da Maria Letizia Panerai | Set 19, 2016
La quarantenne Stéphanie, divorziata e con un figlio da crescere, perde il lavoro. Decide quindi di lasciare la casa in cui vive, di vendere la sua bella auto, per poi tornarsene a vivere da sua madre finché le cose non si sistemeranno. Ma la sua vita, tutta da ricostruire, le riserverà meno sorprese di quelle che l’anziana madre ha in serbo per lei, affetta (forse) da un principio di demenza senile…
Lavaine mette in scena una commedia lieve, semplice, dove hanno un peso determinante il ritmo delle battute e la bravura delle sue protagoniste femminili. Torno da mia madre non parla tanto di adulti non cresciuti che non vogliono andarsene di casa, quanto piuttosto di quella generazione di persone che farebbero volentieri a meno di condividere nuovamente le loro vite con quella dei propri genitori, ma che a causa della crisi sono state costrette a fare un passo indietro. Stéphanie (Alexandra Lamy), che sente sulle spalle il peso dei propri fallimenti familiari e lavorativi, ben presto dovrà adattarsi alle regole che sua madre Jacqueline (Josiane Balasko) le impone in casa, e soprattutto alla sua assoluta intransigenza: la mattina ci si sveglia alle sei in punto perché chi dorme non piglia pesci, non si possono abbassare i caloriferi né aprire le finestre per non disperdere il calore accumulato, non si può bere dalla bottiglia e si deve apparecchiare in un certo modo, non si può spalmare il burro sul pane con un coltello qualsiasi e, soprattutto, volere un caffè la mattina a colazione è una cosa davvero bizzarra! E mentre Jacqueline mette in atto una serie di strani comportamenti (come quello di salire con il carrello della spesa all’ultimo piano piuttosto che scendere in strada), Stéphanie ed il suo dramma esistenziale piano piano scolorano al cospetto di quanto sta accadendo a sua madre. E così il regista, nella seconda parte del film, vira sulla storia di questa settantenne realizzata, che fa progetti per il futuro come se la sua vita fosse appena agli albori, alimentando un sano egoismo quasi “giovanile” e rubando così la scena alla figlia per diventare lei la vera protagonista dell’intera vicenda.
Molto brave Alexandra Lamy (Gli infedeli, Ricky), che ben incarna lo sconcerto per quanto le sta accadendo, e Mathilde Seigner, sorella della più famosa Emanuelle, molto convincente nel ruolo della sorella scontrosa e vendicativa; ma la vera protagonista della storia è Josiane Balasko (l’indimenticata ed “elegante” portiera Renèe ne Il Riccio, trasposizione di Mona Achache del romanzo di Muriel Barbery), perfetta nei panni di una madre che non vuole essere giudicata perché ha ancora il desiderio di viversela un po’ la sua vita: senza di lei il film non avrebbe quella verve che aiuta in molte scene a ridere di gusto.
Se ne consiglia la visione a chi non ha troppe pretese e vuole passare un’ora e mezza di leggerezza e sano divertimento.
data di pubblicazione:19/09/2016
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da Maria Letizia Panerai | Set 11, 2016
Il professore di filosofia Luigi Di Santo (Fabrizio Bentivoglio), originario di Mesagne nel Salento, vive a Milano da molti anni; per vendere la tenuta di famiglia deve però far ritorno nel suo paese da cui si era allontanato da giovanissimo, ma dove ancora vivono i suoi fratelli. Luigi dovrà cercare di convincere il fratellastro Aldo (Massimo Venturiello) a mettere in vendita la masseria di famiglia dove risiede, per tentare di aiutare gli altri fratelli: il candidato politico Michele (Emilio Solfrizzi), inseguito dallo strozzino Tonino (interpretato dallo stesso Rubini) a cui deve un’ingente somma e l’eterno studente universitario Mario (Paolo Briguglia), impegnato nel sociale in un centro per disabili. Ma Aldo non vuole affatto andarsene dalla masseria che è tutta la sua vita perché è sempre vissuto lì. Il venerdì santo, durante la processione del paese, Tonino viene ucciso: i sospetti di Luigi ricadono inevitabilmente su Michele ma, in realtà, la situazione non è come appare ai suoi occhi…Sul finale si scoprirà che nulla è più come prima, e ciascun personaggio mostrerà un lato sconosciuto di sé. Rubini anche in questo caso dà prova di essere un buon regista, dando al film un andamento quasi da thriller, rendendolo non scontato anche se apparentemente a lieto fine.
A questo film così “assolato”, come la terra intorno alla masseria in cui l’intera vicenda è ambientata, dedichiamo una ricetta decisamente sudista: una rivisitazione a base di melanzane della mozzarella in carrozza.
INGREDIENTI: 3 Melanzane con un diametro piuttosto grande – 3 uova – 200 gr. di pangrattato – 2 etti di farina – 1 fior di latte a fette – 4/5 filetti di acciughe – ½ etto di parmigiano grattugiato – foglie grandi di basilico napoletano – sale e pepe q.b.- olio di mais o arachidi per friggere.
