da Daniele Poto | Mar 14, 2024
L’unione fa la forza. Anche al cinema Ethan separato dal fratello firma un road movie che potrebbe essere quasi apparentato ai B movie. Una vacanza dal grande cinema. Un road movie in versione lesbo che non appassiona né come trama né come giallo. E il richiamo ripetuto all’omosessualità ha timbri pesanti al di là di ogni possibile moralismo.
La trama replica temi già visti nell’interessante filmografia battezzata dai Coen. I delinquenti maldestri, gli inconsapevoli latori di una fortuna che sfuggono a mille trappole. Dopo un avvio sanguinolento in 84 minuti la sinossi può essere ridotta a un inseguimento con nemmeno troppi imprevisti e con una conclusione frettolosa scarsamente appassionante e persino prevedibile. Non è un caso che il film abbia avuto scarsa eco negli Stati Uniti, soprattutto nei giorni degli Oscar, e un riscontro americano al botteghino davvero modesto per registi di questa portata. Il tesoro in questione è il calco di peni importanti. In ballo c’è anche un candidato alla Presidenza. La strana coppia di donne si rende conto tardi dell’importanza ricattatoria della preda. Tra gli spunti più felici del film l’abbinamento tra la spregiudicata lesbica che seduce piano piano la timida indiana e la porta progressivamente sul suo stesso terreno di spregiudicatezza. Il film insiste molto nella frequentazione di ambienti omosessuali. Non sarà contento il calcio femminile la cui immagine viene resa sessualmente unidimensionale. Il McGuffin caro a Hitchock qui viene sbandierato con lucida ripetitività. Commedia pulp intinta di vivaci cambi di inquadratura e di una tensione latente che movimenta la sceneggiatura. Aspettiamo migliori notizie in futuro: i due Coen torneranno a lavorare insieme e sicuramente sforneranno un’opera più significativa, questa ha in sapore di una vacanza dal grande cinema.
data di pubblicazione:14/03/2024
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da Daniele Poto | Mar 13, 2024
drammaturgia di Gabriele Di Luca, con Sebastiano Bronzato, Alice Giroldini, Sergio Romano, Roberto Serpi, Massimiliano Setti, Ivan Zerbinati, regia di Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi. Produzione Teatro dell’Elfo, Marche Teatro, Teatro Nazionale di Genova Fondazione Teatro di Napoli- Teatro Bellini
(Teatro Vascello – Roma, 5/17 marzo 2024)
Teatro italiano di massima innovazione e sperimentazione. Rappresentazione distopica dal ritmo incessante. Perlustrazione su un futuro atterrente. Gli ospiti di una clinica di riabilitazione di lusso diretti da un coach cercano di ristabilire un rapporto sano con la vita, liberandosi di dipendenze varie. Segni di un disagio esistenziale svolto tra liricità e divertimento.
La provocazione questa volta spara abbastanza salve nell’accumulo di troppi materiali, di un eccessivo uso di parentesi aperte e mai chiuse. Per un finale continuamente rimandato che si allarga addirittura alla fine dell’umanità. L’ambizione dello spettacolo si rifrange su un boomerang scagliato con troppa indeterminatezza per colpire un solo bersaglio. Ammirevole la tenuta degli attori per uno spettacolo che si conclude quasi a mezzanotte e che vede la più intensa partecipazione giovanile,visti gli eccellenti precedenti della compagnia, un soffio nuovo in un mainstream tradizionale. Ma la battuta per la risata fine a se stessa (la tisana al finocchio, la metafora di Adamo ed Eva, il linguaggio buffo del servitore del Bangla Desh, la gara di disegno con a tema la vagina) finisce con l’annacquare la tensione. La scrittura collettiva di tante mani attinge a un numero copioso di temi che proviamo ad enumerare: la dipendenza da cocaina, l’omosessualità con un desiderio di paternità, il business esasperato, il cambiamento climatico. L’umanità disintegrata sembra avere scarse possibilità di riscatto. Dunque l’iperrealismo mette tanta carne al fuoco in cerca di un focus in progress che si fatica a individuare. Più del finale conviene cogliere i singoli momenti che equivalgono a mini-tappe sperimentative. Un fermento che troverà nel futuro più comodo approdo.
data di pubblicazione:13/03/2024
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Mar 11, 2024
versione italiana di Marco Rampoldi e Gianluca Ramazzotti, regia di Marco Rampoldi, con Max Pisu, Nino Formicola, Giancarlo Ratti, Lucia Marinsalta, Giorgio Verduci, Roberta Petrozzi, scene di Alessandro Chiti, costumi di Adele Bargilli
(Teatro Manzoni – Roma, 29 febbraio/24 marzo 2024)
Un classico della comicità che ricalca le scene italiane con buona assiduità. Un meccanismo di giallo a orologeria che funziona come un cluedo. Tutti gli assassini sono buoni perché altamente plausibili. Nel senso che ogni sera propone un finale diverso a scelta del pubblico con funzionalissimi moventi e indizi nonché salvifici alibi..
