RAGIONE E SENTIMENTO di Ang Lee, 1995

RAGIONE E SENTIMENTO di Ang Lee, 1995

Ancora un altro splendido film di Ang Lee. Tratto dall’omonimo romanzo di Jane Austen, Ragione e sentimento vinse il Golden Globe 1995, l’Orso d’oro a Berlino nel 1996 e nello stesso anno Emma Thompson (che ne è anche interprete) l’Oscar per la sceneggiatura non originale; infine, nel 1999, fu inserito dal British Film Institute nella lista dei migliori cento film britannici del XX secolo!

Nel cast, assieme alla Thompson, troviamo Hugh Grant e Kate Winslet giovanissimi, oltre a Alan Rickman e Robert Hardy. Siamo nell’Inghilterra della fine del 700: Henry Dashwood, morendo, lascia tutto al suo figlio maschio di primo letto; la seconda moglie e le figlie  Elinor, Marianne e Margaret, sono invece costrette a vivere molto modestamente, senza tuttavia perdere la loro dignità. Le ragazze sono nell’età in cui si vivono le vicende amorose, che non saranno prive di cocenti delusioni: alla fine opereranno delle scelte, più razionali che passionali, ma che nel tempo si riveleranno giuste. Ambientazione da favola: case stupende immerse nella campagna inglese, laghi e fiumi, fiori e costumi, balli nella Londra dell’epoca, tutto perfetto come ogni film di questo meraviglioso regista.

A questo film da rivedere, non possiamo che abbinare una ricetta di biscotti perfetti per l’ora del the: i canestrelli.

INGREDIENTI: – 3 tuorli sodi – 125 gr di farina – 125 gr di fecola di patate – 150 gr di burro – 75 gr di zucchero a velo – 1 baccello di vaniglia o 1 bustina di vanillina – sale q.b..

PROCEDIMENTO: Lessare le uova per 10 minuti dal momento del bollore. Una volta che sono sode e un po’ raffreddate sgusciarle e tagliarle, prelevando solo il tuorlo e schiacciarli in una ciotola con una forchetta. Aggiungere le farine mescolate insieme, il burro a pezzetti ammorbidito, e incominciare a impastare con la punta delle dita. Unire anche lo zucchero a velo, la vanillina (o ancora meglio i semini di un baccello di vaniglia) e un pizzico di sale; lavorare energicamente fino a ottenere un impasto liscio e omogeneo. All’inizio risulterà un composto slegato e farinoso. Una volta raggiunto il risultato desiderato, formare una palla e lasciarla riposare in frigorifero mezz’ora avvolta nella pellicola per alimenti. Con l’aiuto di un po’ di farina, stendere con il mattarello la pasta allo spessore di un centimetro circa. Con lo stampino a forma di fiore, immerso prima nella farina per non farlo attaccare all’impasto, ritagliare i canestrelli, poi con una cannuccia un po’ grossetta da bibita praticare il buco al centro. Infornare a 180° fisso per circa 20’ sino a quando diventeranno ben dorati. Una volta raffreddati, spolverizzarli con altro zucchero a velo. Ottimi con il the, ma anche con il caffè.

 

I BAMBINI SANNO di Walter Veltroni, 2015

I BAMBINI SANNO di Walter Veltroni, 2015

I bambini sanno, ovvero la “seconda volta” di Walter Veltroni che, dopo il successo di Quando c’era Berlinguer, si mette di nuovo dietro la macchina da presa per girare un docufilm che ci riporta non solo all’infanzia, ma che soprattutto ci introduce nel complesso ruolo di genitore. E non è importante esserlo veramente nella vita perché, assistendo alla proiezione di questo film, lo si diventa.

Dopo avere intervistato trecentocinquanta bambini tra gli 8 e i 13 anni, quell’età in cui si diventa ciò che poi si è, dal colloquio con trentanove di loro Veltroni ha voluto in particolare sorprenderci con le loro grandi risposte che fanno sorridere e commuove al contempo: basta ascoltarli, per rimanere colpiti dalla spontaneità e profondità disarmanti con cui comunicano il loro personalissimo modo di sentire il nostro tempo. L’empatia con questi trentanove bambini si instaura anche grazie all’amore del regista per il cinema: traendo ispirazione dal proiezionista Alfredo di Nuovo Cinema Paradiso nella famosa scena dei baci censurati, Veltroni omaggia lo spettatore all’inizio del suo film con il montaggio di diverse scene che ritraggono solo bambini che corrono, tratte da pellicole di Tornatore, Salvatores, i fratelli Taviani e tanti altri. E così, magicamente, ci traghetta nel loro mondo, e i bambini intervistati diventano immediatamente i nostri figli: naturali o adottati, alcuni diversi, altri feriti perché quando hai un dolore impari ad incassare e a non sottovalutare, alcuni ghettizzati nei campi rom o salvati dagli sbarchi a Lampedusa, altri ancora guariti da una brutta malattia che non è come avere la febbre, o semplicemente italiani nati da genitori immigrati. Tutti, però, indistintamente, hanno occhi colmi di speranza e mai di rabbia, alcune volte velati di tristezza, come Marius, ma basta poco perché guizzino come grandi olive nere sotto il sole, qualcuno di loro è preoccupato per il futuro anche se futuro è comunque una bella parola; tuttavia alla domanda sei felice? quasi tutti rispondono senza esitare “sì!”, perché per esserlo basta sognare o perché i bambini, al contrario dei grandi, sanno fare la pace ed inventare le cose.

