da Maria Letizia Panerai | Apr 10, 2015
La rossa Claire e la bionda Laura sono amiche sin dall’età di sette anni: si conoscono sui banchi di scuola e consolidano la loro amicizia nel tempo, con una frequentazione assidua e simbiotica. Laura è bella, solare e, crescendo, ha molto più successo con i ragazzi rispetto a Claire, che comunque non le fa mancare mai la sua complicità. Divenute oramai adulte, Claire sposa Giles a pochi mesi di distanza dal matrimonio dell’amica con David; ma la prematura morte di Laura, appena dopo la nascita della figlia Lucie, farà cadere Claire in uno sconforto abissale. Con il consenso di Giles, Claire (una convincente Anaïs Demoustier) si prenderà cura, giorno dopo giorno, del giovane marito dell’amica e della figlioletta di pochi mesi. Sarà l’arrivo della bionda Virginia a sconvolgere le loro vite, colmando (forse) quel vuoto lasciato da Laura nei loro cuori.
E’ assolutamente palese, sin dalla locandina, che “la nuova amica” di Claire e David, descritta da François Ozon, sia un uomo travestito da donna (un bravissimo Romain Duris); ciò che invece sorprende lo spettatore è il modo in cui il regista affronta l’argomento non solo del travestitismo, ma della presa di coscienza della diversità. Inevitabili i confronti con Almodòvar, anche se lo stile raffinato con cui Ozòn rappresenta il transgenderismo è del tutto particolare, lucido e diretto, senza ricorrere agli eccessi del regista spagnolo di cui è un grande ammiratore, ma non meno efficacie. La complicità tra Claire e Virginia appassiona lo spettatore, lo affascina e lo seduce, in un gioco di doppie identità nascoste e non sempre consapevoli. Sensuale e raffinata è la scena nella discoteca gay in cui una bellissima drag queen (Bruno Perard) canta Une femme avec toi. Il film è pieno di colpi di scena in cui il regista si concentra sul dolore esistenziale di un personaggio per parlarci, invece, di un altro percorso di autocoscienza ed accettazione di sé. Nonostante gli ingredienti da favola del “c’era una volta” e del “vissero tutti felici e contenti”, in cui la realtà e la finzione si fondono senza soluzione di continuità, Una nuova amica è soprattutto un gioco accattivante e concitato di ruoli, che si scambiano e cambiano continuamente, senza trascurare alcuna possibilità, e nulla torna ad essere com’era prima. Da vedere.
data di pubblicazione 10/04/2015
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da Maria Letizia Panerai | Apr 2, 2015
Meraviglioso film storico sulla Roma papalina del grande Luigi Magni, con un Nino Manfredi perfetto nella parte di un monsignore, giudice della Sacra Consulta, che scopre da una nobildonna sua amica di essere il padre di suo figlio, un giovane rivoluzionario destinato ad essere condannato a morte dal tribunale ecclesiastico. Quando il Monsignore (Manfredi) si reca in carcere a fargli visita, il giovane, per nulla pentito delle sue gesta e con fare strafottente, gli confessa che tra le persone che odia di più al mondo ci sono i preti come lui e quel padre che non ha mai conosciuto!
Il film segue il già fortunato Nell’anno del Signore e precede In nome del popolo Sovrano (1990), sempre di Magni e sempre interpretati dal grande Manfredi, seppur in ruoli diversi. Le musiche sono di Armando Trovajoli.
Abbiniamo a questo splendido film una ricetta molto popolare e decisamente romana: i supplì.
INGREDIENTI:300 gr. di riso carnaroli per risotti – sugo di pomodoro o di carne con macinato di vitella – 1 etto di parmigiano – 1 noce di burro – 3 uova – 200gr di pangrattato – 1 fior di latte tagliato a cubetti – sale e pepe q.b. – olio di arachidi per friggere.
