da Paolo Talone | Dic 2, 2023
regia di Alessandro Di Murro, con Matteo Baronchelli, Jacopo Cinque, Alessio Esposito e Laura Pannia
(Trend – Teatro Belli – Roma, 23/26 novembre 2023)
Un gruppo di delinquenti aspetta che il loro capo arrivi per dare il via al prossimo colpo. Alla porta si presenta improvvisamente un giovane che fa nascere sospetti, gettando scompiglio nel gruppo. Un progressivo crescendo di tensione porta a un’inaspettata soluzione finale.
In The Waiting di Simon Bovey l’attesa di Bennett e Walker, due dei quattro componenti della banda di ladri in scena, comincia già prima che il pubblico faccia il suo ingresso in sala al teatro Belli di Trastevere, dove è in corso fino al 17 dicembre Trend. Nuove frontiere della scena britannica per la direzione di Rodolfo di Giammarco.
Una luce fredda taglia di traverso il palco, illuminando sinistramente i due attori. La luce che viene da fuori, dalla finestra, è invece calda, calma e rassicurante. Contrasta con un dentro caotico, dove una catasta indistinta e intrecciata di sedie prende tutta la lunghezza del proscenio, schiacciando la scena in uno spazio bidimensionale angusto, soffocante. Mentre Bennett (Matteo Baronchelli) gioca al solitario con le carte, prevedendo trappole nel gioco per arrivare alla vittoria, Walker (Alessio Esposito) se ne sta dall’altro lato della stanza solo ad ascoltare musica. Già qui si percepisce una certa intolleranza e incomunicabilità tra i personaggi, che si palesa quando entra Turner (Jacopo Cinque), il terzo storico componente della gang incaricato di rubare una macchina per fuggire via dopo il furto che stanno per compiere. Il bottino è ghiotto e servirà a cambiare le loro vite. Ma tra Walker e Turner ci sono antichi dissapori e la lite esplode, obbligando Bennett a mettersi in mezzo. In barba ai tre moschettieri, il loro motto è “tutti per uno, ognuno per sé”. Meglio fidarsi di sé stessi che degli altri.
Il colpo non si fa se non c’è Goodall – il capo della banda – a guidarli, ma lui non arriva e loro continuano ad aspettare ansiosi. Così quella che doveva essere una storia di azione si trasforma in un’assurda commedia beckettiana. Nella narrativa teatrale di Simon Bovey capita di partire da una situazione per poi trovarsi coinvolti in tutta un’altra storia (Testimony). E la situazione precipita quando a entrare dalla porta è Stone (Laura Pannia), un ragazzo inesperto di appena ventitré anni, già con una famiglia da campare sulle spalle, che vuole entrare a far parte dell’operazione. L’improvvisa apparizione genera scompiglio e incertezza, ma proprio attraverso i dialoghi serrati vengono palesate le motivazioni che spingono il gruppo a compiere azioni criminali. Lo scontro fa emergere la vera umanità dei personaggi e quella catasta di sedie, per un gioco che passa attraverso l’analisi, alla fine si sistema in un ordine regolare e armonico. Dopotutto il confronto con gli altri ci aiuta ad allargare la visione delle cose e ad allontanarci dalle nostre sterili convinzioni, molto spesso confuse e piatte.
La disfatta finale arriva quando una telefonata di Goodall avverte che il colpo è rimandato (una soffiata ha fatto spostare i soldi alla polizia). Il gruppo si riconosce come perdente, sconfitto. L’affare che salta uccide l’entusiasmo e la voglia di riscatto. Ma se questo colpo non va a segno, di certo la regia di Alessandro Di Murro centra il bersaglio con una messa in scena ben costruita, che sa inquadrare i personaggi nei caratteri senza trasformarli in caricature. Lo slang del criminale ancora prima che nel linguaggio (la traduzione è di Natalia di Giammarco) è nei movimenti e nel comportamento. La partita, tutt’altro che in solitaria, la vince l’intera squadra della Compagnia della Creta del teatro Basilica che vede, oltre ai già citati, Tommaso Emiliani (assistente alla regia), Michela Caccavallo (costumi), Bruna Sdao (direttrice organizzativa), Cristiano Demurtas (progetto grafico).
