LA PARTE DEGLI ANGELI di Ken Loach, 2012

LA PARTE DEGLI ANGELI di Ken Loach, 2012

La parte degli angeli è quella parte di whisky che evapora dai barili di legno durante l’invecchiamento, ma è anche il titolo di un insolito film di Ken Loach, presentato in Concorso nel 2012 al Festival di Cannes. Girato in Scozia, narra le vicende di Robbie, un poco di buono condannato a scontare svariate centinaia di ore di servizi sociali perché coinvolto in una violenta aggressione; neo papà senza una fissa dimora, Robbie ha un particolare talento come assaggiatore di whisky; per strane peripezie del destino, questo talento un bel giorno gli viene riconosciuto. Purtroppo sarà capace di sfruttare questa sua insolita dote per organizzare un altrettanto insolito furto: sottrarre da una botte di pregiatissimo whisky due bottiglie di questo introvabile nettare, per poi rivenderlo ad un famoso esperto. La parte degli angeli è un film che “esce fuori dal coro” rispetto alla filmografia di Loach in quanto, seppur nell’ambito di temi a lui cari, ha un’impostazione da commedia dolce-amara dai risvolti umani.

A questa pellicola, ad alto “contenuto etilico”, abbiamo pensato di abbinare una facile ma gustosa ricetta di tarallini al vino rosso.

INGREDIENTI: 3 tazze da colazione di farina 00 – 1 tazza di vino rosso – 1 tazza colma di zucchero – 1 tazza (non piena come quella del vino) di olio di arachidi(o di oliva) – ½ bustina di lievito per dolci– 1 pizzico di sale – una manciata di zucchero semolato in un piatto.

PROCEDIMENTO: Fate scaldare il forno fisso a 180°. Mettere la farina su di una spianatoia “a fontana” ovvero facendo al centro un buco, dove inseriremo la tazza di zucchero, il pizzico di sale, la 1/2 bustina di lievito, la tazza di vino rosso e la stessa tazza (meno colma) di olio di arachidi (o di oliva, se preferite). Lavorare l’impasto sino ad ottenere una pasta da poter lavorare facendo con le mani dei vermetti che chiuderemo a forma di tarallino. Foderate una leccarda con carta da forno, disponeteci i tarallini non prima di averne passato solo la parte superiore di questi nello zucchero. Infornate per circa 10/15 minuti controllando la loro cottura da sotto (ovvero nella parte a contatto con la carta da forno): appena appariranno dorati sotto, sono cotti.

Una volta freddi, conservateli in una di quelle belle scatole di latta, magari che conteneva in precedenza quei biscotti al burro tanto cari al mondo anglosassone!

IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON di David Fincher, 2008

IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON di David Fincher, 2008

Il curioso caso di Benjamin Button è un film che fa riflettere e sognare al tempo stesso, perché riesce

a mettere a paragone il tranquillo svolgersi di una vita straordinaria con la normale straordinarietà delle nostre vite grazie alla figura di Benjamin, che vive a ritroso per novant’anni la propria esistenza, nascendo anziano e morendo neonato. Liberamente tratto da un breve racconto di Francis Scott Fitzgerald, a sua volta ispirato dalla citazione di Mark Twain la vita sarebbe infinitamente più felice se solo potessimo nascere a 80 anni e gradualmente raggiungere i 18, il film di David Fincher ha come tema principale l’amore per la vita e l’inscindibile legame che essa ha con la morte. Il “vecchio” Benjamin (un insolito e bravo Brad Pitt), vive serenamente la sua singolare fisicità, riuscendo con l’esperienza di un anziano e l’entusiasmo di un giovane a gustare a pieno ogni sfumatura della sua vita, sino all’incontro con Daisy (Cate Blanchett) l’amore dalla A maiuscola, descritto dal regista come un momento perfetto, un vero e proprio attimo fuggente in cui si incontrano la consapevolezza di lui di avere davanti a sé il fatto di regredire all’infanzia e di lei di dover accettare di invecchiare senza poterlo avere al suo fianco. Condannati alla lontananza l’uno dall’altra, in entrambi tuttavia maturerà una grande forza che li porterà all’epilogo dei loro destini.

