da Daniele Poto | Gen 9, 2024
Evita il rischio di un pedissequo buonismo il regista che rievoca l’epopea di Nicholas Winton, operatore di borsa britannico ma soprattutto filantropo che riuscì a salvare dal delirio nazista 669 bambini e/o ragazzi di nazionalità cecoslovacca, in gran parte ebrei, trovando per la loro ospitalità temporanea nel 1939 altrettante famiglie inglesi disposte ad adottarli provvisoriamente, versando una cauzione di 50 sterline, cifra non modesta per l’epoca.
Una storia vera che viene fedelmente riprodotta nella forbice temporale 1938/1987 con il doppio ruolo del protagonista, eroe in gioventù, riflessivo anziano nel secondo caso che, quasi mezzo secolo dopo un piccolo miracolo di solidarietà, cerca di trovare un senso a quanto fece con vivo senso di umanità all’altezza della seconda guerra mondiale, tra l’invasione dei Sudeti da parte dei nazisti e la quasi immediata occupazione della Polonia. Intervallo chiave perché blocca l’arrivo in treno del blocco più grande, 250 ragazzi da salvare. Il vero protagonista si è spento a 106 anni, 15 anni dopo la moglie più giovane di 40. Come si può intuire un personaggio da film, giustappunto. Non gronda retorica il film. La rivisitazione del passato trova un punto fermo nella monografica puntata di That’s life, un programma che si annuncia come una carrambata e che invece, contrariamente alle attese, tratta con la stessa delicatezza della pellicola il caso. Così l’anziano Winton inaspettatamente si trova circondato dai ragazzi che ha salvato, ora adulti, e ritrova nel presente il senso del passato. Nonostante la sindrome di Asperger e la condizione di over 85, Hopkins giganteggia ben inserito in un ruolo calibrato e che esalta la sua maturità consumata. Nella ibrida colonna sonora c’è anche il “Così fan tutte” di Mozart, un tocco ulteriore di classe. Non sarà deflagrante al botteghino ma si lascia vedere e fa persino commuovere.
data di pubblicazione:09/01/2024
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da Daniele Poto | Gen 5, 2024
di Eduardo Scarpetta con Fabio Gravina, regia di Fabio Gravina
(Teatro Prati – Roma, 8 dicembre 2023/28 gennaio 2024)
Seconda tappa della stagione “scarpettiana” nella boiserie del teatro vocato alla farsa napoletana. Notate la lunga programmazione in sala, mai pari a nessun altro precedente nella stagione teatrale romana 2023-2024. Pubblico di fedelissimi a sancire una continuità che si protrae imperterrita da 25 anni. Ovvio che lo Scarpetta del caso sia il patron Fabio Gravina che tiene i fili di una compagnia affiatata e rodata, in azione per due ore e dieci minuti e tre tempi senza perdere mai la tensione comica.
Spettacolo leggero ma di fedele e trasparente lettura. Con un punctum irresistibile, la difficile lettura di un messaggio ammiccante al famoso sketch di Totò e Peppino (ma l’originale è quello di Scarpetta!). Trama complicatissima ma a tratti abbandonata per derive efficaci del racconto, a tratti irresistibili. E tutto pianamente convoglia verso il lieto fine. I tre calzoni fortunati portano in dote gioielli, soldi e la materia prima per un ricatto che scioglierà l’intreccio permettendo le giuste nozze ai due promessi sposi. In mezzi tratti d’ignoranza pappagonica, un dialetto napoletano virato a Portici. Il personaggio di Felice Sciosciammocca va bene per tutte le stagioni con empatia recitativa con gli scopatori, alias spazzini. Si rispecchia con simpatia la miseria di un popolo napoletano bonario che spesso trova nella solidarietà lo spinto per uscire da una condizione di estrema difficoltà. La battuta non risolve i problemi di fame ma le risorse di una buona sorte provvidenziale verrà incontro con felici soluzioni agli imbarazzi dei protagonisti. Si ride con leggerezza e a tratti senza ritegno. Senza punti deboli in scena, anzi con il valore aggiunto di scenografie e costumi funzionali, figli di una tradizione consolidata.
data di pubblicazione:05/01/2024
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Dic 28, 2023
versione italiana di Gianluca Ramazzotti, con Barbara D’Urso, Rosalia Porcaro, Franco Oppini, Giampaolo Gambi, Barbara Terrinoni, Antonio Rampino, Nico Di Crescenzo, regia di Chiara Noschese
(Teatro Il Parioli – Roma, 26 dicembre 2023/7 gennaio 2024)
Un testo di successo rimodellato per riapparire 15 anni dopo in versione femminile. Prima per l’intervento del creatore Cooney, poi per una versione tutta romana, ambientata a Prati, opera di Gianluca Ramazzotti. De resto le donne non possono guidare il taxi e proporsi come bigame?