data di pubblicazione:2/12/2023
Il nostro voto:
da Paolo Talone | Nov 25, 2023
regia di Elena Orsini, con Elena Orsini e Ilaria Martinelli
(Trend – Teatro Belli – Roma, 20/21 novembre 2023)
Nic e Rowan vivono e lavorano nella Londra di oggi, con tutte le sue sfide e le sue contraddizioni. La vita le fa incontrare e poi innamorare, ma hanno provenienze sociali diverse e risposte divergenti rispetto ai problemi. Opera di esordio del 2022 dello scrittore, attore e regista Ben Norris, Autopilot entra nella programmazione di Trend, la rassegna di drammaturgia contemporanea inglese diretta da Rodolfo di Giammarco. (ph. Federico Malvaldi)
Elena Orsini e Ilaria Martinelli sono Nic e Rowan, protagoniste di un testo fresco, narrativamente intrigante, che interroga sull’esistenza e sul posto da occupare in un mondo sempre più problematico per questioni etiche e sociali. Entrambe vivono e cercano di crearsi una carriera nella ormai caotica e difficile Londra, città generosa per l’offerta formativa, ma difettosa (come spesso accade anche altrove) per alloggi dignitosi e lavoro sicuro. Appartengono al mondo di oggi dove la libertà di poter immaginare e prepararsi a diventare quello che si vuole si scontra con una realtà scarsa di possibilità che crea incertezza e trasforma i desideri in utopie.
Nic è un’illustratrice dal temperamento anticonformista e stravagante, vive di principi e ha un’avversione manifesta per la tecnologia. Contrasta il capitalismo con scelte eticamente sostenibili, cercando di limitare i consumi e scegliendo prodotti biologici dagli scaffali del supermercato. Tuttavia proviene da una famiglia agiata e questo la rende una privilegiata rispetto a Rowan, cresciuta con la sola madre, malata di SLA, tra sacrifici e rinunce. È un’ingegnera che disegna mappe cartografiche, ma ha il sogno di progettare un’automobile a guida autonoma che riduca al minimo la responsabilità umana sugli errori e gli incidenti. È formale e ingessata, anche nel vestire, disposta a fare di tutto per riscattarsi dalla condizione precaria da cui proviene, anche accettando lavori extra come rider per le consegne a domicilio. Il lavoro le fa incontrare la prima volta. La relazione sfocia nell’amore, dopo aver passato le tappe dell’amicizia, della convivenza e dell’attrazione sessuale, per poi terminare nella separazione e forse in un riavvicinamento.
La narrazione procede veloce e frammentata per retrospettive e proiezioni. Sembra di scrollare la galleria fotografica di un telefono, che ora riporta a galla vecchi ricordi e ora informa sul presente appena trascorso. Successi e delusioni personali si intrecciano alla vita di coppia che inevitabilmente si interrompe per divergenza di visioni. Dietro la supervisione di Mario Scandale, la regia di Elena Orsini (a cui sono affidate anche la traduzione e l’adattamento del testo oltre che l’interpretazione) si concentra sulla recitazione limitandosi a seguire la complessa narrazione che impone repentini cambi di emozione per questo andare e tornare indietro nel tempo. Le attrici sono sole su un palco totalmente vuoto, supportate da un legame che vibra per intesa e amicizia e che si augura porti a maturazione nuove avventure professionali.
data di pubblicazione:25/11/2023
Il nostro voto:
da Paolo Talone | Nov 20, 2023
regia e traduzione di Giampiero Cicciò, con Saverio Barberio, Lisa Lippi Pagliai, Tommaso D’Alia, Carlotta Solidea Aronica e Ivan Artuso
(Trend – Teatro Belli – Roma, 17/19 novembre 2023)
Posti uno di fronte all’altro, i componenti della famiglia stretti intorno al loro figlio più grande che ha tentato il suicidio, si affibbiano colpe e responsabilità sotto la supervisione di un attento analista. Al teatro Belli per Trend va in scena The Animal Kingdom di Ruby Thomas, nella straordinaria regia di Giampiero Cicciò.
