UNA VITA AL CINQUANTA PER CENTO di Daniele Poto- Ensemble editore, 2019

UNA VITA AL CINQUANTA PER CENTO di Daniele Poto- Ensemble editore, 2019

La protagonista del libro, un romanzo memoir, ha avuto la propria condanna a morte con la diagnosi del 2000. Per deriva genetica ha contratto il morbo di Huntington. La sua vita è un lento rintocco in attesa che il male si manifesti con gli stessi segnali di malattie di quel genere come il Parkinson o l’Alzheimer. La riflessione sulla vita e sul sottile equilibrio che ci separa dal futuro è il delicato crinale in cui si sviluppano emozioni, percezioni, confessioni della protagonista che ha una famiglia devastata dall’ Huntington. Un fratello morto e un altro che lotta contro il male sono l’eredità di un flagello che lascia 50 probabilità per cento di positività e 50 di negatività. Di qui il necessario riferimento al titolo. Una sorta di scommessa di Pascal, di beffardo pari e dispari. Di più, ulteriore problema, la protagonista ha un figlio di venti anni che ignora questa condizione di famiglia. Non sa delle madre e non sa neanche di stesso. La madre è decisa alla rivelazione ma si angoscia nel pensare a come reagirà il ragazzo e alla conseguenza che potrà avere sulla sua vita, sulla decisione eventuale di sottoporsi al test per conoscere la propria sorte o meno, l’unica possibilità di scelta in questo contesto. Ma il libro ha ambizioni più vaste perché è anche una riassuntiva e giornalistica fotografia sullo stato della sanità italiana, un colosso da 115 miliardi che sembra avere i piedi d’argilla negli ultimi tempi, vista l’inamovibilità della cifra stanziata in un momento di prolungata crisi economica e il crescente sviluppo delle malattie rare che tardivamente vengono iscritte nei Lea (Livelli essenziali di assistenza). Ci si interroga su una società che invecchia, di milioni di persone che hanno bisogno di un sostegno che non può essere limitato alla propria famiglia. Un’esigenza sociale insopprimibile e insieme dolorosa quanto necessaria a cui lo Stato per primo dovrebbe far fronte. Il testo contiene comunque messaggi di speranza. La battaglia è difficile ma va combattuta. Nessun male può essere definito in partenza incurabile. Informazione vuol dire consapevolezza e maggiori possibilità di sviluppo per la ricerca.

data di pubblicazione:19/12/2019

QUALCOSA DI MERAVIGLIOSO di Pierre-François Martin-Laval, 2019

QUALCOSA DI MERAVIGLIOSO di Pierre-François Martin-Laval, 2019

Fahim Mohammad ha appena otto anni ed un vero talento per gli scacchi. Suo padre Nura, con il pretesto di fargli frequentare un corso professionale con un grande maestro, lo convince a lasciare il Bangladesh, e con esso sua mamma, sua sorella ed un fratellino in arrivo, per andare in Francia.

Nura, preso dall’urgenza di porre le basi per mettere in salvo la propria famiglia dalle violenze che agitano il suo paese, una volta giunto a Parigi dovrà misurarsi con tutta una serie di problemi che non aveva considerato o, forse, non poteva considerare appieno. Le difficoltà nell’apprendere una lingua straniera, la condizione di emarginazione nell’essere un migrante, l’adattamento agli usi di un paese diverso dal suo, fanno sì che la sua favola comincia immediatamente ad assumere connotazioni drammatiche, esasperate dalla necessità di trovare un lavoro per non rischiare l’espulsione; ciò che sembrava l’inizio di un sogno, ben presto diviene una dura prova di sopravvivenza, a cui si aggiunge il peso della complessità del sistema burocratico francese che fa sembrare tutto maledettamente irraggiungibile. Ma suo figlio Fahim è un bambino sveglio: apprende velocemente e con estrema naturalezza qualche parola di francese e comincia, anche se in maniera fortuita, a frequentare il corso di scacchi di Sylvain Charpentier, uomo burbero ed ex giocatore fallito, che tuttavia è uno dei migliori allenatori della disciplina di tutta la Francia. Sarà in questo club apparentemente “sfigato” che Fahim imparerà a difendersi grazie all’amicizia ed al cameratismo dei compagni di classe, senza mai perdere il suo irresistibile candore.