PROCEDIMENTO:
Preparare prima tutti gli ingredienti sul tavolo da lavoro: mettere in un piatto piano la farina, in un altro il pangrattato, in un’altra ciotola le uova sbattute regolate di sale e pepe nero. Dopo aver lavato ed asciugato le melanzane, tagliarle a rondelle dell’altezza di un dito scarso, quindi metterle in una padella antiaderente con poco olio e farle soffriggere leggermente da ambo i lati. Dopo aver fatto questa operazione con tutte le rondelle, posizionarle su di una leccarda ricoperta di carta da forno e metterle in forno per 10 minuti scarsi. Fatele freddare e dopo passatele nella farina(poca) scrollando quella in eccesso. Tagliare il fiordilatte a fette e posizionare su ogni rondella di melanzana una fetta di mozzarella, un po’di parmigiano grattugiato, mezzo filetto d’acciuga sminuzzato e una bella foglia di basilico napoletano riccio, chiudere poi a panino con un’altra rondella di melanzana, incollando bene i lati in modo da sigillare il panino facendo pressione con le dita, poi passatelo nell’uovo assicurandosi che l’esterno del “panino” così ottenuto sia ben inzuppato di uovo anche sui laterali; passate quindi le due fatte di melanzane ripiene nel pan grattato, avendo cura che ne siano ricoperte anche sui lati. Procedete così sino ad ottenere tanti “panini imbottiti” ben sigillati.
Friggere in abbondante e caldo olio di arachidi o di mais. Se si gradisce, salare in superficie la melanzana in carrozza solo dopo averla fritta ed asciugata bene con carta assorbente.
Servire tiepide e filanti in un piatto da portata ricoperto di carta paglia.
da Maria Letizia Panerai | Set 4, 2016
(73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016)
Germania, 1918. La giovane Anna si reca ogni mattina al cimitero per portare fiori freschi al suo Frantz, morto sul fronte francese. Un giorno scorge un giovane piangere sulla tomba del suo amato: scoprirà di lì a poco che si tratta del francese Adrien, che pare abbia conosciuto Frantz a Parigi. Nonostante lo sconcerto iniziale dei genitori di Frantz, presso i quali la ragazza vive come fosse una loro figlia, Adrien riuscirà a scaldare nuovamente i loro cuori con i suoi racconti, facendo dimenticare ogni genere di ostilità.
Tratto da uno spettacolo teatrale già gloriosamente portato in passato sul grande schermo, l’ultimo film di François Ozon è un susseguirsi di quadri in bianco e nero raffinati ed intensi, che ci avvolgono teneramente nell’atmosfera di una storia semplice, fatta di silenzi e cose non dette, a tratti ambigua ed aperta a svariate interpretazioni, in cui dialoghi essenziali unitamente ad una ambientazione ristretta a poghi luoghi, aiutano ad apprezzare invece che annoiare. Splendidi gli interpreti che ci regalano una prova sublime della loro bravura: Pierre Niney (Adrian) aveva già conquistato il pubblico con la sua struggente interpretazione di Yves Saint Laurent nell’omonimo film, mentre Paura Beer (Anna) è una giovane attrice tedesca, già apprezzata nel 2015 al Festival di Roma nel film della sezione Alice Four kings di Theresa Von Eltz (purtroppo non uscito nelle sale italiane), dotata di raffinata bellezza unita ad una forte intensità recitativa.
Anna e Adrian rappresentano nel film di Ozon una coppia di amici “pericolosi” per la mentalità dell’epoca, anche perché lui, in quanto francese, è visto come un nemico dagli abitanti del paese e per farsi benvolere dai genitori di Frantz, in particolare dal padre che gli aveva mostrato una forte ostilità, racconta menzogne su come ha conosciuto il loro figlio mantenendo sempre un alone di mistero sui veri sentimenti che aveva provato per lui. In realtà l’atteggiamento ambiguo del giovane Adrian, sottolineato dalla sapiente regia di Ozon che mescola continuamente realtà e finzione, viene filtrato da Anna che seppur si invaghisca di questo ragazzo fragile e gentile in cui rivede il fidanzato scomparso, sente di dover difendere gli anziani genitori dal dolore che la verità sulla morte dell’unico figlio potrebbe causare loro. Ed in questa altalena di emozioni, disillusioni, piccole gioie e menzogne, Anna elabora il suo lutto e finalmente rinascerà a nuova vita.
data di pubblicazione: 04/09/2016
da Maria Letizia Panerai | Set 3, 2016
(73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016)
Una coppia affascinante e di successo, l’ex marito di lei ed un misterioso manoscritto sono gli ingredienti con cui Tom Ford costruisce un vero e proprio thriller, in cui la fantasia diviene metafora della realtà, ed in cui l’amore si mescola con il dolore di un addio, nella consapevolezza di aver perso qualcosa di importante per non aver saputo attendere.