Dall’osservazione di ciò che accade nel regno animale non necessariamente si deve arrivare a conclusioni che giustifichino determinati comportamenti. A volte la sola descrizione aiuta a comprendere cosa abbiamo davanti e nel caso dell’essere umano, che appartiene di diritto a questo regno, si può risolvere nella presa di coscienza di sé stessi. Ruby Thomas, l’autrice della pièce The Animal Kingdom, inserita nella programmazione di Trend (la rassegna dedicata alla drammaturgia contemporanea inglese diretta da Rodolfo di Giammarco al Teatro Belli) ci propone di osservare una famiglia stando aldilà di uno specchio spia, di quelli che si trovano nelle stanze per gli interrogatori o, come in questo caso, in un ospedale psichiatrico.
Sam (Saverio Barberio) è ricoverato perché ha tentato il suicidio. È un ragazzo sensibile, intelligente con una grande passione per gli animali che coltiva nei suoi studi universitari. Di lui si prende cura Daniel (Ivan Maria Artuso), un terapista della clinica specializzato nelle sessioni di gruppo. Sono in attesa che arrivino i familiari di Sam, come sempre in ritardo. Quando finalmente arrivano e iniziano a interagire, capiamo da dove provengono i problemi di Sam. I genitori sono separati ed entrambi si sono rifatti una vita con nuove relazioni. La madre (Carlotta Solidea Aronica) mostra un atteggiamento esageratamente entusiasta e iperprotettivo nei confronti del figlio. Tuttavia si sente stanca e inadeguata perché non riesce a ottenere il controllo totale delle cose. Il padre (Tommaso D’alia) non parla molto, scruta in disparte la situazione. È deluso dal figlio, sul quale aveva investito come fa nel suo lavoro, cercando di recuperarlo come si fa in finanza con i crediti di un’azienda in fallimento. E poi c’è Sophia (Lisa Lippi Pagliai), la sorella minore, triste e arrabbiata, quasi invisibile ai margini del quadro familiare.
Visti oltre lo specchio appaiono come animali in gabbia, chiusi in un contenitore che gli attori non lasciano neanche quando non sono parte agente della scena. La famiglia è una trappola che obbliga ad avere relazioni anche quando queste sono tossiche, si è costretti al confronto con i membri che ne fanno parte. Esprimere i propri sentimenti è difficile, nessuno ha il coraggio di rompere il ghiaccio, ma quando si aprono esplode anche la violenza. Giampiero Cicciò intercetta nella regia questo aspetto del testo di Ruby Thomas e mostra, con un sapiente quanto semplice cambio di illuminazione, ciò che avviene nella mente di ognuno. La violenza dei pensieri si traduce in combattimenti fisici tra gli attori che via via vengono chiamati dalla terapia a esprimersi.
L’autrice è stata capace di drammatizzare una situazione universale. Non si scappa dalla tentazione di chiedersi quale ruolo occupiamo nel nostro nucleo familiare. L’immedesimazione è naturale e se in alcuni punti ci fa sorridere, perché vediamo riflesse le nostre nevrosi, in altri, dove ritroviamo il nostro vissuto, commuove. La regia di Cicciò ha il pregio di aver capito il dramma e di averlo restituito con misura e una chiarissima messa a fuoco dei personaggi. Ogni attore ha compreso le ragioni psicologiche del proprio personaggio, ogni carattere è definito nella sua frustrazione. Nonostante appaiano come monadi che difettano di comunicazione, la squadra di artisti lavora insieme e il risultato è armonioso, intonato. Il disegno della scena è essenziale, quasi privo di elementi. Un’efficace soluzione che mette in risalto la vulnerabilità dei personaggi. Non ci sono quinte dietro alle quali possano nascondersi. L’analisi li squarta e mostra la loro umanità lacerata e sanguinante.
Si cercano le colpe e si scaricano le responsabilità, si scontrano teorie e punti di vista. Parlare non cambia le cose, ma almeno fa acquisire consapevolezza. Non ci sono né vincitori né vinti in questa guerra familiare, ma un punto va a favore del teatro, che di fronte a un dramma del genere dimostra di essere un eccezionale mezzo terapeutico.
data di pubblicazione:20/11/2023
Il nostro voto:
da Paolo Talone | Nov 18, 2023
(Trend – Teatro Belli – Roma, 13 novembre 2023)
Una spiegazione scientificamente attendibile e dettagliata sulle cause che hanno portato al cambiamento climatico, agli scenari che stiamo vivendo e andranno a peggiorare. Paolo Triestino veste i panni dello scienziato Chris Rapley, autore del testo insieme a Duncan Macmillan, nella versione tradotta e aggiornata da Giulia Lambezzi per la regia di Carlo Emilio Lerici. Una proposta che rende la rassegna Trend una vetrina unica per un teatro necessario.