E non potevamo affiancare a questa favola, una ricetta che fa tornar bambini: le frittelle di pasta di pane di mia nonna Romilda.

INGREDIENTI: 200gr di farina 00 – 10gr di lievito di birra – acqua tiepida q.b.(circa 100gr:) – olio di oliva q.b. – sale q.b. – olio di arachidi o di oliva per friggere.

PROCEDIMENTO: Sciogliete il lievito in un quarto di bicchiere di acqua tiepida (circa 100 gr). Setacciate la farina in un’ampia ciotola, formate la fontana e versate il lievito sciolto, un pizzico di sale e un filo di olio. Cominciate a lavorare gli ingredienti dal centro verso l’esterno della fontana fino ad ottenere un impasto simile a quello della pizza. Se l’impasto è troppo asciutto aggiungete un cucchiaio di acqua se troppo morbido aggiungete un pò di farina.

Disponete l’impasto in una ciotola e fate riposare, coperto da un canovaccio, per un paio d’ore o fino a quando non avrà raddoppiato il volume.

Trascorso questo tempo, stendete l’impasto con il mattarello fino ad ottenere una sfoglia al massimo di mezzo centimetro e, come faceva mia nonna, prendete delle porzioni di impasto e fate delle palline, schiacciatele con il palmo della mano e con le dita riducetele a delle frittelle circolare (ricordo ancora nitidamente quei gesti, così sicuri: noi nipoti eravamo certi che avremmo mangiato una prelibatezza!).

Riscaldate l’olio in un tegame fino a quando inserendo un pezzettino di impasto questo non comincerà a cuocere immediatamente. Friggete le frittelle una/due alla volta per evitare che la temperatura dell’olio di cottura si abbassi troppo e il fritto assorba troppo olio. Quando si saranno gonfiate, diventando di un bel colore dorato, giratele e terminate la cottura. Scolatele, passatele su un doppio foglio di carta da cucina e servite subito su di un piatto foderato di carta paglia accompagnate con prosciutto tagliato a mano o salumi o gorgonzola o semplicemente, come faceva mia nonna, foderate due piatti di carta paglia e cospargete alcune frittelle in un piatto con il sale ed in un altro con lo zucchero, saranno ottime come merenda per grandi e piccini: per noi nipoti era una festa fare merenda con le frittelle della nonna!

TURNER di Mike Leigh, 2015

TURNER di Mike Leigh, 2015

É finalmente arrivato nelle sale italiane Turner. Il film, osannato dalla critica, scritto e diretto da Mike Leigh, ha ricevuto ben quattro nomination agli Oscar (fotografia, scenografia, costumi e colonna sonora), dopo che il protagonista Timothy Spall è stato meritatamente premiato a Cannes per la migliore interpretazione maschile. Il regista, che assieme a Ken Loach potremmo definire un esponente di quel realismo inglese fatto di piccole storie contemporanee su persone appartenenti alle classi meno abbienti, spesso perdenti, personaggi sovente scomodi e difficili (Segreti e Bugie, Happy Go Lucky, Another Year), già ne Il segreto di Vera Drake aveva operato una digressione, accostandosi ad ambiti e storie lontane nel tempo, regalandoci un film bellissimo premiato poi con il Leone D’Oro a Venezia.