L’one man show che fu Dorelli dovrebbe diventare one woman show sotto l’egida di Barbara D’Urso. E l’impegno davvero non manca per rinverdire il successo che fu. La mattatrice è puntellata da chi sa far ridere perché quando apre la bocca la Porcaro la risata è certamente in agguato. Commedia degli equivoci e dei doppi (anche sensi) a cui va concesso ovviamente un alto tasso di arbitrarietà e di glamour soprattutto nella partitura dei due mariti a cui tocca di subire ogni tipo di spiegazione prima dello scioglimento finale che riconcilia tutte le contraddizioni, le ricerche dell’autorità di polizia, gli affannosi inseguimenti. Due case due mariti, un’infinità di verità per la protagonista il cui strumento di lavoro, un taxi giallo, campeggia come pittoresca icona fuori dal teatro. Scelta inevitabile per capodanno e per chi vuol essere lieto senza farsi troppe domande sull’impegno. Autentico divertissement, quasi per famiglie e senza maliziosi ammiccanti erotici. Ci sono passati Panelli, Quattrini e Brochard in quasi quaranta anni di sviluppi dalla prima mondiale. Una funzionale scenografia fa da spettatrice ai metaforici tripli salti mortali di una tassista che ovviamente non vediamo mai lavorare ma che si è divisa i turni per sottoporsi a un’estenuante turn over bi-matrimoniale nella divisione logistica tra due case a specchio L’altra mano esperta dietro le quinte è quella della regista Chiara Noschese che rivedremo volentieri come attrice e performer.
data di pubblicazione:28/12/2023
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Dic 24, 2023
con Maddalena Crippa, Alessandro Averone, Gianluigi Fogacci, Fernando Maraghini, Alessandro Sampaoli, Emilia Scatigno, regia di Peter Stein, traduzione di Alessandra Serra, scene Ferdinand Woegerbauer, luci AndreaViolato
(Teatro dell’Unione di Viterbo, 22 dicembre 2023, poi in tournèe in tutta Italia)
Una efficace ripresa di un Pinter “giovane”, fortemente influenzato a 27 anni da insolite atmosfere kafkiane. La ricetta base di un teatro funzionale: un quieto avvio e poi improvvise deflagrazioni, strappi di un racconto inconsueto e un po’ ipnotico. Quale sarà il terribile segreto del deraciné ospite di due ingenui pensionandi?
Il combinato disposto Crippa/Stein è oltremodo stuzzicante per un Pinter ancora non al meglio della propria produzione. Si snodano due tempi di disomogenea durata per l’aggrovigliata matassa della trama. I due ospiti, che piombano e turbano la quiete di una dimora inglese vicino al mare, quale turbativa verranno a portare? Una festa di compleanno, all’insaputa del festeggiato, si rivela una notte di tregenda dipana misteri oltre che complice di una violenza sessuale. Non si può facilmente sceverare il bene dal male, l’apparente sanità mentale dalla pazzia. Nel mood anglosassone una festa è soprattutto prendersi una solenne ciucca. E nell’alcool vengono fuori insieme verità e peggiori istinti in una sorta di sabba o resa dei conti. Il senso della minaccia, del regolamento dei conti con un oscuro e mai rivelato passato è immanente. Domina l’oscurità, il sottotesto non detto. Il perdente deve fare i conti con una giustizia ioneschiana. Perché nulla è chiarito, tutto sfuma nell’indistinto. Al gioco deve partecipare lo spettatore con le sue risposte, sfruttando i sottintesi e gli ammiccamenti del testo in un versione molto rigorosa. La Crippa è double face, passando una stazzonata casalinga a una charmante lady ancora capace di irretire i soggetti maschili. Sei attori assortiti in un’efficace empatia attoriale di gruppo. L’atmosfera fuori dal tempo ci fa dimenticare che la piece risale al 1958.
data di pubblicazione:24/12/2023
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Dic 21, 2023
con Antonio Rezza, Ivan Bellavista, Manolo Muoio, testo mai scritto da Antonio Rezza, allestimenti di Flavia Mastrella, produzione Rezza-Mastrella, la Fabbrica dell’Attore, assistente alla creazione Massimo Camilli, luci e tecnica Alice Mollica, organizzazione Tamara Viola e Stefania Saltarelli
(Teatro Vascello – Roma, 19/31 dicembre 2023)
Anzitutto il corpo nella ripresentazione di uno spettacolo datato 2003 che, vent’anni dopo, mantiene intatta la carica che è un eufemismo definire provocatoria. Infatti, siamo oltre. Una sfida con il pubblico nell’unicum teatrale di Antonio Rezza che non può non divertirsi nel delirio organizzato che per libertà espressiva può ricordare il primo Benigni. A 57 anni il fisico tiene per la maratona che riusciva agevole vent’anni fa.
Piace o non piace, non ci sono mezzi termini nel giudizio del pubblico su Rezza. Al Vascello infinitamente piace. Tanto che qui è tradizionalmente di casa, ogni anno, meglio se sul finire dell’anno. Tanto che c’è un’empatia a priori perché le risate scattano ancora prima delle battute per un riflesso condizionato di simpatia. E Rezza è medium e interprete degli umori della folla. Tanto da beccare un’improvvida spettatrice di prima fila che non applaude alla fine e si merita una frase icastica dal demiurgo. Che per cento minuti corre, sbraita, divaga. Su temi che sfiorano la blasfemia, in un nudo conclamato ma non osceno perché non erotico. Alla fine in una scena forse troppo lunga fa morire almeno trenta spettatori e, in oltraggio al politicamente corretto, tocca sederi delle donne e attributi degli uomini. Tutti si prestano tranne una recalcitrante signora che invano cerca di riguadagnare il posto in platea. Un happening di fine dicembre che terrà duro fino a tutto il Capodanno e all’insegna di un tutto esaurito per un febbrile passa parola capitolino. Le parole picchiano duro ma trasversalmente e i luoghi comuni vengono perforati: gli Stati Uniti, il ritual delle foto, la crisi abitativa. Nelle macchine teatrali della Mastrella passano ospedali, case, rifugi atomici, le torri gemelle sfruttando gli ampi spazi del teatro romano.
data di pubblicazione:21/12/2023
Il nostro voto:
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