E se il futuro non sarà bello come loro immaginano, anche noi come questo sorprendente regista vogliamo continuare a crederci e sperare.

Film da non perdere per capire meglio le cose della vita.

data di pubblicazione 22/04/2015


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SEDOTTA E ABBANDONATA di Petro Germi, 1964

SEDOTTA E ABBANDONATA di Petro Germi, 1964

Dopo Divorzio all’Italiana, Petro Germi ci riporta nell’assolata Sicilia, per ambientare il film Sedotta e abbandonata, storia di un matrimonio riparatore in una famiglia patriarcale di Sciacca (in un’Italia in cui, secondo l’allora vigente codice penale, con il matrimonio si cancellava il reato di violenza carnale), interpretato magistralmente da un cast di attori di primissimo livello, ad iniziare da Saro Urzì nel ruolo di Vincenzo Ascalone (premiato a Cannes come miglior interprete maschile) nella parte del padre della “sedotta”, interpretata da una giovanissima e bravissima Stefania Sandrelli (Agnese), sorella minore di un altrettanto giovanissimo Lando Buzzanca nel ruolo del fragile Antonio. Sarà Agnese ad accendere la miccia dell’intrigata vicenda di onore familiare, commettendo l’errore di cedere alle lusinghe di Peppino (Aldo Puglisi), studente fuori corso in Giurisprudenza di cui è segretamente innamorata e promesso sposo della sorella maggiore Matilde (Paola Biggio), bruttina e poco sensuale che preferirà, sul finale tragi-comico di questo film pieno di esilaranti colpi di scena, farsi suora piuttosto che unirsi in matrimonio con il barone Rizieri (uno strepitoso Leopoldo Trieste), spiantato e senza denti, scelto dal padre “in seconda battuta” per difendere l’onore di tutta la famiglia Ascalone.

A questo film, un vero e proprio cult da rivedere, accostiamo la ricetta di un dolce che ha un tipico ingrediente siciliano: il croccante di pistacchi.

INGREDIENTI: 100 gr di pistacchi sgusciati – 150 gr di zucchero – succo di limone qb – buccia grattugiata di mezzo limone

(N.B. se si vuole una variante al sesamo: 200 gr di zucchero – succo di limone qb – 150 gr di sesamo – buccia grattugiata di mezzo limone).

PROCEDIMENTO: Per il croccante di pistacchi, tritare grossolanamente i pistacchi con il tritatutto o al coltello. Far sciogliere in un padellino antiaderente lo zucchero con qualche goccia di limone finché non incomincia a scurirsi e quindi a caramellare, facendo attenzione che non bruci. A questo punto unire i pistacchi e la buccia del limone, e mescolare fino a ottenere un composto colloso, morbido e brunito. Rovesciare il tutto sopra un tagliere ricoperto con carta da forno e, con estrema cautela, stendere il composto prima con un cucchiaio di legno poi, coprendolo con un altro foglio di carta da forno, appiattirlo con il mattarello fino a ottenere una lastra sottile. Questa operazione dovrà svolgersi in tempi brevi, altrimenti il caramello si solidificherà e non sarà più manipolabile. Aspettare pochi minuti prima di togliere il foglio di carta da forno superiore, quindi tagliare il croccante come volete, anche a losanghe come da manuale, prima che sia completamente indurito. Per il croccante di sesamo, il procedimento è il medesimo, con variante nel quantitativo di zucchero che dovrà esser superiore (200 gr.).

 

IN GRAZIA DI DIO di Edoardo Winspeare, 2013

IN GRAZIA DI DIO di Edoardo Winspeare, 2013

Il film, presentato con successo nel 2013 alla Berlinale e girato con attori non professionisti (la protagonista è la moglie di Winspeare, la coprotagonista la figlia di quest’ultima ed il principale interprete maschile il socio del regista), segue Sangue vivo, Il miracolo e Galantuomini, tutte pellicole ambientate nel Salento, terra del regista che, a dispetto del cognome, è nato in provincia di Lecce da una famiglia di origine anglo-napoletana. In grazia di dio racconta il coraggio e la determinazione di una giovane donna che, in seguito al fallimento di una piccola attività da fasonista che aveva messo su assieme al fratello, decide di tornare a coltivare la terra, trasferendosi nella modesta casa di campagna della madre assieme alla figlia, una adolescente che non ha molta voglia di studiare, e alla sorella minore che insegue le sue aspirazioni d’attrice. Ma questa nuova vita, tutta da ri-costruire, sorprenderà e cambierà questo eterogeneo microcosmo tutto al femminile. A questo bel film, sicuramente da recuperare per chi non lo avesse visto al cinema, in cui si percepisce la fatica fisica e mentale nel reinventarsi tutta la propria vita ripartendo dalle origini (la protagonista coltiva, in un piccolo fazzoletto di terra in mezzo ad un terrazzamento di ulivi secolari, ogni tipo di ortaggi che poi rivende ai fruttivendoli del paese), accostiamo una ricetta povera e facile a base di carote, da gustare accanto agli arrosti di carne o pesce: la purea di carote.