Arriva nelle sale italiane il gioiello di Pierre-François Martin-Laval, dal titolo per nulla allettante, che sorprende per l’equilibrio con cui il regista, senza mai scivolare nel pathos, tratta temi di scottante attualità come l’immigrazione, il coraggio dei migranti ed il loro sacrificio, il difficile adattamento in una terra straniera e l’accoglienza che viene riservata loro. Il regista è riuscito a creare una pellicola asciutta e bilanciata intrisa di leggerezza, ironia e amore, in cui lo spirito di gruppo di un manipolo di adolescenti, competitivi in modo sano tra loro, vince su tutto lasciando posto alla speranza.

Una nota di merito va al grande Gèrard Deparrdieu che con il suo fisico “dilatato” riesce a dare al personaggio di Sylvain Charpentier la leggerezza di una farfalla che ci incanta e cattura.

Ispirato alla storia vera di Fahim Mohammad, di origini bengalesi, che nel 2012 a soli 12 anni divenne campione di scacchi in Francia per la sua categoria, Qualcosa di meraviglioso ha il gusto delle belle storie che ti mettono in pace con il mondo.

Se ne consiglia la visione.

data di pubblicazione:10/12/2019


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I RACCONTI DEL CUSCINO

I RACCONTI DEL CUSCINO

Venerdì 22 novembre 2019 lo store di Alessandra Giannetti, sito in Roma a piazza Capranica 94, ha ospitato la performance I racconti del cuscino, tratta dall’omonimo romanzo della scrittrice e poetessa giapponese Sei Shonagon, per la regia di Rossano Giuppa e portato in scena da Giulia Gallo e Massimo Bracciolino.

I 317 capitoli dei Racconti riflettono la raffinatezza della cultura Heian nel momento del suo massimo splendore in una sorta di diario intimo in cui la poetessa, nonché dama di corte legata alla principessa Sadako, annota le sue impressioni/riflessioni sui riti e costumi dell’epoca alternandoli a descrizioni di persone e luoghi, rievocando amori e celebrando la bellezza della natura in uno stile leggero, raffinato ed elegante come gli antichi kimono, indossati per l’occasione dagli interpreti, messi a disposizione da Alessandra Giannetti da sempre legata alla cultura giapponese. L’evento, molto suggestivo, ha avuto come cornice la collezione A/I della designer, che da sempre riesce ad armonizzare forme e codici maschili e femminili, coniugando spunti distanti ma memori della materia e del piacere di un manufatto rispettoso, pensato in ogni minimo particolare e semplicemente naturale.

data di pubblicazione:25/11/2019

STORIA DI UN MATRIMONIO di Noah Baumbach, 2019

STORIA DI UN MATRIMONIO di Noah Baumbach, 2019

Presentato in Concorso alla 76. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è uscito nelle sale l’ultimo film di Noah Baumbach con Adam Driver e Scarlett Johansson, visibile dal 2 dicembre sulla piattaforma Netflix. Storia di un matrimonio parla della lunga strada che una coppia di New York deve “attraversare” per arrivare alla separazione nel modo più amichevole possibile, ma non senza sofferenza, nel rispetto dell’amore che reciprocamente nutrono per il piccolo Henry, il loro unico figlio, affinché questi possa continuare a crescere senza troppi traumi.

 

Nicole, attrice di Los Angeles divenuta famosa grazie ad una commedia televisiva di successo, incontra Charlie, un talentuoso regista teatrale di New York e se ne innamora all’istante; in nome di questo amore si trasferisce da Los Angeles a New York, iniziando a lavorare come attrice teatrale senza tuttavia avere uno spiccato talento nel settore. La coppia è affiatata solo in apparenza: le rinunce a volte inutili di lei e la cecità di Charlie, ambizioso e strenuo sostenitore delle proprie idee, li portano ad un progressivo allontanamento emotivo di cui inizialmente, entrambi, non riescono a definirne i confini. Sino a quando non entreranno in scena i legali divorzisti che, in poco tempo e senza mezzi termini, li porteranno ad accettare di modificare in maniera traumatica il loro quotidiano, stravolgendo così anche le loro vite professionali. Nicole, più risoluta nel voler divorziare, tonerà con Henry a Los Angeles dove riprenderà a lavorare in TV, mentre Charlie dovrà fare la spola da New York per vedere il figlioletto, tentando di conciliare questi incontri con gli impegni teatrali.