PROCEDIMENTO: Bisogna fare un vero e proprio risotto con un sugo di pomodoro e basilico o se preferite con un sugo di carne (con del macinato di vitella); quando avrete raggiunto la cottura, aggiungere ½ etto di parmigiano e girare, pepe e sale, ed una noce di burro. Farlo freddare a temperatura ambiente. Preparare gli altri ingredienti sul tavolo da lavoro: mettere in un piatto piano il pangrattato, in un altro la mozzarella tagliata a cubetti, in una ciotolina il restante parmigiano e in una ciotola le uova sbattute regolate di sale e pepe nero. A questo punto, bagnarsi le mani e mettere nel centro della mano una noce di risotto freddo, inserire uno o due cubetti di fior di latte ed un po’ di parmigiano grattugiato, e richiudere con le mani il riso con il ripieno al centro sino a formare una specie di palla allungata; rotolare il supplì nell’uovo sbattuto, nel pangrattato, poi ancora nell’uovo ed infine nel pangrattato. Questa duplice operazione creerà una crosta molto croccante e spessa al supplì, che resterà al contrario morbido ed umido all’interno.
Friggere in abbondante olio di arachidi ben caldo. Scolare i supplì con un colino, salarli e servirli in un piatto da portata coperto di carta paglia.
da Maria Letizia Panerai | Mar 29, 2015
C’è tanto cinema italiano nell’ultimo film di Cristina Comencini, con vere e proprie ricostruzioni di scene celebri tratte dai film di Scola, De Sica, Monicelli, Germi, Risi, Leone e Fellini. La regista e sceneggiatrice, oltre che apprezzata scrittrice, accorcia le distanze del cinema nostrano odierno rispetto al boom degli anni ‘60 e ’70,grazie a questa pellicola corale godibile, ironica e ben calibrata.
L’attore di cinema Saverio Crispo (Francesco Scianna in versione “sciupafemmine”, molto lontano dai suoi esordi sempre con la Comencini ne Il più bel giorno della mia vita), viene celebrato nel suo paese natale a dieci anni dalla morte, con una cerimonia pubblica con tanto di targa commemorativa; partecipano all’evento le due mogli “ufficiali”, e quattro delle cinque (forse sei…) figlie, alcune delle quali nate fuori dal matrimonio, ma tutte con una caratteristica comune: si chiamano con nomi che iniziano con la “S” di Saverio, come fosse un marchio di fabbrica.
Nonostante le innumerevoli avventure amorose, Saverio è stato un uomo adorato dalle donne che, anche dopo innumerevoli tradimenti, ci tengono ancora oggi ad essere ricordate come parte integrante della sua vita; vero e proprio seduttore, uomo latino dal temperamento romantico dotato di fascino e galanteria, si è sempre atteggiato nella vita privata a specchio della sua carriera di attore. Le cinque figlie, di nazionalità italiana, francese, spagnola, svedese e americana, sono infatti testimonianza della sua carriera internazionale: oggi, tuttavia, da donne oramai adulte, alcune delle quali con significativi problemi di autostima, si ritrovano tutte insieme a celebrare “quell’ombra” proiettata in luogo di un’evanescente figura paterna troppo spesso assente con ognuna di loro.
L’intero cast, quasi completamente al femminile, è di tutto rispetto e tra le interpretazioni spicca l’ultima di Virna Lisi alla quale Latin lover è dedicato. Ottima la coppia Finocchiaro-Marcorè. Divertente e originale l’idea delle incursioni dentro i film più famosi del nostro panorama nazionale. Buono il ritmo da ritrovata commedia all’italiana, con non poche divertenti sorprese, alcune delle quali quasi impensabili! Da vedere.
data di pubblicazione di 29/03/2015
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da Maria Letizia Panerai | Mar 21, 2015
Presentato fuori concorso al 53^ Festival di Cannes, La Tigre e il dragone sbancò i botteghini in Europa e negli Stati Uniti, vincendo anche 4 premi Oscar. E’ uno dei tanti capolavori del pluripremiato Ang Lee (vincitore di altri 2 Oscar per I segreti di Brokeback Muntain, Vita di Pi – Orso d’Oro per Banchetto di Nozze e Ragione e sentimento – Leone d’Oro per I segreti di Brokeback Muntain e Lussuria).
