PSEUDOLUS tratto da Il bugiardo di Plauto

PSEUDOLUS tratto da Il bugiardo di Plauto

adattamento e regia di Nicasio Anzelmo, con Franco Sciacca, Giovanni Cordi, Antonio Mirabella, Paolo Ricchi e la partecipazione speciale di Fanny Cadeo

(Teatro Arcobaleno – Roma, 1/17 dicembre 2023)

Una garbata e vivace rivisitazione plautina. Il classico depurato di passaggi troppo faticosi con una spruzzata di dialetto romano e/o napoletano e qualche siparietto comico imprevedibile. Serviva una presenza femminile e alla bisogna Fanny Cadeo sperimenta nuovi panni teatrali, cantando anche.

Versione giocosa di un pezzo forte del commediografo di Sarsina a tener viva una tradizione e un repertorio di qui il teatro romano va fiero ed orgoglioso vantando una sorta di primogenitura capitolina di repertorio. Il servo protagonista si deve ingegnare per riscattare da un lenone la giovane prostituta in fieri di cui è innamorato il suo padrone. La contrapposizione uomini liberi/schiavi è quasi uno scontro di classe in cui i più furbi sono inevitabilmente i secondi. Tutti gli ostacoli vengono superati in vista del traguardo finale. I soldi sono l’ostaggio in ballo. Il conflitto predominante è quello tra Pseudolo e Ballione. Spunti da commedia dell’arte con citazione particolare per l’attore che interpreta Ballione che forzando lo stesso testo disegna un cattivo spietato, interessato al traffico di carne umana senza alcun rispetto per la dignità della donna. Ovviamente considerando i secoli che ci separano dalla stesura del testo ogni rispetto per il politicamente corretto sarebbe puerile. L’ambientazione greca propone un must che bypassa secoli, stagioni e nuovi riti. La compagnia cerca di rendere effervescente la satira con frequenti ammiccamenti al pubblico e recitati fuori scena nella sala che obbligano lo spettatore a girare frequentemente il collo per godersi simpatici siparietti. Struttura drammaturgica solida per la mano felice e ispirata del regista siciliano Nicasio Anzelmo. Prima nazionale che meriterebbe un lungo viaggio nella penisola con tappa puntuale in Magna Grecia.

data di pubblicazione:09/12/2023


Il nostro voto:

IL DELITTO DI VIA DELL’ORSINA di Eugène Marin-Labiche

IL DELITTO DI VIA DELL’ORSINA di Eugène Marin-Labiche

regia di Andrée Ruth Shammah e Giorgo Melazzi con Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Susanna Marcomeni, Marco Balbi, Andrea Soffiantini, Christian Pradella, Luca Cesa-Bianchi

(Teatro Ambra Jovinelli -Roma, 6/17 dicembre 2023)

Scatenato vaudeville condotto a ritmo indiavolato da due attori dai tempi comici perfetti e che mettono in gioco la naturale empatia e sinergia di uno spettacolo collaudato che chiude i battenti dopo tre anni di programmazione. All’insegna del gemellaggio spesso problematico tra le produzioni di Milano e gli spettacoli distribuiti e proposti a Roma.

 

Una commedia nera con spruzzate di non sense dove la libera interpretazione registica ha ampi spazi di libertà per ammiccamenti al music hall e al pezzo di bravura attoriale. Alla fine la risoluzione del giallo conta poco. Chi sarà stato a uccidere la carbonaia in una notte di tregenda? La borghesia è sorda ma anche sordida, capace di nascondere sotto i tappeti del perbenismo un efferato delitto pur di mantenere la propria apparente rispettabilità. Su queste corde giocano i due protagonisti assistiti da un coro di bravi comprimari. Il ritmo da pochade sviluppa un sottotesto fatto di sottintesi dove la società francese allude a quella italiana. Le apparenze contano molto più dell’essere e al diavolo la verosimiglianza. Gli attori parlano direttamente agli spettatori occupando il ruolo dei raccontatori di storie e di cronisti, vivendo in diretta la propria situazione. Alla prima il pubblico si diverte rumorosamente tributando un omaggio speciale a Dapporto e e Fassari, efficaci dentro la commedia in un gioco delle parti in cui rischiano di attribuirsi la colpa. Non sveliamo il finale ma nei settanta minuti di spettacolo è forse la svolta che meno interessa rispetto ai viluppi essenziali dell’intreccio, prima dello svolgimento. Nota particolare per le scene assemblate dalla Palli che ben restituiscono il chiaroscuro della commedia in gioco.

data di pubblicazione:08/12/2023


Il nostro voto:

NAPOLEON di Ridley Scott, 2023

NAPOLEON di Ridley Scott, 2023

Il Cecil De Mille del nuovo secolo si cimenta con un altro kolosssal sfidando la storia del cinema, la storia di Napoleone, i precedenti filmici, i pregiudizi dei francesi che coccolano il loro eroe nazionale come potrebbero fare gli italiani con Garibaldi. Dollari a profusione, scene di battaglia ineccepibili ma poi un imperatore visto dal buco della serratura. Con i suoi tic, le sue preferenze sessuali e uno squilibrio sulla vicenda sentimentale che nella vita reale non fu poi così rilevante e determinante, trascurando invece il fondamentale rapporto con la madre.