Susan ed Edward sono una giovane coppia, diversi, leali, idealisti, innamorati. Lei pragmatica, esigente, con le idee molto chiare su cosa vuole diventare nella vita; lui scrittore in erba, sognatore, romantico, con una sensibilità che può essere scambiata per debolezza; entrambi hanno tempi diversi nel mordere la vita. Dopo solo due anni di matrimonio, Susan decide di lasciare Edward preferendolo ad Hutton Morrow, uomo affascinante e di successo che le garantirà una vita agiata ma infelice. Susan ed Edward non si incontreranno più per 19 anni sino a quando un giorno la donna riceve un manoscritto a lei dedicato: è la copia di un romanzo dal titolo “Nocturnal Animals” dello stesso Edward con un biglietto in cui l’uomo le esprime il desiderio che sia proprio lei la prima a leggerlo. Nel farlo, Susan scoprirà una storia cupa, violenta e dolorosa che la riguarda direttamente il cui contenuto le stimolerà ricordi dei momenti più intimi della loro unione, turbandone le sue abituali notti insonni da “animale notturno”. Da questo momento la narrazione del romanzo si insinua nella realtà descritta nel film, dando vita a due storie parallele altrettanto realistiche, seppure una sia la lettura metaforica di un vissuto che Susan rivivrà ogni notte sino all’epilogo della storia narrata nel romanzo.
Tom Ford cura, di questa sua seconda pellicola, anche la sceneggiatura rendendola accattivante, ritmata, incalzante, supportata da una ricerca estetica, come ci aveva già abituati in A single man, che è parte integrante della narrazione stessa, con inquadrature che sono delle vere e proprie installazioni d’arte contemporanea, anche nella descrizione delle scene più brutali. La performance iniziale, ambientata in una contemporaneità in cui l’immaginario si innesca nel reale, sconquassando le convenzioni in cui nessuno può più dirci come essere, è un autentico capolavoro, come la scena di due corpi femminili su un divano di velluto rosso, colore dominante usato dal regista negli arredi, nei particolari, nei capelli delle donne, persino nella carta del copione spedito al cast. Bravissimi gli interpreti principali Amy Adams e Jake Gyllenhaal, anche se una nota di merito va decisamente Aaron Taylor-Johnson, nella parte di uno psicopatico assassino.
Nocturnal Animals è un film che racconta un modo diverso di sentire l’amore e sul sapersi dire addio quando ci si accorge che si è buttata via un’opportunità, forse l’unica, perché non si è stati capaci di coglierla.
data di pubblicazione: 03/09/2016
da Maria Letizia Panerai | Set 2, 2016
(73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016)
Un fastidioso fischio nelle orecchie scandisce “una giornata di ordinaria follia” di un professore (supplente) di filosofia, dopo che al risveglio riceve in maniera insolita la notizia della morte del suo amico Luigi. Quando finalmente, alla fine di una serie di disavventure, arriverà nella chiesa dove si terranno i funerali, avrà capito quanto sia importane dare ascolto a quel fastidioso fischio invece di tentare di curarlo per la paura, giorno dopo giorno, di mettersi in gioco.
Il regista palermitano Alessandro Aronadio presenta per la Biennale College, che lo ha prodotto e sostenuto, una divertente commedia low cost in bianco e nero, che rispecchia la vita tragicomica del suo protagonista in una Roma animata da personaggi quasi surreali, ma che al contrario sono terribilmente calati nella realtà odierna. Il nostro professore di filosofia non sa gestire una realtà così incredibilmente folle, anzi ogni giorno tenta di sfuggirle sino al risveglio di un giorno qualsiasi quando, nel tentativo paradossale di ricordare chi fosse l’amico defunto al cui funerale dovrà recarsi, cercherà prima di risolvere quel fastidioso fischio alle orecchie con il quale si è destato. Nel tentativo disperato di capire cosa esso sia, incontrerà un otorinolaringoiatra molto sicuro di sé quanto incompetente e folle ed un suo collega burlone e terribilmente cinico, non prima di essersi imbattuto in due suore particolarmente invadenti, in una irritante impiegata di un pronto soccorso, nel direttore di una testata giornalistica “illuminata” e all’avanguardia, nella moglie di un suo ex professore che custodisce amorevolmente un triste segreto, sino all’incontro con il prete che officerà la funzione funebre che beve vodka per rilassarsi prima di celebrare. E tutto questo per evitare di confrontarsi con l’affetto sincero ma titubante della sua fidanzata e con quello decisamente debordante di una madre immatura ed egoista.
Il protagonista di questa sorprendente pellicola, l’esordiente Daniele Parisi che nelle espressioni di smarrimento ed incredulità ricorda il miglior Francesco Nuti, è affiancato da un ricco cast di attori del nostro cinema italiano: dalle bravissime Pamela Villoresi, Piera Degli Esposti e Milena Vukotic, oltre a Rocco Papaleo, Massimo Wertmuller, Andre Purgatori e tanti altri, che lo insidiano in questo viaggio incomprensibile e minaccioso sino alla fine di questa folle giornata, fastidiosa come quello strano fischio…
data di pubblicazione: 02/09/2016
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