William Turner, pittore paesaggista dell’800, è un viaggiatore solitario che usa disegnare paesaggi sul suo taccuino per poi rielaborare gli schizzi su tela nello studio della sua casa; vive con l’anziano padre, che gli fa da instancabile assistente ma che in gioventù fu il miglior barbiere di Covent Garden, e verso il quale nutre un profondo affetto che manifesta attraverso una tenerezza che gli calza malamente addosso e che generalmente non mostra nei confronti di nessun altro essere umano, soprattutto se di genere femminile. Sembrerebbe infatti odiare particolarmente le donne, trattando con sprezzante distacco la moglie, dalla quale si è separato, e le figlie delle quali arriva addirittura a negarne l’esistenza, oltre alla sua devota governate che chiama damigella, ma che “possiede” quando ne ha voglia e senza troppe spiegazioni. In realtà Turner, uomo geniale dal brutto carattere, solitario e orso, odia tutte le persone parassite ed “affette da servilismo”, senza dignità, rivolgendo la sua stima ai rari esponenti del genere umano che con orgoglio e coraggio affrontano la vita ed il loro destino. Una di queste è la signora Booth, una vedova di cui si innamora inspiegabilmente. Paragonandola alla dea greca dell’amore Afrodite, Turner vive con lei gli ultimi anni della sua vita in una sorta di seconda giovinezza: Signora Booth, siete una donna di immensa bellezza…quando mi guardo io allo specchio vedo una garguglia. Il primo marito della signora Booth era morto disperso in mare mentre il secondo, che aveva lavorato sulle navi negriere, ne era tornato talmente turbato e scosso da non riuscire a sopravvivere con quel peso sul cuore; Turner, che nella sua vita aveva dipinto solo ridicoli naufragi, come ebbe a dire in un momento di collera la sua vera moglie, trova nell’accogliente e gentile Signora Booth il porto in cui rifugiarsi e trascorre gli ultimi anni della sua vita.

Sicuramente una pecca di questa pellicola è la lunghezza (149’); tuttavia il regista riesce attraverso la vita degli ultimi vent’anni di questo famoso pittore, a farci apprezzare l’approccio che l’artista ha con ciò che poi ritrae nei suoi quadri. Questo personaggio, così poco gradevole, ombroso, egoista, ma mai cattivo e capace di slanci imprevedibili, alla fine riusciamo anche ad amarlo, ad entrarci in empatia, affezionandoci alla sua rude scorza. E’ proprio la sua instancabile voglia di ritrarre ciò che lo colpisce, questa bramosia nel realizzare le sue opere, fatta tutta di istinti quasi animaleschi (che lo portano a sputare sulle tele per sfumare i colori), il filo che tiene lo spettatore legato alla sua storia così singolare.

data di pubblicazione 31/01/2015


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RATATOUILLE di Brad Bird, 2007

RATATOUILLE di Brad Bird, 2007

Film d’animazione della Pixar, Ratatouille è un grazioso lungometraggio ambientato a Parigi sulle avventure di un ratto, di nome Rèmy che, dotato di un olfatto ed un gusto “inusuali” per la sua razza, nutre l’ambizione di diventare un grande chef. Film divertentissimo ed incredibilmente coinvolgente, fa immergere lo spettatore nell’ambiente della cucina di un grande ristorante. A questo film non potevamo che abbinare una ricetta a base vegetale, molto gustosa come aperitivo assieme ad un calice ghiacciato di prosecco: le polpettine di melanzane.

INGREDIENTI: – 2 melanzane medie – ½ cipolla o 1 scalogno piccolo – ½ bicchiere di vino bianco secco – 1 uovo – 2 cucchiai da tavola di pan grattato – 2 cucchiai da tavola abbondanti di parmigiano grattugiato – basilico, origano, qualche cappero sotto sale, pepe nero macinato, sale q.b. – olio di oliva q.b. – farina q.b. – olio di mais o di arachidi per friggere.

PROCEDIMENTO: Tagliare le melanzane a cubetti (prendere il tipo lungo); metterle in una pentola antiaderente dopo aver fatto soffriggere la cipolla o lo scalogno con dell’olio d’oliva; correggere di sale, pepe ed aggiungere qualche foglia di basilico sminuzzata, origano e qualche cappero.