Adam Driver e Scarlett Johansson sono bravissimi, e ne danno prova sempre, sia nelle scene di inevitabile tensione sia in quelle dove la tenerezza scivola tra le maglie della stanchezza, dopo che la quotidianità con il suo rassicurante bagaglio è andata distrutta: i due interpreti sono decisamente il fulcro del film perché riescono a mettere a nudo con molta maestria fragilità, egoismi e incomprensioni. Non altrettanto esaltanti sono Laura Dern e Ray Liotta nella parte dei legali divorzisti rispettivamente di Nicole e Charlie, un po’ troppo macchiettistici che, al pari di alcune scene cantate, sortiscono l’effetto contrario di appesantire il film invece di alleggerirlo.

È purtroppo quasi inevitabile ritornare con la mente a quel Kramer contro Kramer in cui i giovanissimi e bravissimi Maryl Streep e Dustin Hoffman, si contendevano l’affidamento del loro bambino: questa similitudine fa perdere un po’ di fascino alla storia di Baumbach che, seppur ben articolata sul concetto che l’amore non finisce ma si trasforma anche quando tutto sembra andare in frantumi, evidenziando nei passaggi dolorosi di un divorzio un realismo di vita vissuta in cui non si perde la naturalezza di certi gesti che ti faranno ricordare di essere stati un tempo una famiglia, non convince sino in fondo, lasciando l’amara sensazione di qualcosa di già visto.

data di pubblicazione:19/11/2019


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L’ETÁ GIOVANE di Jean-Pierre e Luc Dardenne, 2019

L’ETÁ GIOVANE di Jean-Pierre e Luc Dardenne, 2019

Finalmente è arrivato nelle sale italiane L’età giovane dei fratelli Dardenne, presentato come evento speciale fuori concorso alla Festa del cinema di Roma nella Sezione Alice dopo aver vinto il premio per la miglior regia a Cannes. I registi colpiscono ancora nel segno raccontando una delle loro intense storie di minori (Il ragazzo con la bicicletta, Rosetta, L’enfant-Una storia d’amore), per rivolgersi invece al mondo degli adulti.

Ambientato in Belgio, il film parla dei turbamenti adolescenziali del “giovane Ahmed” (come il titolo originale, Le Jeune Ahmed, recita), un tredicenne musulmano in lotta con se stesso, combattuto tra gli ideali religiosi forzatamente instillati dal suo imam e i turbamenti tipici della sua età, solitamente piena di interrogativi, che tuttavia non possono non apparire ai suoi occhi “offuscati” come richiami ad una vita non pura.

L’età giovane è decisamente un film contro qualsiasi forma di integralismo, soprattutto se a farne le spese sono le nuove generazioni. Ahmed pianifica l’omicidio della sua insegnate in quanto accusata di apostasia da Youssouf, il suo imam, che continuamente gli parla della necessità di castigare chi non rispetta le regole, arrivando anche ad esaltare la figura del cugino di Ahmed come un eroe per aver immolato la sua giovane vita in nome di Allah.

Da spettatori non si riesce ad essere indulgenti nei confronti di questo adolescente, seppur vistosamente debole, e si prova rabbia per quella sua granitica ostinazione nel voler commettere un omicidio che egli ritiene “giusto”; tuttavia, attraverso le sue vicende, il film ci parla di plagio e di cattivi maestri, che purtroppo sanno a volte essere molto più convincenti di quella parte buona della società che talvolta non ha argomenti altrettanto persuasivi per dissuadere un giovane fanatico dal portare a termine il suo folle piano.

L’irriducibilità del protagonista pesa come un macigno e la sapiente regia dei fratelli Dardenne ce ne fanno sentire il carico, detestabile e fastidioso, attraverso la fissità del suo sguardo, la rigidità del suo corpo anche quanto pratica sport con i compagni di scuola, il suo netto rifiuto verso qualsiasi forma di contatto fisico con il mondo femminile, perché anche un abbraccio o una semplice stretta di mano rappresentano degli atti contrari ai suoi ideali di purezza.

Eppure questa pellicola riesce a generare un conflitto interiore di sensazioni contrapposte, attraverso le quali si può giungere a riflessioni che ci portano a condannare i reali carnefici e ad assolvere le vere vittime, passando da una mancanza totale di empatia verso il protagonista al perdono.

data di pubblicazione:04/11/2019


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