È stata una lezione di scienza quella tenuta lo scorso lunedì al teatro Belli di Trastevere nell’ambito della ventiduesima rassegna di drammaturgia contemporanea inglese Trend diretta da Rodolfo di Giammarco. Una lezione su come funziona il clima e sulle conseguenze catastrofiche che l’intervento umano ha causato alla salute del pianeta, magistralmente tenuta dall’attore Paolo Triestino.
La sua è una voce autorevole sia nella lotta al cambiamento climatico – in un’intervista di Tiberia De Matteis su Il Tempo afferma che la sua è una famiglia a zero rifiuti legata all’utilizzo di energia rinnovabile – sia per l’interesse rivolto alla drammaturgia contemporanea. Prende le parti e abbraccia le ragioni scientifiche di una delle voci più autorevoli nel campo delle ricerche sul clima. Sul palco è Chris Rapley (classe 1947), il celebre scienziato britannico che vanta tra le altre cose l’essere stato direttore del British Antarctic Survey e del Museo della scienza di Londra. Nel 2014, all’età di 67 anni, scrive insieme al drammaturgo Duncan Macmillan questa lezione/spettacolo chiedendosi quale mondo conoscerà la più grande delle sue nipoti quando avrà la sua età, nel 2071 appunto. È una data che ci proietta inevitabilmente nel futuro. Ma di quale futuro parliamo se pensiamo alla salute del pianeta in relazione alle condizioni climatiche?
Partendo da considerazioni generali che chiariscono il funzionamento del clima e spiegando come una minima variazione della temperatura possa addirittura determinare lo sviluppo di ere geologiche diverse, arriviamo a comprendere le preoccupanti ragioni del disastro che stiamo compiendo. Lo scenario è catastrofico e la colpa è da attribuire solo ed esclusivamente alle attività umane. Le immagini che scorrono alle spalle di Triestino (curate da Francesca Cutropia e Paolo Roberto Santo) mostrano gli effetti del riscaldamento globale sulla natura, in particolare lo scioglimento dei ghiacciai delle calotte polari da cui dipende gran parte dell’equilibrio del nostro sistema. L’orma di una scarpa gigante sopra l’immagine della terra ci dice che l’antropocene – l’attività umana – ha soppiantato in modo definitivo e troppo veloce l’olocene, un periodo di condizione salutare per la vita. Già rispetto al 2014 le condizioni sono notevolmente cambiate (l’uomo non ha mai respirato una quantità così alta di anidride carbonica come nella nostra epoca) obbligando Carlo Emilio Lerici e Paolo Triestino a un inevitabile aggiornamento del testo originale. Tra meno di due settimane avrà luogo a Dubai la Cop28, la conferenza mondiale delle Nazioni Unite sul clima, che si spera continuerà sulla strada tracciata dagli accordi di Parigi di mantenere il riscaldamento sotto la soglia dei due gradi entro il 2050. Sono apparsi sulla scena personaggi inquietanti, sostenitori di teorie negazioniste come Donald Trump, ma anche personalità coraggiose impegnate a portare avanti la lotta, prima fra tutte Greta Thumberg, la giovane attivista che ha dato vita al movimento di scioperi dei Fridays for Future.
L’uso smodato di combustibili fossili e la continua deforestazione hanno generato i fenomeni climatici estremi che flagellano i nostri territori. Ondate di calore, siccità e inondazioni sono la testimonianza concreta di una condizione irreversibile. Dobbiamo ormai adattarci a questo aumento delle temperature, facendo i conti con l’insicurezza alimentare e la conseguente migrazione delle popolazioni che non hanno mezzi a sufficienza per affrontare le emergenze.