Un cast con tre punte comiche: Pisu centravanti di sfondamento nel ruolo del rilasciatissimo gay parrucchiere e proprietario del luogo che è scena del crimine; Giancarlo Ratti dall’affabulazione sorniona, centrocampista di contropiede; infine Nino Formicola regista e direttore dei lavori che si rivelerà l’ispettore a cui toccherà il compito grato di tirare i fili della vicenda con vivaci interpellanze al pubblico. Due ore e mezzo di solido divertimento tirate su a buon ritmo, condite di doppi sensi e qualche ragionevole turpiloquio. Il teatro di Prati ha investito su un evergreen a lunga durata tenendolo in cartellone per quasi un mese, attendendo la risposta a un’esperienza di vivace teatro partecipato. In effetti succede di tutto, gli spettatori si vedono offerta partecipazione e caffè. Il delitto è il pretesto per la perlustrazione di esaurienti tipizzazioni. Comicità che sfiora ma evita la volgarità in un florilegio di battute dal ritmo incalzante. Dalle parti della commedia dell’arte con gli attori che vistosamente si divertono e sforano dal copione. Come quando Pisu e Formicola incappano in un bacio sulla bocca e se ne ritraggono inorriditi ma divertiti. Bravi anche i comprimari che si appoggiano a efficaci caratterizzazioni, sorretti da dialoghi funzionali, riveduti e corretti in chiave nazionale, a tratti capitolina.
data di pubblicazione:11/03/2024
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Mar 10, 2024
con Nando Paone, Daniela Giovannetti, Valeria Almerighi, regia di Antonio Calenda
(Teatro Basilica – Roma, 6/10 marzo 2024)
Esemplificazione del teatro dell’assurdo per una prima rappresentazione del 1951, riferimento naturale la Francia e principalmente Parigi per la fuga di massa degli intellettuali romeni. Fuori dalla cronaca e dalla politica ma qui con un chiaro riferimento al nazismo e alla sua insensatezza. Certo non il principale focus dell’autore.
Rapporto a tre: il professore, l’allieva e la governante, prima ostile, poi fattiva collaboratrice di un omicidio. Anzi assassini in serie contando fino a quaranta, in un rituale macabro e ripetitivo. Di andamento ciclico. Cioè un’allieva viene inizialmente ben accolta e assai lodata per l’assolvimento di semplici operazioni matematiche per l’acquisizione di un presunto titolo di studio totale. Poi il rapporto si intorbida, i quesiti diventano sempre più complessi e sempre più assurdi. Così l’aggressività e la violenza del professore, prima latente, si manifesta completamente nell’accoltellamento che pesca la discente in un atteggiamento osceno. Il manifestarsi del suo disagio in un metaforico e sempre più insostenibile mal di denti. Gli interrogativi ora linguistici e non più matematici si dispiegano nel non senso con lambiccate tentativi di traduzione dall’italiano al rumeno al francese. Se il teatro è contraddizione, qui la manifestazione del busillis è evidente e fastidiosa, fino a mettere lo spettatore in una situazione di voluto quanto comprensibile disagio. Era il minaccioso teatro degli anni ’50 anche se questa vulgata non rappresenta certo il culmine dei grovigli ioneschiani. La vita sembra un continuo punto di partenza. Il professore ucciderà ancora in un rituale ripetitivo che sembra riprodurre il ferino homo homini lupus hobbesiano. Il male di vivere è una ripetizione ostinata che non ha vie di salvezza. Un pessimismo cosmico avvolge la rappresentazione. Bravi e imperfettibili gli interpreti: attore giusti canonicamente gestiti da Calenda.
data di pubblicazione:10/03/2024
Il nostro voto:
da Daniele Poto | Mar 8, 2024
regia e adatgtamento di Fabio Gravina, con Mara Liuzzi, Antonio Lubrano, Paola Fulciniti, Eduardo Ricciardelli, Floria Giannattasio, Raffaele Balzano, Carmine Iannone, scene e costumi di Francesco De Summa, musiche di Mariano Perrella
(Teatro Prati – Roma, 9 febbraio/24 marzo 2024)
Continua il festival Scarpetta nel 26esimo anno di di attività del teatro legato a Fabio Gravina. I consueti tre tempi incalzanti, comici, ritmici, senza pausa per l’abituale successo di pubblico. Compagna affiatata dalla collaudata sinergia attoriale.
Siete capaci di trovare uno spettacolo nella stagione ‘23-24 sulla piazza di Roma che abbia una tenuta di un mese e mezzo? Il record stai qui ed è forse anche nazionale senza la pretesa di rivaleggiare con il primato di resistenza britannico di The Mousetrap tratto da Agatha Christie. Il segreto è che si può fare dignitosamente teatro leggero e non serioso, con gli stilemi di una farsa con rigore filologico e massima rispetto per le intricate trame di Scarpetta, anticipatore della regia dei De Filippo. Gravina è travolgente ma non sovrasta i bravi solisti del suo gruppo, rappresentando per l’ennesima volta le disavventure di Felice Sciosciammocca, vessato da una moglie che detiene il passaporto di casa e che per opportunità sarà disposta a passare sopra a un suo annoso tradimento. I protagonisti principali hanno quasi tutti qualcosa da nascondere nel gioco delle imposture e dei ritrovamenti. Ma nel finale tutti conti tornano: la pace in famiglia è di nuovo scritta e con essa il lasciapassare per il contrastato matrimonio della figlia di casa. Dialetto napoletano aggirabile anche per i romani, tinto di una vivacità viscerale che quasi parla da sé. Gravina ribadisce la fiducia nella farsa, repertorio a cui appartengono di diritto Curcio, Fayad e Feydeau. Per concludere la stagione manca solo un ultimo atto, anzi tre, ancora legati al nome di Scarpetta, nel segno di un teatro a suo modo resistente alle mode.
data di pubblicazione:08/03/2024
Il nostro voto:
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