Dopo la rosolatura versare ½ bicchiere di vino bianco, coprire ed abbassare la fiamma e portare a cottura; se necessario aggiungere un po’ di acqua. Quando saranno ben cotte (aiutarsi a sminuzzarle con una forchetta), trasferirle in una coppa e farle freddare. Aggiungere a questa polpa di melanzane oramai fredda il parmigiano, l’uovo ed il pan grattato, e quindi mescolare ottenendo un impasto morbido.

Bagnarsi le mani e fare delle palline che andranno rotolate nella farina. Friggere in olio (di mais o arachidi ) bollente.

Mettere a scolare in un colino, salare, e servire su un piatto foderato di carta paglia o dentro un sacchetto del pane i cui bordi cono stati ripiegati 2 volte ed all’interno è stata messo sul fondo della carta assorbente. Piatto scenografico e gustoso!

IL GIARDINO DI LIMONI di Eran Riklis, 2008

IL GIARDINO DI LIMONI di Eran Riklis, 2008

Salma Zidane, quarantenne vedova palestinese, conduce in solitudine la sua modesta vita in un villaggio della Cisgiordania, continuando ad abitare nella vecchia casa paterna, lontana dai figli oramai adulti, in compagnia di “assolati” ricordi di un’infanzia felice, quando correva attraverso il giardino di limoni prospiciente la sua abitazione, piantati anni addietro dal padre e i cui frutti rappresentano ancora oggi il suo unico sostentamento. Ma un giorno, nella villa confinante, si “insedia” come nuovo vicino il Ministro della Difesa israeliano Navon che, assieme alla moglie Mira ed a un notevole gruppo di guardie del corpo, squarcia d’improvviso il tranquillo isolamento di Salma. Gli alberi di limoni, con le loro alte e rigogliose fronde, vengono considerati dai servizi di difesa dello Stato di Israele un ottimo nascondiglio per possibili attacchi terroristici, considerata anche la posizione di confine sulla quale insiste tutto l’appezzamento di terreno.

Salma, per difendersi dalla decisione delle autorità israeliane di sradicare la sua limonaia per ragioni di sicurezza, inizierà una lunga battaglia legale che le cambierà la vita, causandole grande sofferenza.

A questo semplice e meraviglioso lungometraggio, abbiamo pensato di abbinare ad una ricetta povera ma gustosa, che ha alla base uno splendido aroma di limoni: le polpette con patate e buccia di limone.

INGREDIENTI: 1/ 2 KG di macinato di vitella. – ½ bicchiere di vino bianco secco – 1 patata media lessata, sbucciata e schiacciata allo schiacciapatate – buccia grattugiata di un limone – 1 uovo grande o due piccole – 3 cucchiai da tavola di parmigiano grattugiato – sale e pepe q.b. – 1 cucchiaio da tavola raso di pan grattato – brodo vegetale.

PROCEDIMENTO: Lessare una patata di dimensioni medie, sbucciarla e schiacciarla allo schiacciapatate; farla freddare. Quindi lavorare in una coppa la carne macinata con la patata, aggiungere uovo, parmigiano, buccia del limone, sale e pepe (il pepe può essere sostituito con noce moscata); se lavorando l’impasto, la sua consistenza non raggiunge una certa elasticità e rimane troppo molle ed umido, aggiungere un cucchiaio di pan grattato. Fate quindi delle polpette e mettetele in una padella con laterali alti con sufficiente olio, non per friggerle ma per soffriggerle. Appena saranno ben dorate da un lato, girarle con una paletta piatta di silicone e farle rosolare bene dall’altro lato (fate attenzione a questo passaggio perché le polpette sono molto delicate e potrebbero rompersi); versare il bicchiere di vino bianco e, quando sarà evaporato, aggiungere un bel bicchiere di brodo vegetale bollente; abbassate quindi la fiamma e fate cuocere a fuoco basso. Le polpette devono risultare rosolate fuori e morbide dentro.

Se piacciono i sapori agro dolci, aggiungere al momento di versare il vino bianco, anche una manciatina di uvetta di Corinto (piccola e scura) e una di pinoli.