“La scienza può informare, ma non risolve questioni morali.” Ecco perché uno strumento emotivamente stimolante come il teatro è necessario e utile. Non siamo davanti a uno schermo digitale ma a un attore (impegnato) in carne e ossa. Lo spettatore è costretto a interrogarsi e invitato a prendere parte alla soluzione. Magari imitando il colibrì della favola africana aggiunta a fine performance, che goccia dopo goccia raccoglie acqua nel becco per spegnere l’incendio nella foresta. Un piccolo esempio che sprona a offrire il nostro contributo.
data di pubblicazione:18/11/2023
Il nostro voto:
da Paolo Talone | Nov 11, 2023
(Trend – Teatro Belli – Roma, 6/8 novembre 2023)
Una panoramica dettagliata e potente su settant’anni di lotte per i diritti LGBT attraverso il racconto di tre eccezionali testimoni. Un one-man show che vede protagonista Massimo Di Michele, gradito ritorno sul palco di Trend, la rassegna di drammaturgia inglese diretta da Rodolfo di Giammarco giunta quest’anno alla sua ventiduesima edizione.
Un atto di rivolta si può compiere anche solo dando la propria testimonianza. Il potere della memoria smuove le coscienze, risveglia l’attenzione, sprona a continuare la lotta seguendo il cammino tracciato da chi è venuto prima di noi. Un invito alle nuove generazioni a far tesoro della lotta grazie alla quale oggi si gode di maggiore libertà. Lo sa bene il drammaturgo, regista e attore londinese Alexis Gregory, che compone il suo testo raccogliendo e drammatizzando le testimonianze di tre attivisti della scena queer americana e inglese, protagonisti di battaglie epocali che hanno segnato la storia del movimento di lotta ai diritti LGBT dalla sua nascita negli anni ’60 fino ai giorni nostri.
Il testo documenta con chiarezza e abbondanza di dettagli la prima sommossa della comunità gay di New York riunita allo Stonewall Inn e prosegue, seguendo un coerente filo narrativo, con il dramma dell’AIDS che ha segnato tutti gli anni Ottanta. Dopo aver migrato dall’Inghilterra all’America, lo spettacolo arriva finalmente a Roma, grazie alla proposta sempre attenta di Trend e al lavoro di Massimo Di Michele.
Le storie sono quelle di Michael, Lavinia e Paul, la cui rispettabile età legittima la vivezza e l’efficacia dei racconti. Michael-Anthony Nozzi si trovava a Stonewall la notte della rivolta. Il bar, squallido e fatiscente, era frequentato da drag queen vecchie e cesse, truccate e vestite sciattamente con i panni presi in prestito dai guardaroba delle loro mamme. La sera di quel 28 giugno 1969 il locale era pieno più del solito di gente. Judy Garland, icona gay di quegli anni, era morta appena una settimana prima. La polizia era solita fare irruzione nel locale e i blitz erano momenti di paura vera. I poliziotti minacciavano, perquisivano, picchiavano e arrestavano le ‘checche’, le drag o le marchette che frequentavano il locale. Ma quella sera era diverso. Quella sera si diede inizio alla rivolta, tra pestaggi e sangue. Poi vennero gli anni tremendi in cui si diffuse il virus dell’HIV e tanta gente morì di AIDS. Lo ricorda anche Lavinia Co-op, protagonista della scena drag della Londra degli anni ’70. Il suo personaggio è divertente e nella versione di Di Michele si prende tutta la scena. Ma ha qualcosa di doloroso e fragile nell’intimo, che il disegno luci sottolinea con grande emozione. In fondo per lei l’unico posto più sicuro al mondo è il palcoscenico, fuori dal quale sono solo botte e offese. Tuttavia il coraggio non le manca, perché l’unico gesto politico che si può compiere è quello di affermare sé stessi. Il tema della malattia tocca anche Paul Burston, un attivista che negli anni ’90 era fortemente impegnato nella lotta contro l’AIDS.
Solo sul palco, Massimo Di Michele incarna uno dopo l’altro i protagonisti di questo lavoro documentaristico. Cambia costume di volta in volta, ma non solo questo caratterizza il personaggio che va a mostrare. Concorre nel mettere in evidenza lo stacco tra una personalità e l’altra anche la sua versatilità artistica, fisica e vocale, e soprattutto la capacità di Enrico Luttmann di aver sottolineato nella traduzione del testo le sfumature di linguaggio tra un protagonista e l’altro.
Una messinscena essenziale per un messaggio potente che affascina, fa riflettere, coinvolge. Una testimonianza che conferma il teatro uno strumento consapevole di impegno politico.
data di pubblicazione:11/11/2023
Il nostro voto:
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