La vicenda è ambientata nella Cina del XIX secolo e racconta le gesta di Li Mu Bai, maestro di arti marziali la cui spada pare sia dotata di poteri magici, e dell’amore che nutre per la bella Yu Shu Lien: la loro sofferta storia incontrerà non poche difficoltà. La vicenda si articola su di una fitta rete di duelli, quasi tutti al femminile, con guerriere che durante i combattimenti effettuano incredibili acrobazie, una specie di eroine con corpi volanti che si arrampicano sulle pareti, danzando con straordinaria bravura sulle coreografie di Yuen Wo Ping, regista e coreografo di arti marziali cinese (già ammirato in Matrix e Kill Bill). A questo film, tutto da godere, elegante e di grande impatto visivo, non potevamo che abbinare una salsa agrodolce a base di mele, che ricorda le tipiche salse orientali, ottima da accostare agli arrosti di maiale o ad un classico arrosto di vitella.
INGREDIENTI: 1 kg di mele renette – 1 bicchiere di acqua –il succo di un limone – 120gr di zucchero semolato bianco – 4 cucchiai da tavola di brandy – 1 pizzico di cannella in polvere.
PROCEDIMENTO: Sbucciare e tagliare le mele in pezzi e metterle in una pentola antiaderente con l’acqua ed il limone. Far cuocere sino a quando saranno sfatte; frullate con frullatore ad immersione. Rimettete il tutto sul fuoco aggiungendo lo zucchero, il brandy e la cannella; fate sobbollire per qualche minuto. È una purea di mele agrodolce perfetta per accompagnare gli arrosti di maiale o vitella, ma anche per arrosto di tacchino. Potete prepararla prima e scaldarla prima di portarla a tavola in una salsiera.
da Maria Letizia Panerai | Mar 17, 2015
La scrittrice Irène Némirovsky, ebrea russa internata e poi morta ad Auschwitz nel 1942, non avrebbe certo potuto immaginare che il suo manoscritto Suite francese, pensato come un’opera letteraria divisa in partiture al pari una sinfonia e rimasto purtroppo incompiuto, sarebbe diventato un giorno un best seller internazionale.
Giugno del 1940: siamo a Bussy, piccola cittadina della campagna francese e Lucile (Michelle Williams), giovane donna dall’aria un po’ smarrita ed assente di chi non comprende sino in fondo cosa stia accadendo nel suo paese e nella vicina Parigi appena bombardata, è seduta al suo pianoforte. Lucile, il cui marito Gaston è stato fatto prigioniero in guerra, vive con la suocera Madame Angellier (Kristin Scott Thomas), donna dispotica ed in apparenza arida. Quando i tedeschi occupano Bussy, nella sontuosa villa Angellier viene “acquartierato” l’ufficiale Bruno Von Falk (Matthias Schoenaerts).
La convivenza forzata con il nemico invasore porta le due donne a limitare all’essenziale la frequentazione con lo sgradito ospite; ma l’amore di quest’uomo, che prima di arruolarsi era un compositore, per la musica, scatenerà l’inaspettata ed inconfessabile complicità tra lui e la giovane Lucile, esercitando su di lei un fascino particolare che si trasformerà in passione.
Suite francese, del regista inglese Saul Dibb, è molto fedele alle caratteristiche del romanzo dal quale è nata l’ispirazione, riuscendo ad entrare perfettamente in sintonia con lo stile romantico-sentimentale dell’autrice ed evidenziando da un lato il suo forte risentimento verso il pettegolezzo e la maldicenza (Bruno ha come incarico quello di catalogare le lettere anonime dei delatori che arrivano al comando tedesco), e dall’altro una certa propensione che Lucile ha verso il nemico, dipinto in molte circostanze come gentile e sensibile, in contrapposizione alla sgradevolezza delle persone del posto. I nazisti, come nel romanzo, sono giovani belli ed educati, che corteggiano le donne di Bussy invece di violentarle e che giocano come bambini mentre si fanno il bagno in un lago in mezzo alla campagna.
Ottima la fotografia e molto suggestive alcune scene, anche se il film può sembrare a volte sdolcinato ed incontrare solo il gusto di chi ama le storie d’amore.
Decisamente bravi gli interpreti principali, dalla Scott Thomas al ben ritrovato M. Schoenaerts (Un sapore di ruggine ed ossa), che tuttavia vengono surclassati dall’intensità interpretativa della Williams, perno centrale di tutto il film che, dopo aver lavorato con un regista come Ang Lee, essere stata moglie delusa di Ryan Gosling ed essersi sorprendentemente calata nei panni di Marilyn nel biopic di Simon Curtis, conferma le sue doti di attrice raffinata e sensibile.
data di pubblicazione 17/03/2015
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