INGREDIENTI: – 450 gr.di carote affettate sottilmente – 40 gr. di burro – un pizzico di noce moscata – sale e pepe q.b..

PROCEDIMENTO: Sbucciare e tagliare le carote a fettine sottili. Quindi fate sciogliere il burro in una grossa padella, aggiungete le carote, salate, pepate e spolverizzate con noce moscata.

Coprite la pentola con un foglio di carta argentata per creare il vapore necessario a far cuocer le carote e per non farle scurire: manterranno un bel colore arancione. Lasciare cuocere a fuoco lento per almeno 15 minuti. Dopo, eliminare il foglio di carta argentata e schiacciare le carote con una forchetta. Continuare a far cuocere le carote scoperte ed a fiamma viva sino a quando il liquido di cottura si sarà riassorbito. Trasferire le carote nel mixer o usatene uno ad immersione, e lavoratele sino ad ottenere una purea liscia. È un crema perfetta per accompagnare carni bianche o pesce al forno o al cartoccio.

IL MARCHESE DEL GRILLO del grande Mario Monicelli, 1981

IL MARCHESE DEL GRILLO del grande Mario Monicelli, 1981

Di questa dissacrante commedia a carattere storico, vogliamo solo ricordare alcune frasi celebri dell’indimenticabile Alberto Sordi nelle vesti del Marchese Del Grillo, molto più dirette ed esplicite di un nostro breve ricordo: “Mi dispiace, ma io so’ io e voi nun siete un c****!” ed anche “Quanno se scherza, bisogna èsse’ seri!” ed ancora “Morto un papa se ne fa un altro”… maquesta frase ad oggi non più vera! Ed infine Mia cara Olimpia, méttete in pompa, che sto grillaccio der marchese sempre zompa! Zompa chi campa, allegramente… A proposito di quest’ultima frase, nel film c’è una scena in cui il Marchese portò la bella Olimpia in una hosteria a mangiare i rigatoni con la pajata (piatto tipico della cucina popolare romana) e fu lì che si accorse di avere un sosia, Gasperino er carbonaro, un ubriacone che divenne il protagonista di uno dei suoi più crudeli scherzi. Abbiniamo a questo film, da rivedere e gustare in tutta la sua scarsa sacralità, fulgido esempio assieme a tante altre pellicole della graffiante ironia del suo magnifico regista, proprio una ricetta a base di rigatoni, non con la pajata, ma con un sugo veloce e molto gustoso. Ecco i nostri rigatoni con provola affumicata.

 

INGREDIENTI:rigatoni (che tengano bene la cottura) o mezze maniche rigate – 3 o 4 cucchiai di passata di pomodoro – una generosa dose di provola affumicata stagionata e non fresca – 1 aglio – peperoncino (a chi piace) – basilico – origano –sale, pepe q.b. – olio extravergine d’oliva – parmigiano grattugiato e pecorino q.b..

PROCEDIMENTO: Mentre bolle l’acqua per la pasta, prendete una bella pentola larga antiaderente con il bordo alto (perché ci dovremo ripassare la pasta una volta cotta), e metteteci a rosolare un aglio in abbondante olio d’oliva con un peperoncino (facoltativo), versare poca passata di pomodoro, sale, pepe ed un pizzico di origano, oltre ad alcune foglie di basilico fresco sminuzzate. Dopo circa 10 minuti di cottura, abbassate la fiamma sotto il pomodoro togliendo l’aglio e, contemporaneamente, mettete a cuocere la pasta nell’acqua bollente; versate quindi nel pomodoro (che è ancora sul fuoco a fiamma bassa) un generoso spicchio di provola affumicata tagliata a pezzetti piccoli (per i quantitativi regolatevi in base al gusto). Appena la provola comincia a sciogliersi ed a filare, ripassateci i rigatoni appena scolati, girate con un mestolo e metteteci a pioggia una bella manciata di parmigiano grattugiato misto ad un po’ di pecorino (proporzione 2/3 parmigiano e 1/3 pecorino). Attenzione: non preparate il sugo molto tempo prima di cuocere la pasta, perché la provola tende a raggrumarsi e quando andrete a ripassare la pasta nel condimento sul fuoco non riuscirete ad amalgamare bene il tutto.