da Daniele Poto | Feb 23, 2024
liberamente tratto dalle opere di Fritz Grunbaum, voce, corno e chitarra di Livia Cangialosi, musiche originali del maestro Pino Cangialosi, elementi di scena di Damiano Quaranta, luci di Giacomo Corsi, organizzazione Enrico Porcaro
(Auditorium Goethe Institut – Roma, serata unica e speciale 22 febbraio 2024, poi in tournèe)
Interessante recupero di un repertorio poco noto da parte di cultori della materia giusta e nella sede più azzeccata, in casa dell’Istituto di cultura tedesca intitolato a Goethe.
Grunbaum, attraverso lo strumento del doppio, sdogana l’umorismo ebraico in uno spettacolo di recupero non residuale, davvero raro per la scena italiana per una proposta che non può prescindere dalla musica. Una satira caustica nello stile di Karl Kraus per enunciare dettati di eminenti pensatori come Sigmund Freud o Albert Einstein, tra i più celebri dottrinari del Novecento. La scena restituisce un’aura di un universo che comprende il teatro della Repubblica di Weimar, il Bertolt Brecht che verrà, la fascinazione di Kurt Weill e del cabaret tedesco, esportato dalla voce di Ute Lemper. Risate liberatorie e quasi profetiche rispetto al mondo crudele che si sta per manifestare. Il titolo allude esplicitamente all’alter ego. La barbarie è in agguato ma non ancora pienamente manifestata. Eppure la vivacità artistica di questo milieu è indubitabile e ci fa rivisitare un secolo e un mood che più non ci appartiene, resuscitato dalla memoria e con stile non museale. Il distacco e la presa di distanza dall’io consente un’analisi feroce e spassionata sui mali del mondo. La Società per Attori produttrice completerà con un ulteriore spettacolo la panoramica sul periodo. Questo tipo di scena ci fa capire anche l’evoluzione del genere del cabaret, oggi in Italia superato dalla Stand Up Comedy. La visione non è nostalgia non è solo didattica ma esercizio di storia e di perfetto abbinamento con l’accompagnamento musicale che a volte prende il sopravvento.
data di pubblicazione:23/02/2024
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Feb 16, 2024
tratto dal film Intouchables di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Massimo Ghini, Paolo Ruffini, Claudia Campolongo, Leonardo Ghini, Gianmarco Trulli, Giulia Sessich, Diego Sebastiani, Sebastian Misasi, scene di Roberto Crea, costumi di Stefano Giovani, disegno e luci di Pietro Sperduti, musiche di Roberto Binetti. Produzione Enti Teatro
(Teatro Il Parioli -Roma, 15/18 febbraio 2024)
In arte nulla si crea e nulla si distrugge. Così da una storia vera portata al cinema in Francia rielaborata in Italia nasce un terzo filone, questa volta teatrale. Nonostante il difetto d’inventiva il risultato è scoppiettante lungo due ore e trenta ricche di sorprese.
Si potrebbe pensare a uno spettacolo inverato sulle risorse della strana coppia Ghini-Ruffini ma se il secondo è un’autentica rivelazione fuori dai panni abituali è l’investimento di scena che stupisce, quasi strabilia. Perché la piece esce dai limiti del duetto e si affida a una storia corale dove entrano disabilità, emarginazione, amore, sesso, divagazioni esistenziali tanto che a un certo punto quasi ci si perde in una parentesi aperta e allungata indefinitamente prima di essere chiusa. Operazione riuscita nel viraggio all’italiana, anzi al 50% in Toscana, terra di umorismo fecondo (Benigni, Hendel, Monni), vista l’inflessione marcata di Ruffini Alla fine il riassunto di tutti questi variegati incroci è una summa sull’amicizia. Un’attrazione che supera classi sociali e cultura diverse, milieu all’opposto ma che si incontrano sul piano delle emozioni e delle necessità. Una ventata di ottimismo in tempi difficili. Prima di chiamarsi Teatro Costanzo il Parioli aggiunge un’altra piccola gemma al proprio curriculum per una proposta che meriterebbe indubbiamente più giorni di programmazione sulla piazza di Roma. Bravi anche i comprimari e in particolari i personaggi femminili che aggiungono calore e colore. Anche bambini in platea, difatti è un gradevole spettacolo per tutti. Difficile il confronto cinema/teatro ma questo adattamento all’italiana si confronta senza complessi con l’originale transalpino.
data di pubblicazione:16/02/2024
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Feb 14, 2024
con Manuela Kustermann, le voci di Hemingway, Soutine, Man Ray, Fujita sono rispettivamente di Roberto Alinghieri, Fabrizio Matteini, Nourredine, Davide Gallerello, luci di Liliana Ladeluca, suono e editing di Claudio Maccagno, proiezioni video di Gianluca De Pasquale, elementi scenici a cura di Cri Eco, costumi di Francesca Parodi, installazione “Libellus” di Marzia Migliora e Ilenia Corti. Produzione Schegge di Mediterraneo, Featival dell’Eccellenza al femminile
(Teatro Vascello – Roma, 13/18 febbraio 2024)
Si fa presto a dire reading. No, leggete la complessa macchina scenica allestita tra video, fotografie e raffinatissima musica d’epoca per restituire il puzzle-mosaico del mood di Kiki di Montparnasse, regina della Parigi di notte. Animatrice, scrittrice, modella, campionessa mondiale di cuori infranti.