 

Un film da vedere, un must ma non da metabolizzare. Perché senza sottofondi, seconde letture, interpretazioni. Contraddicendo la storia in almeno tre punti. Errori voluti che non sono bloopers ovvero contraddizioni diegetiche come veder rappresentato un orologio al polso di uno spettatore al Colosseo (è successo nel Gladiatore). Scott si autorizza da solo nel nome scontato dello spettacolo e delle ragioni d’incasso. Più che il politico emerge lo stratega nel protagonista dopo che è stato esaurito in un amen l’excursus sulla Rivoluzione francese, come un comodo e inoffensivo Bignami. Non si può accusare un film di superficialità ma di sacra impressività certamente sì. Un’occasione parzialmente sprecata anche in ragione del massimo investimento produttivo. Quello che sbalza fuori nitidamente- e questo è certamente rilevante nella narrazione- è la fragilità delle alleanze nello scacchiere della geopolitica dell’800. Accordi spesso omogeneizzati con matrimoni. Napoleone prima della celebre Waterloo è un sovrano già deposto quando perde 460.000 uomini su 600.000 nella campagna di Russia. A destino segnato imbocca la strada del declino metaforizzata dalla sua scarsa agilità nel salire a cavallo. E la Francia quando soccombe ha tutti contro anche se continua fino all’ultimo a credere nelle capacità del suo condottiero. Bravi e all’altezza gli attori, soprattutto la valorizzatissima Kirby.

data di pubblicazione:04/12/2023


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THE OLD OAK di Ken Loach, 2023

THE OLD OAK di Ken Loach, 2023

Un solido e resistente Ken Lach all’interno del suo universo di riferimento preferito: le diseguaglianze, la solidarietà il razzismo. Una storia particolare che si fa universale. I poveri contro i più poveri, masse fagocitate dal pregiudizio. In Inghilterra come nel mondo.

 

Ben oltre il capolinea degli ottanta anni Loach, in recente tournèe italiana, muove i fili di una struggente metafora dell’esistente. In un diseredato sobborgo inglese, dove la perduta ricchezza era una miniera, compare una ristretta colonia di siriani, guardati con diffidenza, asprezza e persino violenza da parte della popolazione locale. Un piccolo universo di provocazioni che cova nel pub del protagonista buono. Il progetto di un’unione tra due continenti viene spazzato via da un proditorio attentato. E dunque viene scacciata l’ipotesi banale dell’happy end. Però alla fine la comunità si ritrova sia pure nel dolore per la morte del capo famiglia siriano. Pellicola non banale, dialettica che fa apparire le contraddizioni. E la provincia inglese ci appare persino più retriva di quella leghista, nostrana. Sarà perché i britannici dell’opera sembrano far passare il tempo bevendo solo infinite pinte di birra, come se il resto della vita potesse essere annegato solo nell’alcol. Loach è coerente e fedele alla propria ideologia che sorpassa a sinistra i laburisti ed è ben saldo il suo cerchio magico con lo sceneggiatore e con la produttrice: un trittico denso e fecondo per un buon cinema. Il fondale è economico, quasi tutto in interno e dialoghi non battono mai colpi a vuoto pur nella semplicità proletaria delle suggestioni. I protagonisti non sono acculturati ma pieni di sentimenti, positivi o negativi, a seconda dei ruoli. L’incanto della scena finale è decisamente commovente. E andrebbe rivisto tre o quattro volte.

data di pubblicazione:21/11/2023


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IL GRANDE INQUISITORE da “I fratelli Karamazov” di F.M. Dostoevskij

IL GRANDE INQUISITORE da “I fratelli Karamazov” di F.M. Dostoevskij

con Flavio Albanese e Tony Marzolla, drammaturgia e regia di Marinella Anaclerio, impianto scenico di Francesco Arrivo, costumi di Stefania Cempini,organizzazione Dario Giliberti, produzione Caterina Wierdis

(Teatro Tordinona – Roma, 18/23 novembre 2023)

Un lacerto del testo a più scomparti del grande autore russo, un rimaneggiamento condensato in un’ora di un precedente spettacolo presentato al Mittelfest nel lontano 2010. Il focus si attiva sul contrastato rapporto e il conseguente dialogo/conflitto fra tue fratelli della famiglia dall’indole apparentemente inconciliabile. Dunque una perfetta miscela per far deflagrare un accattivante pezzo di teatro.

 

Cosa hanno in comune un aspirante scrittore e un aspirante monaco se non il legame tendenziale dell’essere fratelli. Alla fine si baceranno sulla bocca ma il duello dialettico tra le loro parole è corrosivo ed abbraccia il credere in Dio, la finzione degli uomini, rievocando la figura del grande inquisitore su cui si regge uno dei capitoli più pregnanti del lungo romanzo originario. Una ripresa non banale, su un lato nettamente diverso dal Karamazov, cavallo di battaglia di Umberto Orsini. Un senso di sincerità, la volontà di trapassare la formalità delle convenzioni per arrivare al bersaglio grosso dell’onesta valutazione dell’essere, del suo accadere e delle sue non infinite possibilità, è il tema centrale del potente confronto. Mentre discutono vivacemente, e a volte litigano, i due attendono un thè e una marmellata all’amarena che mai arriverà. Le parole alludono a una ricerca di salvezza esistenziale che può incamminarsi sulla strada della laicità o su quella della religione. Argomenti posti a misura degli interrogativi allo specchio dello spettatore in una dimensione tipica dell’anima russa.. Interpretazione superba di Flavio Albanese, dalla costante frequentazione dostoevskiyana. E l’attesa nel foyer è colmata dall’entretien di giovani aspiranti attori che si diffondono su aspetto della personalità dello scrittore russo, mai così riscoperto e valorizzato. Una piccola serata di charme in un teatro che non rinuncia a una preziosa qualità.

data di pubblicazione:20/11/2023


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