da Maria Letizia Panerai | Nov 11, 2014
(71ma Mostra del Cinema di Venezia- in Concorso)
In una cittadina della provincia francese, l’ispettore delle imposte Marc (Benoìt Poelvoorde), dopo aver perso il treno per Parigi entra in un bar per chiedere informazioni su un albergo dove passare la notte; lì incontra una giovane donna, la misteriosa Sylvie (Charlotte Gainsboug) e passeggia con lei sino all’alba; nel salutarsi, i due si danno appuntamento per la settimana successiva a Parigi, in un punto preciso dei giardini de la Tuileries, ma per strani capricci del destino, come i capricci che ogni tanto fanno tumultuare il cuore del cardiopatico Marc, i due non si incontreranno. Dopo qualche tempo, Marc conosce la fragile Sophie (Chiara Mastroianni): i due decidono presto di sposarsi, ma a pochi giorni dal matrimonio l’uomo scoprirà che Sophie è la sorella maggiore di Sylvie. Sarà la madre delle due donne (Catherine Deneuve), a capire “tutto” prima di loro.
Con un cast di alto livello, che si muove in un clima palpitante e fosco marcato costantemente da un motivo musicale da thriller, che sottolinea anche i problemi cardiaci del protagonista, Tre cuori di B. Jacquot ha tuttavia proprio la pecca di un’ambientazione da “imprevisto sempre in agguato”, che non è poi seguita da una reale imprevedibilità degli eventi, a causa anche delle troppe affinità della pellicola con Sliding doors, di Peter Howitt, in cui la vicenda della protagonista si sdoppia in due destini paralleli e separati, uno a lieto fine romantico e l’altro drammatico.
Di questo melò francese, un po’ algido e distante, è comunque da apprezzare l’idea di base, sicuramente originale, in cui il cuore ed il numero tre si rincorrono continuamente: tre sono i cuori di donna, con al centro una madre che continuamente tenta di pilotare la vita affettiva delle figlie, e poi c’è un triangolo amoroso, con la centro la figura di un uomo malato di cuore. Sta allo spettatore scegliere il finale.
data di pubblicazione 11/11/2014
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da Maria Letizia Panerai | Nov 6, 2014
E’ il primo film di Ozpetek ambientato nel Salento, ed ha ottenuto molti riconoscimenti internazionali, oltre a 2 David di Donatello 5 Nastri d’argento. Ritroviamo la coralità delle Fate Ignoranti e di Saturno Contro, ma anche una maggiore maturità del regista che appare evidente dalla generosa ironia che aleggia in tutto il film. Bravissimi gli attori. Bellissima la colonna sonora, con due canzoni, una di Patty Pravo e una di Nina Zilli, degne di nota. Abbiniamo a questo film, da rivedere in compagnia di amici, una ricetta a base di orecchiette, veloce e fresca. Ecco la nostra ricetta di orecchiette estive.
INGREDIENTI: 1/2kg di orecchiette fresche -3 carote e 3 zucchine tagliate a julienne – 3 etti di tonno tagliato a cubetti o 1 scatola da 3 etti di tonno in scatola sotto vetro – un pezzetto di zenzero – qualche cappero sotto aceto – 1 acciuga – la buccia grattugiata di un limone – sale e pepe q.b. – olio.
PROCEDIMENTO: Mettere a rosolare con un pò di olio, i cubetti di tonno in una pentola wok (se non si usa il tonno fresco, non bisogna fare questo passaggio); togliere il tonno dopo qualche minuto, aggiungere un po’ di olio e mettere a cuocere nel fondo di cottura così ottenuto le carote e le zucchine tagliate a julienne ed alzare la fiamma: devono cuocere a fuoco vivo. Finita la cottura (devono restare croccanti), aggiungere di nuovo il tonno (in scatola o a cubetti precedentemente rosolati), girare e spegnere il fuoco. Ripassare le orecchiette scolate al dente nel wok con tonno e zucchine; spegnere il fuoco ed aggiungere a crudo un trito fatto da: 1 acciuga, qualche cappero, un pezzetto di zenzero e la buccia di un limone grattugiata. Servire con foglie di basilico fresco ed una spruzzata di olio a crudo. Piatto ottimo per le cene estive.
da Maria Letizia Panerai | Nov 2, 2014
Massimiliano Bruno, interprete assieme a Claudio Bisio, Marco Giallini, Rocco Papaleo, Anna Foglietta, Paola Minaccioni, Pietro Sermonti e Caterina Guzzanti di Confusi e felici, è anche regista della pellicola, alla sua terza esperienza dopo l’esordio con Viva l’Italia ed il successo di Nessuno mi può giudicare. Il film, ambientato a Roma, è in parte intriso del solito cliché della romanità dalla battuta facile ed è un insieme scomposto di sitcom collegate alla vicenda del protagonista, lo psicanalista Marcello (Bisio), che in seguito alla diagnosi di una malattia degenerativa agli occhi che lo porterà di lì a poco alla cecità, decide di abbandonare i suoi pazienti e le loro problematiche, per rinchiudersi nell’attesa dolorosa (e poco credibile) dell’irreparabile, scatenando degli inevitabili effetti a catena. Intanto, l’idea iniziale dello psicanalista che abbandona i pazienti a sé stessi per “questioni di salute”, non è una vera e propria novità: basti pensare alla scena di apertura del film di Carlo Verdone Ma che colpa abbiamo noi del 2003, in cui i frequentatori di un’anziana psicoterapeuta, si ritrovano all’improvviso a doversi “autogestire” perché durante una seduta di gruppo ella muore di infarto davanti a loro. Per quanto concerne invece gli interpreti, emergono maggiormente Giallini, Papaleo e la Minaccioni, attori con performance alle spalle già di buon livello e non solo da commedia; tuttavia, non ce la fanno a dare alla pellicola quella continuità comica che ci si aspetterebbe, a causa di una sceneggiatura, sempre di Bruno, non certo all’altezza delle precedenti esperienze (Notte prima degli esami ed Ex di Brizzi ed il delizioso Tutti contro tutti di Ravello), ma più da sketch televisivo, che riesce a strappare di tanto in tanto un sorriso allo spettatore regalando anche lunghi momenti di noia.
