antipodi. E progressivamente svelano le carte. L’uno, invisibile perché anonimo, è stato appena lasciato dalla moglie e sognerebbe di riconquistarla intonando Ricominciamo di Pappalardo (ma il tentativo non sarà ricompensato dalla presenza della partner, ed è uno dei momenti più spassosi nei 65 minuti di svolgimento); l’altro vive bancando scommesse impossibili come un possibile golpe nella Repubblica Centroafricana. Come si legge esistenze agli opposti che poi alla fine si rinsaldano in una sorta di condivisa omogeneità anche grazie al generoso apporto di vodka e vino. Si ride e tanto in uno spettacolo che sprizza vitalità in un ovvio tutto esaurito per la prima rappresentazione. Un testo che farà strada e per il quale prevediamo anche un possibile sviluppo cinematografico oltre che sale più grandi dell’accogliente teatrino di Testaccio. Bravissimi gli interpreti, intrisi di romanità con il turpiloquio che non è ingrediente fastidioso ma assai funzionale allo sviluppo del plot.

data di pubblicazione:28/04/2023


Il nostro voto:

SCORDATO di Rocco Papaleo, 2023

SCORDATO di Rocco Papaleo, 2023

Un titolo multi-senso. Scordato può essere il piano che l’accordatore Papaleo (attore molto introspettivamente vicino all’uomo lucano) fa fatica ad accordare. Ma scordato è anche un passato che ritorna e che invece di essere rimosso viene dolorosamente affrontato. Infine scordata è anche la schiena sconnessa del protagonista che psico.somaticamente avverte i disagi di una condizione irrisolta.

 

Pellicola molto personale che da Salerno a Lauria passando per Maratea, tra Campania e Basilicata riassume una sorta di tranche de vie del personaggio attore. Grovigli familiari complessi e che hanno a che fare con le vicende sentimentali della madre ma soprattutto della deriva terroristica della sorella. Angoli scabri che inevitabilmente vanno affrontati anche per merito dell’intraprendente fisioterapista, insospettabilmente ben interpretata da Giorgia che alla fine non trascura di rivelare la sua spiccata tendenza musicale. Papaleo evita gigionismi e si incammina con garbo nel racconto biografico con una misura gradevole cucendo un piccolo grande film che ha rallentamenti e guizzi secondo una trama di leggera discontinuità. Appesantisce il racconto la continua comparsa dell’alter ego che all’inizio scambi per il figlio, una presenza retorica che costituisce una scorciatoia per evocare il non detto coscienziale e che sarebbe stato più complicato rappresentare. Il fisico pieno di contratture va progressivamente incontro allo scioglimento non solo metaforico del plot. L’uomo mite e un po’ pavido che si sente fuori contesto liquida il conto con il passato immergendosi nel tessuto vasto e un po’ scivoloso della provincia e della propria adolescenza. Alle contratture seguiranno fratture come momenti di passaggio ma alla fine ne varrà la pena perché la ricomposizione sarà totale. Il rancore si scioglie nella compassione e nel perdono non solo auto-assolutorio. Scritto durante il lockdown, un film terapia che può funzionare anche per il pubblico. Dopo Basilicata coast to coast un’opera che esteticamente si iscrive al secondo posto nella filmografia di Papaleo.

data di pubblicazione:26/04/2023


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I PIONIERI di Luca Scivoletto, 2023

I PIONIERI di Luca Scivoletto, 2023

Film di genere che dalla originaria e promettente farsesca matrice politica vira sul road movie adolescenziale perdendo progressivamente di carica emotiva e tensione. Troppo divario tra gli attori professionisti e i giovani chiamati a recitare un ruolo troppo impegnativo nella trama ambiziosa della sceneggiatura.

 

Quanto è difficile recitare il credo comunista nella Sicilia del1990! Berlinguer visto con gli occhi degli adolescenti. L’avvio è promettente perché l’innesco nostalgico funziona nel cinema d’attualità (vedi Moretti, vedi Bellocchio, vedi Papaleo) ma poi il plot si perde in una fuga da casa da boy scout di sinistra dove si rivela il carattere velleitario insieme della deriva ma anche del senso del film. Scivoletto ha molte parti perché scrive il libro, lo traduce in sceneggiatura, se ne assume la regia e pure parte della colonna sonora. Forse troppo lavoro per un uomo solo. Peccato perché il cast degli attori professionisti meritava miglior coronamento. C’è anche un alter ego meditativo nella riproposizione di Berlinguer ma forse la retorica dell’apparizione ruota un po’ fine a se stessa. Dunque il film rimane a metà tra la testimonianza di un periodo definitivamente scomparso con l’abbattimento del muro di Berlino e una commedia all’italiana ricca di folclore di inflessioni dialettali senza una reale adesione a una storia di pronta presa. Leit motiv di tanto cinema italiano che rimane a mezza strada. Le vicende del quartetto di adolescenti nel bosco palesemente annoia perché troppo prevedibilmente digrada nel classico happy end. La contrapposizione Stati Uniti-Urss diverte con il suo taglio netto. Così uno dei ragazzini protagonisti all’altezza dei mondiali di calcio rivela di non tifare per l’Italia ma per l’Urss. Le colpe politiche dei padri ricadono sui figli? Fino a un certo punto. Perché l’ideologia è soprattutto infatuazione e progressivamente tutto rientra nella quiete di un familiare milieu borghese.

data di pubblicazione:19/04/2023


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