Una donna che riassume un mondo. Tra libertinismo, dadaismo e futurismo. Attraversando la storia del tempo con gli incontri: Soutine, Fujita, Man Ray (un fidanzamento durato sei anni), Kisling, Calder, Cocteau. Kiki, all’anagrafe Alice Prin, nulla si negava. Scandalizzando i genitori che fanno irruzione nello studio di un pittore e la colgono nuda già a 14 anni. Stupendo i borghesi, vestendo senza mutande, in un tourbillon di amori folli, di droga (cocaina) prima del rapido invecchiamento e della triste fine. Manuela Kustermann ripercorre cronologicamente in cento minuti questa parabola arrestandosi nel punto più glorioso, evitando di documentare il declino. Fascinosa e charmante la tycoon del Vascello, si districa con agilità nel racconto assistito da un puntualissimo corredo iconico. Lo sforzo produttivo è imponente e all’altezza della sua recitazione che con abilità bypassa il gap anagrafico rispetto all’età raccontata del personaggio. L’atmosfera del tempo è restituita senza imbarazzi in un crescendo di libertà ma insieme di dissipazione. Questa volta nella prima s’innalza anche l’età media degli spettatori. E il teatro evita che la storia inghiotta chi ha firmato lo spirito del tempo in una capitale europea che nella prima parte del passato secolo era il cuore pulsante della cultura e dell’arte.
data di pubblicazione:14/02/2024
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Feb 13, 2024
regia di Piero Maccarinelli, con Gabriele Lavia, Federica Di Martino, Mersila Sokoli, Stefano Santospago, Galatea Ranzi, Duccio Camerini
(Teatro Argentina – Roma, serata unica e speciale 12 febbraio 2024)
Un risarcimento per un autore veterano, polivalente, eccellente affabulatore all’interno della rassegna “Lingua Madre” giunta alla terza puntata con il provvisorio trasferimento dal Parioli al principale Teatro di Roma. Reading di novanta minuti per cinquecento spettatori con il mattatore Lavia.
Come non pensare ai rivoli scandalistici della politica italiana. Da Berlusconi in avanti magari con il pensiero a Tangentopoli e alla corruzione. Sebbene scritto parecchi anni or sono e mai rappresentato il testo regge viste le invarianze in chi regge i destini della nazione. Attorno a un onorevole trafitto dagli scandali ma pure ansioso di ritornare in sella si affacciano inghippi e complicazioni di ogni tipo. Anche sentimental/sessuali, incesto compreso. Perché tutti sembrano tradire tutti e dunque non sembra esserci redenzione in chi ha pattuito che la propria vita debba essere improntata al potere e alla ricerca di un voto in più. La corruzione e il tradimento è un morbo contagioso che non risparmia chi gli è vicino. Bel coro di attori disposti in assembramento, fianco a fianco con relativo leggio e senza neanche il conforto di uno stacco musicale o di un intervallo. Testo denso, ricco di battute e di sommovimenti che resiste alla prova di un tempo considerevolmente più lungo dei tempi di un reading. Ovviamente Lavia spicca su tutti in un bel coro di personalità con Camerini nelle vesti del raccontatore didascalico. La rassegna si avvia al termine e il suo sottotitolo (“Il teatro italiano non fa schifo”) rappresenta un palingenetico atto di speranza. Del resto chi ha il coraggio di scrivere copioni per più attori senza avere buone chance di venire rappresentato? È il caso di questo testo passato di mano in mano ma senza che un produttore volesse investirci su per uno spettacolo. Eppure la spina dorsale del testo lascia intravedere ottime possibilità rappresentative.
data di pubblicazione:13/02/2024
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Feb 12, 2024
(Teatro Comunale di Poggio Moiano, 11 febbraio 2024)
Monologo diesel che parte con le marce basse ma poi scalda il pubblico sabino con un tema ineludibile e caro all’attrice: la condizione di single e i travagliati rapporti uomo/donna. Per il ciclo Sentieri in Cammino tutto esaurito per un’occasione da non perdere.
Il navigato mestiere della Reggiani pesca un punto di forza persino dal complicato rapporto con la scena, le luci e il lancio dei video che fanno da punto e virgola al suo fitto monologo. Ovvio che non ci sia troppa dimestichezza con un piccolo palcoscenico mai calcato prima. Comicità arguta che tende al sorriso più che al riso. Ma si parla anche di politica lanciando fendenti a destra e sinistra con le godibili imitazioni di Meloni e Schlein. La prima rappresentata con quel romanesco internazionalizzato pieno di sporcature e dialettismi; la seconda con le sue sibilline allusioni ai diritti dell’eguaglianza. La comica spesso cerca appoggio nel pubblico, peraltro un po’ pigro nel rispondere alle chiamate. Ricordiamo come pezzo forte del repertorio quasi recente dell’attrice l’intervista a due facce tra la già citata Meloni e la giornalista radical chic Conchita Di Gregorio. Evitando di essere travolta dal mainstream della situation comedy la Reggiani si tiene ancorata ai suoi pezzi forti da sempre. La maniera di Roma nord, il politicamente corretto sul cibo sano, la televisione in preda agli chef. Senza volgarità o turpiloquio ma con tanta malizia, allusioni e strizzatine d’occhio al nostro strano modo d’essere attuale. C’è tanta vita perché quando fa riferimento alle abitudini delle sue amiche si ha proprio l’impressione di entrare a casa Reggiani. Sono passati molte anni dall’onda di Serena Dandini ma la protagonista ci mostra un valido modo per tenersi a galla, veleggiando sull’attualità e su alcuni temi rivisti senza paura di stancare e, eventualmente, ripetersi.
data di pubblicazione:12/02/2024
Il nostro voto:
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