data di pubblicazione 2/11/2014
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da Maria Letizia Panerai | Ott 30, 2014
(Orso d’oro al Festival di Berlino)
Un giovane imprenditore di Taiwan, vive con il suo compagno Simon a New York. Pur di accontentare i genitori oramai anziani, che ignorano la sua omosessualità, decide di sposare una ragazza cinese. In realtà la giovane donna rischia l’espulsione e l’accordo è di separarsi subito dopo le nozze. Le “finte-vere” nozze ed un figlio alquanto inaspettato in arrivo, genereranno molta confusione in tutti, ma saranno anche il pretesto per un avvicinamento tra il giovane Wai-Tung e gli anziani genitori, con un finale degno di un grande film.
Eccovi una nuova ricetta dal gusto orientale, da accompagnare con del riso pilaf arricchito da pinoli ed uvetta passa o con una purea di mele renette. Arista di maiale all’orientale.
INGREDIENTI (x 4 persone): 1/ 2 KG di arista di maiale tagliata a bocconcini. – un pentolino di brodo vegetale – 4 prugne secche denocciolate -2 mele renette piccole -1 rametto di rosmarino – sale e pepe q.b.
PROCEDIMENTO: Mettere in una pentola antiaderente dal bordo alto l’olio ed i bocconcini (non troppo piccoli) di arista di maiale, aggiungere il rametto di rosmarino; correggete di sale e pepe nero e fate rosolare. Quando osserverete la crosticina, bagnate il tutto con del brodo vegetale ben caldo sino a coprire parzialmente la carne. Coprite e fate cuocere a fuoco basso per circa 20 minuti. Quindi togliete il rametto di rosmarino e aggiungete le prugne fatte a pezzettini e le due mele sbucciate e tagliate a fette; se necessario irrorare ancora con del brodo vegetale caldo e fate cuocere ancora per 15/20 minuti a fuoco basso. A fine cottura, togliere momentaneamente la carne ed immergere nel sugo rimasto nella pentola un frullatore ad immersione; rimettere la carne e girare. Servire.
da Maria Letizia Panerai | Ott 28, 2014
E’ uno degli ultimi ruoli da “spaccacuori” del bel Richard, imbiancato ma all’apice del fascino, oltre che del successo! Film non certo da elogiare per quanto attiene ad originalità (basti pensare all’inossidabile Love Story), ma sicuramente di grande ambientazione, in una New York autunnale meravigliosa, con lui che è un famoso ristoratore pieno di donne che cadono ai suoi piedi e lei una giovane donna (molto sfortunata) che per hobby costruisce cappelli come fossero sculture da indossare, il tutto avvolto dal colore autunnale delle foglie che cadono dagli alberi che costeggiano laghi, circondano parchi e giochi d’acqua, avvolgono panchine in una magica Central Park! E come non associare alle cose belle da fare in autunno, se non una meravigliosa ciambella americana, soffice e profumata? La ricetta ci è stata regalata dalla nostra amica Claudia e a lei la dedichiamo in quanto, oltre ad essere una grande cuoca, è anche una irriducibile ammiratrice di Richard Gere!
INGREDIENTI: 300 gr. di farina – 300 gr. di zucchero semolato – 130 gr. di olio di semi e 180 gr. di acqua tiepida – 6 uova grandi – 1 bustina di lievito per dolci – 1 bustina di cremore di tartaro (lievito che si trova anche al supermercato) – 1 pizzico di sale – 1 bustina di vanillina o i semi del baccello di vaniglia – la buccia di un limone non trattato grattugiata – zucchero a velo q.b..
PROCEDIMENTO: Scaldare il forno a 150° sopra e sotto, non termo-ventilato. Procurarsi la teglia apposita per ciambella americana di alluminio con il buco centrale e con le sponde molto alte perché la torta cresce tantissimo. In mancanza si può provare con la forma per ciambelle con buco in cartone, purché molto alta tipo quella da panettone. Setacciare la farina, aggiungere lo zucchero, il pizzico di sale, il lievito, la vanillina o i semi del baccello di vaniglia, la buccia del limone grattugiata; emulsionare olio e acqua tiepida ed unire lentamente agli ingredienti sopra descritti. Unire, ad uno ad uno, i rossi delle 6 uova amalgamando bene, e mettere gli albumi in un recipiente dove verranno montati a neve assieme al cremore di tartaro. Amalgamare delicatamente gli albumi montati al composto, mescolando dal basso verso l’alto. Ungere lievemente la teglia con olio, asciugarla con della carta da cucina, e mettervi il composto. Cuocere per 1 ora e 15 minuti a 150°. Vietato aprire il forno durante la cottura! Rovesciare la torta una volta sfornata ed attendere che si freddi a testa in giù. Una volta raffreddata, metterla in un grande piatto e spolverare di zucchero a velo.
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